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Autore: saitou catcher    15/11/2014    5 recensioni
Con la vittoria alla Cava, i Ribelli hanni inferto un primo, vero colpo decisivo al sistema degli Aldermen. Ma basterà questo a fermare Hostel? Per Deine e i suoi amici si rivela sempre più dura la battaglia contro chi detiene il potere assoluto...
Seguito della storia "La Saga del Cristallo-L'inizio della rivolta"
Genere: Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La Saga del Cristallo'
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Deine e Daywine correvano, i nemici distanti pochi metri da loro che guadagnavano regolarmente terreno. I due ragazzi si fiondarono su una scala che conduceva al piano superiore, e il silenzio del corridoio si riempì del rumore degli spari, mentre i proiettili tagliavano l'aria intorno a loro.

Deine abbassò di scatto la testa, sentendo una pallottola sfiorarle i capelli, si fermò di scatto a metà della scala e si voltò, tranciando con gli artigli la gola di un sorvegliante che appena giunto sotto di lei. L'uomo barcollò, e la ragazza gli sferrò un calcio in pieno petto, mandandolo a rotolare addosso ai suoi compagni.

Si affrettò a seguire Daywine, che nel frattempo si era infilato in un altro corridoio, che terminava, parecchi metri più avanti, con una massiccia porta chiusa da una catena.

-Vicolo cieco- sussurrò Daywine.

-Fantastico- replicò Deine, gettandosi un rapido sguardo alle spalle. -Quelli ci sono addosso.

Aveva appena finito di parlare che i nemici fecero il loro ingresso, riempendo lo stretto spazio del corridoio. -Ma sono più numerosi, adesso.

-Quando cazzo sono arrivati i rinforzi?- ringhiò Daywine, voltandosi a fronteggiarli.

-Vuoi chiederglielo?

I nemici gli puntarono contro i loro fucili, ma una voce li bloccò improvvisamente:- Fermi! Così rischieremmo di colpire qualcuno di noi!

-Ma non mi dire- sibilò Daywine, arretrando con la pistola puntata. -Anche le sentinelle hanno un cervello, adesso?

-Usate i fucili al Cristallo- replicò la stessa voce neutra.

Un soldato nella prima fila, alzò il fucile, e Daywine sparò, centrandolo fra gli occhi. I due ragazzi scattarono, e un raggio di energia azzurrina passò stridendo in mezzo a loro, creando un buco fumante nel pavimento.

Deine saltò e con le gambe unite allungò a mezz'aria un calcio in pieno petto a uno dei soldati; sfruttandolo come appoggio fece una giravolta in aria, atterrò sulle mani, e con un balzo felino fu di nuovo in piedi, tagliando la gola ad un altro uomo.

Uno di loro le fu addosso, e la sbatté con violenza contro il muro, schiacciandola con il suo peso. Un coltello lampeggiò tra di loro, a pochi centimetri dalla sua gola, e Deine si dibatté selvaggiamente, fino a riuscire ad alzare una mano e ad affondare le unghie nel polso del suo aggressore. Un ringhio sfuggì dalle labbra dell'uomo, mentre i suoi sforzi per tagliarle la gola aumentavano.

Rapida, Deine gli allontanò bruscamente il braccio, e gli sferrò una testata dritto sul naso. Il soldato allentò la presa con un ululato di dolore, e la ragazza fu rapida a sferrargli una ginocchiata tra le gambe, piegandolo quasi ad angolo retto. Gli artigli di Deine gli si conficcarono in gola, e quello crollò a terra, il sangue che gli eruttava dalla bocca con un gorgoglio.

Deine scattò al fianco di Daywine, ed insieme arretrarono verso la porta, mentre i soldati si facevano più vicini. In quattro gli si lanciarono contro: con un gesto quasi invisibile per la sua velocità, Daywine ne colpì uno alla fronte con un proiettile, mentre con l'altra mano estraeva un coltello dalla cintura. Al suo fianco, Deine fronteggiava gli altri due assalitori, saltando da un lato all'altro con aglità ed eleganza, mentre con gli artigli parava i colpi dei loro pugnali.

Qualcosa si mosse al limite del suo campo visivo, e Daywine si voltò, appena in tempo per vedere uno dei soldati spianargli contro il fucile.

-Deine, giù!- urlò, mentre si gettava a terra; non fece in tempo ad assicurarsi che lei avesse seguito il suo consiglio, perché un raggio di luce azzurrino solcò l'aria stridendo a pochi centimetri dalla sua testa, andando invece a colpire la catena che chiudeva la porta alle loro spalle.

Nell'aria risuonò uno scoppio e frammenti di legno e metallo volarono da tutte le parti. Ma adesso la porta era aperta. Daywine si alzò e si scagliò contro uno dei soldati. Lo gettò a terra, lo colpì alla testa con un pugno, e gli strappò una granata accecante dalla cintura.

-Deine?- chiamò, alzandosi in piedi. Lei gli fu subito accanto, il respiro affannoso e gli artigli sporchi di sangue.

-Preparati a correre- sussurrò lui.

Si voltò, e prima che chiunque potesse accennare un movimento, strappò la spoletta della granata e la mandò a rotolare sul pavimento; quindi, afferrata Deine per un braccio, si lanciò con lei verso la porta aperta.

Un bagliore accecante esplose al centro del corridoio, seguito da grida sorpresa e da imprecazione varie, ma i due ragazzi si erano già rifugiati all'interno della stanza, chiudendosi la porta alle spalle.

-Chiudamola, presto!- sibilò Daywine, trascinando davanti a sé qualcosa che sembrava uno scatolone.

Gli occhi di Deine, nella penombra che la circondava, piano piano distinsero le linee di vari scatoloni ammassati l'uno sull'altro a colmare il perimetro di una stanza molto grande. Appese alle pareti c'erano varie armi, che però la ragazza non riusciva a distinguere.

Immediatamente, si mise ad ammassare scatole davanti alla porta in modo da bloccarla, mentre, nel corridoio, udiva le imprecazione soffocate dei soldati.

-Dovremmo essere a posto- Daywine abbassò la sbarra che chiudeva la porta dall'interno.

-Tu credi?- ribatté Deine, acida. - Secondo quale logica chiudersi dentro una stanza dovrebbe essere il modo migliore per difendersi da un gruppo di nemici che ti assediano in uno spazio ristretto?

Incredibilmente, Daywine sorrise. -Tu dimentichi che siamo in un arsenale- replicò. -Sicuramente riusciranno a tirarci fuori di qui, ma prima di sicuro li faremo ballare, quei bastardi- si voltò a prendere una delle pistole appese alla parete. -Allora, sei con me?

Deine lo fissò per un istante quindi sospirò. -Spero proprio che questa non si riveli la tua ennesima trovata idiota- ribatté, mentre gli si metteva a fianco.

 

Nel momento stesso in cui finalmente raggiunsero il laboratorio, Vale e Ariadne capirono che qualcosa non andava.

-Non vedo guardie- mormorò Vale. -Non ha senso.

-Secondo te cosa significa?- gli domandò Ariadne.

-Che se prima sospettavo che fosse una trappola, adesso ne ho la matematica certezza.

Come avevano fatto Deine e Daywine prima di loro, si avvicinarono senza fare al rumore al complesso. Non ebbero difficoltà ad inviduare la finestra da cui erano entrati i due ragazzi poco prima.

S'introdussero all'interno del Laboratorio. Tutto intorno a loro, era buio e silenzioso.

O almeno così, gli parve in un primo momento.

-Aspetta- Ariadne strinse il braccio di Vale. -Sta succedendo qualcosa, di sopra.

Vale si concentrò, e improvvisamente il silenzio che poco prima li aveva circondati si riempì del suono di voci irate, di passi pesanti, dei tonfi e dei colpi caratteristici di una battaglia.

-Sono lì sopra- rilevò Vale. Si voltò verso la sua compagna. -Ariadne, il tuo Potenziale ti permette di percepire la presenza del Cristallo, vero?

La ragazza annuì.

-I soldati hanno i fucili caricati con il Cristallo?

Ariadne si concentrò, gli occhi chiusi e la fronte aggrottata. -Sì- rispose.

Vale annuì seccamente, quindi afferrò la ragazza per un braccio, spingendola alle sue spalle, ed estrasse la spada. La lama di termoiridio lanciò lampi azzurri nel buio del corridoio.

Apparentemente senza fretta, Vale iniziò a salire le scale che portavano al piano superiore. Ariadne gli tenne dietro, il fiato sospeso e il cuore che le batteva all'impazzata nelle orecchie.

Davanti alla porta del magazzino, i sorveglianti del Laboratorio si erano schierati, i fucili puntati contro la massiccia lastra di legno.

-Pronti a far fuoco- ordinò il comandante.

-Ariadne?- sussurrò Vale, quasi senza parlare.

-Sì?

L'uomo si tolse da di fronte a lei. -Fuoco.

E Ariadne obbedì.

La luce avvampò, bianca e sfolgorante, e li investì in pieno, spazzandoli via come le foglie in autunno. I fucili reagirono, esplodendo fra le mani dei soldati, e l'aria stessa vibrò per la potenza del colpo, mentre larghe crepe si aprivano nelle pareti.

L'energia lentamente si affievolì, e nella nube di fumo che aveva invaso il corridoio, uno dei soldati si rialzò barcollante, il volto ridotto a una maschera di sangue.

-Ma... ledetta- riuscì a sibilare. Alzò il fucile con braccia tremanti. Premette il grilletto.

La spada di Vale si mosse più veloce di quanto fosse possibile, intercettando il colpo a metà strada. Il fascio di luce si avvolse alla lama, seguendone il profilo, quindi Vale tracciò un arco nell'aria, mentre premeva il pulsante sull'elsa. Un arco di pura energia attraversò saettando il corridoio, per poi esplodere con un boato sordo.

Quando, di nuovo, il fumo causato dall'esplosione si diradò, non era rimasto in piedi nessun nemico.

Vale rinfoderò la spada e superò i corpi ammassati a terra, fino ad arrivare alla porta.

-Siamo noi- disse.

Dopo alcuni minuti, la porta si aprì, e Daywine fece capolino, assolutamente basito. -Che diavolo ci fate voi qui?- domandò, gli occhi che andavano da Vale ad Ariadne.

-Siamo venuti a salvarvi, razza di idiota!- esplose Ariadne. -Come di diavolo ti è venuto in mente di...

-Le liti tra fratelli a dopo- l'interruppe Vale, alzando una mano. -Adesso pensiamo ad uscire di qui.

-Ma potrebbero esserci degli indizi importanti su quello che stiamo cercando- ribatté Daywine.

-Potrebbero. Ma ho il sospetto che tutto quello che abbiamo scoperto fosse stato appositamente creato per tirarci in una trappola. Dubito che trovreremo qualcosa d'interessante.

-E se ci fosse sul serio qualcosa d'importante?

Vale lo fissò, stringendo gli occhi. -Controlleremo. Ma al momento il mio obbiettivo principale è portarvi fuori di qui. Vivi.

Scesero le scale, e attraversarono il corridoio nel quale erano sbucati. Pochi metri più avanti, curvava a destra.

-State attenti- sussurrò Vale. -Sicuramente ci sono degli altri soldati nei dintorni, e non escludo che abbiano approntato qualche trappola.

Seguirono la svolta del corridoio, e si trovarono in quello che evidentemente costituiva l'ingresso del Laboratorio: una grande stanza di forma quadrata. Anche da questa si diramavano numerosi corridoi, ma a differenza del suo corrispettivo alla Cava, una porta simile a quella del magazzino si parava di fronte a loro.

-Per l'amor del cielo- sbottò Daywine- Questo posto è tutto uguale!

-Secondo voi, cosa c'è dietro quella porta?- mormorò Deine.

-Probabilmente un stanza degli esperimenti simile a quella della Cava- rispose Ariadne.

Il gruppetto si avvicino cautamente fino alla porta. Tutto intorno a loro rimaneva silenzioso.

Daywine s'inginocchiò, cominciando a trafficare con la serratura. -Hai visto, Deine?- commentò con un sorriso spavaldo- Il cucchiaio-grimaldello della Cava ancora funziona.

-Potresti spostarti?- domandò educatamente Vale.

Daywine, gli lanciò uno sguardo sorpreso, mentre si alzava e si faceva da parte. Vale si avvicinò, e sferrò un calcio deciso alla porta, distruggendone completamente la serratura.

Lentamente si voltò a fissare Daywine con un'espressione indecifrabile.

Il ragazzo sostenne il suo sguardo, finché le guance non gli avvamparono. -Esibizionista- sibilò infine.

Un muscolo della guancia di Vale si contrasse, come se stesse per sorridere, quindi varcò cautamente la soglia.

E lì si fermò.

I tre ragazzi lo osservarono, sorpresi, mentre rimaneva immobile, le spalle di colpo stranamente rigide, e i pugni serrati.

-Vale?- Daywine accennò un passo avanti. -Cosa diavolo c'è lì dentro...?

-Non. Entrate.-Un ordine perentorio, pronunciato con una voce metallica che non aveva quasi nulla di umano, e che gelò Daywine sul posto.

-Ma cosa...?-Daywine non riuscì a concludere la frase.

-Fidati- disse Vale mentre entrava- è meglio non saperlo.

 

Cautamente, Vale si richiuse la porta alle spalle e vi appoggiò la schiena. Non voleva guardare, ma quasi involontariamente gli occhi scivolavano sull'immondo spettacolo che gli si offriva, quasi che ne fossero attratti.

Ariadne pensava che oltre quella porta ci fosse una stanza degli esperimenti simile a quelle della Cava.

Si sbagliava.

Era molto peggio.

Davanti a lui, per una distanza che sembrava infinita, si allungavano file e file di lettini, ognuno di essi avvolto in un intrico di fili e tubi che quasi lo nascondevano, andando a collegarsi a pannelli posti sulle pareti, occupati da diagrammi e cifre che per lui non avevano alcun significato. La maggior parte degli schermi era spenta.

E la maggior parte dei lettini aveva un occupante.

Attraverso il bozzolo di fili che li avvolgeva era quasi impossibile scorgerli, ma non c'era modo di non intuirne la presenza: l'odore di sangue aleggiava sulla stanza come un sudario, un odore forte, ferroso e penetrante, emanato da quelle sagome immobili simili a mummie. E quel poco che si scorgeva dei corpi era orrendamente straziato: gli squarci che si aprivano nella carne ormai livida lasciavano scorgere le viscere in putrefazione, e di tanto in tanto attraverso di esse biancheggiavano le ossa, quelle stesse ossa che sembravano quasi voler squarciare la pelle di quei corpi morti di una magrezza impossibile. E lì dove la carne era stata lasciata intatta, i tubi affondavano con crudeltà, serpeggiando attorno alle membra in decomposizione, avvolgendosi intorno alle braccia che penzolavani inerti dal bordo dei lettini.

E poi c'era il sangue. Sangue ovunque, che si allargava in larghe macchie del colore della ruggine sul pavimento, sui giacigli, sui corpi straziati, lì dove s'incrostava sui bordi delle ferite. E il sangue, malato e marcio, riempiva i tubi, lunghi vermi rossi che si allungavano sul suolo come dita malefiche.

Vale rimase immobile a contemplare quell'abominio, sentendo il suo sangue gelarsi nelle vene. Quello che vedeva era atroce. Neppure i campi di battaglia più distrutti che aveva mai calcato presentavano un simile scempio.

Eppure non era la prima volta che assisteva a qualcosa di simile.

Vale chiuse gli occhi, e per un istante fu catturato in un altro luogo, in un altro tempo, in un altro orrore.

 

Un'altra stanza, molto simile a questa. Strumenti di morte scintillano ovunque, e lui cerca di fissarvi lo sguardo, perché non è in grado di guardare il resto, non è in grado di sopportare il resto. Ma anche se non vede, non può non sentire.

Qualcuno grida. E grida, e grida, e grida di nuovo...

 

Aveva voglia di vomitare.

Lentamente, aprì gli occhi e si costrinse a staccare la schiena dal muro, si costrinse ad avanzare fra i cadaveri immobili, cercando di non incrociare lo sguardo dei loro occhi vuoti. Il silenzio che lo avvolgeva da ogni parte era rotto solo dal rumore dei suoi passi, insufficienti a coprire il suono di tutti i pensieri che gli affollavano la mente, carichi di orrore. I suoi occhi vagarono lungo la stanza, fissando i cadaveri senza guardarli, e lentamente risalirono una scala che portava ad una balconata che percorreva tutto il perimetro della sala, fermandosi su una piccola porta che si apriva in quella parete.

Vale si diresse versso quella scala, la mano sull'elsa della spada e tutti i sensi all'erta, quando un rumore improvviso attrasse la sua attenzione. Si voltò, ma tutto era immobile intorno a lui.

E poi, quel rumore si ripeté. Un gemito. Tutti i suoi muscoli si tesero, pronti a scattare, e Vale diresse lo sguardo verso la fonte del rumore. Che si fece udire di nuovo, soffocato, eppure assordante nel silenzio che riempiva la sala.

I pochi passi che lo separavano dall'origine del rumore gli sembrarono interminabili. Poi, Vale si ritrovò in mezzo a due tavoli. Ed il gemito risuonò nel suo orecchio, questa volta più forte, costringendolo ad abbassare lo sguardo.

E a desiderare di non averlo mai fatto.

Il corpo che gli si presentava alla vista era orrendamente straziato: un lungo squarcio gli attraversava il torace, aprendolo quasi completamente, lasciando intavedere gli organi interni, ancora agitati da uno spasmo convulso. Il sangue si era raggrumato sui bordi delle ferite, e sui tubi che avvolgevano quasi completamente tutta la sua persona, andando ad infilarsi sotto la pelle, nel naso, nella bocca, ovunque. Non c'era parte del torace che non fosse gonfia, sanguinante, purulenta, e qualche ferita sanguinava ancora, in uno stillicidio di minuscole gocce che disegnavano piccole monete rosse sul pavimento.

Il corpo che stava osservando era quello di un morto. Ma gli occhi che ricambiarono il suo sguardo, enormi, spalancati nel viso tumefatto, erano vivi. Ed erano gli occhi di un ragazzino.

Vale sentì qualcosa dentro di lui rimescolarsi, e d'un tratto provò il violento desiderio di fuggire, di lasciarsi alle spalle tutto quel sangue, e il dolore, e la morte. Ma gli occhi del bambino lo inchiodavano lì dove si trovava, carichi di una disperazione che andava oltre l'immaginabile.

Affannosamente, l'uomo frugò con lo sguardo il piccolo corpo, cercando, attraverso i tubi che lo avvolgevano come un bozzolo,qualche modo per aiutarlo, ma tutto quello che vedeva era straziato. Riportò lo sguardo sul volto del bambino, e questi lo fissò, attraverso un velo di lacrime.

La bocca si aprì, ma tutto quello che ne uscì fu un sibilo stentato, mentre il petto si contraeva spasmodicamente. La mano si levò dal bordo del lettino, e le piccole dita strinsero la manica di Vale con una presa quasi inesistente.

Ci dev'essere un modo per aiutarlo... Ma Vale sapeva che non ce n'erano. Il bambino che aveva davanti ormai era condannato. E soffriva. Lo capiva dal suo sguardo disperato, dalle contrazione affannose dal petto, da come gli occhi azzurri continuavano a fissarlo, grandi e luccicanti di lacrime.

Non poteva salvarlo.

E nel momento in cui lo capì, Vale vacillò.

No, pensò. Non questo. Non fatemelo fare, non posso.

Chiuse gli occhi per sfuggire alla realtà. Ma nel silenzio irreale del laboratorio il respiro del bambino risuonava come una condanna, ogni suo singhiozzo parlava della sua sofferenza, e Vale sentiva le minuscole dita che gli stringevano la manica serrare la presa.

Lentamente, le sue dita si serrarono attorno all'elsa della spada, la estrassero, e il rumore della lama che strideva contro il fodero risuonò orribile ai suoi orecchi. La alzò sopra la testa, si costrinse ad aprire gli occhi e ad affrontare lo sguardo del bambino.

Mi dipiace, cercò di dirgli.

Poi colpì.

Il corpo si contrasse solo una volta, poi si accasciò, immobile. Vale abbassò la spada. La lama era rossa. Altro sangue innocente che andava a sporcargli le mani, un'altra vittima che avrebbe popolato le sue notti insonni.

Rinfoderò la spada e si costrinse a percorrere i pochi metri che lo separavano dalla scala, a salirne i gradini fino a trovarsi sulla balconata. Avanzò fino a trovarsi di fronte alla porta. Era chiusa a chiave, ma anche questa volta un calcio deciso bastò ad abbatterla. L'interno ricordava molto quello della stanza che aveva trovato alla Cava: l'unica forma di arredamento era costituita da una piccola scrivania, ingombra di fogli.

Vale si avvicinò, aprì i cassetti, mentre con gli occhi esaminava le carte sparse sulla scrivania. Uno degli scomparti conteneva in quadernetto rilegato in pelle, dalle pagine fitte di appunti, l'ultima delle quali occupata dallo stesso progetto che aveva trovato alla Cava. Lo prese ed uscì.

Ed in quel momento, fu sicuro che qualcosa non andava.

 

-Ma da quanto tempo è lì dentro?- Daywine accennò un passo verso la porta. -Forse dovremmo controllare...

Deine si frappose fra lui e la porta. -Vale ci ha detto di aspettarlo qui.

-D'accordo, ma se gli fosse successo qualcosa? Penso che...

-Quello che pensi tu ci ha già causato abbastanza guai, grazie tante.

-Cosa intenderesti dire?

-Semplicemente che...

-Potete stare zitti un secondo?- Ariadne alzò una mano, gli occhi chiusi e la fronte aggrottata. -Percepisco qualcosa di strano.

Gli sguardi degli altri due ragazzi si rivolsero a lei. -Che succede, Ariadne?- le domandò il fratello.

Gli occhi della ragazza si spalancarono. -Soldati- sussurrò. -Con dei fucili al Cristallo.

-Dove?- Daywine aveva già portato la mano alla pistola, mentre Deine faceva scattare gli artigli.

-Non lo so. Non riesco a capirlo. Stanno arrivando da fuori, credo. Ma...- il viso della ragazza perse ogni colore. -Ce ne sono altri.

-Dove? Ariadne, dove?

-Nella stanza- mormorò lei. -Insieme a Vale.

 

Vale fece appena in tempo a scostarsi, e il proiettile sibilò a pochi centimetri dal suo volto, conficcandosi nella parete alle sue spalle. Si avvicinò alla ringhiera e vide soldati irrompere nella stanza, uscendo da una porta sotto di lui che non aveva notato.

Uno di loro alzò lo sguardo, gli puntò contro il fucile. -Eccolo! È lassù!

Un altro proiettile gli sibilò accanto, mentre con un balzo Vale superava la ringhiera e atterrava su uno dei tavoli sotto di lui, ignorando lo scricchiolo del cadavere sotto i suoi stivali. Prima che i soldati potessero muoversi, la spada era già scivolata fuori dal fodero, e il busto di Vale compì un mezzo giro, andando a tagliare la gola a quello che aveva appena sparato.

I nemici lo accerchiarono, e Vale con un calciò strappò il fucile dalle mani di un altro soldato, quindi saltò a terra. La sua lama scintillò di nuovo, rapida e letale, e uno dei soldati lasciò cadere di scatto la sua arma e arretrò, il moncherino che sprizzava sangue, mentre quello accanto a lui si portava una mano alla gola squarciata.

L'aria stridette, la spada di Vale si sollevò ed intercettò a mezz'aria un raggio di energia. Il colpo ritornò dai soldati ed esplose in mezzo alle loro file, scagliandoli parecchi metri più indietro. L'uomo approffittò della confusione e scattò verso la porta. Dei soldati si frapposero fra lui e la soglia, i fucili puntati, e i raggi del Cristallo si diressero tutti verso di lui. Vale li parò tutti, e la sua lama vibrò, avvolta da un fascio di luce sempre più intensa.

Senza smettere di correre, l'uomo saltò, sfruttò il bordo di un tavolo come trampolino e superò con un balzo la fila dei soldati, atterando a pochi passi dalla soglia. I nemici fecero appena in tempo a voltarsi: con un unico fendente, Vale liberò tutta l'energia accumulata.

L'esplosione lo scagliò all'indietro con un boato assordante, mandadolo a cozzare contro un muro. Si rialzò, battendo le palpebre per liberarsi dal velo di polvere che si era sollevato: attraverso il velo di fumo che lo attorniava, intravide le figure dei suoi nemici, annientate dall'ultimo colpo.

Qualcosa si mosse alle sue spalle e Vale si voltò di scatto, puntando la spada in direzione dell'aggressore. Gli rispose un grido spaventato.

-Vale, siamo noi!- Nella nube di fumo che lentamente si andava diradando, Ariadne avanzò verso di lui, il volto sporco e i capelli spettinati. Alle sue spalle, il colpo di Vale aveva creato un varco nella parete del Laboratorio, divelgendo completamente la porta.

-Cosa diavolo era quello?- Daywine spuntò alle spalle della sorella, a sua volta sporco e scarmigliato.

-Non c'è tempo di spiegare- Vale superò quello che restava della soglia e afferrò Ariadne per un braccio, trascinandola via in modo che non potesse vedere l'interno della stanza. -Dobbiamo andarcene. E in fretta, anche.

Sotto la sua presa, Ariadne s'irriggidì. -Sono arrivati- disse.

Vale la guardò. -Chi?

-Soldati. Con i fucili al Cristallo- Ariadne lo guardò, mortalmente pallida. -Stanno per entrare, Vale, dobbiamo andarcene immediatamente!

Si liberò dalla presa dell'altro e scattò verso uno dei corridoi. Il braccio di Vale le circondò la vita e fece appena in tempo a tirarla indietro, prima che una serie di punte affilatissime fuoriuscisse con uno scatto dal pavimento, lì dove poco prima c'era Ariadne.

La ragazza le osservò, pallidissima, quindi riportò gli occhi su Vale. L'uomo ricambiò lo sguardo, gelido.

-Fallo di nuovo, e potrai scordarti di partecipare a qualunque missione- le ringhiò lui.

-Non ce ne sarà bisogno!- gridò una voce sguaiata.

La porta principale si aprì, e d'improvviso la stanza si riempì di soldati che li circondarono da ogni parte. Quello che doveva essere il loro comandante avanzò al centro della sala, sul volto un sorriso beffardo.

-Bene, bene- sogghignò- e così abbiamo tra le mani niente di meno che Ethan Vale. Al Primo Alderman farà piacere vedersi consegnare il tuo cadavere.

Vale strinse la presa sulla spada , gli occhi attraversati da un lampo metallico. -Vieni a prendertelo, allora.

Accanto a lui, Deine, Daywine e Ariadne si misero in posizione.

 

Buondì a tutti! Dopo ere geologiche sono finalmente riuscita ad aggiornare! Spero che il capitolo vi sia piaciuto: la conclusione potrebbe risultare un po' brusca, ma a mio parere aumenta la suspense. In realtà, è dovuta al fatto che il capitolo originale è stato diviso in due, perché sennò sarebbe risultato una pappardella infinita.

A proposito, prima che me ne dimentichi: ho finalmente trovato un attrice per Deine! Gioite con me!

Vi lascio il link, così vi fate un'idea (sperando che si veda).

Emily Blunt: cnet3.cbsistatic.com/hub/i/r/2014/06/02/46f24d65-4a94-4785-be9f-90f8c1908439/resize/770x578/15a753a9e234cefe1dc7901e2a0e9f9d/edge2-emily-blunt-5.jpg

Un bacio a tutti,

Saitou

 

  
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