Storie originali > Soprannaturale
Segui la storia  |       
Autore: Ameliasvk    15/11/2014    8 recensioni
"In principio ci furono le fiamme."
Londra, 1882. Amelie von Kleemt è una giovane di buona famiglia, ed ha tutto ciò che una ragazza della sua età possa desiderare: un nome altisonante, una casa lussuosa, innumerevoli vestiti, gioielli e... un fidanzato che non ha nemmeno mai visto in volto. Accade però che durante la festa di fidanzamento, la ragazza viene a conoscenza della più orrenda delle verità. Chi sono le creature che popolano i suoi incubi? Cosa vogliono da lei... ma soprattutto, sono reali? Ma è proprio quando tutte le sue speranze crollarono in mille pezzi, che Amelie viene salvata da un misterioso ragazzo, il quale, subito dopo…
Genere: Dark, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 3

Inizia Il Gioco

_ Miguel_
        
        Il dolce profumo del sangue si sparse nell'aria, mescolandosi malamente col rancido fetore emanato dal terreno.
Trattenni il respiro, dopodiché chiusi gli occhi. La mia mente iniziò a lavorare rapidamente, analizzando a fondo qualsiasi cosa i miei sensi fossero stati in grado di percepire oltre l'orizzonte in fiamme. Migliaia d'informazioni s'affollarono nella mia testa simultaneamente, come l'acqua dei fiumi che sbocca nel mare.
         D'un tratto, trovai ciò che cercavo.
Era la voce di una donna che gridava a squarciagola, disperatamente, quasi volesse lacerare l'aria che le stava intorno.
Poi le urla si fecero più forti, più penetranti, rimbombando tra il fumo e le fiamme, fin dentro le mie ossa.
Rabbrividii e senza rendermene conto, cominciai ad inseguire quel suono disperato.
Chi era?
Cosa le era accaduto?
Quella voce mi stava chiamando: invocava me, il mio aiuto... ed ormai non c'era più tempo.
La sentii salire di tono e arrochirsi di botto, fino a svanire.
Ci furono altri due strilli, intensi, straziati, poi il silenzio s'impadronì dell'aria.
         Le lingue di fuoco si attenuarono e mi ritrovai sotto gli occhi l'agghiacciante scena del massacro. Pensai immediatamente d'intervenire e di ucciderli tutti, uno ad uno ma dovetti desistere.
Inghiottii il groppo che avevo in gola, sottomettendo me stesso alla lucida e fredda razionalità del mio cervello.
Dovevo aspettare e non essere avventato.
Finii così per mascherare magistralmente la mia presenza dietro alle fiamme, mimetizzandomi con tutto il resto. Intanto, quei mostri infernali se ne stavano lì, in gruppo, ammassati l’un l’altro come un branco di cani rognosi, in lotta per aggiudicarsi il miglior pezzo di carne. La ragazza, di cui vedevo a malapena i capelli giaceva a terra, immobile, sotto il peso di quei corpi putrefatti in movimento.
          “Eccola” mi dissi, “L'ho trovata”. 
         Era lei la Chiave, il pezzo mancante del puzzle.
Ma lo dimenticai all’istante.
Senza rendermene conto, mi lasciai eccitare dall’odore dolciastro di quel sangue e come diretta conseguenza, abbassai le difese, rendendomi visibile agli occhi di quelle creature.
Una volta fiutata la mia presenza, i Ghuldrash si dileguarono nel nulla, senza nemmeno attaccare.
Rimasi un po’ perplesso dalla loro strana reazione ma non me ne curai più di tanto, anzi, ringraziai il cielo per non esser stato costretto a sporcarmi le mani con creature di così basso livello.
Dopodiché guardai a terra e sorrisi amaramente.
Ero arrivato troppo tardi?
         Mi avvicinai lentamente alla pozza di sangue, quel tanto per verificare quanto fosse ridotto male il cadavere, ma con stupore, trovai la ragazza ancora intatta, viva e vegeta come se nulla le fosse accaduto. Non era ferita, ma aveva giusto qualche graffietto che si rimarginava a vista d’occhio sulla pelle nuda, ricoperta da strani marchi ricurvi, disegnati col sangue.
         Cominciai a fissarla con cupidigia, incapace di distogliere lo sguardo. I miei sensi erano in subbuglio, i nervi a fior di pelle e il flusso cardiaco accelerato. Non avevo mai visto nulla di più bello e allettante in tutta la mia vita.
Ed era mia.
Lo sapevo, l’avevo sempre saputo e... anche lei lo sapeva.
Cominciai a desiderarla ardentemente e non come un cacciatore faceva con la propria preda, no, ma in modo più basso, più terreno… come potrei dire?
Umano.
         Sentivo di poter precipitare nell’abisso scuro dei suoi occhi e non tornare più a galla.
Per un attimo che sembrò eterno, soffermai lo sguardo sulle sue morbide curve, accentuate da quegli strani disegni.
Aveva un corpo bellissimo, ben proporzionato e formoso.
Qualsiasi uomo sarebbe impazzito per una donna del genere, ma io non ero affatto umano e non era normale, per uno della mia stirpe, provare quel tipo di attrazione. Lasciai stare i motivi stilizzati che le percorrevano il petto prosperoso, per posare gli occhi sulla bocca appena dischiusa, soffice e piena, rossa come un rubino. Dei lunghi capelli castani dai riflessi ramati le scendevano sul corpo e dietro la schiena in morbide onde, fino al sedere. Non riuscivo a distogliere lo sguardo, i miei occhi non facevano altro che divorarla pezzo per pezzo, saggiando ogni centimetro del suo corpo.
         Accadde però che il desiderio puramente umano di prima, si tramutò in perversa brama di sangue.
 Gli occhi iniziarono a bruciare e nel giro di pochi secondi si accesero di sangue, diventando scarlatti. Le zanne stimolate dalla fame, si allungarono, pungendomi il labbro inferiore. Ormai era troppo tardi: nessuno poteva fermarmi, tantomeno me stesso.
         Le tesi la mano, gentilmente, e dalla mia bocca scivolò languidamente un nome sconosciuto, nostalgico... estremamente famigliare.
         “ Amelia... ” dissi, e lei, rapita, si alzò in piedi, avvicinandosi senza distogliere lo sguardo.
         “Prendi la mia mano” sussurrai, attirandola verso di me.
Bastò un attimo per farla cadere nella mia trappola, come una splendida farfalla impigliata nella tela del ragno.
         Afferrò la mia mano, le nostre pelli si toccarono, ed io, incapace di resistere, l’attaccai, precipitando in una voragine profonda, densa, rossa come il sangue.

---
 
         Così finiva il mio sogno e nello stesso identico modo, era terminata la notte precedente.
Un sogno premonitore?
Forse.
Non credevo nel fato, nella predestinazione ed altre sciocchezze simili, ma trovare quella ragazza sola, di notte, in un posto così isolato... era stato decisamente un brutto scherzo del destino.
         Certo, avevo sbagliato e non avrei dovuto aggredirla, ma in quel momento, non ne avevo potuto fare a meno.
Era facile crogiolarsi nel rimorso col senno di poi, eppure, proprio come nel sogno, ero stato travolto dal corso degli eventi e ancora non riuscivo a capacitarmene. Non avevo mai provato nulla di simile; un desiderio così grande, soffocante, capace di levarmi il fiato e farmi contorcere lo stomaco dal dolore.
Avevo pensato ingenuamente di averla salvata dalla minaccia dei Ghuldrash, sottovalutando la mia di pericolosità. Ma soprattutto, non potevo credere di essere stato così vorace, ingordo e avido come quella notte.
Dov’era finito il mio freddo distacco?
La mia moderazione e il gelido autocontrollo di cui andavo tanto fiero?
Non ne avevo la minima idea.
Anche perché durante il ballo, mi ero nutrito abbondantemente. Prima da una graziosa fanciulla per niente dispiaciuta delle mie attenzioni, e dopo da un’altra dama desiderosa di donarmi un po’ del suo sangue.
La caccia, tutto sommato si era rivelata abbastanza proficua e non avevo bisogno di nutrirmi ulteriormente.
Ma quella ragazza mi aveva assuefatto il cervello.
Avevo bevuto da lei con una tale bramosia da far paura persino a me stesso, e quando mi ero accorto del gigantesco errore che avevo commesso; scoprire che quella, non era altro che la figlia della contessa von Kleemt, era stata una sorpresa di cui avrei fatto volentieri a meno.
         “Beh, pazienza” pensai annoiato.
         Infondo non me ne importava poi così tanto, anzi. Ero stato anche piuttosto sagace nel contenermi. In fin dei conti, Amelie von Kleemt non era altro che cibo, per me.
Delizioso, vero, ma pur sempre cibo.
         D’un tratto però, il filo logico dei miei pensieri venne interrotto dalle urla di quella donna tediosa, che come una furia, irruppe nella stanza scardinando quasi la porta.
         << Tu... lurido mostro schifoso! >> dopo avermi letteralmente sputato contro quelle parole, cercò di ricomporsi e prese posto dietro la scrivania del marito.
         << Suvvia, contessa… non scaldatevi troppo, ho un tremendo mal di testa. >> dissi portando una mano alla tempia.
         Colse immediatamente l'ironia nella frase, tanto che il viso le divenne paonazzo dalla rabbia.
         << E dimmi, hai la minima idea di cos’hai combinato?! >>
         << Ho commesso un errore, tutto qui. Non avrei mai dovuto attaccare vostra figlia, questo è vero. Ma cosa volete? Che m’inginocchi di fronte a voi implorando miseramente pietà?>>
         << Non osare prenderti gioco di me, Miguel! >> disse digrignando i denti.
         Fece un lungo respiro e poi col capo indicò la poltrona vuota di fronte alla scrivania.
Rifiutai gentilmente di sedermi e restai in piedi vicino alla finestra.
         << Quello che hai fatto ieri notte… Miguel, è imperdonabile. Amelie ha una grave malattia del sangue. Non si tratta di semplice anemia, è qualcosa che nemmeno i migliori medici hanno saputo catalogare. La mancanza di sangue la porta a continui svenimenti ed attacchi di febbre. Quando era bambina, le crisi erano meno frequenti, ma ultimamente gli intervalli di tempo sono via via diminuiti. Si teme che non riesca a superare la soglia dei vent’anni! >> fece una lunga pausa, poi riprese con voce sconsolata.
         << È per questo che avevo deciso di farla maritare il prima possibile! E tu, cosa fai? Non solo distruggi la sua festa di fidanzamento uccidendo quegli “esseri” lì fuori, ma l’aggredisci senza pietà, come la peggiore delle bestie! >>
Tuttavia, le parole della contessa von Kleemt vennero interrotte da un pianto isterico.
         << Non ne avevo idea. >> dissi gelidamente.
La donna si voltò verso di me, gli occhi lucidi, accusatori… pieni di odio.
         << Beh, adesso ne sei a conoscenza. >>
         << Che intenzioni avete? >> chiesi sfoggiando un sorriso sghembo, solo per assaporare il gusto di averla messa in difficoltà, dato che conoscevo già la risposta.
<< Oh, se solo potessi… ti ucciderei con le mie stesse mani! Sia te, che tutta la tua razza immonda… ma ho bisogno di te, Miguel. Ho bisogno della tua forza, della tua prontezza di riflessi e soprattutto della tua protezione, anche se… >>
         << “Anche se” cosa? >> la incalzai.
         << Beh, dopo quello che è accaduto ieri notte, dubito che potrai servire ai miei propositi. >>
         << Nella lettera che mi avevate inviato… non specificavate di quali “propositi” si trattasse, contessa. >>
         << Oh, suvvia. Sai benissimo di cosa parlo. Ho un… diciamo che ho un conto in sospeso con quella persona – se così possiamo definirla – ed io temo che possa vendicarsi sulle mie due bambine, soprattutto Amelie. È lei quella che va protetta maggiormente. Mia figlia Eva gode di ottima salute… ma Amelie, è molto più vulnerabile. So bene quanto il suo aspetto esteriore dimostri il contrario, ma è poco più che una bambina! >>
         << Una bambina, eh… >> sussurrai impercettibilmente, tanto che la contessa Lamia non dovette avvertire che un sospiro.
         Eppure, ripensando alla ragazza che avevo attaccato la notte appena trascorsa, mi venne da ridere. Poteva esser considerata tutto, fuorché una bambina.
         << Quindi... mi state dicendo che il mio compito, consisterebbe nel proteggere la vita della vostra adorata “bambina”. Fino a questo punto, tutto chiaro, ma... non avevate accennato alla presenza di un futuro marito, o sbaglio? Potrebbe benissimo proteggerla lui, anzi... ritengo che la mia presenza sia alquanto superflua in questo caso… >>
         << No, Miguel… non sbagli, ma Adam non è minimamente in grado di difenderla. Quei mostri hanno fiutato il suo odore e ho il sospetto che possano attaccarla di nuovo. Sai meglio di me che per distruggere quelle creature delle semplici armi non sono sufficienti. Ci vuole ben altro....quindi, desideravo affidare questo incarico a te, o almeno quelli erano i miei propositi fino a ieri sera. Ora come ora, non credo proprio che tu possa proteggere mia figlia. Non quando a malapena sei riuscito a controllarti prima di ucciderla. >> l’affermazione della contessa mi irritò parecchio, colpendomi nel vivo.
         Da quando in qua permettevo a una stupida ragazzina di mettermi così in ridicolo?
Quella dannata aveva il nefasto potere di annullare la mia volontà e rendermi succube del suo sangue.
Avevo lasciato Vienna con la scusa di quell’incarico, tanto valeva restare e portarlo a termine, no?
         Di certo avrebbe giovato ai miei piani e se davvero “quella persona” aveva dei conti in sospeso con la contessa Lamia, non potevo far altro che accettare la sua proposta.
Era un'opportunità da cogliere al volo.
Sin dall’arrivo della sua lettera avevo acconsentito, ma dopo “l’incidente della fontana”, se così vogliamo definirlo, la mia convinzione aveva un tantino vacillato.
         Odiavo perdere, soprattutto quando c’era di mezzo il mio orgoglio.
         << Accetto l’incarico, contessa. >> dissi occupando la poltrona di fronte a lei.                
         Allargai le gambe, appoggiandomi languidamente allo schienale.
         << Proteggerò voi e le vostre figlie. >> aggiunsi.
         Poi un sorriso tetro nacque sul mio volto.
         << Chissà, dopotutto potrebbe rivelarsi un gioco piuttosto interessante… >>

 

***
   
 
Leggi le 8 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale / Vai alla pagina dell'autore: Ameliasvk