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Autore: Root    12/11/2014    8 recensioni
Avevo una cotta per te. Sei carino, ma non sei il mio tipo.
Quelle parole, Nico se ne rendeva conto perfettamente, non riuscivano neanche ad avvicinarsi a quel che erano i sentimenti che aveva provato per Percy. In quelle poche, insulse parole non era presente tutto il dolore che il figlio di Ade aveva provato, tutto quel che aveva fatto per Percy, tutto quel che aveva desiderato e non aveva mai potuto avere.
Eppure, fu proprio quel che disse.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nico di Angelo, Percy Jackson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Love isn't always fair
Personaggi: Nico Di Angelo, Percy Jackson
Avvertimenti: Spoiler!, Slash
Desclaimer: Tutto ciò cui mi sono ispirata appartiene solo ed unicamente a Rick Riordan
Note: Dunque, la storia è ambientata subito dopo la fine di BOO quindi ovviamente ci saranno spoiler, vi avverto. In realtà ci sono spoiler anche della Casa di Ade che in Italia ancora non è uscita, quindi credo sia giusto avvertire anche in questo caso. 
Credo che tutti i fan Percico siano come me rimasti scioccati e decisamente contrariati dal modo in cui Rick Riordan ha deciso di liquidare i sentimenti di Nico per Percy. Voglio dire, è semplicemente ridicolo, e qui, ovviamente, entriamo in gioco noi fan writer.
Non so ancora quanto capitoli sarà questa fic, forse 4 o 5, non sono sicura; ma poiché non l'ho ancora finita, aggiornerò lentamente. 
Spero che vi piaccia! :D


 

Nico non aveva pensato a cosa sarebbe accaduto dopo, non aveva speso tempo a riflettere su quel che stava facendo. Aveva agito spinto dall'entusiasmo del momento, l'eccitazione e la contentezza per la fine della guerra ancora troppo vive dentro di lui perché sentisse il bisogno di preoccuparsi di qualcosa che, adesso, sembrava tanto insignificante.
In quel momento, Nico si sentiva leggero, sereno come non lo era da tanto, troppo tempo perché finalmente poteva dire di aver trovato una casa, perché Will gli aveva appena detto che lo considerava un amico e perché, nonostante tutto, lasciarsi abbracciare da Jason non era stato poi così male.
In quel momento, Nico si sentiva bene. Quindi non ci pensò due volte, quando lo vide, ad andare vicino a Percy e a dirgli quel che aveva tenuto nascosto a tutti per tanti anni, ciò contro cui aveva combattuto strenuamente continuando a perdere miseramente.
Avevo una cotta per te. Sei carino, ma non sei il mio tipo.
Quelle parole, Nico se ne rendeva conto perfettamente, non riuscivano neanche ad avvicinarsi a quel che erano i sentimenti che aveva provato per Percy. In quelle poche, insulse parole non era presente tutto il dolore che il figlio di Ade aveva provato, tutto quel che aveva fatto per Percy, tutto quel che aveva desiderato e non aveva mai potuto avere.
Eppure, fu proprio quel che disse.
Nico aveva immaginato più e più volte il momento in cui avrebbe rivelato i suoi sentimenti, il momento in cui, finalmente, Percy Jackson si sarebbe reso conto di quel che rappresentava per lui, l'attimo in cui avrebbe visto la consapevolezza scintillare nei suoi occhi verde mare. Nico aveva pensato che avrebbe potuto parlare per ore e ore senza riuscire davvero a descrivere la portata di quel che provava per Percy.
Ma che senso avrebbe avuto, arrivati a quel punto? Percy era felice con Annabeth, se ne sarebbero andati a Nuova Roma e avrebbero finalmente potuto godere della pace che tanto si meritavano; e Nico era contento per loro, era riuscito a superare i sentimenti che lo tormentavano da anni.
Sei carino, ma non sei il mio tipo.
Era poco, anzi, era niente in confronto a quel che avrebbe voluto dire, ma era tutto ciò che serviva.
Fu solo quando voltò le spalle a Percy e Annabeth che la portata di quel che aveva fatto lo colpì in pieno e, per una manciata di secondi, andò nel panico.
Non aveva pensato alle conseguenze, non aveva pensato che, dopo di quello, avrebbe senz'altro rivisto Percy e che, probabilmente, non avrebbe avuto il coraggio di guardarlo negli occhi. Mentre si allontanava, poteva sentire il viso farsi sempre più caldo e, passo dopo passo, al panico andò ad affiancarsi un'altra cosa, una piccola dose di soddisfazione per quel che era riuscito a fare e un piccolo sorriso si fece largo sulle sue labbra.
Si chiese se Cupido fosse finalmente orgoglioso di lui.

 

Nico avrebbe davvero dovuto aspettarsi che non era tanto facile rendere felici le divinità dell'amore.
Nei tre giorni successivi, il figlio di Ade cercò di non pensare, di mettere da parte ogni cosa: la guerra appena conclusa e tutti i danni che il Campo aveva subito; cercò di mantenere nascosto in un angolino della sua mente Octavian e la sorte che gli era toccata (a causa sua, continuava a sussurrargli una vocina maligna); cercò di non ricordarsi che, spinto dall'entusiasmo del momento, aveva confessato i suoi sentimenti a Percy e che, prima o poi, avrebbe dovuto affrontare la cosa.
Nico conosceva Percy abbastanza bene da riuscire ad immaginare che, la prossima volta che si sarebbero visti, il figlio di Poseidone non avrebbe fatto finta di nulla.
Una parte di lui voleva che quel momento giungesse il prima possibile; ma c'era un'altra parte, una parte che Nico si sforzava di ignorare senza alcun successo, che temeva il giorno in cui avrebbe dovuto, inevitabilmente, parlare con Percy. Quella parte di se stesso lo faceva sentire un vigliacco.
Nico ripensò all'espressione scioccata che si era dipinta sul volto del più grande quando aveva sentito quel che aveva da dire, e si ritrovò a sorridere, solo un po': era decisamente difficile lasciare Percy Jackson così a corto di parole e provò un certo orgoglio ad esserne stato la causa.
Durante quei tre giorni che trascorse in infermeria, Nico si riposò più di quanto non avesse fatto da quando aveva scoperto di essere un semidio, e forse anche prima. Si abbandonò al sonno e alle cure di Will, e quelle settantadue ore gli sembrarono, contemporaneamente, durare un istante ed un'eternità.
Nico non avrebbe dovuto essere così sorpreso che il suo momento di tranquillità venisse interrotto brutalmente da qualcuno che, sebbene avesse visto una sola volta, conosceva fin troppo bene.
Favonio apparve nel buio della cabina numero tredici all'improvviso, portandosi dietro un bagliore luminoso che sparì subito dopo, veloce così come era arrivato. Il dio del Vento dell'Ovest non era cambiato affatto dall'ultima volta che si erano visti: canotta rossa, pantaloncini e sandali, come se fosse pronto per andare a trascorrere una giornata sulla spiaggia; le ali piumate e i capelli ricci e scuri gli davano un'aria sinistra, nell'oscurità della stanza.
Il dio rivolse per qualche istante lo sguardo al luogo in cui si trovava per poi fissare gli occhi sul semidio che aveva dinanzi.
Prima che Favonio potesse dire anche solo una parola, Nico si alzò in piedi, pronto a fronteggiarlo. Si era lasciato cogliere impreparato già una volta, non sarebbe di certo accaduto di nuovo.
-Cosa vuoi?
Nonostante tutto, Nico non poté in alcun modo evitare di mettersi immediatamente sulla difensiva: i suoi trascorsi con Cupido e i suoi servitori non erano da considerarsi esattamente dei migliori.
Favonio lo guardò, gli occhi brillanti tra le ombre, e Nico desiderò con tutto il cuore cancellare il sorriso che gli incurvava le labbra.
-Ti ho tenuto d'occhio per molto tempo, Nico Di Angelo; e credo che non sia ancora giunto il momento giusto per smettere di farlo.
-Non ho alcun bisogno di essere tenuto sotto controllo.
-Io credo di sì- replicò, dopodiché rimase in silenzio.
Nico di solito amava il silenzio, il silenzio ti permette di pensare e, soprattutto, se c'è il silenzio, spesso significa che sei da solo, o in compagnia dei morti. Nico si sentiva a suo agio, circondato dalla quiete. Eppure adesso, l'ultima cosa che desiderava era restare in silenzio, mentre Favonio continuava ad osservarlo, a studiare ogni sua mossa.
-Cosa ci fai qui? Che cosa vuoi da me?- disse infine, a denti stretti, anche se non aveva bisogno che il dio glielo rivelasse per riuscire ad immaginare a cosa fosse dovuta quella visita.
-Ho visto quel che hai fatto.
Nico seppe immediatamente a cosa Favonio si stesse riferendo. Rilasciò le mani, che non si era reso conto di star stringendo a pungo, e una sottile risata gli sfuggì dalle labbra.
-Immagino che tu e Cupido sarete finalmente felici. Sono stato sincero, no?- disse, e cercò di ignorare la sottile nota di incertezza che riusciva a sentire nella propria voce.
-Il mio padrone te lo ha già detto una volta: l'amore non sempre rende felici.
-Non sono più innamorato di lui.
Favonio gli rivolse un piccolo sorriso, un sorriso tenero e comprensivo, e Nico si sentì un bambino indifeso sotto quello sguardo, sotto quegli occhi che sembravano leggergli fin dentro l'anima e conoscere di lui più di quanto non ne sapesse lui stesso.
-Non è così facile lasciarsi alle spalle un amore così forte, figlio di Ade. Non farti illusioni.
Quelle parole lo colpirono più di quanto non ammise a se stesso. Lui lo sapeva, era fin troppo consapevole che ciò che aveva detto a Percy non era neanche lontanamente paragonabile a quel che aveva davvero provato, non c'era bisogno che glielo dicesse qualcun altro. Ma ciò non significava che non avesse la forza per superarlo.
Improvvisamente, Nico sentì montare dentro di sé una rabbia incontrollabile. Chi era Favonio per dirgli una cosa del genere? Chi era per dirgli che non poteva lasciarsi alle spalle Percy Jackson?Neanche Afrodite in persona avrebbe mai potuto dirgli di chi era o non era innamorato.
Gli dei, sempre pronti a ficcare il naso nelle vite dei semidei, almeno per questa volta non avrebbero deciso per lui.
-Vattene- ringhiò.
-Non continuare a mentire a te stesso, Nico.
-Vattene- ripeté, trovando sufficiente autocontrollo per non urlare e ignorando il tono quasi paterno con cui Favonio gli stava parlando.
Favonio sospirò, sconfitto ma, subito prima di sparire, rivolse a Nico uno sguardo sicuro e determinato.
-Ci rivedremo ancora, Nico.
Il figlio di Ade tornò a respirare normalmente, lasciandosi cadere sul letto, sfinito come se avesse appena combattuto una battaglia -una battaglia contro cosa? Contro Favonio o contro se stesso?
Nico portò un braccio a coprirsi gli occhi e non riuscì ad evitare di pensare che, probabilmente, Favonio aveva ragione: si sarebbero visti ancora.

  
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