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Autore: Imchichi    12/11/2014    1 recensioni
Stefania è una ragazza dolce e determinata. Non ha paura di mostrarsi per quella che è realmente e non ha paura di lottare per realizzare i suoi sogni. Con l'appoggio della sua famiglia persigue il suo sogno e quello della sua migliore amica Laura di andare a studiare a Buenos Aires. Cosa accadrà in questa magica avventura? Rimanete connessi per scoprirlo.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: Triangolo
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Sono elettrizzata dal fatto di essere finalmente nella mia amatissima Buenos Aires. Durante il volo non staccai gli occhi dall'oblò, non riuscivo a controllarmi. Volevo gustarmi ogni immagine, ogni minimo particolare di quest'incredibile avventura. A ricevermi all'aeroporto, un uomo sulla quarantina, alto, palestrato , capelli corti castani e occhi nocciola, mandato dall'università. Un paio di occhiali da sole con le lenti scure sopra la testa, un completo gessato con una camicia bianca e mocassini neri era ciò che indossava. Ho aspettato i miei bagagli e andai verso quest'uomo che mi ricordava molto mio padre, più o meno, con la stessa fisionomia. Mio padre, Antonio, è professore di matematica in un liceo classico di Frosinone. Purtroppo non gli fu assegnata la cattedra a Roma, così eravamo soliti vederci solo nei fine settimana. Adesso chissà quando si sarebbe ripresentata l'occasione di riabbracciarlo.

Raggiunsi quest'uomo misterioso a cui strinsi la mano e mi disse di chiamarsi Josè. S'incamminò verso la macchina, un mercedes classe A grigio metallizzato, mi aiutò a posizionare le mie cose nel porta bagagli e mi fece segno di salire in macchina. Erano le 10 del mattino del 16 gennaio, io un mix di emozioni: paura, eccitazione, e anche un discreto sonno. Durante il tragitto, parlai del più e del meno con Josè, confidandogli tutti i miei dubbi.

« Sa qual'è il mio problema, Josè? »

« No, qual'è? »

« Per me è una cosa del tutto nuova. Non ero mai stata così lontana da casa, la città più lontana dove sono andata, è Praga. Il fatto di cominciare una vita lontana da tutti i miei affetti e lontana dalla mia terra per così tanto tempo, mi lascia come dire... spaesata. E questa cosa mi spaventa. »

« E' normale sentirsi spaesati, ti parlo per esperienza. »

« In che senso parla per esperienza? »

« Io non sono di qui. Sono brasiliano. A 18 anni ho avuto l'opportunità di venire a studiare qui, facendomi ospitare da una zia di mia madre per un paio di mesi. All'inizio, mi sentivo esattamente come te. Spaesato, non conoscevo nessuno, tutti i miei amici erano rimasti in Brasile. Ma fino a quando c'era in vita la zia di mia mamma potevo contare sul suo appoggio incondizionato. Dopo qualche mese dal mio arrivo, la vecchia zia Anais venne a mancare e così dovetti arrangiarmi. Con i pochi soldi che mi aveva lasciato la zia, cercai una pensioncina e cominciai a cercare un lavoro. Poco a poco, cominciai ad abituarmi al fuso orario, alla movida argentina e al fatto che dovevo contare solo sulle mie forze ».

Rimasi incantata dal suo modo di parlare e dalla malinconia che lasciò trapelare dalle sue parole.

« Quindi per esperienza diretta ti dico che è normale sentirsi spaesati, ma piano piano, diventa tutto più facile. Qui ho incontrato l'amore della mia vita, mia moglie Candelaria e molti anni dopo, i nostri figli Julio y Marisol ».

Riuscii a calmarmi, all'improvviso i dubbi che avevo, sparirono come per magia.

« Grazie per queste belle parole di conforto, Josè. È riuscito a tranquillizzarmi. Non devo avere paura, nonostante tutto, questa è la sfida che aspetto da tempo ».

Dopo una buona mezz'ora, arrivammo a quello che presunsi essere il mio palazzo. Accidenti! Non ho mai visto un palazzo così grande e così bello. Presi i bagagli dalla macchina, feci un gesto con la mano a Josè per salutarlo e ringraziarlo e mi avviai verso l'entrata.

Un lungo tappeto rosso precedeva il portone centrale e un forte odore di gelsomino e vaniglia mi inebriava i sensi. Questo odore era così forte che mi fece pensare alla mia mamma. Mia mamma si chiama Lucia, è una casalinga e di tanto in tanto va a fare le pulizie a casa di anziane signore che non riescono più a muoversi bene. Pensai che dovevo chiamare mia mamma per rassicurarla e per dirle di essere arrivata. Avevo tanta voglia di sentirla. Estratto il telefono dalla custodia, composi il numero ma, mentre attendevo che mia mamma rispondesse, venni distratta da una tenera vecchietta che mi chiedeva chi fossi.

« Salve signora, mi chiamo Stefania Rocchi. L'università mi ha mandato qui » - dissi io guardandola teneramente.

« Salve signorina, il mio nome è Priscilla. Sono la donna delle pulizie e la moglie del portinaio ». Mentre si presentava, la vidi cercare un grosso libro verde. Una volta trovato, si mise gli occhiali e riprese a parlare - « Quindi sei qui con l'università? Da dove vieni, cara?»

« Roma, Italia » - risposi

« Oh che bella Roma, ci siamo stati una volta, mio marito ed io, ma eravamo molto giovani.” - Le si illuminò il volto e giurai di aver visto una lacrima solcarle quel tenero viso. Prese dal taschino del grembiule un fazzoletto, se lo passò delicatamente sul viso quasi volesse conservare quella lacrima per proteggerla per sempre, richiuse il fazzoletto, mi porse le chiavi del mio appartemento e mi indicò la strada. La ringraziai e mi diressi verso l'ascensore.

Appartamento 5C. Presi l'ascensore, premetti il tasto corrispondente al mio piano, il 5°, e salii. Uscii sul pianerottolo e sulla destra trovai la porta corrispondente al mio appartamento: infilai la chiave nella toppa, la girai ed entrai nel mio nuovo appartamento. 
   
 
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