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Autore: Laura_DarknessRose    12/11/2014    0 recensioni
Quando Maya si troverà davanti alla scelta se rimanere o essere libera decide di andarsene senza pensarci due volte ma non può immaginare cosa la attende, neanche quando incontra Myda e tutto il suo mondo cambia radicalmente.
Le emozioni miste alla paura renderanno le cose difficili e in più, la minaccia di una guerra è sempre più vicina. Ascolterà il cuore o si tirerà indietro?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 2:          MYDA
Guardavo il letto di legno di fronte a me mentre ero in piedi. Ero appena entrato in una delle tende del mio villaggio per un’ occasione importante.
Sul materasso sottile in cotone, stava semi addormentata Caytilinn, una delle bambine del villaggio. Stava per partorire ma sarebbe stato un parto molto complicato a parere della nostra curatrice che le aveva sconsigliato di avere una prole visto che aveva un brutto presentimento e di solito, lei non sbagliava mai grazie ai suoi doni mistici che aveva sviluppato inconsciamente. Caytilinn però amava troppo il suo Ishna e aveva deciso di fare di testa propria. La gravidanza fin ora era andata avanti nel migliore dei modi anche se a volte, sentiva delle fitte alla schiena e al ventre.
La guardai in volto per quanto permetteva la luce flebile che irrompeva all'interno della capanna di legno: i suoi capelli neri, adesso spenti, erano tirati da un lato, lasciati sciolti su una spalla. Aveva la pelle pallida della fronte imperlata di sudore, le palpebre erano pesanti per il sonno della notte appena trascorsa che aveva perso e la pelle delle sue labbra era secca, bisognosa d'acqua, eppure, anche in quelle condizioni, Caytilinn era bella.
Aveva quattordici, quasi quindici kareye, o anche cicli di vita, oppure, come gli altri popoli li chiamavano, anni. Era sempre stata rispettosa e ammirata per la sua grande passione per il giardinaggio, averla davanti e vederla così fragile e stremata mi faceva tenerezza, non sembrava reale.
Rimasi in silenzio per un istante, mentre fuori il villaggio era ancora addormentato.
Posai lo sguardo sul suo corpo coperto dalla vestaglia, la pancia piena di una nuova vita si vedeva molto bene. Ai suoi piedi, vi erano coperte di pelle spiegazzate, un tavolino sul quale era appoggiato un secchiello di legno contenente acqua calda e vicino ad esso, qualche asciugamano.
Caytilinn respirò a fatica un istante dopo, pesantemente, e aprì di controvoglia gli occhi spenti. Gemette quasi silenziosamente, come se avesse paura di me, e subito Shadow, il suo Ishna, le strinse la mano.
“Sei venuto..” mi disse quasi sospirando e sorridendomi debolmente.
“ Non avrei mai rifiutato…”
“ Non vuole uscire” fece una smorfia come se si fosse arresa all’idea di vedere il piccolo bambino fra le sue braccia e si accarezzò la pancia sotto la veste da notte.
“Sai perché sono qui  Caytilinn” dissi malinconicamente, rimanendo immobile. I suoi occhi s’incupirono e sospirò.
“Sì, lo so, ma credimi Myda, lo volevo con tutto il cuore e pazienza se io me ne andrò …”
“No... non devi dire questo Caytilinn, sai che per me sarebbe difficile stare senza te...ti conosco da tanto.…” la interruppe Shadow.
In effetti, il suo ragazzo non mentiva, lei e Shadow si conoscevano da quando Caytilinn aveva circa quattro anni. Ogni Ishna, poco dopo i diciotto kareje, quando la sua crescita è stabile e rimarrà immutata, comincia a cercare una compagna, soprattutto mentre quest’ultima è piccola così che si adatti alla vita del villaggio, in caso si tratti di un’estranea proveniente da altre terre e instauri con il suo Ishna un legame forte che duri per il resto della loro vita. I lupi lo chiamano imprinting ma sarebbe irrispettoso paragonarlo soltanto ad un’impronta, il legame è più di questo: è il tuo mondo che trova un senso, una stabilità, molti individui non ne capiscono l’importanza. Noi Ishna abbiamo usanze diverse dal mondo esterno, siamo un popolo fiero delle nostre origini.
Anch’io li conoscevo entrambi da parecchio tempo e sapevo che si volevano, che si amavano come il sole ama la luna. Incondizionatamente.
Vedevo, guardando in volto Shadow che era frustrato all'idea di perderla e i suoi occhi azzurri tradivano la rabbia per non poterla salvare. Lei aveva deciso di dargli comunque un figlio e il risultato era che la gravidanza l'aveva fatta soffrire e il parto l'avrebbe probabilmente portata alla morte.
“Non te ne andrai …”, sussurrai “ ...tutti gli Ishna del villaggio ti daranno un pò di energia sufficiente per andare avanti”
“Non concluderete niente…” disse soltanto, non avendo più voglia di parlare e mise una mano sulla guancia di Shadow.
In quell'istante, altri Ishna entrarono e si misero intorno al letto nella capanna. Ancora in piedi com'ero, poggiai le mie mani sul corpo di Caytilinn come fecero i miei compagni e cominciai a illuminarmi di blu. Non era più tempo delle parole, dovevamo agire.
Noi Ishna abbiamo il potere dei colori; ogni Ishna può illuminarsi di un colore diverso e la "colorazione" avviene solo in tre occasioni: primo, quando dobbiamo trasferire energia ad un' altra persona, come in questo caso; secondo, quando siamo arrabbiati; terzo, quando siamo innamorati, a posto di arrossire, ci coloriamo.
Il mio colore Ishna è blu, blu cobalto per la precisione.
Aprii gli occhi l’attimo dopo e vidi i miei compagni, come me, illuminarsi di colori brillanti, mentre Shadow accarezzava la guancia di Caytilinn e lei lo ricambiava sorridendogli debolmente.
Appena tornammo normali, Caytilinn iniziò a gemere ancora, all'inizio sommessamente, poi via via sempre più forte. Forse l’avevamo un po’ aiutata trasferendole la forza sufficiente per dare alla luce il suo amato piccolo.
Entrò nella tenda Areya, la nostra curatrice dai doni mistici, che costrinse con le buone maniere tutti gli Ishna a non ingombrare la stanza e rimanemmo solo noi quattro.
Areya aveva quindici kareje, i suoi capelli rossi quella mattina erano legati a formare una treccia e il suo vestito arancione la faceva sembrare una "fiamma vagante". Gli occhi erano di un intenso color cioccolato e trasmettevano serenità. Portava in mano un mazzolino di bocche di leone rosse come i suoi capelli, e dopo averci salutato cortesemente, li mise dentro un piccolo vaso in corteccia. I suoi doni consistevano in delle sensazioni negative che percepiva ogni volta che qualcosa non andava bene. La nostra Dea l’aveva resa speciale.
“Allora Caytilinn, spaventata?” chiese sorridendole amorevolmente come si fa con una sorella più piccola. Caytilinn le fece cenno di no mentre la controllava, invece io e Shadow non potevamo far altro che seguire la curatrice con gli occhi.
“Areya, ci siamo?” le chiesi, “Caytilinn non ce la fa più.”
“Quasi Myda” abbassò la testa. Caytilinn teneva le mani di Shadow come se non potesse farne a meno e cominciò a piangere.
“Ti fa male piccola? A momenti uscirà” disse il suo Ishna mentre le faceva alzare un pò il busto.
“Areya è il momento” dissi sentendo la magia cobalto che aiutava il corpo di Caytilinn.
Non so se Areya mi ascoltò ma mi sfrecciò davanti subito.  Dimenticavo che non c’era bisogno di avvertirla della magia o del momento opportuno, i doni erano più che sufficienti.
 Caytilinn cominciò a gridare.
 Shadow stava cominciando a innervosirsi perchè era teso e impotente, Areya stava facendo nascere il bambino e io mi sentivo strano, paralizzato, non potevo far niente per cambiare la situazione.
 Mi sedetti su una sedia fatta di legno e foglie tenendo la testa fra le mani e guardando in basso.
Poco dopo Caytilinn divenne mamma di un Ishna rosso come la macchia rossa che la piccola aveva sulla pancia che annunciava la sua gravidanza. Shadow prese in braccio il bambino e ancora insanguinato, lo diede alla nuova mamma.
“Sei piccolissimo …” le sentì dire e finalmente sul suo viso spuntò un sorriso vero e forte.
Accarezzò il viso del suo bambino e pianse di felicità per lunghi istanti.
Areya successivamente glielo tolse dalle braccia e andò a lavare il nuovo nato. Mi avvicinai con cautela a Caytilinn, quasi con delicatezza, per paura di interrompere quel momento.
“E’ davvero un bel bambino” le sorrisi e le accarezzai la mano. 
“Lo so, ha preso tutto da Shadow” tossì; le tenni le spalle. “Prenditi cura di lui” continuò quando le si riempirono gli occhi di lacrime.
“ Caytilinn, tu ti occuperai di tuo figlio …”
“No Capo, va bene così. Mio figlio è in buone mani …” rispose rassegnata, sembrava serena. La  abbracciai. Sentii sulla pelle della mia spalla destra un liquido caldo cadere. Piangeva.
La strinsi ancora e Shadow tornò con il bambino, mentre più indietro c’era Areya.
Ricordo un momento dopo: fu come abbracciare qualcosa di finto e artificiale; avevo paura di guardare in faccia la realtà, avevo paura di staccarmi da lei. No, non poteva essersene già andata… non poteva lasciare suo figlio, non poteva essersi arresa così facilmente. La guardai intontito, sorreggendole la testa con le mani e rimasi impietrito. Le palpebre dalle quali partivano lunghe ciglia nere erano chiuse. Il suo petto era immobile visto che i polmoni non incameravano più ossigeno e una lacrima scendeva pigra a tracciare un solco sulla sua guancia.
Mi rattristai, non era giusto, era troppo presto.
Troppo, troppo, troppo.
Sapevo che non le avrebbe più riaperto gli occhi eppure cercavo di scorgere qualcosa che ormai non le apparteneva più. La vita l’aveva lasciata. Caytilinn, così semplice, forte, coraggiosa era morta in quell’istante fra le mie braccia per amore verso quella piccola creatura che aveva così tanto desiderato.
Le stavo riappoggiando la testa sul cuscino quando Shadow mi scostò bruscamente e pianse, gridando per la perdita, per il suo dolore. Areya stava cominciando a piangere silenziosamente mentre coccolava il bambino e mi sentivo così triste.
Uscii dalla tenda: il sole splendeva, si sentiva che era arrivata la primavera, tutti gli alberi e i fiori del villaggio la sentivano ma per me non era così tanto felice. Mi ritrovai in un attimo accerchiato da una marea di persone.
“Caytilin non ce l' ha fatta” dissi a bassa voce ma c’era abbastanza silenzio per l’attesa che mi avevano ben sentito. Nessuno parlò e si allontanarono di corsa per tornare ai propri impegni mattutini e andare avanti senza di lei. Decisi di tornare alla mia capanna, più grande di tutte quelle del villaggio percorrendo, solo, le strade di terra, rivolgendo un breve pensiero all’ultima volta che vidi sorridere Caytilinn mentre teneva fra le braccia suo figlio.
   
 
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