Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Ausel    11/11/2014    2 recensioni
Ma ancora non vi ho detto qual era la tortura tremenda che tormentava il povero Harry, così amante del cioccolato, più di qualsiasi altra cosa al mondo.
Molto, ma molto peggiore che vedere mucchi di Cioccorane nelle vetrine dei negozi o guardare gli altri bambini sgranocchiarsi le loro belle fette proprio davanti a lui. Insomma, era la più terribile tortura che si possa immaginare.
Si trattava di questo: nella sua stessa città, addirittura in vista della casa in cui abitava Harry, c’era... pensate un po’... un’ENORME FABBRICA DI CIOCCOLATO! Provate a immaginare una cosa del genere!
E non si trattava nemmeno di un’enorme fabbrica di cioccolato qualsiasi. Era la più grande e la più famosa fabbrica di cioccolato del mondo magico! Era la FABBRICA SILENTE, di proprietà del signor Albus Percival Wulfric Brian Silente, il più grande inventore e fabbricante di dolciumi e cioccolatini che sia mai esistito.

[Testo scritto interamente da Roald Dahl e tratto dal libro "La fabbrica di cioccolato]
Genere: Avventura, Comico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus Silente, Harry Potter, Sorpresa
Note: AU, Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

«Leprecauni?» esclamarono tutti in coro. «Leprecauni?»

«Direttamente importati dal cuore della Foresta di Leprilandia» disse con orgoglio il signor Silente.

«Ma non esiste un posto del genere!» esclamò la signora Malfoy.
«Mi scusi, signora, ma...».
«Signor Silente» strillò la madre di Draco. «Guardi che io conosco la geografia!»

«Dunque lei saprà bene che terribile paese sia quello! Un’ininterrotta distesa di folte giungle infestate dalle più pericolose belve del mondo: policorni, sarcopedonti e i ferocissimi sfarabocchi. Uno sfarabocchio è capace di mangiarsi anche dieci Leprecorni a colazione, e non si fa certo pregare se si presenta l’occasione di fare il bis. Figuratevi che, quando arrivai io, i piccoli Leprecorni s’erano rifugiati in capanne costruite sugli alberi. Erano costretti a vivere lassù per sfuggire agli sfarabocchi, ai policorni e ai sarcopedonti che davano loro la caccia. Per sopravvivere s’erano ridotti a nutrirsi di bruchi verdi, che hanno un saporaccio, e i poveri Leprecorni passavano ogni secondo della loro giornata ad arrampicarsi in cima agli alberi più alti per cercare qualcosa da mischiare ai bruchi verdi per renderne il sapore più accettabile: per esempio, delle coccinelle rosse o delle foglie di eucalipto, oppure la corteccia dell’albero bong-bong, tutte cose che fanno schifo, ma mai quanto i bruchi verdi. Poveri Leprecorni! L’unico cibo che desideravano più di ogni altro era il chicco di cacao. Ma non riuscivano a procurarsene. Un Leprecorno poteva ritenersi fortunato se riusciva a trovare tre o quattro chicchi di cacao l’anno. Ma moriva di voglia al solo pensiero! Sognavano i chicchi di cacao tutta la notte, e il giorno non parlavano d’altro. Bastava menzionare la parola “cacao” davanti a un Leprecorno per vederlo sbavare dalla voglia. Si dà il caso che il chicco di cacao, che cresce sull’albero del cacao» continuò a spiegare il signor Silente, «sia la materia prima da cui si ricava il cioccolato. Non si può fare cioccolato senza il chicco di cacao. Il chicco di cacao è cioccolato. Io stesso ne uso miliardi a settimana in questa fabbrica. E così, miei cari ragazzi, appena mi resi conto che i Leprecorni andavano matti per questo particolare cibo, mi arrampicai anch’io fino al loro villaggio arboreo e infilai la testa nella capanna del loro capo-tribù. Il poveretto aveva un aspetto emaciato e malaticcio, e se ne stava seduto lì tentando invano di mangiare una scodella di purea di bruchi verdi senza farsi sopraffare dalla nausea. “Senta un po’” gli dissi, naturalmente parlando in lepre-lumpese, “se lei e il suo popolo mi seguiranno nel mio paese e si stabiliranno nella mia fabbrica, le prometto che potrete avere tutti i chicchi di cacao che vorrete! Ne posseggo montagne nei miei magazzini! Potrete mangiare chicchi di cacao a pranzo, cena e colazione! Potrete mangiarne fino a rimpinzarvi! Vi pagherò perfino il salario in chicchi di cacao, se volete!” 

«“Dice sul serio?” chiese il capo dei Lepricorni, facendo un salto così sulla sedia.«“Ma certo! E se volete, potrete mangiare anche cioccolato che, a dire la verità, è ancora più buono dei chicchi di cacao perché ci si aggiunge latte e zucchero”.

«L’ometto lanciò un grido di trionfo e buttò la scodella di purea di bruchi verdi dalla finestra. “Affare fatto!” esclamò. “Andiamo! Quando si parte?”

«E così fu che feci trasferire qui tutta la tribù dei Lepricorni, uomini, donne e bambini. Fu semplicissimo. Li feci entrare in paese di contrabbando, chiusi in casse di legno su cui erano stati praticati gli opportuni fori, e sono arrivati tutti sani e salvi. Sono operai straordinari. Ormai parlano tutti la nostra lingua. Gli piace un sacco cantare e ballare. Non fanno altro che inventare canzoni. Scommetto che sentirete un bel po’ delle loro canzoncine di tanto in tanto nel corso della nostra visita. Però vi devo avvertire che hanno un carattere estremamente scherzoso. Vanno matti per le burle. Vestono ancora come quando vivevano nella giungla. è una loro fissazione. Gli uomini, come potete vedere dall’altra parte del fiume, vanno in giro con i loro costumi di pelle. Le donne si vestono di foglie e i bambini non si mettono addosso alcunché. Le donne cambiano le foglie dei loro costumi ogni giorno...».

«Babbo!» strillò Draco Malfoy (il bambino che le aveva tutte vinte). «Babbo! Anch’io voglio un Lepricorno! Vammene a prendere uno! Lo voglio subito! Voglio portarlo a casa con me! Forza, vammene a prendere uno, svelto!»

«Su, su, piccolo mio!» gli rispose il padre.«Non sta bene interrompere il signor Silente».

«Ma io voglio il mio Lepricorno!» strillò Draco ancora più forte.

«E va bene, va bene! Ma non in questo momento, cara. Abbi un po’ di pazienza. Vedrò di procurartene uno prima della fine della giornata».

«Vincent!» gridò a un tratto la signora Tiger.

«Vincent, tesoro, non credo che quella sia una buona idea!». Vincent Tiger, come avrete senz’altro immaginato, s’era pian piano portato sul bordo del fiume e ora, inginocchiato

sulla sponda, stava ingozzandosi a più non posso di cioccolata calda. 

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Ausel