Serie TV > Merlin
Ricorda la storia  |       
Autore: elyxyz    11/11/2014    15 recensioni
Questa storia contiene un po’ di comicità, ironia ed esperienze metà vere e metà romanzate, quindi NON è assolutamente un manuale di puericoltura.
Mescolate un babysitting coatto, uno zio imbranato, un nipote diabolico, un pianista (dalle mani porno) eletto ad angelo custode, segreti e bugie. E forse vi ritroverete con una storia d’amore.
“Guarda che io non abbocco!” sibilò Arthur, puntandogli un dito contro. “La tua faccia d’angelo non mi frega, piccolo demonietto!” rincarò con un ghigno. “Deve ancora nascere qualcuno che pensa di mettere nel sacco Arthur Pendragon!” completò spavaldo. “Quindi… a noi due!”
Mordred raccolse il guanto di sfida sputandogli il ciuccio contro.
“Ehi! Non vale usare armi!” s’indignò l’uomo, raccattando il succhiotto da terra. “Questo era un colpo basso!”
Per un istante, fu certo che il poppante avesse ghignato. E non gliene fregava un accidente se le guide pediatriche di mezzo mondo dicevano che nessun neonato poteva ghignare.
Mordred poteva, eccome.
(...) Alla seconda canzone, che il suo personale angelo custode stava suonando, il diavoletto era certamente caduto nel girone dei sogni infantili infernali.
[Modern!au, Merthur, Leogana, baby!Mordred, zio!writer!Arthur, pianist!Merlin - 5 capitoli in totale, storia conclusa.]
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Mordred, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ho cominciato questa fic quasi un anno fa

Ho cominciato questa fic quasi un anno fa. Ma, tra una cosa e l’altra, è rimasta ferma mesi a decantare.

Essa fa parte della mia personale sfida per riuscire a scrivere una fic su tutti i lavori/situazioni più comuni nelle AU, ma chiarirò l’elenco nelle note finali. Intanto, ecco il mio contributo alla Causa ‘scrittori’ e ‘musicisti’, due in uno!

 

Modern!au, Merthur, Leogana, baby!Mordred, zio!writer!Arthur, pianist!Merlin.

 

 

D’istinto, vorrei dedicare questa storia a Filippo, sperando di essere una zia un filino migliore di Arthur con Mordred.

E poi è dedicata a chi mi segue con costanza e affetto.

A chi si entusiasma per le mie bizzarre ispirazioni e mi sostiene con i suoi pareri.

Voi rallegrate le mie giornate!

Grazie.

 

 

 

 

Magic Melody (Mordred’s Lullaby)

 

 

 

 

 

 

 

Capitolo I

 

 

“Guarda che io non abbocco!” sibilò Arthur, puntandogli un dito contro. “La tua faccia d’angelo non mi frega, piccolo demonietto!” rincarò con un ghigno. “Deve ancora nascere qualcuno che pensa di mettere nel sacco Arthur Pendragon!” completò spavaldo. “Quindi… a noi due!”

 

Mordred raccolse il guanto di sfida sputandogli il ciuccio contro.

 

“Ehi! Non vale usare armi!” s’indignò l’uomo, raccattando il succhiotto da terra. “Questo era un colpo basso!”

 

Per un istante, fu certo che il poppante avesse ghignato. E non gliene fregava un accidente se le guide pediatriche di mezzo mondo dicevano che nessun neonato poteva ghignare. Mordred poteva, eccome.

 

Digrignando i denti con rabbia, imprecò sottovoce contro il marmocchio e la sua genitrice.

 

Arthur ancora si chiedeva come avesse fatto ad acconsentire a quella follia.

Poi ricordò che, in realtà, lui non aveva detto sì ad un bel niente. Solo che Morgana non accettava un no come risposta. E così gli era toccata...

 

 

***

 

 

Il suo male era cominciato il giorno prima, quando (con un illecito doppione delle chiavi d’ingresso) la sua amata sorella gli era piombata in casa come un avvoltoio su un corpo ancora tiepido, mentre lui era nel bel mezzo di un punto decisivo a metà di un capitolo cruciale.

Giusto quando il suo protagonista rischiava di crepare, quell’arpia lo aveva distratto dalla vitale concentrazione nel salvare il suo pupillo di carta per parlargli del proprio, di pupillo, decisamente meno interessante per lui.

 

E così Morgana gli aveva chiesto – un tenero eufemismo per dire imposto – di fare da babysitter al piccolo mostro, mentre lei sospendeva temporaneamente il suo congedo di maternità.

 

“Siamo nel bel mezzo dell’acquisizione più grossa nella storia della Pendragon Company e la mia sostituta ha fatto un casino! E Leon dirige gli accordi dall’altra parte del mondo!” Al posto tuo!, sottintendeva il suo sguardo furente. “Devo rientrare in ufficio almeno questa settimana, o andrà tutto a puttane e chi lo sente, poi, nostro padre?!”

 

Era stato un colpo basso per lei nominare il vecchio Uther, e istintivamente Arthur sentì i peli del collo rizzarsi, al ricordo di quando aveva trovato finalmente il coraggio di dirgli che lui no, non era affatto intenzionato a prendere in mano le redini dell’azienda di famiglia (come ci si aspettava che facesse), e che lui amava scrivere, e fare lo scrittore era quello che voleva fare nella vita. Per poco, non aveva scatenato la Terza Guerra Mondiale e finire diseredato era stata giusto una bazzecola.

 

“E perché non lo lasci a lui? È in pensione e poi stravede per quel mo- mo-!” Mostriciattolo, avrebbe voluto dire, annuendo alla volta della carrozzina con dentro il problema, ma quando vide la sorella abbassare la mano ingioiellata verso una delle sue Manolo Blahnik, deviò saggiamente: “Mordred!”

 

Morgana si risistemò distrattamente la fibbia posteriore del sandalo, che aveva un tacco così lungo e appuntito che Arthur s’era già visto morto, crocifisso col cranio perforato, impalato contro il muro della sua bella casa, e Gana se la sarebbe cavata fingendo quattro lacrime con un po’ di depressione post-partum e tante grazie.

 

“Affideresti mai tuo figlio a nostro padre?!” gli aveva chiesto, in tono di sfida.

 

“Non ho figli”, aveva replicato lui, per puntiglio.

 

Arthur…”

 

“Ok, d’accordo. No.

Persino un branco di drogati strafatti sarebbe più affidabile di lui… E con più competenze di puericoltura, indubbiamente”.

 

“Perfetto. Almeno su una cosa siamo d’accordo!”

 

Perché sì. Uther adorava letteralmente il nipote come fosse stato una divinità pagana da venerare. Ma dal ricoprirlo d’oro all’accudirlo… ce ne passava di strada!

 

Quando Arthur aveva disertato i propri doveri di bravo figlio, era stata Morgana quella messa alle strette e col marito aveva scelto di portare avanti l’intera baracca Pendragon.

Quand’era nato il primo figlio – per giunta maschio! – Uther aveva preteso che prendesse il cognome materno, visto che quello scapestrato del suo primogenito si era, nel frattempo, dichiarato insanabilmente gay e con il vezzo di fare l’artista.

La stirpe dei Pendragon sarebbe dovuta continuare e il Vecchio Dragone aveva grandi aspettative sull’ignaro nipote.

Se Uther avesse saputo del problema attuale, la Terra avrebbe tremato per ore.

 

“E perché non assumi una babysitter?”

 

“Credi che affiderei il sangue del mio sangue alla prima bimbaminkia che passa?!”

 

“Ma… esistono Enti certificati, personale specializzato, referenze e…”

 

“Dove credi che troverei il tempo di eseguire i colloqui, verificare le raccomandazioni, fare delle prove di compatibilità caratteriale con il mio Puccino?”

 

“Puccino? Adesso lo chiami Puccino?” Arthur alzò la voce di un’ottava.

 

“Parla piano, cretino! Se si sveglia, ti taglio la gola!”

 

“Oh, vedo che l’istinto materno ti ha reso più amabile!” ironizzò lui, incrociando le braccia al petto.

 

“Arthur…” lo richiamò spazientita.

 

“E perché non Gwen?” suggerì lui, speranzoso. “È la persona più qualificata del mondo! Le affiderei la mia stessa vita!”

 

“Perché si dà il caso che Guinevere e Lancelot abbiano già tre figli a cui badare e lei sia al settimo mese di. Una. Gravidanza. Gemellare”, gli ricordò, scandendo le parole come se fosse stato un ritardato.

 

“Ecco, appunto! Ha praticamente in gestione un asilo, un bimbo in più o in meno non farà la differenza!”

 

Morgana scosse i folti ricci mori.

“Non ho cuore di caricarla di quest’incombenza…”

 

Ohmiodio! Hai finalmente ammesso di non avere un cuore! Lo sapevamo tutti, ma-”

 

“Ma la vuoi smettere?! Si tratta solo di qualche giorno, e tu sei l’unico con un sacco di tempo libero, tempo che passi inutilmente a zonzo per l’appartamento!”

 

“Ehi! Io lavoro a casa! Io scrivo!” si difese piccato.

 

“Sì, scrivi un sacco di pagine che poi cestinerai… l’uscita dell’ultimo libro è prevista per quando?”

 

Arthur tentennò, ma mentire non sarebbe servito. “La primavera prossima”, ammise poi, controvoglia.

 

“Ecco, appunto. Qualche giorno di pausa non ti ucciderà. E mi devi un favore, quindi…”

 

“No, non è vero!”

 

“Sì che lo è”, lo contraddisse Morgana, ghignando. “Un grande favore. Il nome ‘Mark’ ti dice niente?”

 

Arthur sbiancò.

Che bastarda! Come poteva rinvangare ora quel…

“Avevamo concordato che non ne avremmo più parlato”, le rinfacciò.

 

“Sì, beh... Tu lo hai deciso. Non io. Piacere per piacere, ricordi?”

 

“Questo è un ricatto!”

 

“Chiamalo come vuoi…” Morgana fece spallucce, mentre controllava il bimbo che si stava risvegliando. Lo prese in braccio, cullandolo piano nella speranza di prolungare il suo pisolino.

“Tata Mary verrà la mattina; il pomeriggio non può, per questo lo chiedo a te…”

 

“Tata Mary?!”

 

“Sì, idiota. Ma sei sordo?!”

 

“Papà ha mandato in pensione Tata Mary quando siamo andati al college! E aveva quasi ottant’anni allora!”

 

“Ne aveva settanta, idiota. Non esagerare… E comunque mi fido solo di lei…”

 

“Sì, finché non darà il biberon a quel topo del tuo chihuaua e non riempirà la ciotola di croccantini per Mordred!”

 

“Tata Mary è più in gamba di te!” lo contraddisse, perentoria, prima di trasformarsi istantaneamente, facendo facce buffe e parole dolci al suo bambino.

“Oh, Puccino-Puccino, guarda dove siamo? A casa di zio Artie!” declamò con allegria esagerata. “Di’ ciao a zio Artie!” l’incitò retorica.

 

Arthur roteò gli occhi, nauseato dalla colata di miele verbale. “Lui mi odia!”

 

“Stronzate! Sei il suo zio preferito!”

 

“Solo perché sono l’unico che ha! E non sono stronzate!”

 

“Arthur! Niente parolacce davanti al bambino!”

 

“Ma l’hai appena detta anche tu!”

 

“Una mamma può tutto…” filosofò Morgana al pari di un dogma, prima di stampare una serie di baci a schiocco sulla testolina semicalva del pupo.

 

“Sto per vomitare”, mugugnò l’uomo, osservando la dimostrazione di affetto con la faccia di uno che ha mangiato un limone.

 

“Il solito esagerato!” lo sgridò la sorella, liquidando la faccenda. “Ti aspetto domani, da me, alle due. Sii puntuale!” gli comandò, ticchettando con gli spilloni di Manolo sul pavimento, come a definire l’ordine.

 

E prima di sapere come, Morgana s’era magicamente volatilizzata e Arthur s’era ritrovato fregato.

 

 

***

Image and video hosting by TinyPic

 

 

Per un buon minuto abbondante, Arthur aveva seriamente ponderato di disertare. E ‘fanculo a tutto.

Ma Morgana, quando ci si metteva, sapeva essere davvero un dolore nel culo, una spina nel fianco e un calcio nelle palle tutto insieme.

Poi c’era stata la concreta minaccia di Mark e la possibile reazione di suo padre di fronte a un’altra diserzione di famiglia e lui aveva dovuto fare retromarcia.

Oh, che cazzo. Un paio di pomeriggi col marmocchio non avrebbero ucciso nessuno, no?

 

E poi avrebbe sempre potuto prendere quell’occasione per fare esperienza e poi usarla per un nuovo plot… sì, qualcosa su un bambino demoniaco, di certo.

 

Mentre guidava verso il quartiere residenziale dove abitava l’oggetto delle sue disgrazie, rifletté sul fatto che era anche colpa di Leon, che era figlio unico.

Se suo cognato avesse avuto fratelli, magari il peso dell’incarico non sarebbe toccato a lui!

Poi, però, Arthur ricordò che il parente più vicino ad una sorella per Leon era Elena, una tizia di buon cuore, ma che viveva costantemente sulle nuvole. Era così svampita che a volte si perdeva per strada e i vicini la riaccompagnavano a casa per pietà.

Ecco, beh… persino lui non avrebbe affidato Mordred ad una così.

 

Ma il punto era, secondo lui, che fosse ingiusto venir disturbato in virtù dell’essere uno zio vero in linea di sangue, solo perché quelli finti valevano di meno, quando si trattava di chiedere favori scomodi.

 

Arthur ripensò ai loro amici in comune.

Di sicuro anche quel fancazzista di Gwaine avrebbe potuto occuparsene, o quel randagio di Elyan, sempre in cerca di capire il senso della vita girando qua e là. Vivian no, perché era una poco di buono e avrebbe potuto abbandonare il bambino anche sul ciglio della strada, se un tizio qualsiasi le avesse dato retta. E poi Sophia… uhm, negativo. Da quando era entrata in quella strana setta che pretendeva di fare sacrifici animali… già, meglio evitare. E Mithan? Ah, nemmeno. Stava ancora in Rehab, rinchiusa in un Centro di disintossicazione…

 

Ma sicuramente quella strega di Morgana aveva altre amiche, no?

Perché, di tutti, era toccata proprio a lui?

 

Arthur parcheggiò, borbottando il proprio malcontento e suonò il campanello.

 

Tata Mary lo abbracciò forte, bloccandolo sulla soglia.

“Il mio piccolo Arthur!” lo vezzeggiò, tirandogli le guance come quando andava alle elementari. “Ma come sei cresciuto!” constatò, perché effettivamente la vecchina, gobba per l’età, gli arrivava appena sopra all’altezza dell’ombelico.

 

“È passato un po’ di tempo dall’ultima volta, Tata Mary…” le rispose imbarazzato.

 

La sua vecchia bambinaia si prese il tempo di sondarlo da capo a piedi, e parve approvare ciò che vide.

“Com’è che un ragazzo così bello non si è ancora sposato?” gli domandò poi, a bruciapelo, scrutandogli la mano sinistra libera da anelli.

 

“Ehm… Tata Mary, vedi… C’è una cosa che non sai…”

 

“Vuoi dire che tutti gli uomini d’Inghilterra sono diventati ciechi all’improvviso?” lo aiutò.

 

Arthur boccheggiò, al colmo dello stupore.

 

“Artie, piccolo mio. So che sei gay da quando avevi quindici anni…” chiarì, con un sorriso. “Chi credi nascondesse quelle brutte riviste che compravi di nascosto prima che Morgana ti ricattasse o le vedesse tuo padre?”

 

“Ehm… non… non era Malcom, il vecchio maggiordomo?”

 

L’anziana balia rise di gusto della sua ingenuità.

“Malcom se le sfogliava, ma toccava a me fare ‘il lavoro sporco’!” gli spiegò ammiccando. “E ora vieni dentro, dai…”

 

Arthur attraversò l’uscio e si aspettò quasi di vedere comparire sua sorella da un momento all’altro, ma la casa sembrava tranquilla ed, effettivamente, se fosse stata presente, lui non avrebbe avuto motivo di essere lì con quell’ingrato compito.

 

“Mordred è parecchio assonnato, è quasi ora della nanna pomeridiana”, lo informò la sua bambinaia, conducendolo alla culla dove il bambino piagnucolava. “Adesso te lo cambio, così sarai a posto finché non tornerà Morgana, ma poi devo scappare, mi dispiace. Il mio povero Charlie, sai… La sua testa non va più tanto… C’è la vicina adesso con lui, ma…”

 

“Non ti preoccupare, Tata Mary. Non mi devi spiegazioni”, la rassicurò, stringendole affettuosamente una spalla ossuta.

 

“Bravo il mio ragazzo!” lo lodò lei, prima di rivolgersi al neonato: “E dov’è il principino, qui? Fai vedere a zio Arthur quanto sei delizioso!”

 

Arthur non avrebbe mai, mai accostato il termine delizioso a suo nipote, ma preferì non recriminare.

 

“Vedi, si fa così…” lo istruì l’anziana balia, muovendosi con gesti veloci e precisi sul bambino per spogliarlo e cambiargli il pannolino e l’uomo seguì distrattamente il processo che, per lei, doveva essere un gesto abitudinario mai dimenticato.

 

Peccato che, dopo la prima zaffata proveniente da roba solida – Codice Marrone! Codice Marrone! Centrale, abbiamo un problema! –, Arthur era indietreggiato, sul punto di vomitare per davvero, scappando dalla stanza.

 

“Dovrai farci l’abitudine, sai?” gli rese noto la signora Mary, divertita dalla sua fuga, sventolandogli contro l’involucro della bomba nucleare, prima di avere pietà di lui e di smaltirla nei rifiuti tossici e radioattivi.

 

Col cazzo che si sarebbe impantanato in quello schifo!

 

“Nnh…” grugnì, però, in risposta.

 

“Gana ha detto che c’è un promemoria per te sul portatile e tutto l’occorrente per il pomeriggio, fino al suo ritorno. Se hai bisogno, non esitare a chiamarmi”, lo invitò, allungandogli un foglietto con dei numeri di telefono per i recapiti urgenti, strizzandogli poi una guancia affettuosamente. “Ciao, Artie…”

 

Arthur realizzò con suo sommo orrore che la vecchina non s’era neppure lavata le mani dopo il cambio del pannolino e prima di toccarlo. Ergo

Egli corse nel bagno del piano terra e cercò il disinfettante più potente che c’era in casa.

Alcool? Candeggina? Acido Muriatico?

 

Dopo un numero considerevole di lavaggi con tutti quei fottutissimi detergenti ‘per pelli delicate con crema idratante’ che quella strega di sua sorella si ostinava a comprare, Arthur decise che sarebbe sopravvissuto. Sì, però aveva bisogno di un tè.

 

“Un tè al latte mette a posto ogni cosa!” lo diceva sempre anche Tata Mary.

 

Ignorò il nipote che mugolava scontento nella culla e si diresse in cucina, mettendo su il bollitore e acchiappando una sana bustina di Earl Grey.

Poi rovistò in frigo alla ricerca del latte e agguantò una bottiglia di vetro. Morgana e la sua mania di latte fresco!

Beh, in verità era una cosa buona, per una volta. Lui era costretto a bere sempre quello conservato a lunga scadenza, perché era pigro e non voleva andare a comprarlo ogni giorno, ma gli era mancato il gusto del latte vero, quello di giornata, appena munto...

E visto che il lattaio, a lei, faceva direttamente la consegna a domicilio… perché non approfittarne?

 

Arthur non resistette e tracannò, con ingordigia, una lunga sorsata dalla bottiglia.

Bah… non sembrava essere particolarmente fresco… e, a dirla tutta, aveva pure un sapore un po’ strano… che fosse andato a male?

 

O forse la prima impressione era sbagliata ed era meglio ricontrollare… Quindi prese un secondo assaggio e se lo rigirò in bocca per farsi un’idea più precisa, mentre controllava, con la coda dell’occhio, la data di scadenza scarabocchiata sull’etichetta del vetro.

 

Prelievo M. ore 7.45  600 ml.

 

Nell’esatto momento in cui il suo cervello elaborò l’informazione, Arthur spruzzò d’istinto tutto il contenuto ovunque, sputandolo fino all’ultima goccia.

Cazzo. Cazzo. Cazzo. Era il latte di Morgana!

Che abominio!

Doveva assolutamente sciacquarsi con qualcosa di forte o sarebbe potuto morire avvelenato!

 

Arthur si diresse di corsa nell’armadietto che fungeva da bar, ma un urlo di Mordred lo distrasse dai suoi propositi.

 

No, no! Adesso no!

 

Eppure Mordred sembrava di tutt’altro avviso e riprese a strillare ancor più forte, stanco di venire ignorato da quel disgraziato del suo tutore improvvisato.

 

A malincuore, Arthur raccolse il bimbo e lo dondolò cercando di calmarlo, e – contemporaneamente – afferrò il biberon con dentro quella che, all’apparenza, sembrava camomilla.

 

Poiché peggio di così non poteva andare, s’arrischiò un assaggio. Era camomilla, sì. Grazie a Dio.

E la rubò al nipote fino a che non gli parve che l’orrido gusto del latte fosse scomparso dalle sue papille gustative.

 

“È tutta colpa tua!” brontolò poi, mentre il pupo si agitava infastidito, cercando di sgusciare dalla sua presa.

 

Arthur raddoppiò la stretta e toccò il mouse per togliere lo screensaver.

C’era una cartella col suo nome nel desktop e due file: un word con tutti gli orari in cui si presumeva abitualmente il neonato dormisse e mangiasse, l’altro era un video con la brutta faccia di sua sorella e la sua voce intimidente che lo minacciava di tagliargli le palle se non si fosse comportato bene ‘col suo tesoro’.

 

Arthur tentò un gesto scaramantico che per poco non gli costò la caduta del prezioso ‘tesoro’ e fece una smorfia mentre Morgana-registrata lo erudiva sul mondo segreto della comunicazione infantile:

 

“Se il Pupino fa ‘Uee-Uee-Uee’,” recitava il filmato, “significa che ha sonno. Se fa ‘Ueeeeeee-Ueeeeeee’ ha fame; se fa ‘Ue-ue-ue’ deve essere cambiato, e se fa ‘Uue-Uue-uue’ è solo annoiato, vuole coccole. Intesi?”

 

Arthur scrutò lo schermo del pc come se davanti a lui vi fosse stata una pazza.

Quella specie di Codice Morse per Poppanti che cavolo significava? Lungo lungo corto? Punto punto linea? Non aveva neppure fatto il militare, lui!

 

Li riascoltò tutti per buona misura, e se li registrò nel cellulare, ma dubitava fortemente che sarebbe mai riuscito a riconoscerli.

 

Il promemoria della strega terminava con un suggerimento:

“Se non dorme, vai a passeggio. Il movimento è soporifero. Mi raccomando di assicurarlo bene al passeggino!”

 

Arthur chiuse tutto e spense il pc con un gesto di stizza.

Successivamente, adagiò il nipote nella culla e tirò la cordicella di un carillon a penzoloni che emise all’istante una melodia lenta e agonizzante.

Egli sbuffò, odiando già quella nenia insopportabile e sperò solo che fosse idonea allo scopo.

Per buona misura, incominciò a dondolare il lettino, perché – se era vero quello che Morgana aveva detto – il movimento oscillatorio avrebbe dovuto favorire l’addormentamento.

 

Tuttavia, Mordred sembrava tutt’altro che bendisposto e, anche se aveva smesso di frignare (merito soprattutto del ciuccio che Arthur gli aveva quasi fatto ingoiare), sembrava nient’affatto benevolo ad accontentarlo.

 

 

***

 

 

Un’ora di supplizio.

Un’intera ora in cui Arthur si sarebbe dannato l’anima pur di scamparla.

Aveva dondolato, cullato, cantato, dopato la brutta bestia con tutta la camomilla reperibile in casa e aveva sinceramente meditato persino di fargli fare un giro ad aeroplanino sopra il gas aperto della cucina per narcotizzarlo un po’.

E poiché le buone maniere non era servite, le minacce non erano servite, né le suppliche o le urla e nemmeno le preghiere, zio e nipote erano giunti ad un punto di stallo, anche se sembrava che lo sgorbio fosse sempre in leggero vantaggio su di lui (non per niente era figlio di quella strega di Morgana, la cattiveria era ereditaria e anche la voglia di scassargli i marroni!).

 

Inspirando dal naso per contenere la rabbia, e cercando di fare l’adulto fra i due, Arthur acchiappò il neonato e lo adagiò nel passeggino, armeggiando mezz’ora con le bretelle e i ganci di protezione ad incastro.

Neanche gli astronauti durante il lancio dello Shuttle venivano legati così!, considerò, imprecando sottovoce perché le minacce di Morgana sulle parolacce potevano non essere fini a se stesse… Magari c’era qualche telecamera nascosta che lo stava filmando?

 

Sette camicie sudate e un numero imprecisato di minuti dopo, Pendragon Senior si sentì incredibilmente appagato nell’essere riuscito nella titanica impresa.

Non lo avrebbe mai staccato da lì, manco per cambiarlo! Poteva restare in quel cazzo di seggiolino fino alla morte, per quanto lo riguardava! Di sicuro fino alla laurea o al suo matrimonio!

 

Mordred, al colmo dell’insofferenza e col sonno dimenticato da tempo, masticava il ciuccio brontolando rabbiosamente e – Arthur ne era certo – se avesse potuto parlare gli avrebbe dato dell’idiota incompetente almeno cento volte.

 

Ma lui era sicuro che avrebbe vinto la battaglia fra loro e se quel mostriciattolo doveva dormire, avrebbe dormito! A costo di camminare a piedi fino alla fine del mondo!

 

 

***

 

 

Forse era vero che sarebbe finito a camminare per sempre.

Avevano raggiunto le Colonne d’Ercole e le avevano superate un sacco di tempo fa, ma ancora la peste non dormiva.

 

Quello che più faceva infuriare Arthur era che suo nipote – plagiatore seriale come sua madre – faceva gli occhi dolci a tutti, guadagnandosi un sacco di coccole, complimenti e moine da tutte le ovaie ambulanti che avevano incrociato per strada.

Qualcuna s’era pure azzardata a dispensare consigli indesiderati (che lui non avrebbe mai messo in pratica) e numeri di telefono (che lui non avrebbe mai richiamato).

Pendragon sapeva di essere – modestia a parte – un bell’uomo, francamente attraente; ma doveva riconoscere, altrettanto onestamente, che non aveva mai ricevuto così tanta attenzione dal gentil sesso in così poco tempo, cioè da quando si era messo alla guida di quel passeggino. E mai come adesso, Arthur era stato felice di essere gay.

 

I maschi che aveva incrociato per strada, invece, gli avevano lanciato varie occhiate di compatimento e commiserazione, qualcuno aveva arrischiato un sorriso di solidarietà – probabilmente perché era stato vittima di quella sofferenza prima di lui.

 

Ma il punto era uno solo: Mordred era il Male.

 

Dopo l’ennesima signorina conquistata, che per chinarsi e dargli un bacetto stava per far traboccare tutto il seno strizzato in un top minuscolo, Pendragon si sentì in dovere di mettere le cose in chiaro con quel pannolino manipolatore.

 

Era stato così che gli aveva diretto un dito addosso, precisando: “Guarda che io non abbocco!”

 

E poi le cose erano degenerate, e Mordred era finito a sputargli contro il ciuccio, dando inizio a una guerra senza esclusione di colpi e dall’esito alquanto incerto. Difatti, Arthur possedeva una sola, unica certezza…

Zio preferito, un cazzo.

 

 

Continua...

 

 

 

Disclaimer: I personaggi di Merlin, citati in questo racconto, non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

Ugualmente, le immagini che ho scelto di inserire nei capitoli sono prese dal web e non mi appartengono.

 

Manuel ‘Manolo’ Blahnik Rodríguez è uno stilista spagnolo creatore di una nota casa di moda produttrice di scarpe da donna. Carrie di ‘Sex & the City’ ne va pazza.

 

Per curiosità, ecco le Tacco 11 indossate da Morgana: http://www.yoox.com/it/44481407WO/item?dept=women

Arthur ha ragione a dire che sono un’arma impropria. XD

 

Ringraziamenti: Un abbraccio alla mia kohai e a Laura, che subiscono le mie paranoie. X°D

Note: Come ho anticipato, non imitate Arthur nelle sue scelte di babysitting: benché verosimili, non sono pedagogicamente corrette.

 

Ho appositamente evitato di dire il genere del libro di Arthur. Sarà chiarito al momento opportuno, per motivi di trama.

 

Le Colonne d’Ercole sono l’antico nome dello Stretto di Gibilterra. Indicavano, in passato, il limite estremo del mondo conosciuto.

 

Nell’intro ho accennato alla mia personale sfida per riuscire a scrivere una fic su tutti i lavori/situazioni più comuni nelle AU. Finora ho postato:

 

ü     Doctor!Merlin (beh, veterinario, ma va beh…)

ü     CEO!Arthur

ü     Writer!Arthur

ü     Pianist!Merlin

ü     Coffee shop!au

ü     Prof!Arthur e Student!Merlin (da postare)

ü     Cinema Hall!fic

ü     Mpreg!modernAU

ü     Beach!fic

ü     X-mas!fic

ü     Lunapark!fic

 

Mancano ancora una sacco di spunti e cliché, ma piano piano darò il mio contributo.

 

 

Vi metto un’anticipazione del prossimo capitolo:

 

Arthur stava per lasciarsi cadere sul solito scalino che aveva eletto a suo trono, quando la melodia cambiò di colpo in un pezzo nuovo – suadente e particolarmente accattivante – che si era aggiunto inaspettatamente al repertorio. Contro ogni buonsenso, egli si accostò un po’ troppo e arrischiò un’occhiata dentro. 

 

Dio.

Erano quelle, le mani che producevano una melodia così?

Erano davvero mani da pianista. Nella definizione più pura del termine.

Mani con dita lunghe e affusolate, che accarezzavano i tasti con riverenza e sensualità.

Mani agili e veloci, scattanti e sinuose, lente, cadenzate.

Mani che sembravano offrire piacere ai rettangoli d’avorio e trarne godimento a loro volta.

Mani che…

Dio, erano qualcosa di pornografico.

 

 

Avviso di servizio (per chi segue le altre mie storie):

 

 

 

~ ~ ~ ~ ~

 

Ringrazio i 500 lettori che mi hanno inserita fra i loro autori preferiti.

Vi ringrazio della fiducia, e vi invito, ancora una volta, a lasciarmi qualche parere per sostenermi in questa passione che condividiamo. ^^

 

 


Campagna di Promozione Sociale - Messaggio No Profit:

 

Dona l’8‰ del tuo tempo alla causa pro recensioni.

Farai felici milioni di scrittori.

(Chiunque voglia aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede)


Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche costruttive.


Grazie (_ _)

elyxyz

 

   
 
Leggi le 15 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Merlin / Vai alla pagina dell'autore: elyxyz