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Autore: Eneri_Mess    11/11/2014    2 recensioni
Uomini e donne, reduci da un’epoca cesellata di leggenda, agiscono per sovvertire le sorti di un mondo ignaro e di sognatori, il cui unico scopo è quello di raggiungere il più famoso e ambito dei tesori, il One Piece.
Ma il nuovo Re dei Pirati, colui che conquisterà ancora una volta ricchezza, fama e potere, sarà solo uno.
« Non peccare di presunzione. Gli eredi sono quattro, i pretendenti molti. Non sarai tu a scegliere chi diventerà Re dei Pirati e come egli – o ella – deciderà il futuro di ciò che resta del mondo »
Dal Capitolo XX:
« Non vedo cosa dovrei ricordarmi di te, Portuguese. Non tratto coi pirati » sibilò in tono velenoso, avventato, ma non riusciva a domare un pulsante senso di ansia crescente.
Quel tipo sapeva il suo vero nome. Quello che lei tentava di insabbiare da anni, e che se fosse arrivato alle orecchie sbagliate avrebbe provocato troppi casini.
Ciononostante, il pensiero sparì, come vapore, dopo aver sentito la “spiegazione”.
« Mi avevi detto che bacio bene. Pensavo che questo fosse qualcosa di bello da ricordare » dichiarò offeso.
Genere: Avventura, Generale, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Mugiwara, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Heavenly Eve
(Gli Eredi)
 
 
 
- Capitolo I -
[Incubo]
 
 
 
Welcome to your life
There's no turning back
Even while we sleep
We will find you
 
[Everybody wants to rule the world – Lorde]
 
 
 
 
 
 
Grand Line.
Quattro anni dopo l’incidente di Salmoa.
 
 
 
C’era finalmente pace.
Le onde del mare la cullavano, carezzandole la pelle livida e ferita, divenuta ormai insensibile al dolore. I suoi occhi stanchi vedevano solo una volta color indaco priva ancora di luna ma con qualche timida e tremula stella qua e là, mentre gli ultimi residui di forze stavano scemando da lei, insieme alla coscienza. Tutto nella sua mente sfumava e la voce del mare, come una nenia senza tempo, la confortava, lasciando che quegli incubi, quelle figure nere, il fumo, le fiamme, i corpi, tutti scivolassero nel buio dei sensi.
L’ultimo pensiero fu rivolto a lui, e, per un istante, il dolore si trasformò in rimorso.
Non l’aveva trovato, non l’aveva salvato… forse era morto.
Le parve di sentire un grido lontano mentre le palpebre calavano, ma lei non desiderava altro che abbandonarsi.
 
« UOMO IN MARE! »
 
 
 
 
 
Grand Line, isola di Tsuri Fish.
Qualche ora prima.
 
 
 
Era un inferno di fiamme e di grida e di cadaveri e di orrori.
Gli alberi bruciavano, i corpi bruciavano e quei demoni ridevano, fendevano e trucidavano.
« Matt! »
Un richiamo alto ed eguale ad altri, destinato a non essere ascoltato.
« Matt! MATT! »
Fu scossa da un susseguirsi di battiti scoordinati, di affanni e di colpi di tosse. Il fumo avvolgeva l’intera spiaggia, creando una cortina densa di figure grottesche e indistinte. Lo scricchiolio del legno che ardeva le stava dietro ad ogni passo, col suo cadenzato ritmo distruttore. La fuliggine le arrossò gli occhi, facendoglieli pizzicare dolorosamente.
Ma non aveva tempo di fermarsi, di avere paura: l’adrenalina scorreva in lei come una scarica e non poteva sprecare quei pochi attimi di irrealtà che ancora vacillavano in lei.
Com’era potuto accadere?
« Matt! »
Perché di nuovo?
« Matt! Mat-cough »
Si era allontanata di poco quel giorno e non aveva sentito niente, non aveva avuto alcun sentore.
« Matt! »
Un corpo esanime emerse all’improvviso dalla nebbia grigia e spessa, crollandole addosso. Strillò, tentando di sottrarsi a quell’abbraccio mortale, ma finì anche lei in terra sulla sabbia calda e raggrumata di sangue. Urlò di nuovo, rotolando via da sotto la massa di carne morente e sfigurata. Subito, qualcuno le afferrò il polso con poca forza e lei si voltò di scatto, fissando il viso martoriato di un altro che non riconobbe e tentava di trascinarsi via dalla morte che già aleggiava nelle sue pupille dilatate. Strattonò il braccio in preda al panico,  tirandosi in piedi così velocemente che quasi inciampò nella sua stessa tunica.
Dai suoi occhi sgorgavano copiose lacrime di orrore e smarrimento, mentre teneva le mani serrate al petto e le labbra si muovevano continuando a pronunciare un unico nome.
« Matt… »
La sua voce era ormai rauca e la sua gola bruciava dei vapori dell’incendio. Si guardò intorno senza capire dove si trovasse. Il piccolo villaggio dove abitava, e che aveva salutato poche ore prima, non esisteva più. Non c’era più un contorno famigliare, una casa che non fosse arsa dalle fiamme, una strada senza sangue a macchiarla.
E qualcuno stava avanzando nel fumo davanti a lei. Qualcuno con una spada.
Si voltò, correndo senza guardare dove andasse. Sbatté contro l’ennesimo sconosciuto, ma non lo degnò di un’occhiata, come con il successivo e quello dopo, che però l’afferrò saldamente per un braccio, bloccandole la fuga. La strattonò verso di sé e il cappuccio di tela le scivolò, rivelando i corti capelli blu di Prussia che le cinsero le guance in ciocche disordinate. L’uomo sogghignò.
« Tu da dove spunti? » le sorrise malignamente, gli occhi colmi di cupidigia.
Il terrore si impossessò della sfortunata, trafitta da quello sguardo, da quell’intenzione spudoratamente visibile, riaprendo in lei una vecchia ferita che credeva rimarginata da tempo.
Fu un altro scatto, dettato dal sangue che le pulsava vertiginosamente nelle vene e da una paura che stava sfociando nel panico, a farle strattonare così forte il polso che entrambi finirono a terra, lei sbattendo in malo modo la schiena contro i resti di qualcosa e il suo aguzzino carponi ai suoi piedi.
« Che diavolo credi di fare!? » urlò furioso l’uomo, ma lei sgusciò via dalla sua stretta, assestandogli un calcio alla spalla; un calcio forse troppo debole, perché il pirata non perse tempo e la colpì all’altezza della vita con la spada già tinta di cremisi.
Il dolore fu inatteso e la mente le si annebbiò per un attimo, ma non gli avrebbe permesso di metterle le mani addosso. Si tenne il fianco e annaspò sulla sabbia, il caldo liquido vermiglio che le scorreva tra le dita e la testa che pulsava.
« Matt… »
Fuggì, ma ovunque guardasse c’era soltanto distruzione e sfacelo.
« Matt… »
Inciampò e cadde a terra, una fitta di dolore dalla caviglia destra. Non riuscì a controllare i gemiti di dolore che la scossero, seguiti dalla nausea e da un improvviso conato di vomito che la fece crollare definitivamente; la realtà prese a vorticarle davanti agli occhi stanchi.
Le ci volle del tempo, tra gli affanni e i colpi di tosse, a rialzarsi e trascinarsi fuori dalle volute di fumo, sul bagnasciuga, il mare placido che si stendeva davanti a lei in tutta la sua bellezza eterea. Solo due profili interrompevano la vastità di quello splendore: due navi erano ancorate poco lontane, il Jolly Roger dallo sfondo cremisi che svettava su ognuno degli alberi maestri, con il nero teschio ridente munito di un paio di corna da toro.
Il suo incubo, come sei anni prima.
« MATT! » urlò con il poco fiato rimastole e le forze che progressivamente la abbandonavano. I suoni e le immagini stavano diventando un tutt’uno insensato. Il corpo e la mente desideravano che si lasciasse andare alla stanchezza, che si abbandonasse per non sentire il pulsare delle lesioni. Eppure qualcosa la stava trattenendo dall’oblio, qualcosa che la incoraggiava a non arrendersi.  
Alzò di scatto la testa, guardando proprio di fronte a sé. Non lo vedeva, ma lo sentiva. Era certa che lì, in mezzo al caos, alle grida scoordinate e le suppliche, ci fosse anche la sua voce.
« Matt » mormorò, tentando di fare appello alle poche forze che le restavano. Si trascinò in acqua, avvertendo il bruciare del liquido salino sul fianco leso, ma allo stesso tempo trovando quel contatto rassicurante.
Nuotò, tentando di sfruttare le sue capacità, ma l’energia era poca, come anche la lucidità.
« Matt… »
Le membra divennero pesanti, insieme al pensiero e alle parole.
« Matt… »
 
 
 
 
 
 
« Si rimetterà presto? »
« Chi l’ha ferita non ha preso punti vitali, ma avrà bisogno di molto riposo »
« Mmmh…  appena si sveglierà dovremmo chiederle cosa le è successo… »
« Ohi, lasciatela dormire e venite ad apparecchiare! »
Voci, odori di cibo, e il cigolio di una porta che veniva socchiusa. La testa le pulsava dolorosa, stanca. Avrebbe voluto scivolare di nuovo nella tranquillità di un sonno senza sogni, di dormire e annullare tutto, ma quel martellare della tempia non riusciva a farla riposare. Si mosse piano, i muscoli tesi e riottosi, prima che una fitta al fianco la percorresse come una scarica elettrica. Gemette appena e aprì gli occhi. Muovendo di poco il viso spaziò con un’occhiata la stanza in penombra, le scaffalature ricolme di boccette e scatole, la scrivania e il piccolo oblò con la tenda tirata da cui entrava uno spiraglio di luce.
Fu come ricevere una seconda scossa lungo la schiena, dritta fino al cervello, e i ricordi si affacciarono in un improvviso teatrino macabro. Ricordò la sua isola avvolta dalle fiamme, l’odore acre, i corpi per strada, il pirata che l’aveva ferita. E poi…
« Matt… »
 
 
 
« Mh? »
Nami abbassò il libro che stava leggendo per lanciare un’occhiata in un punto imprecisato sopra di lei. Distesa su una sdraio sul ponte di coperta della Sunny, si stava rilassando prendendo i raggi del mite sole della tarda mattinata, quando il suo orecchio aveva captato un rumore dalla zona sovrastante, dove stava la cambusa.
“Ci manca che siano loro a combinare qualche guaio…” pensò, rimanendo in attesa di sentire altro, per capire se dargli peso o meno, ma la sua attenzione fu interrotto da un più che sonoro brontolio. 
« Naaaami… » pigolò a poca distanza Rufy, supino sul prato, le gambe incrociate per aria, mentre si teneva lo stomaco. « Saliamo a vedere se è pronto? »
« Non se ne parla. Ci chiamerà Sanji quando sarà ora » tagliò corto la navigatrice, riabbassando lo sguardo sulle righe del libro e soprassedendo su ciò che l’aveva distratta.
« Ma io sto morendo di fame » protestò debole il capitano, trattenendo invano con le mani un secondo borbottio della pancia.
« Ne abbiamo discusso prima. Se aspettassi in cucina coi tuoi modi impazienti faresti troppo casino, e quella ragazza ha bisogno di silenzio per riposare » spiegò secca, senza staccare gli occhi dalla lettura.
« Ma… »
« No »
« Qualcosa di piccolooo… »
La rossa lo ignorò, mentre Rufy prese a borbottare su come la sua navigatrice fosse una spietata dittatrice, confermando però la sua indole poco incline allo stare tranquillo dondolando sulla schiena e finendo quasi addosso a Zoro, che poco più in là dormiva come solo lui sapeva fare.
Il capitano stava per ridare voce al suo stomaco, quando uno strillo che scadeva nell’isterismo stroncò sul nascere qualsiasi lagnanza.
« NON AVVICINATEVI! »
In un batter d’occhio, l’evidente fame del capitano e il sonno dello spadaccino svanirono, i sensi allerta. Nami scattò in piedi, abbandonando il libro sulla sdraio, e si diresse spedita verso la mensa, seguita da Rufy e Zoro.
 
 
 
 
 
All’interno della cucina l’aria era immobile e la tensione palpabile. Una gocciolina di sudore scese lungo i lineamenti del viso di Usopp, gli occhi fissi sulla donna addossata alla scaletta che portava al ponte di poppa. Ai piedi del cecchino stava uno spaventato e confuso Chopper. Alla sua sinistra invece, qualche passo più avanti, c’era Sanji, di cui non poteva vedere l’espressione, ma poteva immaginarsela.
La sconosciuta, quando aveva scorto il cuoco avvicinarsi, gli aveva intimato di stare indietro, minacciandolo col coltello che aveva recuperato dal tavolo con un’agilità che aveva lasciato i tre impreparati.
Sanji non si era però perso d’animo, anche di fronte al gelo dei suoi occhi.
« Non è nostra intenzione farti del male » disse, allargando le braccia come a invitarla a colpirlo se non gli avesse creduto. Lei non si mosse, lo sguardo febbrile che scattava in giro per l’ambiente. Uno sguardo che dietro le gelide stalattiti celava un profondo panico. Se non fosse stato per il fatto che conoscesse le donne meglio di sé, il biondino avrebbe detto che fosse unicamente odio. Azzardò un passo e lei, rapida, levò la mano in cui aveva la corta lama.
Una manciata di minuti prima, la sconosciuta che avevano salvato dal mare la sera precedente aveva fatto capolino dalla porta dell’infermeria, attirando su di sé le attenzioni dei tre presenti. Il suo viso era ancora pallido e i capelli scarmigliati. Si stringeva nella felpa verde prestata da Nami, osservando l’ambiente circostante con sguardo smarrito.
Il cecchino e il medico erano subito accorsi, preoccupati ma contenti di vederla in piedi, riempiendola subito di domande e premure che il cuoco aveva stroncato sul nascere, vista la riottosità con cui lei pareva affrontare il loro entusiasmo. Inutile aggiungere che il biondo fece la voce grossa per poi profondersi in stucchevoli commenti sull’essere felice anche lui di saperla destata.
La ragazza aveva accennato un mezzo sorriso e un cenno affermativo con la testa, mentre la piccola renna le consigliava di sedersi sul divano della cambusa, snocciolando pareri medici sul riposo. Ben presto però la giovane lo aveva interrotto, lo sguardo interrogativo che ancora vagava in giro per la stanza, per chiedergli con voce flebile, data la gola secca, dove si trovasse e chi fossero loro.
La situazione era degenerata in una frazione di secondo alla risposta entusiasta di Chopper.
Sei sulla nostra nave pirata!”
Sanji aveva fatto appena in tempo a registrare il cambiamento di tensione, che la piccola renna era caduta a terra a seguito dello scatto fulmineo della donna verso il tavolo, dove si era armata e aveva allontanato da sé il cecchino.
E ora rimanevano ancora in una situazione di stallo.
« Non stai ancora bene! La tua feri- »
« Stai lontano! » minacciò ancora lei in risposta alla preoccupazione del medico, anche se istintivamente portò una mano al fianco leso, sentendolo pulsare.  Non riusciva a ragionare con lucidità, sia per il dolore sia per la paura.
Pirati, pirati… riusciva a pensare solo a quello e al desiderio di scappare. Trovare Matt era ciò che contava davvero.
Nel mentre la porta si spalancò e l’attenzione di tutti si focalizzò sull’uscio, dove si stagliava la figura di una Nami corrucciata, seguita da un vigile Zoro e dall’immancabile curiosità di Rufy.
« Che diavolo sta succedendo qui? » domandò con cipiglio alterato la navigatrice, fissando prima la sconosciuta e poi i suoi compagni. Ma nessuno dei quattro rispose, troppo intenti a fissare ognuno le mosse dell’altro. La rossa si spazientì. « Allora? »
« Sembra che non apprezzi molto i pirati » azzardò Usopp, ben attento a tenere sottocchio la donna mentre si voltava verso l’amica. Sanji, invece, rimase dov’era, apparentemente studiando la loro ospite.
Nami, comprendendo al volo, rivolse la propria attenzione all’altra, incrociandone lo sguardo con una cupa consapevolezza in testa. Il suo tono fu serio, ma pacato.
« Puoi mettere giù quel coltello, non ti servirà a niente comunque »
Ma le sue parole suscitarono l’effetto contrario e la sconosciuta rafforzò la presa sul manico, mordendosi un labbro, lo sguardo sbarrato dall’agitazione.
L’avevano salvata, ma non poteva fidarsi.
« Lasciatemi andare » soffiò, fissando la navigatrice.
Quella fece spallucce, accennando alla porta.
« Per conto mio puoi andartene quando ti pare »
« No! »
A intervenire, inaspettatamente, fu Chopper, lo sguardo serio e preoccupato. Si girò verso la sua paziente, prendendo un respiro profondo; era rimasto colpito dall’aggressione di lei, che gli aveva lasciato intendere di averle fatto qualcosa di male, ma adesso quella non era la cosa più importante.
« Il tuo corpo è ancora debole per il sangue che hai perso » disse calmo, rientrando in possesso della sua voce professionale e ragionevole. Alzò uno zoccolo, indicandole il fianco. « Se la ferita si riaprisse rischieresti di svenire di nuovo »
« Chopper ha ragione » convenne Nami con un sospiro profondo.
Nello stesso momento, indesiderato e inopportuno, il fracasso provocato dal metallo che cozza in terra rimbombò nell’ambiente. Il rumore fece sobbalzare metà della ciurma, il cuoco in primis, che intuì la scena con uno sgradevole brivido lungo la schiena.
« Ops… » deglutì Rufy, coperchio di una pentola in mano, mentre osservava il disastro per terra. Come se nella stanza non stesse accadendo alcunché, si era avvicinato ai fornelli per sbirciare il pranzo, ma aveva involontariamente urtato il tegame a fianco, provocando il disastro.
« Brutto pezzo di idiota! » sbottarono al contempo Sanji e Nami, rivolgendogli le loro più feroci e aguzze espressioni.
E quello fu l’attimo.
Il coltello roteò su se stesso, cadendo sulle assi del pavimento. Quando fu a terra, la ragazza aveva già superato la renna e il nasone, puntando senza esitazione alla porta. Non aveva però fatto i conti con Zoro che, a differenza degli altri, riuscì a reagire in tempo placcandola per arrestarne la fuga.
Lo spadaccino si rese conto solo tardi di averle fatto male, sentendola gemere per averle premuto involontariamente sulla ferita al fianco.
« Calmati! » le intimò quando quella prese a divincolarsi come una pazza nella sua stretta, tanto che dovette rendere la presa più salda.
Un tremito scosse la donna. Il sangue le parve improvvisamente stagnarsi nelle vene e il terrore la gelò. Con una scarica di ricordi e sensazioni a mozzarle il fiato, mossa dall’irrazionalità, fece l’unica cosa che le riuscì logica: lo morse.
L’imprecazione di dolore del malcapitato si levò alta, come le sue braccia che respinsero malamente la fuggiasca verso la porta, mentre il sangue imbrattava la mano e il collo della maglietta bianca dello spadaccino. Ma le sorprese, o meglio, le sciagure sembravano non aver fine. Con uno stupore che gli fece quasi dimenticare quello che era appena successo, Zoro notò in mano alla donna qualcosa che lo fece seriamente arrabbiare: era riuscita a sfilargli dal fianco una delle sue spade, la Shusui.
« Restituiscimela subito » le ordinò, ma lei si era già voltata per fuggire.
La donna spiccò un salto dal cassero di poppa atterrando sul morbido prato del ponte di coperta, ma per quanto l’atterraggio fosse ben calcolato, avvertì una fitta più dolorosa al fianco e alla caviglia. Non ebbe tempo di fermarsi a riprendere fiato che lo spadaccino le fu subito dietro, quasi agguantandola con la mano mentre le voci dell’equipaggio li richiamavano entrambi a gran voce. Lei scartò con un ultimo scatto di agilità verso il parapetto della Sunny e si tuffò in mare, stringendo la katana rubata come fosse l’unica alleata che avesse.
Zoro, dimentico delle urla dei suoi compagni e della ferita al collo, la seguì in acqua, determinato a riprendersi la spada.
Tra le bollicine provocate dal salto repentino fu sicuro di aver afferrato qualcosa, ma quando riemerse si trovò tra le mani solo la felpa che la donna aveva indosso. Imprecò, prima di spaziare con lo sguardo la superficie per individuare la direzione in cui stava scappando. Ma il pelo dell’acqua era silenzioso e appena increspato, senza alcuna traccia.
Era sparita.
 
 
 
 
 
 
Una smorfia deformò il viso di Zoro, ma non emise un fiato. Chopper, chino su di lui con un batuffolo bagnato di disinfettante e in un silenzio snervante, gli stava pulendo il morso che la loro temporanea ospite gli aveva lasciato sul collo. Il volto dello spadaccino si deformò in un’altra smorfia, questa volta accompagnata da un pugno al tavolo della cucina, che scricchiolò, riscuotendo i presenti dal torpore.
« Modera la tua frustrazione » lo riprese il cuoco, accendendosi l’ennesima sigaretta: in neanche un’ora se ne era fumate una mezza dozzina, appoggiato ai fornelli.
Lo spadaccino si volse verso di lui, ringhiando.
« Taci »
Era così arrabbiato che non aveva neanche voglia di sprecare parole a insultarlo. In sostituzione, si fulminarono con lo sguardo e, se non fosse stato per la tempestiva entrata di Nami, Robin, Franky e Brook, sicuramente se ne sarebbero date come al solito.
« Piantatela di battibeccare » proruppe la rossa, immaginando cosa avesse appena interrotto. Zoro masticò un’imprecazione, mentre Sanji si perse a mandarle tanti cuoricini, per poi tornare serio e attendere il responso a cui erano giunte le due donne.
« Avete capito cos’è successo? » domandò serio Usopp, in piedi a braccia conserte poco distante dall’angolo in cui era stato rilegato un Rufy dall’aria oltremodo depressa, essendosi visto negare il pranzo per quanto accaduto.
La navigatrice sospirò, segno che quel rompicapo non aveva ancora una soluzione.
« La spiegazione più plausibile » iniziò con un’alzata di spalle « è che se ne sia andava via a nuoto »
A quelle parole, Zoro scattò in piedi e per poco Chopper non finì a terra con tutto lo sgabello.
« Non è possibile! » disse a mo’ d’accusa, sbattendo di nuovo la mano sul tavolo.
Nami si trattenne dall’assestargli un pugno in testa ritenendo inutile perdere la pazienza: lo spadaccino aveva i nervi a fior di pelle a causa del furto subito e sapeva che era meglio non infierire e lasciargli sfogare l’umiliazione con quei gesti.
Robin, stringendosi nelle spalle, sostenne le parole della compagna:
« In realtà è possibile. Probabilmente abbiamo a che fare con una sirena »
Seguì un lungo momento di sorpresa, prima che i vari membri maschili della ciurma se ne uscissero con le reazioni più disparate, dall’esaltazione alle domande stupide.
« Ah… » sospirò infine Brook, con aria tristemente trasognante  « Non ho fatto in tempo a chiederle di mostrarmi le mutandine… »
Nami mise presto fine a qualsiasi ulteriore commento, costatando come al solito che i suoi compagni non fossero in grado di produrne uno sensato.
« Ma non aveva la coda! Neanche quando era in acqua e Sanji l’ha salvata! » fece notare Chopper tutto concentrato.
« In effetti, è l’unica cosa che non riesco a spiegarmi » acconsentì Robin pacata, con un sorriso verso il medico che si sciolse. « Tuttavia, questo continua ad avvalorare la mia tesi »
Nel dirlo, depose sul tavolo della cucina un fazzoletto di stoffa al cui interno brillava un pendente blu. A forma di cavalluccio marino, nella parte centrale del corpo era incastonata una pietra di un limpido blu oceano. Quando avevano salvato la ragazza la sera prima, l’attenzione della mora era stata subito attirata dalla collana, motivo per il quale era rimasta chiusa in biblioteca con un Brook curioso tutta la mattinata.
« Si tratta di un Cristallo di Agalmatolite. È molto più potente dell’agalmatolite classica che conosciamo. L’intero pendente è fatto dello stesso materiale, ma questo tipo di cristallo si può trovare solo a SubAquaea » spiegò l’archeologa, ma i punti interrogativi sulle facce dei compagni la spronarono a continuare.
« Parlo del Regno del Mare, il luogo dove dimorano sirene, tritoni e uomini-presce. Hanno leggi molto severe riguardo l’accesso di esseri umani entro i propri confini, e questo tipo di collana si può trovare solo lì. Per questo penso che quella ragazza sia una sirena, o qualcosa del genere » fece per concludere, prima di soppesare un’ultima idea, che sottolineo con un’alzata di spalle: « A meno che non abbia rubato pure questa e sia davvero brava a nuotare. L’agilità non le manca da quello che mi avete riferito »
« Tutto questo però non è d’aiuto per ritrovarla » precisò Zoro con una nota irritata, le dita affondate nelle cosce. Avrebbe voluto tenere le braccia serrate e incrociate al petto, come quando era nero di rabbia, ma la ferita al collo pulsava impedendogli quella posizione e aggiungendo ulteriore frustrazione a quella che già lo macerava.
Riluttante, il resto dell’equipaggio dovette trovarsi d’accordo.
« Be’ » iniziò Sanji, spirando con apparente tranquillità una nuvoletta di fumo « che cosa facciamo? »
Non lo dava molto a vedere, ma era preoccupato per la ragazza, indipendentemente dal suo appartenere al gentil sesso. La sua era stata la reazione di chi era spaventato a morte, quasi si fosse sentita braccata.
Nella stanza scese per un attimo il silenzio, rotto solo dai borbottii insensati di Rufy che stava ancora facendo i cerchietti per terra nel suo angolo e il rimuginare rumoroso di Franky, come se avesse avuto davvero delle rotelle al posto del cervello.
« Chopper » iniziò alla fine Nami, pensierosa. « Che tipo di ferite aveva? »
Se la sua intelligenza non l’aveva abbandonata, partendo dal principio, avrebbe potuto trovare un modo con cui rintracciare la sconosciuta seguendo i pochi indizi che avevano su di lei.
La renna rifletté un attimo.
« Una ferita al fianco, sono sicuro causato da una spada. Oltre questa, alcuni lividi e graffi e un leggero gonfiore alla caviglia » e con gli zoccoletti descrisse a gesti il taglio e la traiettoria che secondo lui doveva avere avuto la presunta lama.
Robin e Nami si scambiarono uno sguardo, concordando entrambe un possibile retroscena.
Mentre gli altri iniziavano a esprimere le loro domande sul « cosa state pensando? », le due si diressero verso l’infermeria, recuperando la tunica indossata dalla donna nel momento in cui l’avevano trovata. Era strappata e bruciacchiata in più punti, oltre che macchiata di sangue. Il mare aveva cancellato la maggior parte delle tracce di fuliggine, ma un odore acre era ancora percepibile.
« È solo una supposizione, ma credo che in qualche isola qua intorno ci sia stato un saccheggio da parte di pirati, e lei ci si sia trovata in mezzo. Probabilmente sta tornando verso casa »
E il fatto che avesse rubato la spada di Zoro non la rassicurava per niente.
« E… come la troviamo? Seguiamo il Logpose? » domandò ingenuamente Chopper.
Lei gli fece l’occhiolino di rimando.
« Useremo il tuo fiuto » rispose.
Il piccoletto rimase perplesso, come gli altri. Lo spadaccino si stava nuovamente spazientendo.
« Taglia corto, Nami » le disse brusco, guadagnandosi un’occhiataccia da parte del cuoco.
« Devono aver messo a ferro e fuoco la sua isola » chiarì seria, ricevendo il sostegno di Robin e Franky. « L’attacco è sicuramente recente, e forse le tracce dell’incendio sono ancora percepibili nell’aria »
« E la teoria sull’essere una sirena? Se fosse tornata a questo Regno del Mare? » fece notare Usopp, scettico.
« Speriamo che non sia così » fu la sola risposta della navigatrice. « A ogni modo, intanto proviamo così »
« Lasciate fare a me » disse deciso Chopper, battendosi uno zoccolo sul petto, desideroso di potersi rendere utile per cercare quella donna senza nome di cui aveva cara la sorte.
Gli altri assentirono col capo, iniziando a muoversi.
 
 
 
 
 
Il piano di fiutare l’aria alla ricerca di una traccia si dimostrò più complicato e lungo del previsto. Chopper aveva iniziato a girarsi tutta la Sunny, dalla prua alla poppa, fino su alla coffa, saggiando col suo strano nasino blu qualsiasi brezza circostante, concentrandosi come mai aveva fatto prima. A seguirlo c’erano stati Nami, pronta a segnare la rotta con alla mano alcune cartine del mare circostante scovate in un ammuffito atlante, Brook, ancora una volta curioso delle capacità dei suoi compagni, e la presenza affatto cordiale di Zoro, che pareva pedinarli come un mastino mentre ancora masticava collera a palate. Il marimo si era dovuto tuttavia calmare, perché l’aura di impazienza e pessimo umore che emanava avevano prima terrorizzato a morte il piccolo medico, poi l’avevano agitato così tanto per il compito assuntosi che per poco non era caduto in mare.
Dopo estenuanti minuti e la vaga idea che la loro trovata fosse stata una perdita di tempo, Chopper aveva individuato qualcosa di utile.
« Nord-Ovest… » mormorò tra sé la navigatrice, dopo aver osservato la posizione del sole e fatto qualche calcolo, anche se sapeva che era un riferimento approssimativo. Aprì una delle mappe e con sguardo sapiente individuò l’area in cui si trovavano in quel momento. Orientarsi nella Grand Line costituiva sempre un azzardo, ma si fidava del suo intuito e soprattutto delle proprie conoscenze abbastanza da arrischiare una rotta al di fuori del Log Pose. Con una matita iniziò a tratteggiare la direzione indicatale da Chopper, fino a che la punta non arrivò al contorno definito di un arcipelago di piccoli atolli. Il nome sulla cartina indicava “Tsuri Fish”.
« È lì? » domandò Zoro serio.
Nami annuì, anche se sapeva che il tutto poteva risultare un immenso buco nell’acqua.
« Abbiamo una rotta! » comunicò poco dopo al resto della ciurma, mostrando loro la cartina e il punto che il naso della renna aveva individuato.
« Non ci vorrà molto a raggiungerla » e detto ciò i preparativi furono avviati definitivamente.
 
 
 
 
 
 
« Uuuuoooh! » esclamò Rufy dal suo posto di vedetta sulla polena. Sanji non aveva potuto continuare a negargli il pasto oltre, e una volta rimpinzato a dovere il ragazzo di gomma era tornato pieno di energie, forse anche troppo. Il prezioso cappello di paglia gli si agitava sulla schiena mosso dal vento che gonfiava le vele. Al suo fianco, a tenere d’occhio l’orizzonte con ancora le cartine strette al petto, Nami valutava le prossime mosse.
« La rotta è approssimativa, ma se il vento reggerà come credo, dovremmo iniziare a vedere l’isola prima di sera » ragionò, trattenendo con una mano i capelli scompigliati. Il ragazzo le rivolse un sorriso a trentadue denti, la sua inesauribile gaiezza manifestata a pieno sul suo viso.
« Spero ci siano tante cose buone da mangiare dove siamo diretti! » esclamò, guadagnandosi un’occhiata scettica da parte di Nami.
« Mangiare? »
Il capitano annuì con l’entusiasmo che solo lui riusciva a dimostrare parlando ci cibo anche dopo aver finito di pranzare.
« Rufy… stiamo puntando a un’isola che probabilmente è stata razziata da una banda di pirati, come puoi pensare al cibo in un momento così? »
Per tutta risposta, il capitano la fissò come se la vedesse per la prima volta. Si prese il mento tra due dita, inclinando il capo.
« E perché andiamo in un posto del genere? » domandò ingenuamente, senza curarsi delle conseguenze. Conseguenze assai dolorose.
« Ahi! Nami! Fai male! Che ti prende!? » strepitò il poveretto sotto la raffica di pugni che la compagna gli inflisse sulla testa.
« Tu! Stupido uomo di gomma dal cervello nello stomaco! » vociò la navigatrice, preda ancora una volta di quell’istinto omicida che solo il ragazzino dal Cappello di Paglia era capace di scatenare in lei così.
Quando finì di sfogarsi, e Rufy ebbe detto addio ai suoi connotati, decise che poteva concedersi di spiegargli la situazione; era pur sempre il suo capitano.
« Hai almeno presente la donna che abbiamo salvato ieri? » domandò, appoggiandosi con la schiena al parapetto, la nave che ancora tagliava l’acqua placida a piena velocità. Rufy, reggendosi con le mani la faccia dolorante e rimettendosi a sedere sulla polena, annuì concitatamente, avendo paura della compagna. « Bene. Mentre tu combinavi quel casino in cucina ha colto l’occasione per scappare, portandosi via una delle spade di Zoro. Te ne sei accorto? » questa volta la voce della ragazza assomigliava molto a un ringhio.
Il capitano la fissò con la stessa espressione che gli era costata il pestaggio, ma si premurò bene di accennare un indeciso sì con la testa, sebbene Nami avesse compreso che non ci aveva per niente fatto caso. Sospirò, la vena omicida ormai del tutto sopita.
« Comunque sia, siamo riusciti a metterci sulle sue tracce e, come ti ho detto prima, credo che il luogo dove viva sia stato messo a ferro e fuoco, visto come fosse poco incline a fare la nostra conoscenza »
« Quindi… » azzardò Rufy « stiamo andando a riprenderci la spada di Zoro? »
La navigatrice annuì.
« Ma anche a vedere come sta » aggiunse, girandosi e appoggiando i gomiti alla protezione, lo sguardo che spaziava il mare. « Chopper è preoccupato per le sue condizioni »
Passarono qualche attimo in silenzio, entrambi ad osservare l’amata distesa blu.
« Chissà che non porti lo stesso qualcosa di buono » disse il ragazzo, sostenendo con una mano il cappello, nel viso di nuovo un pieno sorriso. Nami sospirò, scuotendo la testa.
Il loro capitano non cambiava mai.
 
 
 
To be continued
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Significato dei termini:
- Tsuri Fish: Tsuri dal giap. “pesca” e Fish dall’ing. “pesce”. *zitto e nuota*
- Mizu: dal giap. “acqua”.
- Marimo: il tipo di alga giapponese a cui Zoro somiglia secondo la modesta opinione di Sanji.
 
 
 
Note al capitolo & dell’autrice:
Un po’ (tantino) mi spiace che la seconda parte del Prologo non abbia suscitato lo stesso interesse della prima ~ Spero di potermi rifare presto e riconquistare la vostra attenzione con i prossimi capitoli =)
Grazie a jillianlughnasad che continua a dimostrarsi una sostenitrice impagabile e dolciosa *love*
 
E ora… sotto con le classiche noticine:
 
- Mizu: se Heavenly Eve è nata è stata tutta colpa/merito suo. Nel lontano 2006 lei fu il primo personaggio che creai, e le cui vicende dovevano andare un po’ diversamente dalla storia che vi racconterò, ma queste sono altre storie ;) La nostra povera malcapitata apre la storyline con la ciurma dei Mugiwara, alla ricerca di “Matt” dopo che la sua isola è stata distrutta come sei anni prima *tu-tum*  
 
- Cristallo di Agalmatolite: già accennato nel Prologo (lo aveva al collo Irwin e lo ha usato per chetare Bryan), è, come spiega Robin, un po’ diverso dall’agalmatolite classica, è molto più “forte” per certi versi ed è ancora più rara del minerale classico.  
 
- SubAquaea: la lettura corretta è “SubAquea”, dove la “ae” si legge alla latina “e” (Rosa, rosae…). È il nome che ho dato al più grande “Regno del Mare”, poiché all’epoca quando inventai questa storia l’Isola degli Uomini Pesce era solo stata accennata ~
 
-  Franky, Brook & la Sunny: perché una nota su di loro… perché nella prima stesura non esistevano x__x man mano che riscrivo e riadatto i capitoli sto cercando di inserirli e farli interagire col gruppo. Spero non ci saranno incongruenze e per ora i loro ruoli non saranno “centrali”. Ma vogliamo loro bene lo stesso.
 
Mentre riadatto i capitoli cerco sempre di unificare lo stile, ma mi rendo conto che sarà un’impresa ardua…! In realtà, non vedo l’ora di superare i capitoli che ho già scritto e correre avanti, molto avanti, perché questa storia crescerà progressivamente e con un sacco di roba ç__ç … e la cosa in realtà mi esalta *w*  
 
Sul blog di Tumblr [ http://heavenlyeve.tumblr.com/ ] posto di tanto in tanto qualche cosina in più… tra un po’ troverete anche qualche “doll” costruita su come immagino alcuni personaggi, così da farsi un’idea! =D *maniac*
 
Bacioni!
Nene
 
 
PS: qui sotto il link allo schizzo che ho fatto del trio Bryan, Bonnie e Lewis =)
[ http://heavenlyeve.tumblr.com/post/102353319841/ecco-il-trio-di-salmoa-bonnie-bryan-e-lewis-3 ]

PPS: oggi è anche il compleanno del nostro Zoro! E come regalo... ha ricevuto un bel morso! *sadic*

 
   
 
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