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Autore: halfblood22    12/11/2014    2 recensioni
Giovanna è una ragazza dai capelli rossi che vive con suo fratello, dopo che i suoi sono morti in un incidente. Ma nessuno sa che dietro a quell'incidente si nasconde un grande e misterioso segreto, che la vedrà legata a uno specchio fino a quando raggiungerà l'età di quindici anni, dove l'attenderà la resa dei conti con un mondo fantastico e pauroso...
[Questa storia partecipa al contest "Io e te alla fine del mondo" indetto da hiromi_chan sul forum di EFP]
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cap. 1°
 
 
-“ Non so da dove tu venga, e non ho per nulla voglia di saperlo.”- sussurrò la ragazza di fronte allo specchio oscuro e ambiguo. Tremava dalla paura, ma cercò di controllarsi davanti all’esile figura che appariva riflessa sul vetro.
-“ Devi aiutarmi, io l’ho fatto con te. ”- sibilò l’altro.
-“ E tu perché hai voluto darmi una mano? Sapevi benissimo che non avrei potuto ricambiare il favore; poi, quello che mi hai chiesto è semplicemente impossibile…”-
-“ Giovanna!”- una voce dal piano inferiore chiamò forte la ragazza. Era il fratello, Luca, dell’età di diciotto anni e maggiore di lei di tre.
-“ Sorellina!”- richiamò.
-“ Devo andare. Non fare brutti scherzi.”- mormorò la ragazza allo specchio. La figura annuì riluttante, come se non gli piacesse l’ idea che un panno bianco ricoprisse il vetro e gli impedisse la visuale, nelle ore dove la ragazza era assente dalla stanzetta.
Giovanna scese le scale per ritrovarsi in cucina, davanti a una tavola apparecchiata frettolosamente e un giovane in jeans e maglietta scoloriti, coi capelli neri arruffati e due bellissimi occhi castani, gemelli ai i suoi.
-“ Hey Luca, cosa hai combinato stavolta? “- disse lei stancamente, mentre lui le porgeva un piatto ricolmo di pasta e verdure, in un miscuglio di colori assurdo.
Suo fratello aveva la mania di fare esperimenti culinari, e quasi sempre lei era la cavia.
-“ Tranquilla, non è velenoso “- rispose lui, sbuffando. Poi le sorrise e si sedette dal lato opposto della tavola.
Quella casa appariva sempre troppo grande, per solo due persone. Da quando i suoi erano morti in quell’incidente, questo era uno dei suoi pensieri ricorrenti durante i pasti.
Per fortuna, almeno suo fratello aveva scampato la brutta fine.
‘ Grazie a un piccolo aiuto ’ Giovanna scrutò rassegnata la buia porta della soffitta, con un moto misto a inquietudine e incredulità.
-“ Tutto okay, sorellina? “- chiese ad un certo punto Luca. Lei si riscosse dai suoi pensieri e annuì.
-“ Ho solo un po’ di mal di testa, niente di che”-
Finirono la loro cena in silenzio, ognuno a riflettere alle più svariate cose.
Anche se la ragazza cercava di non pensarci, perché alla fine il tutto era troppo strano e irreale per poter essere vero, il suo occhio cadeva continuamente verso il buio stanzino chiuso a chiave, dove teneva lo specchio con l’anima di “lui” dentro.
Aveva trovato l’oggetto il giorno del suo settimo compleanno in una vecchia strada abbandonata, lo stesso giorno in cui i suoi erano morti.
Lei aveva non aveva esitato a lasciarlo lì dov’era, ma alla fine l’oggetto l’aveva seguita, senza scrupoli, rivelando l’entità che si nascondeva al suo interno come un doppio riflesso, e che le aveva predetto che suo fratello e i suoi genitori avrebbero presto avuto una fine bruttissima.
La bimba si era spaventata ed era corsa via, ma lo specchio aveva continuato a inseguirla come quando il predatore fiuta la sua preda e non molla la caccia.
Alla fine lo aveva riposto alla base della finestrella semirotta della soffitta, stanza ormai perennemente chiusa a chiave.
Era anche solo impossibile credere a tutta quella storia, ma Giovanna era sempre fissa su un solo e unico punto, che la sua razionalità, se pur minima, non riusciva proprio ad accettare.
 
‘ Ti prego, perché dici queste cose orrende? Perché hai scelto me? Lasciami in pace! ‘
‘ Non fare la sciocca, piccola Giovanna. È una triste realtà, ma i tuoi presto cesseranno di esistere. ‘
‘ Allora, che ci fai ancora qui? Non voglio ascoltarti! ‘
‘ Io ti voglio aiutare, piccolina. Lo sai che tu mi piaci. ‘
‘ Non voglio il tuo aiuto e… tu a me non piaci per nulla! ‘
‘ Ma io a te ci tengo. ‘ a questo punto, lo spettro era sembrato ferito.
La bimba aveva raccolto il vetro e, nell’ingenuità e nella dolcezza più assoluta, aveva sfiorato con le labbra per una frazione di secondo lo specchio.
Dopo quel gesto, la superficie dell’oggetto si era oscurata e il tempo si era congelato. Qualcosa di straordinario era successo e poco dopo un signore sconosciuto l’aveva presa per mano e portata all’ospedale dove avevano ricoverato suo fratello.
In qualche modo, il ragazzo era sopravvissuto all’impatto dell’auto contro un grande camion e dopo pochi giorni si era risvegliato, ricordando di quell’accaduto solo un sogno che aveva fatto: un ragazzo che gli diceva che doveva alzarsi, che doveva badare a sua sorella.
 
Della conversazione avuta col fantasma a sette anni, Giovanna non ne aveva mai parlato a nessuno, come del resto non aveva mai detto che conosceva uno spettro, soprattutto adesso che il suo cuore incominciava a vedere in un altro modo gli occhi neri come pece e le labbra rosse e perfette della figura nello specchio.
Si sentiva frustrata. Dopotutto, l’esistenza di quell’essere soprannaturale non era razionale e non aveva materia, ma stava incominciando a provare qualcosa per “lui”, come se si trattasse del normale mortale che non è.
Finita la cena aiutò suo fratello a sistemare e poi si rintanò in soffitta, con la scusa che lì il cellulare prendeva meglio.
Chiusa la porta dall’interno, si avvicinò al bianco straccio che ricopriva il vetro riflettente, sollevandolo, sicura di trovare ad aspettarla come al solito il fantasma.
Quello che vide, invece, fu prima allucinante e poi devastante: lo specchio era vuoto.
Questo significava che lo spirito adesso era libero nell’aria.
Il panico la assalì, sapeva bene che non era una cosa positiva la libera circolazione dello spirito; ma, soprattutto, non riusciva proprio a capire chi avesse potuto liberarlo, dato che lui da solo non poteva scappare dalla sua prigione.
-“ Bene, adesso che sei fuori dalla tua prigione, vattene.”- disse la ragazza, trattenendo a stento le lacrime. Era assurdo, ma sentiva già la sua mancanza.
-“ Ma io non potrei mai lasciarti.”- disse l’altro. Le sue parole erano un alito di vento gelido senza un mittente visibile.
-“ E anche se potessi rimanere, cosa faremmo? Sei un fantasma, niente di più.”-
-“ Tu… potresti stare con me, se solo…”- ribatté.
Giovanna rabbrividì. Le conversazioni tra loro due cadevano sempre su questo punto, lo stesso punto che lei non poteva accettare.
-“ Ti ho ribadito che il favore che mi hai chiesto è irrealizzabile.”-
-“ Tu non devi fare altro che regalarmi un bacio e potremmo vivere felici, uniti, nella terra degli spettri alla deriva, come abbiamo sempre voluto.”- il volto di quelle promesse era bellissimo, ma impossibile, perché avrebbe significato la sua separazione da ogni forma di vita umana.
Rassegnata, la ragazza scosse la testa.
-“ Non posso farlo.”- e detto questo, si diresse verso la porta della stanza, prima che qualcosa la bloccasse per la gola.
-“ Che c’è…? ”- disse, soffocando e premendosi il collo per provare a liberarsi.
-“ Non sono io.”- rispose allarmato il fantasma.
Il tempo si congelò e il ragazzo dello specchio si materializzò a pochi passi da lei.
La stanza, divenuta buia, tradiva la presenza di altri: grida d’orrore e di paura si sentivano echeggiare nell’improvviso vuoto che gli aveva colti.
Finalmente, dopo alcuni attimi schiaccianti, le anime perverse si rivelarono a loro: scie bianche e grigie, in contrasto con l’oscurità, risaltavano di luce propria, tremolante ma sicura; le urla non si attutirono, anzi, aumentarono di volume, permeando i muri e rimbombando all’infinito.
Poi, il mondo si capovolse e il sotto divenne il sopra; Giovanna si sentiva improvvisamente strana, come se qualcuno la stesse plasmando con la sola forza degli occhi.
Ad un certo punto il tutto si stoppò: la stanza ritornò nella calma abituale di come era sempre stata e neanche un oggetto era fuori posto.
La ragazza si accasciò a terra, come svuotata da ogni energia. Stranamente, il ragazzo non era più sotto forma di anima, ma era rimasto nelle sue sembianze umane, concrete.
-“ Ma come…?”- non finì la sua domanda. Appena vide cosa era successo alla ragazza, i suoi pensieri furono concentrati tutti su di lei.
Voleva proteggerla, da sempre. Voleva fuggire e andare dove avrebbero potuto stare bene, uniti e senza vincoli.
-“ Tutto okay?”- disse preoccupato, accovacciandosi accanto a lei.
Giovanna sollevò a fatica la testa, ma riuscì a fare un debole sorriso.
-“ Si, ma… come è possibile che tu sia qui e solido, anche senza bisogno di congelare il tempo e lo spazio? E chi erano quelle ombre? Voglio delle risposte, Jules. “-
Il ragazzo si stupì: era la prima volta che lo chiamava per nome, lo stesso nome che aveva uno dei suoi scrittori preferiti.
-“ Io… sono quelli delle terre oscure. Hanno sempre avuto metodi drastici. ”- le rispose con la bocca secca.
 
C’era sempre stata una battaglia, fra questi due schieramenti: era un continuo scontrarsi, fra gli spettri delle terre chiare e quelli delle terre oscure. E ogni guerra era per la supremazia sui terreni inabitati dell’aldilà, che finiva senza vincitori né vinti, ma con una moltitudine d’anime che perdevano la propria gemma, costrette a vagare senza meta inermi, senza il diritto provare più nulla.
La gemma, per ogni spettro, è paragonabile alla personalità e all’animo di chi è in vita. Chi la perde, è come chi vive senza uno scopo, senza sapere che fine vuole fare e senza volere nessuno accanto, la perdita da parte di uno spettro ne congela il cuore e la mente.
-“ Non hai risposto alla domanda che ti riguardava, Jules.”-
Come faceva ad avere tutta questa confidenza? Da qualche parte dentro sé, il ragazzo sorrise: sapeva benissimo che Giovanna era una ragazza meravigliosa come impertinente.
-“ Non ho risposto… perché in realtà non lo so. Forse, la mia colpa è stata smentita e io sono stato liberato definitivamente dalla prigione di vetro.”- disse dubbioso.
Con un gemito, la ragazza cadde sul pavimento; Jules l’afferrò appena in tempo, prima che sbattesse la testa, facendola coricare sulle proprie gambe, a mo di cuscino.
Le tastò la fronte: bollente.
-“ Giovanna, che diavolo ti succede? Stavi così male, prima?”-
Lei scosse debolmente la testa, per dire di no.
-“ Devo portarti nella tua stanza”- sentenziò sbrigativo lui, ma lei lo interruppe prendendogli un braccio.
-“ C’è mio fratello, di là…”- biascicò.
-“ Ricorda che sono pur sempre un fantasma.”-
 
Quella frase suonò giusta, ma triste al tempo stesso: era vero, non poteva cambiare la sua natura, ma questo purtroppo significava che per lui lo stabilimento sulla terra non era altro che momentaneo, che non avrebbe potuto stare con Giovanna come avrebbe sempre voluto.
Prese cautamente la ragazza in braccio e pronunciò una parola: Atam.
I giovani diventarono invisibili e leggeri come cenere. Attraversarono senza alcun problema la cucina, superarono il fratello Luca che faceva i compiti con le cuffiette nelle orecchie in salotto e salirono le scale, fino alla camera verde-acqua di Giovanna.
Jules la sistemò sul letto e pronunciando nuovamente la parola magica, ritornarono in uno stato prettamente solido e concreto.
Giovanna gli sorrise nuovamente, in quel suo modo adorabile, e si addormentò all’istante.
Una volta messa al caldo la ragazza, il moro sospirò e si sedette sulla prima sedia che trovò nelle vicinanze.
Poi, iniziò a tastarsi il viso, a pestarsi i piedi da solo e a mordersi le mani; conclusione di tutto ciò: era vero, poteva provare dolore e il suo corpo reagiva a questi stimoli.
Ma, il tutto era inspiegabile: lui era uno spirito.
Decise semplicemente di non pensarci troppo, dopo alcune riflessioni assurde che aveva provato a fare; così,senza nemmeno accorgersene, finì anche lui per addormentarsi.
 
Il giorno sembrò arrivare in fretta; Giovanna si svegliò scossa dai brividi.
Si alzò a fatica a sedere e lentamente le si schiarì la vista: la sua camera era uguale a sempre, con un’unica eccezione: scomposto ai piedi del materasso giaceva un ragazzo dai folti e spettinati capelli neri e le labbra rosse più delle ciliegie mature.
-“ Jules. ”- lo chiamò debolmente, scuotendolo un po’.
Dopo pochi secondi anche l’altro aprì gli occhi e, con le guance più arrossate delle labbra, balbettò: -“ Buon… giorno “-
Si, era proprio un ragazzo dolce. Oh, forse la definizione più appropriata era: un fantasma dolce.
Anche se ormai, i dubbi nella mente di Giovanna erano molti e tutti senza risposta; primo fra tutti, il fatto che il moro che adesso si trovava davanti, sembrava più vivo che morto.
-“ Jules… che ne è stato della tua vera forma? Intendo… quella, quella di uno spettro? ”-
Lui abbassò gli occhi: -“ Ti ripeto la stessa cosa di ieri sera: io non lo so.”- ma sembrava deluso dalla domanda.
Effettivamente, non era tanto male adesso, sicuramente meglio di quando era confinato al vetro di quello specchio.
La ragazza si chiese se ripetere quella questione fosse stata una buona idea, e così si affrettò a rispondere: -“ Fa nulla. Però…”- fu bloccata dalle stesse grida che la sera scorsa l’avevano colta in terrazza.
-“ Di nuovo…”- borbottò il ragazzo fra i denti. Sembrava sapere molto su quella storia, ma che per qualche ragione non ne volesse parlare.
Per canto suo, adesso Giovanna aveva solo paura. Dopotutto, forse era per colpa di quelli spiriti che si era ammalata…
Le urla aumentarono, come era successo la prima volta, e lentamente le scie grigie dei fantasmi si impadronirono della stanza.
Di nuovo, la stessa sensazione di soffocamento destabilizzò la ragazza e, dopo pochi attimi, come gli spettri erano arrivati se n’andarono.
La sensazione di malessere di Giovanna aumentò, facendole girare forte la testa.
Decise di ricadere distesa, ma fece male i suoi calcoli: finì dritta su Jules, che dovette afferrarla per evitare che cadessero dal letto.
-“ Piano…”- disse lui, aiutandola a sistemarsi sul cuscino.
-“ Io, ero sicuro… avevo calcolato il loro prossimo attacco…”-
Lei lo fermò con un cenno della mano.
-“ Io… mi fido di te, non ti do colpa di nulla. Ma tu, dimmi cosa devo fare e cosa vogliono quelli da me.”-
Jules era esterrefatto: conosceva bene la ragazza e sapeva per certo che era una tipa molto diffidente, soprattutto quando si parlava di lui.
Il fatto che si fosse completamente messa nelle sue mani, gli fece due effetti: uno piacevole, mentre una parte di lui era spaventata, perché iniziava a capire il perché di queste varie anomalie, e non gli piaceva affatto.
-“ Stanno arrivando, e… e sono molti “- sussurrò quasi fra sé e sé, ma Giovanna riuscì lo stesso a sentirlo.
-“ Chi? “- chiese, con un tono leggermente allarmato.
-“Loro “- rispose lui, sempre pianissimo, come se quello che stesse dicendo fosse proibito.
-“ Si stanno ribellando, e hanno bisogno di energia vitale per farlo. E hanno scelto te.”-
La ragazza rifletté su quello che aveva appena pronunciato Jules, cercando di moderare il battito cardiaco, troppo sopra la media a causa della paura.
Poi, si alzò a fatica aiutata dal ragazzo e chiese: -“Sai fare un caffé?”-
Lui la guardò perplesso e poi annuì.
-“ Ma a che diamine ti serve?”-
-“ Beh… non credi che io starò qui tranquilla ad aspettare che invadano il mondo e che si freghino la mia forza vitale? Io vengo con te, naturalmente. Ah, il caffé serve per svegliarmi.”- e detto questo, avanzò a tentoni verso la porta.
-“ Frena, frena. Che vuol dire: io vengo con te? Sei troppo debole. Poi, come pensi che una tazzina possa rinvigorirti? ”-
Lei rispose con una semplice alzata di spalle e una frase che scombussolò non poco Jules.
-“ Sono iperattiva, una tazza di caffé mi basterà benissimo per salvare il mondo.”-
Così, aiutandosi con la parete e molto lentamente, la ragazza scese le scale.
A Jules non restava che seguirla.
 
Cosa pensava di concludere? Chi pensava di illudere? Giovanna non lo sapeva, ma era una ragazza combattiva, non avrebbe saputo che farsene di girarsi i pollici.
-“ Giovan… ”- lei lo zittì con un “shhh”. C’era ancora un ostacolo: suo fratello. Non poteva scomparire e non aveva per niente voglia di usare i metodi del moro: quando si erano trasformati in cenere, il suo stomaco non aveva gradito.
Però, non trovava soluzioni efficaci.
Jules la prese per un braccio, bloccandola nella penombra a metà della rampa.
-“ Giò, calmati. Hai la febbre alta, stai delirando.”-
-“ Non starò ad aspettare che quegli esseri prendano possesso di me, non farmelo ripetere.”-
Come pronunciò esseri, il ragazzo si sentì un po’ ferito. Dopotutto, anche lui faceva parte di quella realtà, e il disgusto e la paura che avevano attraversato il volto della ragazza lo avevano intristito.
Ma Giovanna, come se avesse letto il sguardo, gli fece un sorriso e gli prese la mano.
-“ Non lascerò che ti imprigionino di nuovo tanto facilmente. Tu resterai con me, alla fine di questa faccenda, è una promessa. Ma ho bisogno che tu mi dica tutto quello che sai. Ti conosco, ci sono molti altri guai rispetto al poco che so, vero? ”-
Una promessa, che probabilmente non sarebbe mai stata mantenuta.
Ma Giovanna era in pericolo, ora più che mai non poteva perdersi in chiacchiere.
-“ Okay, ti dirò tutto, ma prima dobbiamo andare via di qui. Forse dovresti lasciare un avviso, per dire che starai via, che so… per un progetto scolastico?”-
-“Credi che un avviso possa convincere mio fratello?”- chiese lei, dubbiosa.
-“Non so, ma ricordati che esiste sempre la magia.”- la guardò con aria complice e lei non poté fare a meno di scoppiare a ridere, rassegnata.
-“Va bene, allora mi fido di te.”- e cominciò a scendere le scale.
Arrivati in soggiorno, per fortuna, non trovarono Luca, altrimenti la ragazza avrebbe dovuto comunicargli la loro piccola bugia, e Jules sapeva quanto fosse scarsa a mentire, soprattutto davanti agli occhi color cioccolato del fratello.
La ragazza prese un foglio e una penna e iniziò a lisciarsi una ciocca dei suoi lunghi capelli color rosso rame, come se non sapesse cosa scrivere.
-“Andiamo- le disse allora il ragazzo- sei una scrittrice nata e non sai che cosa inventarti?”-
Lei lo fulminò con lo sguardo e poi abbassò gli occhi verso la carta, per cercare di non far notare che era arrossita. Pessimo tentativo.
Dentro di sé il ragazzo sorrise, poi prese delicatamente la biro dalle mani di Giovanna e scrisse due righe veloci. Afferrò un pezzo di adesivo e attaccò il messaggio sul frigorifero.
Si fecero svelti un caffé e Jules utilizzò quel tempo solo per fissare incantato la folta chioma di lei, degna di quella di una principessa.
La ragazza partì poi spedita verso la porta d’uscita, mentre lui prendeva uno zaino, raccattando una vecchia coperta e due paia di stivali, quelli della rossa e quelli del suo fratello, che avrebbe usato lui.
-“Wow, Luca ha dei piedi giganti! Secondo te posso usarli come barca oppure mi stanno bene?”- chiese sarcasticamente, mentre seguiva la ragazza.
-“Suvvia, non lamentarti. Piuttosto, dove andiamo adesso?”-
Il mattino si presentava umido e fresco, tipico autunnale, con il cielo nuvoloso e i raggi del sole che cercavano, timidi e sbiaditi, di penetrare attraverso quella coltre bianca e grigia.
Lui la guidò verso il centro della città, fino ad arrivare allo stesso posto dove, otto anni prima, Giovanna aveva trovato lo specchio.
Lei, appena diede un’occhiata all’interno del vicolo, rabbrividì.
-“Che c’è?”- le chiese.
-“Credo sia la febbre, mi fa vedere cose strane.”- disse lei. Lui le tastò la fronte, ma ritrasse subito la mano. Doveva essere alta, perciò probabilmente delirava.
Poi però gli venne in mente un’idea.
-“Emh… scusa se te lo chiedo, ma… mi dici cosa vedi?”-
-“Una, una strana porta…”- barcollò, ma lui la sostenne. Si, i sospetti del ragazzo erano giusti.
-“Non sono allucinazioni, anche se scotti…”-
-“Cosa succede allora?”- lo interrupe lei, aggrappandosi al suo braccio.
-“Calmati, non sta succedendo niente fuori dal normale. La porta che tu vedi è, per caso, piccola come se fosse quella da gatti e color argento?”-
Lei annuì, sempre più perplessa.
-“Noi dobbiamo andare lì.”-
-“Ma sei pazzo?! Non riusciremo mai ad entrare!”- ribatté lei, ancora confusa.
-“E a questo che serve la magia.”-
-“Il tuo significato di “magia”  mi spaventa.”-
-“Non preoccuparti. Comunque, quella è la porta d’Infinito, la prima cerchia in cui è diviso il mondo degli spettri alla deriva. Il nostro viaggio sarà lungo, per impedire che quelli della valle  oscura invadano la Terra.”-
-“Ma la guerra è qui Jules!”-
-“Infatti, noi la fermeremo dall’interno.”- le rispose, mentre lei lo guardava disorientata.
-“Ma, Jules… mio fratello, e tutti il resto del mondo? Siamo solo una mortale e un… beh, sarà impossibile per noi cavarcela all’interno di questo universo parallelo di cui parli.”-
‘Una ragazza testarda, molto testarda.’ Pensò lui, come, anche se era rimasto nella sua soffitta per anni, stesse conoscendo la vera Giovanna solo ora, e si meravigliasse ogni volta di che tono prendeva la sua voce e di quale sfumatura acquistasse la sua personalità unica.
 -“Ci riusciremo, tutti saranno al sicuro alla fine.”-
Tutti tranne me, pensò amareggiato il moro.
Ma, nascondendo subito la sua tristezza allo sguardo spaventato di Giovanna, la prese per mano, e prima che potesse protestare ancora una volta, e iniziò la magia.
Così, la loro forma fisica si dissolse e le loro anime attraversarono la porta della prima dimensione: Infinito.

Angolo Scrittrice
Salve a tutti! Eccomi qui con la mia seconda originale! L'idea mi è venuta grazie a un bellissimo contest e questa sarà una longo di cinque capitoli!
Alla prossima!
La vostra matta scrittrice, halfblood22 <3
   
 
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