Libri > Shadowhunters
Segui la storia  |       
Autore: Elygrifondoro    12/11/2014    2 recensioni
Cosa succedere se uno Shadowhunter e i suoi amici frequantano la scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts? Cosa succede se due persone destinate a stare insieme come Alexander Lightwood e Magnus Bane si trovassero nella stessa scuola, rispettivamente nei panni di studente e professore? lLamore e l'attrazione vinceranno sui dubbi che una relazione proibita inevitabolmente crea?
Genere: Erotico, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Clarissa, Izzy Lightwood, Jace Lightwood, Magnus Bane
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

~~CALL IT MAGIC
Dopo aver visto il corpo inerme di Annabelle avvolto dai tentacoli di quei demoni iniziai a correre incurante dei rovi che mi graffiavano il viso e le braccia. Vedere che la stavano trascinando lontano da me era come se mi stessero tagliando il cuore a metà: non potevo permettere a nessuno di infliggermi questo dolore. Non potevo vivere senza lei, senza quella metà indispensabile che rappresentava ogni mia cosa buona.
Fendevo la vegetazione con il coltello pensando solo a raggiungerla. Riuscì a colpire una di quelle creature con una freccia, ma altri sembravano spuntarne da ogni parte. Isabelle mi stava alle spalle tagliando le liane con la sua frusta di elettro. Speravo che il suo cuore battesse ancora, speravo resistesse solo un altro poco, speravo sapesse che l’avrei salvata ad ogni costo. I rumori della battaglia rimbombavano sui tronchi degli alberi e sulle superfici muschiose delle rocce: sibili strazianti e familiari, esplosioni, urla terrificanti che mi riempivano le orecchie e sembravano volermi far esplodere i timpani.
La mia mente non riusciva a concentrarsi sul luogo circostante, riusciva solo a pensare ad Annabelle, a Magnus, se stessero bene o almeno respirassero ancora. Magnus che era rimasto al lago, Magnus che stava combattendo ed io non ero lì con lui a difenderlo.
Saltai un grosso tronco cavo e mi ritrovai in una piccola depressione circolare. Di fronte a me tre o quattro demoni circondavano il corpo di Annabelle, probabilmente indecisi su che tecnica usare per dilaniarlo.
Isabelle scrutava ogni insenatura e angolo del luogo dove ci trovavamo, alla ricerca di ulteriori minacce. Io semplicemente non ero cauto quanto lei. Mi lanciai sul primo demone che mi capitò a tiro, deciso a ridurlo a pezzetti ma lui fu più veloce e riuscì a scansare il mio colpo. Subito non perse tempo e passò al contrattacco, sferzando l’aria con la sua lunga coda da rettile e lanciandosi su di me. Balzai di lato e caddi a terra sentendo un dolore lancinante alla spalla. A fatica schivai il colpo, e poi anche l’altro e l’altro ancora mentre l’aria sibilava al veloce passaggio della mia spada. Riuscì a farlo indietreggiare e approfittai della sua distrazione per assestargli il colpo di grazia. La creatura cadde a terra e scomparve, segno che era tornata nella sua dimensione. Dietro di me Isabelle ne affrontava un altro mentre il terzo e il quarto demone erano ancora su Annabelle.
-confundus! –
Gridai puntando la bacchetta contro uno dei demoni che subito rimase intontito mentre l’altro si lanciava, zanne sguainate, verso di me. Saltai in aria cercando di schivare la sua coda che s’era messo a far roteare tentando probabilmente di rompermi un arto. Per fortuna Jace mi aveva insegnato come sfruttare le debolezze del nemico a mio vantaggio: il demone era possente e la sua coda l’arma peggiore, dotata certamente di muscoli forgiati per uccidere ma questo, sebbene gli desse la possibilità di causare un trauma cranico alla sua vittima, richiedeva tempo e dispendio di energie nei movimenti. Notai subito che la sua agilità diminuiva di colpo in colpo e pensai al modo più ingegnoso per farlo fuori. Affrontarlo direttamente era fuori discussione, l’avevo constatato poco prima rimettendoci probabilmente la spalla, l’unico modo era essere più furbo di lui. Sfortunatamente non ero il mio parabatai, nato e cresciuto per essere non solo un genio nella lotta corpo a corpo, ma anche nelle parole. Riusciva ad ammaliarti con una frase, a farsi fidare dei suoi occhi dopo solo cinque minuti di conversazione. Ma, se Jace era affascinante e suggestivo nella voce e nei movimenti, io ero tutto il contrario. Diffidente, di indole solitaria e poco propenso alla socializzazione, le mie qualità emergevano per di più nei momenti di progettazione e non pratici. Ero in grado di formulare piani e strategie formidabili, ma solo se rinchiuso nella biblioteca dell’Istituto o nella mia camera da letto. Non di certo appeso al ramo di un albero con un demone dalla lingua biforcuta pronto a farmi a fettine e a servirmi come antipasto alla sua cena della Vigilia. “Pensa Alec! Pensa!” d’improvviso, una scintilla sembrò accendersi nella mia mente. Il demone era proprio sotto di me, anch’egli alle prese con il considerare le mie debolezze e punti di forza cercando il modo più doloroso per farmi fuori. “Lui è forte e veloce, ma più lo stanco più per lui sarà difficile sopraffarmi e già si vede che le sue energie stanno terminando…” I miei pensieri vennero interrotti da un, sapevo ultimo, tentativo di disarcionarmi dal ramo e farmi precipitare al suolo, e fu quello che successe. La coda colpì la base del grosso ramo che cedette in un vortice di foglie, rami e resina precipitando verso il suolo dove la creatura mi aspettava con le zanne spalancate. Presi la spinta e riuscì a saltare oltre facendogli cadere il ramo addosso. Non ebbi nemmeno il tempo di girarmi che il demone era già scomparso lasciando solo un po’di sangue nero a testimoniare la sua presenza. Camminai verso Annabelle, ma appena misi a terra il piede, sentii un dolore lancinante e quasi un urlo uscì dalla mia gola. “Gli Shadowhunters non si lamentano, sopportano il dolore fino alla fine e combattono fino all’ultimo senza mai dare segno di cedimento…” Diceva Hodge a volte. Con lo sguardo cercai Isabelle che nel frattempo aveva ucciso il demone contro cui lottava prima ed eliminato con estrema facilità quello che avevo confuso. Era china sul minuto corpo di Annabelle, l’espressione concentrata e la bacchetta alla mano intenta a formulare incantesimi di guarigione e protezione. “Le rune non funzionano su mondani e nascosti…”  Presi lo stilo dalla cintura e tracciai un iratze sulla caviglia probabilmente slogata e appena fece effetto balzai in piedi e corsi verso mia sorella.
-Isabelle!- quasi le finì addosso da quanto ero preoccupato.
-Iz, come sta? - adesso potevo vederla chiaramente: gli stessi capelli marroni, le stesse mani delicate, lo stesso volto aggraziato e gli zigomi eleganti… le palpebre chiuse sotto un paio di occhi grandi e luminosi. Era pallida, pallida come la Dama Grigia e se il suo torace non si fosse sollevato e abbassato debolmente, la si poteva considerare cadavere. Isabelle mi guardava preoccupata, segno che i suoi tentativi di rianimarla erano stati vani.
- Dobbiamo tornare subito al castello. –
Disse solo. Cercai sulle sue braccia e sulle gambe segni di morsi e le mie ipotesi furono presto confermate. Un profondo squarcio sull’interno dell’avambraccio troneggiava come una macabra decorazione di Halloween. Veleno demoniaco… quanto impiegava ad uccidere un umano? Un’ora. Quanto impiegava ad uccidere una ragazza di nemmeno cinquanta chili di peso e reduce da una battaglia contro esseri che mai aveva visto prima se non nei libri o nella sua immaginazione? Scattai in piedi, con la mia amica in braccio ed Isabelle davanti a me che mi faceva strada. Non ricordo quanto tempo ci volle per uscire da quell’intrico di rami che ci ospitava, né sentii la fatica o i postumi della lotta contro i demoni. Ricordo solo il nero davanti a me, terrificante e concreto e all’apparenza senza una fine.

 


Quanto tempo era passato dalla riunione nell’ufficio del preside? Quanto da quando avevo abbandonato Alec per combattere contro uno stupido demone dai viscidi tentacoli? Probabilmente un’ora, ma per me era passata un’eternità. Avevo perso il conto delle creature schiantate, decapitate, dilaniate e trucidate e la battaglia stava giungendo al termine. I soccorsi erano arrivati e il Ministero si stava dando da fare per mettere ko i superstiti del fronte avversario e soccorrere i feriti. Ce n’erano tanti, tra cui una decina piuttosto gravi, ma nessun morto. In pochi minuti dal pieno della battaglia m’ero ritrovato in una landa desolata ricoperta dal sangue nero e ustionante dei demoni a incrociare sguardi terrorizzati con i miei colleghi e studenti più grandi. Sui loro visi si leggeva lo sconforto più totale, l’incertezza, la paura di una terza guerra magica. La maggior parte dei volti presenti aveva assistito alla tragedia della Seconda, verificatasi sullo stesso suolo ove i miei piedi erano poggiati. Il terrore dei Mangiamorte aleggiava ancora per le strade di Londra e dai muri traspariva tutt’oggi la paura di dover affrontare quei persecutori che per mesi erano riusciti a cancellare ogni briciolo di speranza e umanità da un’intera nazione, soggiogandola e corrompendola alla violenza e all’intolleranza. Continuavo a guardarmi attorno, alla ricerca di quegli occhi blu e di quei capelli corvini. Dove si era cacciato quel dannato figlio di Nephilim? Iniziai a correre come un pazzo, chiamando il suo nome, chiedendo di lui… ma nessuno lo vedeva dall’inizio della battaglia. E nemmeno di Isabelle c’era traccia. Avevano detto che non c’erano ostaggi, nemmeno morti, e allora dov’era? Era rimasto ferito? Era in infermeria? In quel momento vidi una giovane strega in uniforme bianca che passava chiedendo informazioni a chi incontrava. Mi avvicinai a lei, cercando di calmarmi e ripetendomi che andava tutto bene.
-mi scusi signorina… -
Chiesi con voce flebile. La donna si voltò verso di me con un sorriso che nulla aveva di rassicurante e gli occhi nocciola grandi e segnati da profonde occhiaie, segni più di tensione che di vera e propria mancanza di sonno. Era minuta, coi capelli biondi raccolti in una severa crocchia. Stringeva in mano una cartellina probabilmente compilata con una lista dei feriti e delle persone ancora in piedi.
-signorina, scusi il disturbo, potrei chiederle un’informazione? -
Per quanto possibile, il suo sorriso velato di terrore si allargò ancora di più.
-certo, mi dica pure signor? –
-Bane. Sono professore qui alla scuola di magia. Se è nelle sue facoltà, saprebbe dirmi se nella lista dei feriti compare un Alexander Lightwood?  -
La donna sfogliò i fogli sulla cartellina, cercando la L.
-Lightwood, Lightwood… no, non lo vedo da nessuna parte, mi dispiace… per caso è un suo studente? -
-si, ha preso parte allo scontro… -
-lo immaginavo… beh, molte persone che hanno combattuto e non sono ferite gravemente sono tornate nelle Sale comuni o nelle rispettive stanze, provi lì. –
La ringraziai e cercai di sorriderle ma mi risultò difficile come sollevare un masso da duecento chili senza magia.
-grazie mille signorina, mi scusi ancora per il disturbo. –
-non si preoccupi signor Bane e buona fortuna. –
La guardai allontanarsi per un po’ avvolta nella sua divisa bianca e rossa poi la mia mente tornò alla realtà. Dove cavolo era finito quel dannato ragazzo?
Stava iniziando a prendermi il panico, la gola secca e le tempie che pulsavano sempre più forte ad ogni minuto che passava, annunciando un’imminente crisi di nervi.  Fra la folla vidi il preside e mi decisi a informarlo del fatto che non trovavo uno, forse due studenti quando una voce ruppe il silenzio che s’era posato su di noi come una cappa di vetro.
-AIUTO! PERFAVORE AIUTATECI! –
Isabelle Lightwood che chiedeva aiuto? Quel demone di poco prima doveva avermi colpito davvero forte in testa… mi girai verso quella che pareva la direzione da dove proveniva il suono e la vidi: insanguinata, madida di sudore e distrutta dalla stanchezza. Lei, sempre truccata alla perfezione e con i capelli in ordine, stava uscendo dalla Foresta Proibita con la manica della maglietta nera strappata, braccia e gambe coperte di lividi e ciuffi di capelli che sfuggivano caotici dalla coda alta che li domava. Dietro di lei Alexander Lightwood, se possibile messo peggio, reggeva fra le braccia una ragazza minuta dai capelli scuri e disordinati, esangue e priva di sensi: Annabelle.
In poco meno di un nano secondo mi ritrovai avvolto dallo sconcerto più totale alla gioia più sfrenata, poi sfociata in preoccupazione e di nuovo in sconcerto. Mi fiondai dritto su Alec mentre un gruppo di medimaghi spostava Annabelle dalle braccia del mio ragazzo ad una barella, più consona alla situazione. Lo sentii parlare con loro di veleno di demone e di quanto il tempo fosse prezioso per salvarle la vita. Ero solo a dieci metri da lui, poco meno di una dozzina di passi ci separavano. Mi buttai a capofitto fra le sue braccia senza nemmeno pensare alle conseguenze, dimenticandomi del fatto che la comparsa dei due fratelli e della studentessa Corvonero aveva suscitato in tutti il massimo interesse e che quindi i volti delle persone presenti, compreso il preside i miei colleghi e i rappresentanti del Ministero, erano puntate su me e lui. Lo baciai con impeto, sicuro di avergli rubato il respiro, consapevole solo del fatto che fosse lì con me. Terrorizzato, ferito e preoccupato per Annabelle, ma ancora vivo.
-wow, dovrei scomparire più spesso se è questa la tua reazione! -
La gente iniziava a mormorare, bisbigliando indignata alla vista di quella scena incestuosa, ma per me era irrilevante, come il fatto che stessi ancora poggiando i piedi a terra e non fossi già a mille chilometri dal suolo. Poteva finire il mondo, poteva Dio reclamare il suo popolo e Satana approvvigionarsi di tutto il male dell’Universo, ma non avrebbe contato nulla se solo io fossi stato vicino ad Alec.
 -Prova a farmi spaventare così un’altra volta e giuro che ti torturo e ti uccido con le mie stesse mani! –
Alec sapeva di sangue, umidità e sudore e la voce gli era calata di almeno un’ottava.
-sarebbe un onore essere ucciso dal Sommo Stregone di Brooklyn. –
Ridemmo all’unisono a quell’affermazione, poi tornai serio cercando di mettere un po’di ordine agli eventi.
-sei ferito? Cosa è successo? –
-non sono grave come sembra Magnus, non preoccuparti. Credo che la ferita più dolorosa sia stata avere la consapevolezza di non poter vedere i tuoi capelli imperlati di gel un’ultima volta. –
Gli presi il viso fra le mani scostandogli i capelli neri e umidi dal volto, arricciandoli e scompigliandoli, sfiorando i suoi zigomi come per constatare davvero la sua presenza, per aver la consapevolezza di averlo lì ad un palmo da me. Perdersi nei suoi occhi era così semplice, ma la consapevolezza di dove ci trovavamo e di cosa era appena successo prese il sopravvento.
-cosa è accaduto ad Annabelle? –
In un attimo il sollievo che bussava piano alla porta degli occhi di Alec, quegli occhi in cui era così facile perdersi, si dissolse lasciando campo libero alla preoccupazione che fino ad un attimo prima li popolava. Si guardò attorno nuovamente in preda al panico.
-dov’è? Dove l’hanno portata? –
Cercò con lo sguardo la barella rossa e i suoi capelli voluminosi e appena la scorse partì al suo inseguimento, zoppicando un po’. Io semplicemente gli andai dietro arrancando nel terreno umido di pioggia e foglie morte.
Entrammo nella sala d’ingresso improvvisata come infermeria di primo soccorso per i traumi lievi, non facendo troppo caso a chi sedeva per terra o sulle brandine. Ci fermammo solo davanti all’aula di incantesimi, probabilmente dedicata ai maghi e alle streghe che erano stati morsi dai demoni. Nella sala v’erano cinque persone, fra cui il professor Krum la cui spalla destra non sembrava per niente in ottime condizioni. Tutti gli infermi presenti si erano più o meno ripresi, per la maggior parte dormivano e riposavano, cosa normale per la situazione. A tutti erano già state somministrate le adeguate cure e la situazione era molto stabile. Solo Annabelle era preoccupante. Infatti, non solo era stata morsa, ma aveva passato molto tempo svenuta e non si conosceva di preciso da quanto il veleno le era entrato in circolo. Alec si mise a spintonare, cercando di raggiungerla, senza però troppo successo. La ragazza era circondata da un’equipe di medici ed infermieri, intenti a somministrarle dosi da elefante di antidoti magici e pozioni multicolori. Nessuno s’era davvero accorto della mia presenza. Mi schiarii rumorosamente la voce. Tutti i presenti ancora in stato cosciente si girarono verso di me, allibiti.
-scusate se vi interrompo signori. Ma non credo che tutta quella roba che le state somministrando serva a qualcosa ormai e…-
-e cosa dovremmo fare allora? Lasciarla morire? –
Un dottore sui trentacinque, di bell’aspetto, aveva preso la parola ed ora mi guardava indignato.
-dottor Malfoy, con tutto il rispetto, ho curato decine di casi come questo a New York e sebbene non abbia mai dovuto prendere queste precauzioni con un mondano, sono certo di riuscire a guarirla. –
L’uomo, malgrado avesse quasi raggiunto i quarant’anni, era di una bellezza sorprendente: capelli biondo platino scompigliati, messi a freno da un po’di gel e occhi grigio nebbia, diffidenti, capaci di farti perdere l’orientamento con un incrocio di sguardi. Spalle non troppo larghe ma di certo dotate di muscoli possenti. Avevo letto alcuni fascicoli su di lui e su come fosse diventato uno dei migliori medimaghi della storia del Regno Unito. Sapevo del suo passato da Mangiamorte ed ero convinto del fatto che si impegnasse così tanto nel suo lavoro non solo per evidente talento e orgoglio, ma anche per riscattare un suo personale debito con chi suo padre aveva umiliato ed ucciso. In fondo lui durante la guerra non era altro che un ragazzo nato sotto una cattiva stella. Alle mie parole abbassò lo sguardo e si fece da parte.
-professor Bane, non ho mai perduto un paziente. Faccia in modo che non succeda proprio questa volta. –
Lo congedai con un cenno del capo e mi avvicinai al corpo esangue della ragazza. Alec mi guardava terrorizzato, indeciso su cosa fare. L’unica altra emozione che traspariva nel suo sguardo era fiducia.
-perfavore, facciamo un po’di spazio. – chiesi gentilmente a due infermiere che subito si mobilitarono per sgombrare un po’la sala.
-Salvala Magnus! –
Disse solo prima di essere trasportato via con la forza da un indispettito dottor Malfoy.
-ti sei già dimenticato che sono stato io a salvarti dal veleno di un demone superiore giovane Lightwood? –
Sussurrai fra me e me ormai concentrato su mille formule e incantesimi di guarigione.
“Mettiamoci al lavoro, e tu ragazzina non fare scherzi!” pensai corrugando la fronte.


ANGOLO DELL’AUTORE:
Ed eccomi qui! Credevate di essermi liberati di me vero? Ahahahahahaha!
A parte gli scherzi, mi scuso immensamente con voi per il mega ritardo, ma la scuola ha preso il sopravvento sul mio tempo libero e anche sul mio sonno! Diciamo che non faccio una dormita decente da almeno… due settimane! Fra un impegno e l’altro sono riuscita a scrivere pezzi del capitolo e finalmente eccolo qui, pronto per essere letto e (spero) apprezzato!!
Come già detto in precedenza la mia vita non sta seguendo affatto uno schema regolare quindi non posso assicurarvi nulla sulla prossima data di pubblicazione. Quindi, se non ci sentiamo prima del 20, felici Hunger Games a tutti e possa la fortuna sempre essere a vostro favore (nel trovare un posto al cinema)!
Elisa

 

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Shadowhunters / Vai alla pagina dell'autore: Elygrifondoro