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Autore: Sae    25/10/2008    7 recensioni
Introduzione modificata. E' vietato usare il tag b, se non in casi particolari.
Rinoa81, assistente amministratrice.

“Possiamo darle un passaggio Sasuke?”
Mai come in quel momento si sentì parte integrante dell’ennesima immagine. La sua macchina, il marciapiede, lui che senza dire una parola sale all’interno dell’abitacolo, gli alberi più in là fermi e pronti a scorrere via dal suo specchietto una volta acceso il motore. Ed ogni qual volta stava per succedere qualcosa sentiva i bordi del disegno diventare meno marcati, il fermo immagine era pronto per essere dimenticato o modificato.

V Classificata al concorso indetto da DarkRose86 "Scegli dove ambientare la tua FanFiction!" e Vincitrice dell'IC.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Was a long and dark December

Was a long and dark December
From the rooftops I remember
There was snow, white snow

Clearly I remember
From the windows they were watching
While we froze down below


Era un dicembre lungo e buio
sulle cime dei tetti ricordo che
c'era neve, neve bianca


ricordo chiaramente che
dalle finestre le persone guardavano noi
che congelavamo lì sotto

 

 

VIOLET HILL

Capitolo primo

 

 

 

“Perché te ne sei andato?”

Gli occhi erano iniettati di lacrime e la strada appariva offuscata.

“Un giorno, Sasuke te ne andrai anche tu”

“Non sono un vigliacco come te”

“Un giorno comunque capirai”

 

L’odore del sedile di pelle, d’un nero sbiadito, gli entrava dentro tranquillizzando i suoi lineamenti.

Da sempre, l’unico profumo che lo legava alla sua infanzia e forse anche ai suoi ricordi più felici: era quello. Un odore che si univa ai vecchi mozziconi di sigarette congelate lì, nel portacenere, alle bruciature sui sedili posteriori; che sapeva di nafta quando faceva il pieno e il vecchio motore sembrava ubriacarsi e puzzava come un antico alcolizzato. Ed era davvero buffo per lui pensare che la sua vita era racchiusa tutta là; come se vivesse, si fa per dire ovvio, in un fermo immagine. Ma davvero ogni volta che entrava nell’abitacolo, scappando dalla realtà, da quella casa dove lui non c’era più ormai… tirava un sospiro di sollievo. E in un certo qual modo ogni volta che la portiera si chiudeva, protestando sui cardini arrugginiti, era come incontrarlo.

 

La prima volta che l’aveva vista, lui si era messo a ridere di gusto. Gli occhi azzurri lo deridevano volutamente. E pensare che quell’affare lo avrebbe portato in giro, scorazzandolo nei loro improbabili viaggi; dove di solito finivano per rimanere sempre senza benzina e litigare, azzuffandosi come due dodicenni. Ma l’assurdo marrone della carrozzeria in effetti, stonava con le loro facce ed anche con quelle dell’ex proprietario.

Non sapeva esattamente come si era lasciato traviare dalla folle idea che era scattata nella mente del biondo, in un giorno di fine estate. La faceva sempre facile lui, presentandosi così con dei barattoli di vernice.

“Ci divertiremo vedrai!”

Ma aprendo i recipienti anche il biondo, sempre così maledettamente sicuro di se stesso, non aveva potuto trattenere una smorfia al nero che nel contenitore non sembrava tale.

“Testa quadra, sembra di più un grigio topo”

Alla fine, dopo la prima passata, una seconda e una terza, si erano ritrovati un bel nero carbone uniforme tranne sul paraurti che proprio no, non voleva saperne di assumere quel colore.

 

I guai erano incominciati dopo.

Sull’asfalto bruciato dal sole di quell’anonima cittadina ( e lui in quei giorni sentiva davvero di stonare, di appartenere ad un altro pianeta) qualcosa in Naruto Uzumaki cambiò radicalmente: si era innamorato.

 

“Lei è così bella, dolce! Indifesa!”

In quei momenti anche con i finestrini aperti e con il traffico della vecchia città, la voce del suo migliore amico sembrava rimbalzare nella carrozzeria di carbonio e fargli scoppiare un enorme mal di testa.

“Vuoi stare un po’ zitto?”

Naruto di solito si metteva a ridere a quell’ordine, dicendo che era solo un invidioso, che non poteva capire salvo poi azzittirsi leggermente quando sulla strada, Sasuke Uchiha, faceva un sorpasso troppo azzardato. Ma era sempre stato così tra loro. Erano da sempre amanti del rischio quindi, anche quella volta si ritrovarono a cambiare destinazione: sarebbero dovuti andare in Accademia ma si ritrovarono a dirigersi verso la radura della loro città.

 

La smorfia congelata mentre qualcuno lo allontanava con passo greve. Le labbra tirate in avanti in quello che sembrava un ghigno eppure un sorriso.

Giurò che l’aria pesasse nei polmoni, si, ne sentiva tutto il peso.

E qualcuno in uniforme era così facile confonderli, uno di loro insomma, lo allontanava dal suo soggiorno senza dire nulla mentre al contrario la loro presenza diceva già tutto.

Ma oramai non l’avrebbe mai più dimenticata: la smorfia che aveva suo padre prima di morire.

 

Erano cresciuti insieme. Naruto aveva perso i genitori quando ancora era troppo piccolo per ricordarlo. Nessuno aveva mai badato troppo a lui e si era ritrovato a vivere con un vecchio zio. Sasuke fin da piccolo era schivo, ombroso. La madre non c’era già più e il padre lo maltrattava. Li maltrattava, anzi, a lui e a suo fratello maggiore Itachi. Fratello che decise di sparire dalla circolazione proprio quando il giorno prima gli aveva insegnato a guidare e consegnato la sua Ford Galaxie.

Ma i dettagli tra di loro non erano mai stati così importanti. Il passato, preferivano dimenticarlo.

 

Ricordare, significava ammettere che comunque al loro fianco sembrava sempre non esserci stato nessuno. Perché quando lui correva tuffandosi nella stanza di Itachi, cercando di scappare da un padre violento e disperato nella sua aggressività, giurò a se stesso che mai, mai si sarebbe lasciato prendere da qualcuno. Che doveva essere libero, che dovevano esistere solo lui e la strada.

 

Sasuke, seduto malamente sulla parte anteriore della sua macchina, fissava un punto indefinito nella boscaglia. Naruto invece canticchiava qualcosa, steso per terra e con le braccia incrociate dietro il collo.

 

“Finiscila”

“Che vuoi…almeno dato che non c’è l’autoradio la faccio io!”

“Non mi piacciono le radio”

“A te non piace nulla, sai che novità”

 

Ritornò a canticchiare il biondo, sorridendo per la smorfia che invece assunse il ragazzo dai capelli antracite e dalla carnagione bianca.

“Non mi dire che stai diventando una femminuccia”

Sasuke stappò la bottiglia di birra che aveva in mano, guardandolo in malo modo.

“Credo che questa sia la sua canzone preferita”

“Bleah!”

 

Sasuke Uchiha scostò la bottiglia dalle labbra, inorridito. “Come diavolo si chiama questa, ah?”

“Sakura Haruno”

“ E allora vacci a letto e togliti lo sfizio”

“No! Lei è diversa!”

 

Sasuke si fermò un cipiglio interrogativo e perplesso.

“Non ha come tutte le donne due gambe e del seno?”

“Di certo non è un alieno se è questo quello che vuoi dire!”

“Allora dov’è il problema?”

Naruto si alzò, i fili del bosco sulla sua assurda maglietta. “Ne sono innamorato”

L’Uchiha ancora lo squadrò da capo a piedi, come se avesse detto una cosa assurda, senza senso. Un leggero sorriso gli tirò le labbra da una parte, una luce quasi cattiva e arrogante nello sguardo. “Allora, dov’è il problema?” Ripetè con un tono che non ammetteva repliche. “Non hai imparato nulla? Prima regola, nessun coinvolgimento con niente e per nessuno”

 

Naruto sbuffava nella sua stanza invasa dal caos; alle pareti dei poster di macchine e di idoli degli anni ottanta. Avrebbe voluto avere un po’ di fascino di quello, un po’ del sorriso di quell’altro. Ma non capiva perché i tipi alla bella e impossibile piacessero tanto alle donne. “Amano complicarsi la vita” Aveva risposto Sasuke alla sua domanda. Ma loro due, non avevano forse una vita complicata? Naruto più volte ricordava ancora il silenzio che sembrava avvolgere la casa di Sasuke. Il dolore, il suo non capire. La morte che era entrata così all’improvviso colpendo il padre, proprio il giorno stesso che Itachi aveva fatto le valige ed era sparito. Non parlavano mai di quello che era accaduto ad entrambi. Ma non era difficile indagare dietro alle loro pozze, rispettivamente azzurre e nere, che c’era della sofferenza dietro.

 

In effetti, vivevano in funzione della macchina. Parcheggiata lì, sotto casa di uno o dell’altro. Naruto aveva persino, all’insaputa di Sasuke, portato un ricambio d’abiti all’interno mettendolo sotto il suo sedile.

“Mi spieghi che cavolo c’è in quella busta?” L’aveva scoperto un giorno.

Naruto all’inizio provò a negare “Busta? Quale busta?” ma, le magliette con il suo nome scritto sopra non avevano scuse. “Sei sicuro che non sono di una donna? Magari di Ino, vai a vedere che ha cambiato la sua fissazione per te e adesso ha una cotta per me!”

“Perché allora avrebbe dovuto mettere una busta con le tue cose dentro, nella mia macchina?”

Sarcasmo. Naruto invidiava quella forma di comunicazione.

“Voleva farti…ingelosire?”

Sasuke si battè una mano in testa.

“Non ho mai amato Ino Yamanaka. L’ho solo usata per vedere com’era quella cosa che tutti chiamano sesso.”

“Amore, vorrai dire”

“Non esiste l’amore”

“Senti, non puoi essere sempre così maledettamente cinico. Certo che esiste, vedrai che un giorno capirai…”

Sasuke lo guardò male per un bel po’ di tempo.

“Ciò non toglie il perché cazzo tu abbia messo un tuo ricambio nella mia macchina.”

“Ma è perché devo cambiarmi!”

Il moro scosse i capelli neri.

“Quando andiamo a fare le corse, non vuoi che mi presenti in modo decente?”

 

Le gare che si svolgevano di notte, bravate della gioventù frustata, erano off limits.

La macchina, la “cosa” come la chiamava Naruto, in quelle occasioni dava il meglio di sé. Sasuke aveva passato molto tempo a testa in giù a potenziare il motore. Voleva vincere, lui odiava perdere. E anche se quella Ford sembrasse facile da battere rispetto alle altre vetture che gareggiavano, quando lo sterzo stava nelle mani di Sasuke la “cosa” ruggiva.

Rischiavano di brutto.

Sasuke però guidava da solo, faceva scendere sempre Naruto che protestava come non mai. Il biondo così rimaneva sul marciapiede a fare il tifo ma, lo vide una notte rischiare di perdere la vita. La macchina si stava ribaltando e Sasuke stava per perdere il controllo.

“Vuoi morire, cazzo?”

Naruto non parlò con lui per una settimana.

Alla domanda Sasuke non aveva mai risposto. D’altronde entrambi non avrebbero saputo cosa fosse stato meglio per loro.

 

I guai davvero, furono nel constatare che Naruto non arrivava più da solo.

Sasuke che stava per entrare in macchina lo vide giungere con una cosa, quella si che era una cosa, con dei capelli rosa.

“Voglio farti conoscere Sakura”

Non l’avrebbe mai capito probabilmente ma Sasuke sapeva che si, in quel modo, Naruto rischiava davvero la vita o per lo meno la sua incolumità mentale.

L’aveva guardata quindi freddamente come un pericolo che avanza nel tuo territorio. Aveva balbettato un “….Piacere” e arrossito, lei.

Naruto diceva che erano amici, che da grande lei avrebbe fatto il medico. Era entusiasta ma lo era sempre, non faceva testo.

“Possiamo darle un passaggio Sasuke?”

Mai come in quel momento si sentì parte integrante dell’ennesima immagine. La sua macchina, il marciapiede, lui che senza dire una parola sale all’interno dell’abitacolo, gli alberi più in là fermi e pronti a scorrere via dal suo specchietto una volta acceso il motore. Ed ogni qual volta stava per succedere qualcosa sentiva i bordi del disegno diventare meno marcati, il fermo immagine era pronto per essere dimenticato o modificato.

 

“Che t’è sembrata?”

“Non capisco perché tu me l’abbia fatta vedere”

“Daii”

“…è una donna, non ha nulla di particolare”

 

Pioveva. Naruto salì sopra la “cosa”, aveva una faccia strana come quel miscuglio di nuvole in cielo. Sasuke accese di mala voglia il tergicristallo, troppo lento. Quel marchingegno era l’unica cosa che gli dava fastidio della sua auto. Faceva rumore, gli faceva venire il mal di testa, ma come tutto d’altronde.

“Ha detto che non mi ama”

“Se ne andasse a fanculo, allora”

“No. Ha detto che ama te”

“…”

“…”

 

“Me?”

“Già”

 

Del silenzio era seguito a quelle frasi. Poi Sasuke aveva sfoggiato un suo sguardo cattivo. A Naruto non piaceva. Era lo stesso di quando la Ford aveva perso il controllo tempo addietro; lo stesso che aveva nel chiedergli che avesse in mente di fare per il suo futuro.

“Se ne pentirà amaramente, vedrai”

 

Si guardarono. Lei accennò una risata forse un po’ stanca. I lampioni non le rendevano giustizia, anche perché la luce in realtà non riusciva a giungere nell’abitacolo.

Il profumo della sua infanzia era un po’ cambiato, sapeva stranamente di vaniglia la sua macchina. Ma tutto comunque sembrava più bello.

Anche il solito vecchio viale, anche il solito fermo immagine.

 

Naruto aveva scosso il capo, sconvolto, urlando quasi.

“Sasuke, Sasuke, che diavolo stai dicendo!?”

Era arrabbiato, nervoso, agitato. “Non devi farle nulla! Non voglio che soffra! Capito?”

Fu in quel momento, con la pioggia che scendeva, che compresero. Erano due mondi diversi; per quanto le loro strade sembrassero uguali parlando di morte, di perdite. Erano due modi di pensare, di collidere, completamente differenti.

Naruto era un bravo ragazzo. Sasuke era un bastardo.

 

“Non vieni con me, oggi”

“Ma dobbiamo andare a fare la corsa…”

“Vado da solo”

“Sasuke!”

Il moro mise in moto, lo sportello anteriore non si apriva, le serrature abbassate. “Cazzo, vuoi fare Sasuke?!”

Naruto tirò un calciò leggero alla macchina. Sasuke sgommò, mise la marcia e scivolò via, lontano.

 

Sasuke si chiese se per caso, era questo quello che si provava quando sei impossibilitato ad aiutare una persona. Una persona cara a cui non sai come dare una mano. Comprendeva che la cosa più giusta per Naruto fosse quella di farlo restare un po’ da solo… ma forse era meglio approfittarne, era meglio per proteggerlo, sparire completamente dalla circolazione. Si domandò se era quello che aveva provato anche a fare Itachi, se però non aveva protetto quel giorno solo se stesso. In fondo si sapeva in città che gli Uchiha erano degli egoisti da generazioni. Tutti, sapevano di tutti in quel paese. Facevano schifo. Sasuke pensava davvero che fossero degli ipocriti, quando bisbigliavano della sospetta morte del padre.

Naruto lo difendeva, si era staccato da quelle voci, gridava contro le malelingue della gente. Perchè loro credevano di sapere ma in realtà non sapevano. Non sapevano niente dei lividi che Sasuke aveva avuto sul corpo, delle sue cicatrici, loro non sapevano nulla.

 

Quando le dita delicatamente si poggiarono sulla sua pelle… Sasuke represse la voglia che aveva di gridare di mandarla via, zittito da una parte di lui che diceva di approfittarne e basta. Non capiva che la parte che urlava era il suo stesso cuore, che cercava di proteggerlo da qualcosa che forse mai avrebbe capito.

 

I fari erano accesi e illuminavano malamente la strada che aveva davanti. Pioveva e aveva già evitato di far fuori un gatto, probabilmente nero, che gli aveva tagliato la strada all’improvviso. Non dava retta agli avvertimenti lui, fosse stato con Naruto questi gli avrebbe detto di scendere di tornare a casa a piedi, che era meglio non sfidare il destino.

Ma pioveva e non vedeva nulla e l’autoradio montata qualche mese prima, per colpa del biondo, non riusciva a prendere nemmeno una fottuta stazione.

Girò la manovella velocemente evitando la voce disturbata dell’ennesimo speaker.

Poi all’improvviso dovette frenare di botto. I dischi dei freni e le gomme fumavano per terra ma, per fortuna le pastiglie consumate svolsero comunque il loro lavoro; urtando però in modo leggero la cosa che aveva di fronte.

Non seppe dire se provò paura per quella cosa, che il faro adesso illuminava caduta con il sedere per terra o perché quella cosa aveva dei capelli rosa.

Scese velocemente come la “cosa rosa” che rialzandosi, incominciò ad aggredirlo di parole.

“Ma chi le ha dato la patente!? Ma si rende conto? Potevo farmi male!”

Una busta della spazzatura giaceva inerme sulla strada.

 

“Hai paura di me, Sakura?”

La fece trasalire e il cervello ci mise più tempo a recepire i dati.

“No”

“Perché sono un amico di Naruto, suppongo”

“Perché dovrei averne?...Mi sento molto sicura qui, con te”

Calpestò le parole offendendo anche la sua diligenza verso il fedele vocabolario.

“Vorresti dirmi, che ti fidi di una persona che non conosci neppure”

“Mi fido delle persone che hanno conosciuto la sofferenza”

“Sciocca”

 

Sasuke notò con sorpresa che aveva colpito la busta e che i rifiuti erano sparpagliati per terra, ora lavati dalla pioggia incessante. Aggrottò un sopracciglio nel vedere la donna gesticolare come impazzita continuando a macinare parole

“Dio, menomale che sono integra, altrimenti la denunciavo!”

Il cappuccio dell’impermeabile le era caduto sulle spalle e quando finalmente alzò gli occhi per osservare il guidatore si azzittì magicamente. Entrambi si guardarono, bagnati, stupiti.

 

Solo una volta erano rimasti da soli, oh, per opera dell’Uzumaki, ovvio.

Quella testa quadra aveva pensato bene di lasciare Sakura dal suo migliore amico in modo che poi lui potesse esprimere un giudizio. Si fidava ciecamente di Sasuke. Così disse che aveva gli allenamenti di pallone e che doveva scappare ma che Sakura doveva tornare a casa, e che quindi dato che il moro aveva la macchina, avrebbe potuto darle un passaggio.

“Daii… ti ho lasciato da solo a posta, così mi dici che te ne pare”, gli avrebbe detto più tardi pallone in mano.

Sasuke aveva soffiato solo un “Penso che sei un’idiota”

Eppure Naruto non potè impedirsi di capire che il giudizio era stato positivo o comunque neutrale.

 

I fari illuminavano la bella fisionomia di lei, gli occhi grigi per la pioggia e che a tratti brillavano d‘un verde bottiglia stonando forse troppo con i capelli rosa corti, a caschetto. Lui ghignò leggermente divertito da quella situazione.

“Sa…Sasuke”

“Haruno”

Solo una volta.

Sakura si sentiva tremendamente in imbarazzo, guardava il tappetino del suo sedile e a stento riusciva ad alzare la testa fino al cruscotto. L’aveva notato subito entrata in città. In Accademia era impossibile non vederlo seduto al tavolo con l’aria strafottente, di chi già conosce e sa tutto sulla vita. Lei in quella materia era un’ignorante. Incrociandolo nei corridoi sempre accompagnato dal biondo, si chiedeva perché nel vederlo un’emozione le bloccasse ogni pensiero coerente e lo stomaco andasse in subbuglio. I sintomi non li conosceva e la diagnosi era impossibile da accettare.

Lui guidava semplicemente non parlando ma nemmeno osservandola, era come se fosse stato da solo. Il cuore prese a batterle forte, troppo. Sakura pensò che l’avrebbe sentito il che era assurdo. Il muscolo non sarebbe mai scappato via dalla gabbia toracica, e davvero che pensiero idiota per chi da grande aveva la presunzione di fare il medico.

“Ah…ecco mi dispiace che Naruto ti abbia costretto…ad accompagnarmi a casa”

Tuttavia mentre, sbiascicava qualche parola di poco conto, non si sentiva più a disagio.

 

Quando quelle pozze nere si posarono su di lei… era così normale rimanere in sospesi in quel silenzio.

Sakura quel giorno ebbe come l’impressione che conoscesse Sasuke Uchiha da una vita.

Non è questione di parole.

Le parole non contano a nulla, sono solo dei contenitori di suoni che affluiscono a volte senza nemmeno essere state filtrate bene dal cervello.

Non era nemmeno questione di fisico. La pelle ha un suo ragionamento a parte, legata a reazioni chimiche di cui ignoriamo ogni formula o esistenza.

È più questione d’ occhi.

Quando si incontrano due tagli di colore a volte uguali, a volte differenti, è li: sommato alla razionalità, sommato al contatto, che scatta qualcosa. Per questo un pittore finisce un ritratto sullo sguardo. Tutte le emozioni, che la razionalità prova a celare, si fermano nelle iridi. La tristezza imprime la palpebra leggermente abbassata, al contrario la sofferenza può far spalancare bene la pupilla. Il sogno fa ovattare lo sguardo e una forte emozione, una di quelle che rimane sospesa nel tuo stomaco o nella gola per un bel po’, lascia un segno indelebile proprio lì negli occhi. È lì che ci si innamora di una persona. È un’incontro d’occhi.

 

Non lo capiva il perché mai, una come Sakura, si potesse essere innamorata di lui ma, ancora di più non ne capiva il quando. Era assurdo. Un’adolescente con una banale cotta. Che idiota, che scocciatura di una ragazza. Avrebbe potuto essere felice a quell’ora, accettando l’amore di Naruto e invece l’aveva rifiutato. Si era innamorata senza nemmeno sapere il significato stesso della parola, di chi poi? Di quello che dicevano al suo riguardo? Del fatto che era un teppista con una macchina? E poi perché, perché usare la parola innamorata e perché soprattutto esserlo di lui?

 

L’aveva guardata mentre passeggiava con Ino. Una bionda e una rosa.

Lei con un libro in mano quasi impacciata nei movimenti, invece Ino così sicura di se stessa che sembrava parlare di una cosa della vitale importanza –magari parlava di fermacapelli.

La macchina rallentò volutamente, non fu lui a sollevare il piede dall’acceleratore. No questo mai l’avrebbe fatto un tipo come lui, oh certo, lo faceva quando voleva adescare qualcuno (l’aveva fatto l’altro ieri facendo salire una che si chiamava Karin..) ma li era intenzionale…. Sasuke sbuffò frustrato dai suoi stessi pensieri mentre, adesso premeva il clacson della sua Ford e osservava il modo con il quale le due teste femminili lo guardavano. L’avevano riconosciuto: Ino aveva schioccato la lingua e alzato il capo offesa… Sakura l’aveva fissato gli occhi verdi dritti nei suoi. Oh, si verdi come lo era un semaforo in pieno centro.

“Sali”

 

“A…avevi…intenzione di …farmi fuori?”

 

Sasuke scrollò il capo sotto la pioggia i capelli bagnati. “Forse”

La donna abbassò lo sguardo, quasi come se l’avesse ferita.

“Non ti sei fatta nulla, vero?”

Sakura Haruno annuì, ridiventando assurdamente sorridente. Sasuke mosse la testa di un lato.

“Non mi preoccupo per te, sia chiaro. Solo che un amico soffrirebbe se lo venisse a sapere” Acido e sadico anche sotto la pioggia, anche dopo quello che aveva rischiato. Lei lo guardò determinata, decisa.

 

“Tu sei diverso da quello che vuoi far credere, Sasuke” Sorrise quasi con le lacrime agli occhi (ma forse era solo la pioggia) “Io, lo so”

 

Andò via senza far rumore entrando nella sua abitazione.

La busta per terra era l’unico suono diverso sotto il temporale.

 

L’aveva accompagnata a casa.

Lei era stupita e sembrava quasi non interessata, distante. Fermò la macchina nel vialetto dove pochi giorni prima era successo l’incidente tra loro due. La fermò lì, alla luce del giorno, quasi davanti alla sua casa bianca, prefabbricato banalmente uguale alle altre della strada. Ed eccola di nuovo l’impressione di non stare vivendo veramente. Sasuke battè il pugno sopra lo sterzo, facendo trasalire il passeggero, mentre in lui prendeva largo l’odiata sensazione di essere dentro un’immagine. L’asfalto era grigio di giorno e gli alberi in fondo alla via erano d’un verde sfocato nel suo specchietto. Gli sembrava davvero di essere solo un’immagine, un ricordo in quel paesaggio, destinato ad essere dimenticato.

“Grazie del passaggio, Sasuke…”

Non seppe come giustificarsi al riguardo, non sapeva nemmeno se la ragazza l’avrebbe detto a Naruto (erano diventati amici) in quel momento, non seppe un bel niente.

La guardò mentre chiudeva la portiera, già salva sul catrame asciutto e steso una decina di anni prima dalla betoniera.

“Dovresti starmi alla larga Sakura, sono un bastardo”

“No” I capelli ondeggiarono nel dirlo e si sciolse in un dolce sorriso.

“Ciao Sasuke-kun”

 

Naruto non aveva più molto tempo, era completamente stato risucchiato nel mondo dello sport affermando che anche lui avrebbe dovuto partecipare (che: “lo sport è pieno di promesse che si devono portare al termine che è pieno di sfide”). Sasuke non lo cercava, non l’avrebbe mai fatto, ma sentiva che quella era una decisione giusta. Che il biondo in quel modo stava vivendo davvero la sua vita, che stava crescendo. E poi non valeva la pena frequentare uno scavezzacollo come lui, che cercava di morire in qualche corsa clandestina. Forse era quello il modo migliore per salvarlo, per salvarsi. Nel gorgo Naruto, in fondo, ci era finito per caso e in più avrebbe trovato le forze per uscirne fuori. Lui invece nel gorgo nero si trovava bene, a suo agio come di notte e non osava alzare gli occhi verso il cielo. Ma scoprì ben presto che comunque era spinto dal desiderio di non cadere da solo nel gorgo. Cominciava a detestare Naruto, Itachi… la macchina che gli aveva dato. Sakura. Si cominciava a detestarla soprattutto quando, all’uscita della scuola dopo che Naruto l’aveva salutato e scappava in palestra per gli allenamenti; lei veniva verso di lui, i libri in mano lo sguardo troppo limpido. Probabilmente era colpa di Sakura se l’amicizia con Naruto stava finendo. Scoprì ben presto, che la sua natura andasse anche al di là dei desideri.

Nel gorgo comunque non voleva finirci da solo.

“Stasera vedrai, Sakura”

 

“Sei contenta adesso?”

“Dimmi vuoi scendere non hai paura??”

“Rispondi! Credi ancora che io sia diverso?”

 

Sera.

I lampioni illuminavano malamente l’asfalto. I grumi provocati dal sole erano spariti con il tramonto dell’astro e solo l’umidità era scesa a coprire la strada. Il motore rombava nelle orecchie d’entrambi in un modo assordante. L’autoradio era stata spenta in uno scatto nervoso dal conducente e adesso muta nel suo pallore, illuminava solo la mano di Sasuke Uchiha di un giallo opaco mentre scalava la marcia, divertito.

Gli alberi erano ombre che scorrevano via veloci e ben presto anche le curve diventavano solo dei pezzi di inchiostro neri indistinguibili che annegavano all’orizzonte. Si strinse al sedile di pelle, con tutte le sue forze. Non seppe dirlo se stava anche chiudendo gli occhi, se stava davvero cedendo, spaventata da quello che era lui. Sasuke che eppure continuava ad accelerare a farle gelare il sangue nelle vene.

E correva la macchina veloce sull’autostrada. Sakura non ne fu sicura ma ad un certo punto, alzò gli occhi impauriti puntandoli su di lui. Sasuke accelerò ancora, come se avesse sentito il suo sguardo addosso e pochi attimi dopo lo staccò dalla strada portandolo su di lei. Dimostrandole che sapeva guidare anche in quel modo.

 

“Sei spaventata adesso, Sakura?”

Il tono era macabro, agghiacciante. Come la muta risata che sembrava voler lasciare da un momento all’altro le labbra pallide.

“No!”

“Dovresti! È questa la mia vera natura!”

 

Lentamente il piede si staccò dal pedale dell’acceleratore.

Nel momento stesso in cui quegli occhi verdi non si ritiravano, maledettamente bloccati nei suoi, ma lo guardavano con somma pietà.

Stava piangendo, Sakura Haruno.

Non ricordava davvero nessuno che avesse mai pianto per lui.

La macchina si fermò e in silenzio Sasuke scalò mettendo la seconda, i giri del motore calati improvvisamente provocarono un lieve sbuffo da parte della Ford

Non dissero nulla. Fino a quando Sasuke arrivò con la macchina nel vialetto degli Haruno. Il motore però era ancora acceso, non aveva spento l’auto, segno che voleva che lei se ne andasse presto che scendesse e scivolasse via, lontano da lui. Le fronde degli alberi nel suo specchietto si cullavano docilmente assieme al suono di una cicala nascosta laggiù, da qualche parte.

 

“…è questo il vero Sasuke”

 

Lo sportello si aprì con grazia. Non la sentì scendere nemmeno. La macchina ancora accesa. Sakura si incamminò piano con calma, quando si voltò Sasuke era già sparito.

 

 

La solitudine.

Faceva rumore, ed era insopportabile quel giorno. E in più una cosa che aveva imparato da bambino, era che la solitudine non aveva mai avuto colori. Invece adesso mentre chiudeva la porta di casa senza pensarci due volte, in macchina, riusciva solo a riscontrare che lo stesso verde che aveva intorno era anche nei suoi pensieri. Era grave.

La solitudine non aveva mai avuto colore e il cielo non è mai stato verde.

 

Una sera, di solito non decidevano esattamente l’ora precisa, o il luogo dell’appuntamento... Sasuke poi non lo chiamava nemmeno così. Lui semplicemente passava quando ne aveva voglia e lei si faceva trovare sul vialetto, mollando i libri, stupidamente innamorata. Sasuke sapeva già che la sua influenza su di lei si stava facendo sentire, era cambiata in un modo o nell’altro. Sapeva già che prima o poi avrebbe dovuto sparire anche dalla sua di vita. Tagliando la corda, scappando (come qualcuno gli aveva insegnato a fare) anche se lui non avrebbe mai dato quella come ragione. Eppure stranamente Sakura si impegnava ancora di più nello studio (la notte fonda), pensava che avrebbe meritato solo in quel modo la sua fetta di felicità, che solo in quel modo (riuscendo a coniugare l’essere con l’infinito) lo avrebbe trovato sul vialetto di casa e viveva sorridendo.

 

Una cosa che forse non le perdonò mai, era il fatto di come il sorriso sbucasse sul volto così all’improvviso. Faceva l’indifferente lui, spegnendo una sigaretta nel portacenere della sua macchina e non dava segno nemmeno di vederla in quelle occasioni. Forse lei ci rimaneva male all’inizio, forse si aspettava un complimento o le moine che fanno gli innamorati. Ma lui, loro, erano fuori di ogni regola.

 

When the future's architectured
By a carnival of idiots on show
You'd better lie low

 

quando il futuro è già scritto
da un gruppo di idioti in un programma
farai meglio a sdraiarti a terra


If you love me, Won't you let me know?

 

 

 

Fin primo capitolo

 

 

 

Note dell’autrice

 

Aaaaahhhh.

 

La fic ha partecipato al Concorso Alternative Universe Special - Scegli dove ambientare la tua FanFiction! Indetto da DarkRose86 Classificandosi V, e vincendo uno speciale premio per la Trattazione dei personaggi IC.

 

Dunque ringrazio DarkRose86, che ha avuto una pazienza abnorme e che davvero è una persona molto disponibile e velocissima XD! Faccio i complimenti alle podiste: HopeToSave, Saya, AintAfraidToDie e Stray Cat Eyes e a tutte le altre partecipanti!!

 

ho scelto il paesaggio numero 2 con la Ford Galaxie, la canzone è dei Coldplay “Violet Hill” © dei legittimi proprietari inutile dire che non mi appartiene minimamente purtroppo ^^’ e ne ho preso solo qualche strofa.

 

Più che altro è una fan fic in cui ci ho riversato l’anima. Perché..bè perché si XD e soprattutto la cosa più importante per me nelle au è proprio il saper mantener Ic i personaggi è sempre quello che mi prefisso ogni volta… ma piuttosto ci tengo davvero tanto a questa fic, di cui spero vorrete poi leggere il secondo capitolo. U.U

 

Ma soprattutto un particolare omaggio alla mia Beta (beta, betuccia miaaa XDXD sae corre incontro con le mani aperte) alla mia Enza –Partenope- per aver sorbito la storia in silenzio, dato i giusti consigli, aver insomma ascoltato i miei scleri tanti, troppi… (*enza colpisce sae con un bastone*)

 

Arigatou per dirla alla Sasuke.

 

Yours,

Sae

  
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