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Autore: violaserena    11/11/2014    1 recensioni
La vita di quattro ragazzi sta per cambiare radicalmente. Improvvisamente verranno catapultati in un mondo diverso dal loro, un mondo che credevano esistesse solo nei libri o nei film. Un'oscura e terribile minaccia incombe in quel luogo. Riusciranno a sventarla prima che sia troppo tardi? Ma, soprattutto, riusciranno a tornare a casa?
Tratto dal capitolo 2: "...qualcosa di oscuro, nell’ombra, si sta muovendo. Molti uomini, elfi, nani… sono improvvisamente scomparsi. Le Terre dell’Est si stanno inaridendo, gli alberi appassiscono, la gente muore per mancanza di cibo. L’oscurità avanza velocemente e, temo, che presto arriverà anche qui".
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 8

 

La locanda era gremita di gente. I camerieri erano indaffarati a portare le varie ordinazioni ai clienti e a cercare di non inciampare e ostacolarsi tra di loro.
Il gruppo era riunito per la cena in una piccola saletta vicino alla cucina.
Coco era intento ad elencare le qualità di molte pietre mai sentite nominare, Asdrubaleo era impegnato a provare gli oggetti che aveva comprato nel negozio degli scherzi contro Sonia, la quale tentava di mantenere la calma per evitare di strangolare il folletto.
Brandir e gli altri guardavano allegri il divertente siparietto.
Bossolo, contagiato dall’allegria generale o forse dall’aver bevuto troppo, cominciò ad intonare una canzone in lingua nanica. Tutti si voltarono divertiti verso di lui.
Il nano, ancora più euforico, salì sul tavolo cantando sempre più forte.
Poi si inciampò e cadde ruzzoloni per terra provocando una risata generale.
«Per tutte le fuc-fucine! Non ci si comporta così: ridere di un na-nano! Fi-fi-finitela o assaggerete la mia ascia!».
Le risate si fecero ancora più forti. Bossolo, indispettito, tentò di alzare la sua arma, ma non ci riuscì. Allora, barcollando, si avvicinò ad un uomo che continuava a sghignazzare.
«Ridi, ridi. O-ora vedrai que-quello che ti succede-de-rà! Hic!».
Per tutta risposta l’uomo gli rise in faccia.
Alessandro, per evitare che si scatenasse un putiferio, prese il nano e lo portò nella stanza superiore, mettendolo a letto.
«Ahahah, non ci possono credere! Non pensavo che avrei mai visto Bossolo in questo stato! Ahahah!» esclamò Giovanni.
«Fa proprio scassare» continuò Giulio.
«Si, è stata una scena epica!» affermò Federico.
«Ho male alla pancia per aver riso così tanto» concluse Sonia.
Asdrubaleo salì sul tavolo ed, innalzando il bicchiere, disse: «A Bossolo, per questa divertente serata!».
«A Bossolo!» gridarono tutti i presenti.
A prima vista poteva sembrare una serata normale, allegra, ma un occhio attento avrebbe potuto notare che, forse, non era così.
Il giorno seguente, mentre il nano era rimasto alla locanda a smaltire la sbornia, gli altri membri della compagnia si erano recati in biblioteca.
«Io e Asdrubaleo andiamo a fare rifornimenti di provviste, ci vediamo dopo!» disse Brandir, uscendo insieme al folletto.
I quattro ragazzi si guardarono e poi si avvicinarono ad Alessandro e Coco.
«Galdor…» bisbigliò Federico.
L’uomo e lo gnomo, a quel nome, rimasero stupiti e turbati. Non riuscirono a dire nulla. Fecero, però, un cenno ai giovani di continuare.
La sera era giunta in fretta. Tutto era pronto per la partenza. Brandir fece sapere di aver ingaggiato una guida che li avrebbe condotti fino al Monte Cherubino.
All’alba, un uomo tarchiato di mezza età, si presentò, come stabilito, davanti alla locanda dove il gruppo alloggiava.
In poco tempo si lasciarono la città alle spalle e proseguirono lungo un impervio sentiero di montagna.
Più si avvicinavano al Monte Cherubino, maggiore era la preoccupazione. L’aria diventava sempre più pesante e l’aura cupa che aleggiava si diffondeva da tutte le parti.
Una strana sensazione, mista di paura ed eccitazione, colse tutti i membri della compagnia.
Presto il pugnale di Caio il Grande sarebbe stato nelle loro mani e tutto sarebbe finito.
«Siamo arrivati. Questa è l’entrata» indicò la guida.
«Grazie per averci accompagnato, ci sei stato di grande aiuto» affermò Brandir.
«Ma come? Non prosegue con noi?» domandò stupito Giovanni.
«No» fu la secca risposta di Bossolo.
La guida, dopo aver ricevuto una ricompensa per averli condotti fin lì, se ne andò dicendo: «Buona fortuna. Che il cielo vi assista!».
Uno ad uno entrarono all’interno del Monte Cherubino. Percorsero un lungo cunicolo al termine del quale trovarono tre biforcazioni.
«Fantastico! E ora in che direzione andiamo?» chiese Sonia.
Il nano e lo gnomo tastarono le pareti di ognuna delle tre vie e decisero di percorrere quella centrale, in quanto era la più umida. Secondo la logica, quindi, doveva essere la strada giusta per arrivare al Lago Nero.
Delle piccole fiaccole erano accese lungo il percorso, il che fece supporre o meglio dimostrò quanto temevano, cioè che non erano soli: qualcuno abitava all’interno del monte.
«Occhio a dove mettete i piedi. Potrebbero esserci delle trappole» asserì Alessandro.
«È improbabile!» esclamarono all’unisono Coco e Bossolo.
I due si guardarono sorpresi e poi il nano disse sprezzante: «e che cosa può saperne uno gnomo dell’Arcobaleno?».
«Solo perché la mia razza vive all’aria aperta, non significa che non conosca le caratteristiche del sottosuolo o delle montagne. Dove pensi che troviamo le pietre preziose? Sotto le foglie?».
«Le vostre conoscenze sono cento volte inferiori a quelle di noi nani e…».
«Finitela. Non è questo il momento di decidere chi delle vostre razze sia più esperto in questa materia. Con le vostre urla non passeremo di certo inosservati» li sgridò Alessandro.
«Uomo, io non prendo ordini da te. E se voglio urlare lo faccio fin che voglio. Non ho paura di chi possa arrivare: chiunque sia dovrà affrontare la mia ascia!».
«Smettila» lo gelò l’elfo.
Il nano mugugnò qualcosa, ma poi fece silenzio. Lo gnomo sorrise soddisfatto per i rimproveri che il compagno aveva ricevuto.
«Anche tu» lo guardò torvo Brandir, cosicché anche Coco ammutolì.
«Che gente!» esclamò Asdrubaleo divertito dalle facce cupe dei suoi due compagni.
Il gruppo proseguì lentamente, prestando attenzione al più piccolo particolare e al più piccolo rumore che potesse rivelare la presenza di un potenziale nemico.
Camminavano ormai da un paio d’ore e la strada sembrava non finire mai.
Arrivarono in un piccolo spiazzo e con loro grande sorpresa scoprirono che era un vicolo cieco: non una via sembrava esserci.
«Accidenti, abbiamo preso il sentiero sbagliato» sbuffò Sonia stanca di camminare. «Ora ci tocca fare il percorso all’indietro e scegliere un’altra strada, uff».
«No, questa è la strada giusta» esclamarono Coco e Bossolo.
«Una cosa sensata l’hai detta, gnomo, finalmente».
«Ne ho dette tante di cose sensate, a differenza tua…».
Prima che il nano potesse ribattere, Federico si fece avanti e disse: «Magari il modo per proseguire c’è… Ci potrebbe essere un passaggio segreto o qualcosa di simile».
«All’interno di una montagna?» affermò scettico Giulio.
«Perché no? In fondo di cose strane ne abbiamo viste parecchie, basta guardare loro» - e indicò i quattro abitanti della Terra dell’Infinito, escludendo Alessandro - «senza offesa».
Ad un cenno di Brandir tutti si misero a tastare il terreno, sperando di trovare una qualche apertura nascosta.
«Niente, non c’è niente!» quasi gridò Giovanni per l’amarezza di non aver trovato nulla.
Stavano per tornare indietro quando sentirono un tremolio provenire dall’alto. All’improvviso il terreno sopra di loro si sgretolò e qualcosa, o meglio qualcuno, cadde.
Spostatisi in tempo per non venire travolti, sentirono un gran tonfo.
Si avvicinarono con cautela e scorsero la figura di un uomo.
«Forse mi sbaglio, ma quello non è un pirata?» domandò Asdrubaleo.
Gli altri otto membri della compagnia lo osservarono con attenzione, soprattutto i quattro giovani.
L’uomo aveva folti capelli neri raccolti in tante piccole trecce. La barba era del medesimo colore e parte di essa era stata raccolta per formare due trecce legate da un perla. Portava un orecchino d’oro all’orecchio destro e le sue mani erano piene di preziosi anelli. Legata alla cintura vi era una spada dall’ottima forgiatura: l’impugnatura era finemente lavorata ed al centro era incastonato un rubino. Da una seconda cintura pendevano tre pugnali sontuosamente rifiniti, un quarto era attaccato allo stivale. Probabilmente le armi erano molte di più: chi ha mai visto un pirata con solo cinque mortali strumenti? Un cappello nero gli copriva la testa.
«Si, sembra proprio un pirata» concordò Alessandro.
«E che ci fa qui? Non mi sembra un posto adatto ad uno come lui» disse Giulio.
«Ma secondo voi è vivo? Non si muove» notò Sonia.
Il folletto, curioso per natura, si avvicinò all’uomo e vide che stringeva tra le mani un grande sacco. Allungò la mano per vedere di che cosa si trattasse, quando qualcuno gliela afferrò.
«È vivo» urlarono tutti.
«Giù le mani dal mio tesoro piccoletto» affermò acidamente il pirata.
Quest’ultimo, dopo un po’, si accorse di essere circondato.
«Beh, perché mi guardate così? Che volete da me?».
«Che cosa c’è la sopra?» chiese Brandir. «Hai visto forse un lago?».
Il bucaniere non rispose.
«Ti conviene parlare se non vuoi assaggiare la mia ascia» si intromise Bossolo.
«O le nostre spade» continuò Giulio.
Ancora silenzio.
Sonia estrasse la spada e menò un fendente contro il sacco dell’uomo: fuoriuscirono alcune perle.
«Brutta mocciosa, come hai osato?» strillò il pirata alzandosi all’improvviso e cercando di colpire la ragazza con la sua sciabola. L’elfo si mise in mezzo, parò il colpo e lo disarmò.
«Grazie» sussurrò la giovane.
Brandir le sorrise e poi tornò a concentrasi sull’uomo: «O rispondi alle mie domande, o vedi quello che ti succederà».
«V-va bene». Il pirata raccontò di com’era entrato nel Monte Cherubino, di trovarsi lì perché aveva avuto notizia della presenza di un immenso tesoro e di averlo trovato. Tuttavia non aveva visto nessun lago.
«Però, forse, potrebbe trovarsi nell’altro cunicolo. Io sono andato in quello di sinistra, perciò provate ad andare in quello di destra».
«Bene, grazie per le informazioni. Bada che tu non ci abbia mentito però».
«Nono, lo giuro sul mio onore».
«Qual è il tuo nome?» chiese Alessandro.
«Sono Edoardo il Temerario».
«Non mi sembra tanto un nome da pirata» bisbigliò Federico.
«Possiamo fidarci. Ho sentito parlare di lui. Pare che sia il capitano di una delle migliori ciurme della Terra dell’Infinito. Il suo nome completo è Edoardo Insegna» raccontò Alessandro.
«Esattamente. Ora che ti guardo meglio, il tuo volto mi sembra familiare…».
«Ti stai confondendo con qualcun altro» si affrettò a rispondere.
Accomiatatisi dal pirata, si arrampicarono sulla corda fissata dall’elfo con una freccia e arrivarono dove si trovava Edoardo il Temerario prima di precipitare. L’ultimo a salire fu Alessandro.


*
 

Procedettero con calma, ma con un’ansia maggiore rispetto a prima. La meta era ormai vicina, a momenti avrebbero trovato ciò che stavano cercando da tanto tempo.
Come aveva indicato il pirata avevano svoltato nel cunicolo di destra e, mano a mano che proseguivano, notarono che l’umidità aumentava, segno che si avvicinavano sempre di più al Lago Nero. Poco lontano vi era una grande apertura, la raggiunsero e si trovarono dinnanzi ad una scala che portava ad un piccolo spiazzo affacciato sul lago. Quest’ultimo era nerissimo, sembrava una grande pozza di inchiostro. Un’aura cupa e misteriosa aleggiava nell’aria, aura che aveva fatto perdere l’allegria ai nove venuti, prima felici per aver raggiunto la fatidica meta.
«E ora?» chiese Asdrubaleo.
I membri della compagnia si guardarono intorno sperando di notare qualcosa che potesse loro suggerire la presenza in superficie del pugnale di Caio il Grande. Però, videro solo altre quattro aperture provenienti da cunicoli diversi. Per il resto vi era solo acqua, acqua nera che impediva di vedere il fondale e di comprendere la reale profondità del lago.
«Credo proprio che il pugnale sia nel fondo del lago» sospirò amareggiato Federico.
«Già. E ora come facciamo a trovarlo?» domandò stanco Giovanni.
«Dobbiamo immergerci» rispose risoluto Brandir.
Tutti lo guardarono sconvolti.
«Per tutte le fucine! Non si è mai visto un nano nuotare, e questo non sarà certo il giorno in cui ciò cambierà!».
«Io lì non ci entro, nemmeno per un milione di pepite» esclamò Coco.
«Nemmeno io» concordò il folletto.
«Calma calma. Ricordate cosa ha detto il Grande Mago? Che solo persone provenienti dalla Terra possono recuperare il pugnale di Caio il Grande, per cui…» cominciò a dire l’elfo.
«Non se ne parla proprio» lo interruppe Sonia.
«Noi lì dentro non ci entriamo! E poi non siamo dei pesci, come facciamo a respirare sott’acqua?» continuò Giovanni.
«Per questo non c’è problema» riprese la parola Brandir. «Mentre voi eravate impegnati a visitare Biancofiore, io sono andato in biblioteca a fare delle ricerche, prevedendo che potesse verificarsi un simile problema. Sono riuscito a trovare un libro che, purtroppo, parlava in maniera sommaria del Lago Nero. Tuttavia ho trovato qualcosa di interessante: esiste un’erba che permette di respirare sott’acqua per circa venti minuti. Questa particolare erba è molto difficile da reperire, ma per fortuna, l’uomo che ci ha condotti all’entrata del Monte Cherubino era un mercante e ne aveva un po’. Così l’ho comprata ed eccola qua».
L’elfo tirò fuori dalla tasca dei pantaloni alcuni fili di erba verde scuro e la porse ai giovani.
«Io non voglio. Non mi piace questo lago, quest’erba e tutta questa situazione» brontolò Sonia.
«Se potessi recuperare io il pugnale, lo farei. Ma purtroppo non posso».
«Ma perché tutte le cose peggiori capitano sempre a noi?» disse rammaricato Federico.
«Quando rivedremo quel maledetto mago giuro che lo strozzo con le mie mani!» esclamò con un sorriso lugubre Giulio.
«Ti darò una mano anch’io!» affermò convinto Giovanni.
«Contate anche su di noi» si unirono Sonia e Federico.
«Ragazzi! Capisco che questa situazione non vi piaccia, ma siete gli unici che potete recuperare il pugnale. Noi vi copriremo le spalle. Non permetterò a nessuno che vi venga fatto del male. Fidatevi di me» disse con un sorriso sincero Alessandro.
I quattro giovani lo guardarono come rassicurati e si decisero a prendere i fili d’erba. Li stavano per ingerire, quando udirono un gorgoglio provenire dal lago.
Sentirono un lugubre sibilo e poi tornò il silenzio.
«State all’erta» sussurrò Bossolo estraendo l’ascia.
Una cupa risata risuonò lungo le pareti della montagna. Il gorgoglio riprese e dal lago spuntò una creatura mostruosa dal volto umano e dal corpo di serpente.
«Attenti, quello è un dracontopode!» gridò preoccupato Brandir.
«Un che?» chiese allarmato Coco.
«È una creatura che appartiene al terzo ordine dei serpenti e…».
«Terzo ordine, vuol dire che non è poi così temibile!» affermò sicuro di sé Bossolo.
«Non farti ingannare. Il suo morso è debole ed il suo veleno non è mortale, anche se può provocare piaghe e gonfiori. Tuttavia la sua stretta è micidiale. Se cattura una preda puoi stare certo che la stritolerà tanto forte da romperle tutte le ossa».
«Sssai molte cossse sssu di me, elfo» sibilò il dracontopode.
«S-sa parlare!» urlò stupito Asdrubaleo.
«Cosssa posso fare per voi, miei cari amici?» proseguì il mostro ignorando le parole del folletto.
«Andartene e lasciarci in pace!» rispose caparbio Giulio.
«Ragazzo coraggiossso o molto sssciocco».
«Perché dovresti fare qualcosa per noi?» domandò sospettoso Alessandro.
«Perché non dovrei, amici? Sssiete in nove ed io sssono sssolo. È da tanto che qualcuno non mi viene a trovare. È bello avere un po’ di compagnia».
Tutti loro si guardarono titubanti finché Brandir disse: «Visto che vuoi fare qualcosa per noi, hai mai visto nel lago un pugnale?».
«Ma che fai, sei impazzito?» bisbigliò lo gnomo, raccogliendo il consenso degli altri.
«Non possiamo farli immergere con questa creatura, quindi se loro – e indicò i quattro giovani - non possono cercarlo, sarà lui a trovarlo».
«Mmm, buona idea» concordò Federico sempre sussurrando.
«Un pugnale? Oh, sssi l’ho visto. Sssi trova tra le rocce e le alghe, vicino alla tana dei pesci martello, uno dei miei piatti preferiti. È racchiuso in un cofanetto. Vado a prenderlo» e così si immerse.
Tornò il silenzio per qualche breve secondo.
Tutti erano in ansia, non sapevano quello che li attendeva al ritorno della mostruosa creatura. Forse li avrebbe attaccati e avrebbe cercato di mangiarli.
Ad un tratto il dracontopode riapparve con uno scrigno in mano: «Qui c’è il pugnale, amici». Lo apri e mostrò il contenuto.
«E così quello è il pugnale di Caio il Grande» esclamarono meravigliati i quattro giovani.
Da lontano non riuscivano a vederlo bene, ma percepivano tutta la sua grandezza oltre ad un’aura sinistra.
«Ssse fossi in voi non lo toccherei, amici. Quando ho provato a prenderlo ho avvertito un grande dolore».
I membri della compagnia si guardarono l’un l’altro sicuri, ormai, che quello fosse proprio l’oggetto che stavano cercando.
«Ce lo puoi dare?» domandò Asdrubaleo con una sicurezza inaspettata.
«Certo, amici. Sssono andato a prenderlo proprio per voi. Ma prima… dovrete riuscire ad uccidermi!» strillò il mostro lanciandosi all’attacco.
La creatura si muoveva con notevole rapidità ed era molto difficile riuscire a colpirla.
«Presto, sulle scale!» gridò Alessandro.
«Mi abbandonate proprio ora, amici? Questo proprio non sssi fa, nono».
Il dracontopode con un movimento fulmineo riuscì a catturare Sonia.
«Uhm, che odorino. Sssono sssicuro che hai un ottimo sssapore».
«Sonia!!» urlarono preoccupati i suoi amici.
«Tranquilli, presssto raggiungerete la vostra amica, cosssì le farete compagnia, anzi mi farete compagnia».
Un grido risuonò nell’aria. Il folletto, senza farsi notare, aveva colpito con la sua spada la coda della mostruosa creatura. Gli occhi di quest’ultima guardarono infuriati il piccolo esserino.
Asdrubaleo cercò tutto il suo coraggio per non indietreggiare e per affrontare il nemico.
La ragazza guardò con gratitudine il piccolo amico ed esclamò: «Scappa! Non preoccuparti per me».
«Non sono preoccupato! Ma non voglio che tu finisca nella pancia di quel coso, sennò a chi farò i miei scherzi? Chi farò arrabbiare per il mio parlare in rima? Chi…». Il piccolo orecchie appuntite non riuscì a finire la frase che il dracontopode lo catturò e cominciò a stritolarlo.
Sonia morse la mano che la imprigionava con tutta la forza che aveva e, grazie all’aiuto delle frecce lanciate da Brandir, riuscì a liberarsi. A quel punto corse verso Asdrubaleo insieme a Bossolo, Federico ed Alessandro.
Il dracontopode, infuriato per il dolore alla mano, reagì cercando di attaccare i suoi aggressori. Durante la colluttazione allentò la presa sul folletto cosicché la ragazza riuscì a liberare il suo piccolo amico che, miracolosamente, era ancora in vita e non era ferito gravemente.
«Maledetti» disse infuriato il mostro.
Alessandro e Bossolo, aiutati da Giovanni, Federico e Coco, piantarono le loro armi nella coda, tentando di immobilizzarlo.
Brandir impugnava l’arco per incoccare le frecce e colpire il nemico in punti vitali.
Durante questo combattimento, nessuno, ad eccezione di una persona, si era accorto che il serpente dal volto umano aveva fatto cadere lo scrigno con il pugnale.
Giulio si avvicinò, senza paura prese l’oggetto di Caio il Grande e si fiondò sicuro di sé come non mai contro il dracontopode. Lo colpì al petto, lacerandoglielo.
L’urlo della creatura fu assordante e terrificante. Essa si accartocciò su se stessa, sibilò più volte e poi cadde a terra priva di vita.
Tutti guardarono stupiti quanto era accaduto e poi notarono Giulio e ciò che teneva in mano: il pugnale di Caio il Grande.


 

Angolo Autrice.
Ehilà!
In questo capitolo, finalmente, i nostri amici riescono a recuperare il pugnale di Caio il Grande.
Che cosa succederà adesso? Perché i quattro giovani hanno parlato di Galdor ad Alessandro e Coco? Perché il pirata sembra conoscere Alessandro?
Lo scoprirete nel prossimo capitolo.
Saluti.
Violaserena.

  
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