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Autore: indiceindaco    13/11/2014    5 recensioni
Quando cala il sipario, ed il pubblico abbandona le poltroncine in velluto rosso, ed il brusio della gente si fa fioco, sempre più fioco, cosa succede dietro le quinte? Ad ormai quattro anni dall'uscita dell'ultimo libro, dall'ultima pagina voltata con emozione, aspettativa, malinconia, da quell'ultima frase che ha commosso tutti, nel bene e nel male. Il sipario è calato, il teatro è già stato ripulito, eppure no, non è finita qui.
Harry, Ron ed Hermione, ancora insieme si trovano ad affrontare la vita, quella vera, quella oltre le quinte di scena. E tanti cambiamenti si prospettano all'orizzonte. Scelte da prendere, scelte da rimandare, scelte in cui perdersi.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi, Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Un po' tutti | Coppie: Draco/Harry, Remus/Sirius, Ron/Hermione
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo, Più contesti
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XXVII. Costruire
 
“Ah si vivesse solo di inizi,
Di eccitazioni da prima volta,
Quando tutto ti sorprende e
Nulla ti appartiene ancora […]
 
Ma tra la partenza e il traguardo,
Nel mezzo c'è tutto il resto.
 
E tutto il resto è giorno dopo giorno.
E giorno dopo giorno è
Silenziosamente costruire.
E costruire è potere e sapere
Rinunciare alla perfezione
 
Costruire, Nicolò Fabi.
 
 
Camminavano silenziosamente, l’uno di fianco all’altro, ognuno ingarbugliato nel filo dei propri pensieri. Harry di tanto in tanto lanciava un’occhiata veloce verso Malfoy, ma non riusciva mai a catturare la sua espressione. Erano intrappolati in quella situazione, sebbene fossero entrambi a zonzo per la Londra Babbana da più di mezz’ora, in religioso e timoroso silenzio. La domanda di Harry fendeva ancora l’aria, e s’era fatta come nebulosa e minacciosa allo stesso tempo, pendendo sulle loro teste, irrisolta. Di cosa Malfoy aveva così tanta paura? Perché tuffarsi di testa in quella situazione, coinvolgerlo in qualcosa di così tremendamente inadeguato, innaturale, solo per poi ritirarsi, in fretta e tremante. Harry non riusciva a darsi uno straccio di motivazione logica, ed era fin troppo consapevole di dover rivolgere delle domande a se stesso, prima ancora di indagare le intenzioni dell’altro. Perché se da una parte, remota quanto assurda, Harry aveva cominciato a prendere in considerazione le inusuali inclinazioni di Malfoy, a ritenerle legittime persino, dall’altra sapeva quanto da parte sua fosse estraneo a determinati argomenti. Nello stesso momento in cui aveva posto quella domanda, si era inconsciamente ritrovato a chiedersi perché invece lui, Harry, di paura non aveva nemmeno il minimo sentore. Non sarebbe stato normale essere spaventati da una cosa del genere? Era totalmente succube di quella situazione, ed aveva persino iniziato ad accettarlo, a conviverci pacificamente, evitando caparbiamente di interrogarsi, di riflettere. Non avrebbero dovuto spaventarlo a morte quelle sue reazioni, quelle sensazioni trascinanti, quel desiderio tiranno?
Così, dopo aver posto la domanda, non aveva potuto far a meno di sospirare e abbassare lo sguardo. Malfoy aveva malamente scostato la mano dalla sua ed era riuscito a guadagnare qualche metro verso l’uscita. Harry aveva pensato fosse la conclusione perfetta a quella tempesta di confusione che aleggiava nell’aria. Ma poi Malfoy s’era bloccato, di spalle, e aveva mormorato un fioco “andiamo”. Ecco perché adesso stavano l’uno accanto all’altro, le mani chiuse a pugno nelle tasche, i baveri delle giacche a difenderli dal vento freddo di novembre e dagli sguardi dell’altro, ognuno trincerato dietro la propria barriera. Se avessero una meta, Harry non se l’era chiesto, come non si chiedeva che ora fosse. Poi Malfoy si bloccò, sul ciglio del marciapiede, ed alzò il viso, assottigliando lo sguardo. Harry si fermò automaticamente, preso alla sprovvista, e fece scattare la testa di lato, per indovinare l’ombra di una qualsiasi espressione negli occhi di Malfoy, che lo guardò di rimando, indecifrabile, per poi abbozzare un cenno del capo di fronte a sé.
Erano di fronte ad una palazzina, dal porticato bianco, sul quale margine sinistro troneggiava un numero 21 nero, lucido ed Harry non poté far a meno di torturarsi con le altre mille domande che quella piega d’eventi stava generando.
-Un paio di settimane fa, Pansy mi ha portato a vedere questo appartamento. Volevo affittarlo, entro fine mese. Perché il Ministero mi darà lo sfratto prima di Natale. Con quel che ho rivenduto dal patrimonio di famiglia, però, non sarei riuscito a pagare nemmeno metà del primo canone.- disse Malfoy, senza mai distogliere lo sguardo dalla porta d’ingresso. Lentamente iniziò a piovere, una pioggerellina leggera e dispettosa, quasi impercettibile, ed Harry capì che esattamente come quelle gocce d’acqua, non avrebbe dovuto far il minimo rumore, o Malfoy si sarebbe allarmato, sarebbe scappato via, come minacciato.
-Questa casa. Con quelle colonne bianche, ed i gradini bianchi. E tutto è così bianco, persino il nome della via: Whiteleys. Può suonare stupido, lo so. Ma ero convinto fosse ciò che serviva, sai, per andare avanti. Per ricominciare. Bianco, come un foglio su cui puoi scrivere tutto daccapo. Era un modo per avere una speranza, forse per quello mi era piaciuta così tanto.- Malfoy fece una pausa, ancora assorto nell’osservare la palazzina, dall’altro lato della strada. – A volte, tante volte negli ultimi tempi, mi veniva voglia di venire qui, dove sono adesso, ed osservarla, come adesso. Guardare la possibilità di migliorare dritta negli occhi, con il dubbio di potercela fare sul serio, quando è ancora perfetta, incontaminata. Quando può potenzialmente essere perfetta. E mi sentivo…Come se, un giorno, varcando quella porta, io potessi essere in grado di entrare in una nuova vita. Invece, questa è solo la seconda volta che vengo qui. Un po’ perché avevo abbandonato l’idea di affittarla…non me la sarei potuta permettere. Un po’ perché mi ero rassegnato. Prima ancora di provarci, mi ero arreso.
Harry continuava ad ascoltarlo in silenzio, seguendo quel discorso di Malfoy, così sommesso e astratto, eppure così doloroso e graffiante. Non avrebbe mai potuto immaginare nulla di tutto ciò, Harry ne era certo, mai avrebbe anche solo supposto che dietro alla facciata beffarda di Malfoy si celasse quel lieve tono disperato.
-Invece…Invece traslocherò qui la settimana prossima.
Finalmente Malfoy lo guardò negli occhi, fronteggiandolo, con quella sua espressione enigmatica, indecifrabile, come aspettandosi una reazione da parte di Harry, che dal canto suo, continuava a capirci poco o niente. Perché lo aveva portato lì, perché aveva fatto quel discorso così strano? Harry ricambiò lo sguardo, aggrottando la fronte, sperando non fosse tutto lì quello che Malfoy avesse da dirgli. E l’altro sembrò intuire il disagio che Harry provava, perché sospirò profondamente, scuotendo leggermente il capo divertito, forse rendendosi conto di quanto fosse stato incomprensibile.
-Quello che voglio dire, Potter, è che sono uno a cui non vanno a genio i cambiamenti. Sono un codardo. Uno che scappa quando le cose si fanno difficili. Vorrei davvero essere aperto al mutare delle cose, delle situazioni, lo desidero persino, come desideravo venire a vivere in questa casa. Ma alla minima difficoltà, scappo. Mi arrendo.
Lo sguardo di Malfoy era perso dentro una pozzanghera, che velocemente si allargava e espandeva i propri confini. Harry non si era reso conto avesse iniziato a piovere sempre più forte, non si era accorto di aver i capelli appiccicati alla fronte e gli occhiali lievemente appannati e che, come Malfoy d’altronde, era ormai bagnato fradicio. Non che importasse, non in quel momento.
-Però alla fine… verrai a vivere qui, no?- disse Harry, in un soffio.
Malfoy annuì lentamente, senza guardarlo. Un tuono squarciò il silenzio fra loro ed Harry, prima ancora di poterci riflettere sul serio, si aggrappò al braccio di Malfoy e Smaterializzò entrambi.
 
***
 
Blaise sobbalzò, nel sentire il ruggire della tempesta contro i vetri imponenti dello studio di Lucius Malfoy. Fin da piccolo aveva trovato il Manor particolarmente inquietante durante i temporali, forse perché l’eco mesta e cupa del ribollire del mondo sembrava rimbalzare su quelle mura, fino a farsi sussurro, fino a suggerire bisbigli inumani e minacciosi. Si stiracchiò pigramente, liberandosi da quella sgradevole sensazione di angoscia per il suono dell’invadenza violenta dell’autunno, e riprese da dove aveva interrotto. Quella mattina Draco lo aveva lasciato lì, a spendere il proprio giorno libero a frugare da cima a fondo nello studio, lì dove Lucius aveva espressamente chiesto di guardare. Blaise aveva insistito fin quasi allo sfinimento perché il suo migliore amico non saltasse la lezione, perché lo lasciasse lì a sbrigare quella scomoda faccenda, dicendogli di aver già avuto un’idea sul dove cercare, sebbene brancolasse nel buio. Come sempre, la previdenza di Blaise, lo aveva spinto ad affidarsi all’istinto di proteggere Draco. Non che avesse la certezza di trovare necessariamente qualcosa di sgradevole, ma essere cauto era per Blaise un obbligo, soprattutto in quei giorni già abbastanza turbolenti per Draco. Prima l’impotenza e la totale decadenza in cui versava, lo sconforto per quei ricordi che non accennavano a cedere, e persino l’esserci gettato fra le braccia di Potter senza riflettere. Decisamente, qualsiasi cosa si nascondesse alla fine della ricerca di Blaise, non era assolutamente il caso di rischiare ulteriori turbamenti per Draco. Aveva visto il proprio migliore amico abbandonarsi a se stesso, arrendersi, persino lasciar scivolare Narcissa dalle proprie mani, senza nemmeno protestare. Lo aveva visto cercare di lottare, alla ricerca di uno scampolo di lucidità, di normalità, impegnarsi nel trovare un nuovo posto da chiamare casa, nel quale ricominciare, raccogliendo i cocci dei propri fallimenti, così taglienti. Lo aveva sentito un po’ più distante, il loro legame andava assottigliandosi e sfilacciandosi, fino ad essersi infranto, contro la lama affilata di ricordi che avevano cercato di seppellire. Theodore. Blaise non riusciva nemmeno ad immaginare quanto Draco potesse essere stato distrutto da quella loro storia. Lo aveva visto, certo, vissuto anche. Aveva visto quella storia accendersi e bruciare in fretta, consumata come tutto ciò che entrava a contatto con Theodore. Aveva visto Draco regalarsi anima e corpo, e aveva sperato fosse giusto così. Il suo istinto lo aveva tradito però, perché Theo non aveva fatto altro che privare Draco di quel sentimento così semplice, così puro, nuovo. Aveva sigillato il cuore di Draco, impedendo a chiunque di accedervi, pietrificandolo con la paura di lasciarsi andare di nuovo, lasciarsi amare. E Blaise lo sapeva, lo aveva molto spesso deliberatamente ignorato, ma sapeva che dietro alla facciata canzonatoria di Draco, la stessa dopo ogni tentativo di contatto da parte sua, quella paura era costante. Ciò che ancora non si spiegava, era dove Draco avesse trovato lo slancio necessario per tendere verso Potter. Non che non lo avesse sospettato, ma avrebbe mentito nel dire che non credeva che il suo migliore amico ne fosse in grado, non di nuovo. Blaise ne ignorava i motivi, e sapeva che qualche pezzo del puzzle ancora mancava, ma si sentiva in debito con Potter. Era convinto che il merito dei sorrisi imbarazzati, sovrappensiero di Draco fosse proprio il Salvatore del Mondo Magico. Aveva dimenticato le sfumature di quei sorrisi che Draco si curava tanto di mascherare e nascondere, e non poteva non essere grato a Potter per quello. Draco, che lo volesse o meno, si stava lentamente lasciando andare, stava diventando più leggero. Persino il tono di quella mattina, somigliava tanto ad una tonalità di voce che Blaise aveva dimenticato…Alle orecchie di Blaise quel “ho baciato Potter” era suonato come eccitazione, imbarazzo, vitalità. Gli sembrò di ricordare la voce di un Draco bambino, quando dopo la notte di Natale, via camino, lo informava, tutto elettrizzato di quale meraviglioso regalo avesse ricevuto quell’anno. 
E fu mentre riportava alla mente quei ricordi che, ben nascosto oltre la parete di tomi polverosi, sul quarto scaffale della libreria, Blaise tastò qualcosa di cartaceo. Arricciò le dita per afferrarlo e lo portò immediatamente sotto gli occhi indagatori: la busta recava, in alto a sinistra, il nome di Draco.
 
***
 
Aveva creduto fosse una buona idea, ne era convinto fino a quel momento. Non era mai stato bravo con le parole, finiva per rattrappirsi e svilire ciò che pensava, ogni volta, per cui l’unico modo che gli era venuto in mente per rispondere alla domanda di Potter, era stato di mostrargli cosa provasse. Non era sicuro che funzionasse, ma sapeva di dovergli delle risposte, e questa volta non si poteva dire avesse agito senza pensarci accuratamente. No, si era trascinato dietro un Potter silenzioso in giro per Londra, per ritrovarsi in quel punto. Guardare la porta della sua futura casa, e sbiancare di meraviglia per le proprie parole, era stato un ottimo piano. Era un codardo, almeno quanto era sicuro che Potter lo pensasse già. E l’unico modo per spiegarsi che gli fosse venuto in mente era far toccare con mano a Potter la superficie della propria vigliaccheria. Lo stesso Potter che, adesso, li aveva messi al riparo dalla tempesta, ironicamente sia in senso metaforico che letterale. Si era aggrappato al suo braccio e li aveva Smaterializzati a casa propria, a gocciolare sul pavimento, immobili, l’uno di fronte a l’altro. Draco non avrebbe mai finito di farci l’abitudine. Potter lo guardava, come in attesa, poi si sfilò il cappotto e lo invitò a fare lo stesso. Solo una volta che gli ebbe dato le spalle si azzardò a dire qualcosa.
-Così è…così è di questo che hai paura, Malfoy?
Draco lo osservava, mentre l’altro incastrava i cappotti tra gli uncini dell’appendiabiti dell’ingresso, quello stesso ingresso che solo una manciata di ore prima, quasi un giorno ormai, era stato testimone del rimestarsi di tutte le certezze di entrambi. Potter si stringeva nelle spalle, le mani vuote dei cappotti, ancora incapace di guardarlo in viso.
Come spiegargli di cosa avesse realmente paura? Come dirgli di non essere in grado di lasciarsi andare, di essere stato talmente ferito, sanguinante per così a lungo, da non riuscire più a mettere nient’altro che distanze, interminabili distanze, tra sé e gli altri?
-Sai com’è, no? I traslochi sono terrificanti.- tentò di sdrammatizzare Draco, la voce un po’ troppo forzata.
Potter si voltò, un sopracciglio inarcato, guardandolo con disappunto, fece per superarlo e nell’intento scosse la testa dicendo:
-Dobbiamo asciugarci, prima di prenderci un malanno.
Draco lo agguantò per l’avambraccio, costringendolo a bloccarsi, per poi allentare repentinamente la presa, come se quel gesto istintivo fosse dispettosamente sfuggito a qualsiasi sequenza logica.
-Ho solo bisogno di tempo.- disse Draco, estraneo persino a se stesso, -Ne hai bisogno anche tu.
Potter mosse qualche passo incerto, e si ritrovò a guardare la cenere nel camino spento. Raggiunse la bacchetta, nella tasca posteriore dei jeans, e diede un colpetto deciso sferzando l’aria, di modo che le fiamme scoppiettassero accoglienti nel focolare.
Draco lo osservava, come stesse assistendo ad una scena mistica, quasi rituale, immerso nei propri pensieri. Sentiva di star sbagliando nei confronti di Potter, ma allo stesso tempo lottava con la propria impotenza nell’esprimersi e la necessità dettata dal proprio istinto di sopravvivenza nel cautelarsi.
-Ginny mi ha lasciato.- disse Potter, senza mai scostare lo sguardo dal camino, -So che lo sai, lo hai visto oggi, a lezione. Mi ha lasciato. Ed io non so perché non riesca ad importarmi, a farmi male. E questa è solo l’ultima delle cose che non so. Non so per esempio perché, per Godric, io continui a passare del tempo con te. Non so perché…perché non riesco a starti lontano. Perché sento di aver bisogno di qualcosa di più. Non so nemmeno perché ti abbia portato qui, ancora.- d’improvviso Potter si voltò, e Draco non poté far a meno di notare l’infiammarsi nelle guance dell’altro, quello sguardo fermo e determinato, e quella voce travolgerlo, assoluta:
-Io…io non sono così.
Draco fece un passo avanti, affiancando il divano, e reclinando la testa di lato. Sì, decisamente Potter aveva bisogno di almeno un paio di risposte, ed era lui a dovergliele, senza ombra di dubbio.
-Così…come?
-Io non sono…- Potter deglutì a vuoto, a disagio, incapace di trovare le parole che stava cercando disperatamente, - Io ecco…non mi piacciono gli uomini!- concluse, portando Draco a lasciarsi sfuggire un sorrisetto di scherno.
-Non si direbbe proprio, Potter. E non sono l’unico a pensarla così, qui dentro.- ribatté, ammiccando verso il basso ventre di Potter, che se possibile arrossì ancora di più, aggiudicandosi una tonalità in perfetto stile Weasley. Draco compì ancora un passo, verso Potter, come in trance, sentendo di non riuscire a sopportare oltre la distanza fisica che li separava.
-Non c’è niente di sbagliato, Potter. Non stai facendo del male a nessuno. Hai risposto ad uno stimolo, tutto qui.
-Tutto qui? Malfoy, non è tutto qui.
Draco finalmente lo fronteggiò, a pochi centimetri dalle sue labbra e poté a percepire distintamente il bisogno di abbandonarvisi ancora una volta, riuscendo a dominarsi, perché sapeva quanto importante potesse essere per Potter trovare un significato a tutto quello.
-Lo hai detto anche tu, no? Solo un bacio, tutto qui.- disse Draco, con una voce sommessa e vellutata, impedendosi di lasciar sconfinare il proprio sguardo sotto le iridi di Potter, che lo soffocavano con il proprio verde.
-Non è più solo quello Malfoy, cazzo.
Poteva percepire l’avvilimento nella voce di Potter, l’imbarazzo nel dover esprimere quello che pensava. Sembravano essere due facce della stessa medaglia, in quel momento.
-Non mi sono mai…ridotto a quel modo, per un bacio.- scappò dalle corde vocali di Potter, subito dopo, a bruciapelo, come avesse dovuto dirlo prima che la razionalità prendesse il sopravvento.
Avrebbe potuto smettere di pensare, impossessarsi delle sue labbra di nuovo, così vicine alle sue, spingersi oltre, placare l’eccitazione ed il desiderio che Potter nemmeno immaginava di suscitare in lui. Invece fece un passo indietro. E lo guardò, come per la prima volta: lì di fronte a lui, i capelli ancora umidi di pioggia, le labbra screpolate e dischiuse, le guance arrossate, e gli occhi persi, nei suoi.
-Potter…come ho già detto, abbiamo bisogno di tempo. Tu per capire cos’è che vuoi esattamente. Ed io per…abituarmi a questa cosa.
-Abituarti a cosa, Malfoy? Ma sentiti! Capire cosa voglio. Io lo so cosa è che voglio. È solo che…è tremendamente sbagliato ecco cos’è.
Draco lo raggiunse di nuovo, e serrò le mani sulle sue spalle, come temesse potesse sfuggirgli da un momento all’altro. Non poté far a meno di notare che Potter avesse trattenuto il respiro per un attimo, come in segno d’aspettativa.
-Non eri tu a dire che se si vuole qualcosa non può che essere giusta, Potter?! Insomma, vuoi farmi impazzire o che?- disse Draco infiammato, come innervosito da quell’uscita di Potter, quasi al limite della propria pazienza. Fu la volta di Potter nel compiere un verso di lui, fissarlo negli occhi e sussurrare:
-Se solo tu non scappassi ogni dannata volta, Malfoy.
-Sono qui, adesso.
Draco sentiva che quegli istanti, tanto fragili da essere di vetro, erano tremendamente pericolosi: potevano salvarlo o annientarlo definitivamente.
Potter si sporse debolmente, poco convinto, verso le labbra di Draco, tastandole lievemente con le proprie. Non era più che un flebile strofinare di due lembi di pelle fino a poco tempo prima estranei gli uni agli altri. Ma l’estenuante lentezza e inconsistenza del gesto, sembrò a Draco dolorosamente familiare ed intimo. Il morso della paura, che mai lo abbandonava, affondava le zanne più docilmente in quel momento.
-Devi darmi tempo, Potter. Io…io non sono come te. Non posso buttarmi a capofitto nelle cose così, alla cieca. Devo abituarmi, accettare il cambiamento. Te l’ho detto, non è facile per me.- sussurrò sulle labbra di Potter, odiandosi per aver svilito quell’attimo di perfezione che stava per sbocciare. Potter si scostò, delicatamente, guardandolo negli occhi.
-Non lo è neanche per me, Malfoy. E so che lo sai. Non sono mai stato tipo da grandi riflessioni filosofiche, e sai anche questo. Se mi fermo a riflettere, tutto mi sembrerà assurdo e dubiterò anche del mio intuito, del mio sesto senso che mi dice che c’è qualcosa di buono in…questa cosa
Draco compì un passo indietro, irrefrenabile, terrorizzato. L’eventualità delle possibili conclusioni di quel discorso sconclusionato di Potter, lo aveva spinto a rifugiarsi dentro se stesso, ancora una volta.
-Prenditi tutto il tempo di cui hai bisogno.- disse Potter, infine, con un sospiro, -Solo…non scappare, di nuovo.
E Draco, per la prima volta dopo quasi tre anni, seppe di non aver assolutamente intenzione di andar da nessun’altra parte, di non aver bisogno di fuggire via. E lo scoprì negli occhi di Potter.
 
  
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