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Autore: Rowan936    14/11/2014    2 recensioni
Gohan lo guardava sorridendo sulla soglia di casa sua – loro – e a qualcun altro sarebbe parso quello di sempre, ma quegli occhi erano ancora troppo vuoti perché Vegeta potesse anche solo illudersi che fosse così.
[Vegeta/Gohan][Mini-long][Angst]
Genere: Angst, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Gohan, Vegeta
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Angolo autrice
Ehilà! (sì, esatto, non sono in ritardo :O Sono scioccata pure io ahah) Ecco il secondo capitolo. Le intenzioni erano di chiuderla qua, inizialmente, poi però mi è venuta un’idea per il terzo capitolo e l’ho buttato giù. Ho paura di aver fatto una boiata, ma va be’, me lo saprete dire quando pubblicherò l’epilogo. Cooomunque, nel caso trovaste errori o i personaggi fossero OOC (ovviamente Gohan un minimo lo è, ma visto che è senza memoria penso che sia giustificato) non esitate farmelo sapere :) Grazie mille a ka93 e Bulmix_1992 per le recensioni :D:D Buona lettura!
 
 
 
Disclaimer » Dragon Ball © Akira Toriyama.
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…but I remember you.
 
 
 
 
Have you forgotten all I know
And all we had?
 
 
Vegeta e l’ospitalità non erano mai andati particolarmente d’accordo, solitamente era Gohan a occuparsi di accogliere doverosamente coloro che mettevano piede in casa loro, ma in quel caso era il ragazzo stesso a essere ospitato, dunque il principe si era ritrovato in una posizione cui non era decisamente abituato.
La sua gentilezza si era limitata a dargli da mangiare e a offrirgli il proprio – loro – letto, ma quando Gohan aveva insistito per dormire sul divano non aveva trovato la voglia di discutere e lo aveva lasciato fare.
Non riuscì quasi a chiudere occhio, quella notte, disturbato dalla consapevolezza che il ragazzo fosse al piano di sotto. Non faceva altro che concentrarsi sulla sua aura, sentendola così vicina da permettergli d’illudersi che fosse tutto a posto.
Si trattava però di puro masochismo, poiché nell’esatto istante in cui tornava alla realtà la dolorosa consapevolezza che Gohan fosse molto più lontano di quanto potesse apparire lo colpiva con maggiore forza.
Quando, il mattino seguente, si svegliò dopo quelle che erano state nemmeno due ore di sonno complessive, Vegeta si sentiva più stanco di prima, come se anziché giacere sul letto si fosse allenato a gravità elevata per tutta la notte.
Scese le scale e giunse nel salotto, che era un tutt’uno con l’entrata.
Lo sguardo cadde sul divano e, poiché era decisamente presto, si aspettò di trovare Gohan addormentato sul divano. Invece, esso era vuoto.
Il primo pensiero di Vegeta fu che il ragazzo se ne fosse andato prima del suo risveglio. Poi, però, constatò che effettivamente il mezzosangue, a giudicare dall’aura, si trovasse in cucina, con tutta probabilità a preparare la colazione.
Venne colto da un involontario sollievo, mentre lo raggiungeva.
« Oh, buongiorno. » lo salutò Gohan, cordiale. « Stavo preparando la colazione, spero non ti dispiaccia, ma avevo fame. Vuoi del caffè anche tu? »
Vegeta emise un mezzo grugnito affermativo, poi gli fece notare: « È presto. »
Solitamente, il ragazzo era molto puntuale nello svegliarsi, ma solo quando aveva qualche impegno. Durante i giorni festivi, fosse stato per lui avrebbe dormito fino alle due del pomeriggio, anche se non vi riusciva mai perché Vegeta andava a reclamare il pranzo prima. Oppure, quando si rendeva conto che la volontà di dormire fosse dettata dalla troppa stanchezza, o da una qualche malattia terrestre a volte, il principe tra sbuffi e imprecazioni gli portava da mangiare a letto.
« Oh, non ho molta voglia di dormire. » gli spiegò Gohan, accennando un sorriso amaro. « Ho riposato a sufficienza in quell’ospedale, credo. »
Vegeta si sforzò di ricacciare immediatamente indietro il ricordo delle poche ma infinite settimane trascorse al suo capezzale. Concentrandosi poco meno di un istante, riusciva ancora a sentire l’insopportabile odore di disinfettante che sembrava impregnare le pareti di quel posto e a udire lo snervante suono ritmico del macchinario che monitorava la frequenza cardiaca. 
Non rispose, accettando poi il caffè che Gohan gli stava servendo. Si beò della sicurezza che quel gesto appartenente alla loro vecchia routine gli trasmetteva, solo per vedere la propria tranquillità andare in pezzi quando il ragazzo fece per aggiungere lo zucchero.
« Niente zucchero per me. » lo fermò, in tono che trasudava gelo.
Non avrebbe dovuto avere bisogno di dirglielo.
« Oh, scusami. » disse Gohan, ritirando la mano. « Non lo sapevo. »
Vegeta bevve il proprio caffè senza replicare, per paura di farsi fuggire qualcosa che avrebbe voluto e dovuto tenere per sé.
Chi sei?
 
 
*    *    *
 
 
« Ti ringrazio per l’ospitalità. »
La cordialità nella voce di Gohan era gelida, la sola educazione guidava il suo sorriso e i suoi gesti, e Vegeta non aveva potuto fare a meno di notarlo, impegnato com’era a osservare qualsiasi cosa non fossero gli occhi del ragazzo.
« È anche casa tua. » replicò il principe, con una punta d’involontario astio.
« Già… » sospirò Gohan, a disagio. « Forse… Posso prendere la mia roba, se ti dà fastidio. »
“No” avrebbe voluto rispondere Vegeta “Neanche per idea, tu non prendi proprio niente, anzi, torni qui all’istante.”
Ovviamente non lo fece.
Non era forse il suo intento iniziale? Una separazione netta per il bene di entrambi? Una resa di fronte a quella che forse era una prova troppo difficile?
« Come ti pare. » si obbligò a sibilare.
Neppure lui sapeva cosa volesse. Avere a che fare con quel ragazzo che era e al tempo stesso non era Gohan era stata un’autentica, anche se breve, agonia, un continuo soffrire le differenze che parevano lampanti ai suoi occhi. Eppure, certamente peggiore era stata la solitudine cui si era costretto nell’ultimo periodo. Certamente più pesante era stata la sua assenza, rispetto a quella presenza piena di difetti.
« Io… Allora passerò a prendere tutto… » rispose il ragazzo e forse la punta di delusione che per un istante intravvide sul suo viso fu solo uno scherzo della sua mente.
« Bene. »
« Ci vediamo, quindi… »
« Ci vediamo. »
Una porta che si chiudeva, una schiena che si allontanava.
Vegeta scagliò un pugno al muro, creando un vistoso foro.
Chi sei?
 
*    *    *
 
 
« Vegeta, apri immediatamente questa porta! »
Ringhiò di frustrazione, decidendosi finalmente a ridurre la gravità fino al livello consono al pianeta Terra, mentre i colpi alla porta continuavano. Com’era possibile che Bulma non si fosse ancora spaccata la mano?
« Che vuoi? » domandò, aprendo.
Notò che le mani della donna fossero rivestite con degli oggetti simili a guanti di metallo e che se li stesse sfilando con aria soddisfatta.
« Era ora. » esclamò, in tono di rimprovero. « Sono le due passate del pomeriggio e qualcosa mi dice che non hai toccato cibo, sbaglio? »
« Fatti gli affari tuoi. » sbuffò Vegeta, in un’implicita quanto involontaria ammissione di colpevolezza.
Bulma portò la mano sinistra sul fianco, alzando invece la destra per puntargli contro l’indice con fare autoritario.
« Bene, adesso tu vieni dentro e mangi il pranzo che ti ho preparato con le mie manine sante. Forza. »
Vegeta si era ormai da tempo arreso di fronte all’evidenza: quando quella gallina isterica voleva una cosa, avrebbe continuato a stressarlo fino a ottenerla. Dunque, si decise a seguirla sin da subito, senza ovviamente risparmiarsi sbuffi e imprecazioni, consolandosi al pensiero che per lo meno non avrebbe dovuto muovere un dito per cucinare.
Bulma gli concesse esattamente tre minuti e mezzo per mangiare in santa pace, prima di pronunciare la prima domanda.
« Allora… » cominciò e il principe ebbe subito voglia di alzarsi e tornare ad allenarsi, presagendo l’interrogatorio che lo aspettava. « È venuto Gohan, no? »
« Mmh. » fu la neutra replica. Vegeta non voleva darle corda.
« E ha dormito qui. »
« Mpf. »
« Avete discusso della situazione? »
« Mmh. »
Bulma sbuffò sonoramente.
« Sarebbe carino se mi concedessi risposte più lunghe di un monosillabo sotto forma di grugnito, sai? »
« Sarebbe carino se ti tappassi la bocca, sai? » replicò Vegeta, con stizza.
La donna sospirò, passandosi una mano sul volto.
« Dai, sono seria. » lo incoraggiò « Sfogarti non può che farti bene, sarà la milionesima volta che te lo dico. »
« Passerà a prendere la sua roba, fine. »
La risposta di Vegeta fu un ringhio sputato con rabbia, velocemente, mentre si alzava da tavola con tutte le intenzioni di uscire da quella stanza. Non aveva nessuna voglia di parlarne, neppure con lei.
« Come sarebbe? » gli domandò tuttavia Bulma, seguendolo. « Pensavo sarebbe tornato a vivere qui! »
« Perché dovrebbe voler vivere con un estraneo? » domandò Vegeta, forse più a se stesso che a lei, senza guardarla in volto e senza fermarsi.
Chi sei?
« Tu non sei un estraneo… E fermati un attimo, per l’amor del cielo! » sbottò la donna, afferrandogli un braccio. Vegeta si fermò, ma scacciò subito la sua mano, come scottato.
« Che cosa vuoi? » le ringhiò contro, scrutandola con sguardo fiammeggiante d’ira – dolore.
Bulma lo sostenne, fiera com’era sempre stata di fronte a lui.
« Tu gli hai chiesto di restare? » gli domandò, con spietata chiarezza.
Vegeta non rispose.
No.
« No, scommetto che non lo hai fatto. Avresti dovuto. Devi. Metti da parte l’orgoglio, Vegeta. So che è difficile, ma devi farlo. A meno che tu non preferisca perderlo. »
« L’ho già perso. » replicò freddamente il Saiyan, senza particolare inflessione nella voce, dirigendosi poi nuovamente verso la Gravity Room.
Chi sei?
 
 
*    *    *
 
 
Era arrivato, il giorno seguente.
Era venuto a prendere la sua roba come d’accordo.
Vegeta lo aveva accolto con freddezza, rispondendo al suo allegro “Buongiorno” con un “Ciao” biascicato tra le parole che si era costretto a ingoiare – suppliche per tentare di farlo rimanere, scuse per la sua codardia, “Ti amo” che troppo poco spesso aveva pronunciato.
Il principe non ebbe bisogno di guidarlo fino a camera sua – loro – e si limitò a seguirlo, lo sguardo fisso sulla valigia vuota che egli teneva in mano.
Gohan prese a svuotare i cassetti con lentezza, piegando i capi d’abbigliamento con precisione quasi maniacale e tutto a Vegeta parve un crudele espediente per allungare la sua agonia.
Vattene, sparisci da qui. Se devi andartene, fallo subito.
« Questo è mio? » domandò Gohan, sollevando un maglione posato su una sedia.
Il Saiyan annuì.
« Muoviti. » non riuscì a trattenersi dal dire.
Il ragazzo parve spaesato per qualche istante, poi arrossì leggermente e annuì.
« Sìsì, hai ragione, scusami… » disse, cominciando a piegare gli abiti più velocemente. « Ti sto portando via davvero troppo tempo. »
No, voleva solo che quelle fitte allo stomaco cessassero. Ma non glielo avrebbe detto, nemmeno se fosse stato il suo Gohan quello che aveva davanti.
Gli sembrò che prima che il ragazzo cominciasse a chiudere la cerniera fosse passata un’eternità, eppure quando lo vide sollevare la valigia ormai piena si rese conto di non essere pronto. Forse, non lo sarebbe mai stato.
Lo seguì giù per le scale a passi misurati, mascherando abilmente il lieve tremore delle gambe e delle mani.
« Ti ringrazio ancora per quello che mi hai raccontato. » disse Gohan, sulla soglia. Gentilezza, fredda cortesia. Vegeta avrebbe voluto prenderlo a pugni fino a cancellare quel sorriso di porcellana e a fare in modo che le palpebre nascondessero quegli occhi vuoti.
Chi sei?
« E scusa il disturbo. » concluse il ragazzo.
« Niente. » borbottò Vegeta.
Non andare via.
« Quindi… Ciao… »
Chi sei?
« Ciao. »
Non andare.
Vegeta lo osservò voltargli le spalle, flettere le ginocchia per spiccare il volo.
Voleva seguirlo, stringerlo, chiedergli di rimanere accanto a lui, ma al tempo stesso si rendeva conto di non volere quel Gohan, ma il ragazzo che lo amava e il cui sguardo brillava quando si posava su di lui.
Sono la stessa persona, idiota.
Il corpo fu più veloce del cervello, lo spinse a spiccare il volo solo un istante dopo Gohan, lo spinse a raggiungerlo e ad afferrarlo per un braccio, a incontrare i suoi occhi confusi senza avere la più pallida idea di cosa dire.
« Non mi davano fastidio. » fu tutto quello che riuscì a pronunciare, il petto in procinto di esplodere e la mano che, se ne rendeva conto, stava stringendo il braccio del ragazzo con più forza del necessario.
« Cosa? » domandò Gohan, senza comprendere. In effetti la frase era poco chiara.
« I vestiti. » chiarì Vegeta.
« Oh. » replicò il ragazzo, senza, a quanto sembrava, comprendere dove volesse andare a parare.
Ci volle qualche istante di agguerrita lotta interiore prima che il Saiyan riuscisse a mormorare, esitante: « Nemmeno tu… Mi daresti fastidio. »
Lo sguardo di Gohan s’illuminò di comprensione, mentre la bocca si socchiudeva e un mezzo gemito di sorpresa abbandonava le labbra.
« Ah… » mormorò « Io… Vegeta… »
Esitava, cercava le giuste parole, non era un buon segno. Il Saiyan si odiò per aver ceduto a quella debolezza, per essersi messo in ridicolo senza poi riuscire ad ottenere nulla. Se avesse riavuto Gohan, o ciò che di lui restava, con sé, ne sarebbe almeno valsa la pena.
« Io… Grazie… Ma… Sono confuso, in questo momento. » cercò di spiegargli il ragazzo. Vegeta sciolse la presa sul suo braccio senza neppure accorgersene. « Ho bisogno… Di capire che cosa voglio… »
Il principe fece tutto quanto in suo potere per mantenere salda una maschera d’impassibilità. Si era già umiliato troppo, non avrebbe ceduto altro terreno a quel ragazzo che indossava il volto di Gohan.
Chi sei?
« Mi dispiace… Io… Sento qualcosa per te… Ma non riesco a capire se sia mio veramente o… O solo una conseguenza di quanto mi è stato raccontato. »
La spiegazione non stava migliorando la situazione, entrambi se ne resero conto. Eppure il ragazzo continuò: « Io… Forse… Magari tornerò… Quando avrò capito quello che voglio… »
« Hai finito? »
Il tono di Vegeta era freddo e indifferente, più consono a qualcuno che sente l’altro pregarlo di tornare insieme piuttosto che a una persona che è appena stata rifiutata.
Gohan parve sorpreso, ma si ricompose quasi subito. Annuì.
« S-sì… Sì, ho finito. »
« Bene. Vai. »
« D’accordo… Vegeta, mi dispia– »
Il tentativo di rinnovare le proprie scuse, quanto sincere e quanto invece dettate da educazione o senso di dovere Vegeta non lo sapeva, fu immediatamente troncato: « Vattene. »
Gohan annuì ancora una volta.
Salutò, ma non ottenne risposta, poiché quel “Ciao” non giunse alle orecchie del principe, troppo concentrato a fissare gli occhi del ragazzo, vuoti quanto la casa alle loro spalle. Forse, non si sarebbe mai abituato a vederli così, se anche Gohan fosse rimasto. Forse, invece, sarebbero riusciti a riempirli di nuovo, insieme.
Quel volto che a tratti pareva quello di un estraneo, a tratti quello del vero Gohan, rimase impresso nella mente di Vegeta, mentre lo vedeva allontanarsi senza voltarsi indietro.
Chi sei?


  
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