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Autore: x_Dana    15/11/2014    1 recensioni
Dal capitolo 8.He licked my lips:
Si morse il labbro di nuovo, sentendo un vago sapore ferroso, non poteva pensare ancora a Draco Malfoy.
Draco Malfoy che si era allontanato per andare da Astoria Greengrass.
Draco Malfoy che le aveva leccato le labbra.
Draco Malfoy che le aveva accarezzato i capelli.
Draco Malfoy che la fissava con occhi grigi...
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Il trio protagonista, Un po' tutti | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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9.
Moonlight Crown



I piedi candidi brillano opalescenti sul pavimento nero, creando onde luminose ad ogni passo.
In lontananza forse si distingue il ticchettio ritmico di un grande orologio.
Hermione guarda avanti mentre cammina, sollevando l'impalpabile vestito color pervinca per non calpestarlo. I passi come sempre la portano davanti alla grande finestra, la cui luce bianca taglia l'oscurità del salone creando un contorno netto.
La ragazza incrocia le mani sul ventre, lasciando ricadere l'orlo del vestito sui piedi scalzi. Chiude gli occhi e dopo qualche secondo li riapre lentamente trovandosi davanti al globo luminoso, come sempre immobile a mezz'aria. 
Vorrebbe allungare la mano e sfiorarlo, immergere le dita in quel bagliore e scoprirne la consistenza ed il calore.
Dopo lunghi istanti, per la prima volta, il globo traballa impercettibilmente e sembra avvicinarsi. Hermione sente il proprio cuore rallentare il quello scorrere del tempo dilatato.
Davanti a lei un ragazzo muove un altro passo avanti e sembra emergere dall'oscurità di cui è fatto quel salone.
I suoi capelli biondi brillano come una corona di luce lunare mentre gli occhi grigi la studiano con distacco.
Hermione sente il proprio braccio sollevarsi e le sue dita sfiorano la pelle diafana dello sconosciuto, seguendone i lineamenti sottili.
L'ombra della neve che cade ora scorre sul pavimento.
"Io ti conosco" vorrebbe dire, ma l'aria non vuole lasciare la sua gola.

Hermione spalancò gli occhi ritrovandosi circondata dai luoghi famigliari della sua casa a Londra: il sommesso russare di Ron alle sue spalle e lo scivolare della pioggia sulle finestre.
Uno sguardo alla sveglia le confermò che era ancora presto, ma ormai il sonno l'aveva abbandonata del tutto.
Si tirò a sedere cercando di non far rumore e fece scivolare i piedi nelle pantofole poste sul pavimento davanti al letto.
Rabbrividendo leggermente si mise la lunga vestaglia di seta e si strinse nelle spalle, frizionandosi le braccia nel tentativo di scacciare i brividi che le increspavano la pelle.
Nella sua mente rimbalzava senza sosta il viso del ragazzo del sogno.
"Draco"
Un Draco Malfoy che aveva, ad occhio e croce, quattordici anni.
Al buoi si diresse verso la cucina, dove con un colpo di bacchetta preparò l'acqua calda per il thè.
Dalla finestra poteva vedere le luci spente nella casa di Harry e Ginny. Normalmente avrebbe atteso le sette per presentarsi alla loro porta, cercando di approfittare il più possibile della presenza dell'amica; ma quel giorno il pensiero di vederla le dava la nausea.
Nonostante si fossero separate con un abbraccio, sentiva nel cuore il macigno del senso di colpa.
Come poteva perdonarla per ciò che aveva fatto a suo fratello?
Hermione si prese il viso tra le mani, premendosele sugli occhi fino a far comparire macchie colorate.

Il sole fece capolino tra le nubi mentre la Gryffindor si incamminava a passo svelto nelle vie affollate della City, percorrendo i marciapiedi ancora umidi; quella mattina aveva deciso di allungare il percorso nella speranza di schiarirsi le idee.
Aveva sempre amato Londra, con i suoi buffi taxi neri e gli autobus rossi a due piani che sfrecciavano nel dedalo di incroci.
Quando era bambina passeggiava lentamente sulla via di casa, tenendosi stretto sulla testa riccia il cappellino dell'uniforme che rischiava di essere spazzato via dalle raffiche di vento.
Osservava le case dalla forma allungata, tipicamente inglese, riflettersi sulle strade luccicanti di pioggia e di luce dei lampioni.
Prima di scoprire che la magia esisteva anche in lei, l'aveva sempre associata a quella città.
Anche dopo aver visto Hogwarts, la sua Londra non le era mai parsa meno magica e ne sentiva sempre il richiamo delle pietre fredde e delle strade affollate.


Arrivata al Ministero, raggiunse il suo ufficio facendosi sballottare dall'ascensore e schivando i Maghi e le Streghe nei corridoi.
Per ogni passo, il viso sottile e delicato di Malfoy ragazzino la tormentava di domande.
La tormentava quasi quanto il viso di Malfoy adulto che si avvicinava al suo e la baciava sulle labbra.
Si mise alla scrivania adocchiando con sollievo la pila di carte della giornata, sicura che l'avrebbero tenuta impegnata.
Un'altra sicurezza le si insinuava strisciante tra i sensi, come una serpe; ed era proprio una serpe di cui si trattava.
Hermione era assolutamente certa che prima di mezzogiorno Malfoy sarebbe entrato nel suo ufficio. Probabilmente con del caffè.

Il cuore tamburellava inquieto ad ogni rumore sospetto proveniente dal corridoio; le pareti di vetro dell'ufficio coperte da veneziane scure che aveva tirato per impedirsi di guardare fuori.
La pila di carte andava esaurendosi ed Hermione constatò con fastidio che non sarebbe bastata a tenerla occupata fino a sera.
Aveva quasi abbassato la guardia quando due colpi decisi batterono sulla porta.
"Avanti" disse, cercando di controllare la voce.
Non provò sorpresa quando effettivamente Draco Malfoy si fece avanti nel suo ufficio: lo sapeva che sarebbe arrivato, lo sapeva da quando si era alzata dal letto.
Lui accennò un saluto con un cenno del capo e le porse una tazza di caffè fumante.
La prese, stando ben attenta a non sfiorargli le dita affusolate e pallide.
Hermione si portò il caffè alle labbra, soffiando piano per raffreddarlo, mentre lo Slytherin si accomodava sulla poltrona davanti alla scrivania.
Il completo completamente scuro metteva in risalto la carnagione pallida e i capelli che parevano di oro bianco.
La riccia osservò come la lampada sulle loro teste li faceva splendere, come una corona di luce. Aveva capito che il globo del sogno non era altro che il riflesso della luce sui suoi capelli biondi.
Il caffè era caldo e amaro, il suo profumo pareva riempire il silenzio che si era creato.

"Granger, non trovo altri modi per dirlo, quindi sarò diretto: cosa significa la tua comparsa di ieri sera?"
Hermione riuscì quasi a sentire la parola "bacio" nei pensieri del ragazzo, ma gli fu grata per non averla pronunciata ad alta voce.
"Non lo so, dovrebbe significare qualcosa?"
Ora si sentiva così lontana dalla persona tremante e distrutta che era la sera prima.
Draco sorrise freddamente e si sporse appena in avanti, incontrando lo sguardo oro liquido di Hermione.
"Siamo adulti ora, Granger, non sono stato io a cercarti ieri sera... ancora non so come diavolo hai fatto a trovarmi."
Ora la fissava con curiosità.
La Gryffindor portò una mano al petto e senza pensarci sfiorò il ciondolo di cristallo, che si rigirò catturando per un instante la luce del lampadario.
"Una coincidenza, nient'altro"
Sapeva che quella discussione non avrebbe portato a nulla, entrambi stavano evitando le vere domande, ma non voleva essere lei la prima a porle.
"Sembrava che tu stessi piangendo"
Come colpita da una piccola scossa, Hermione si ritrasse impercettibilmente. Non voleva rispondere, non ancora.
"Ci siamo incontrati al Ballo del Ceppo?" chiese invece, leggendo sul viso dell'altro un breve momento di stupore.
"Beh naturalmente ti ho visto, eri con Krum se non sbaglio" il tono di Malfoy ora pareva vagamente irritato "Perchè mi fai una domanda del genere, Granger?Sono passati dieci anni."
Cercando di mantenere un tono normale, Hermione raddrizzò le spalle e lo guardò con aria seria.
"Perchè ti sto sognando da mesi, e siamo al Ballo." poi aggiunse freddamente "E sono sicura che non sia qualcosa di naturale, perchè mai al mondo dovrei sognare te?"
Un lampo di sorpresa passò velocemente sul viso di Draco, che si affrettò ad assumere la solita espressione scolpita nel granito.
"Non ne so niente, posso dire anche che sono piuttosto stufo delle tue insinuazioni."
Hermione si sporse in avanti col pigno irritato che l'aveva sempre contraddistinta.
"Non è colpa mia se sei sospetto." Scandì lentamente le ultime parole, sentendosi improvvisamente simile alla Professoressa McGrannit.
Anche lui parve notare quella somiglianza poichè abbozzò il lampo di un sorriso per poi tornare a guardarla con la mascella contratta.
Hermione non riusciva a capire come fosse possibile che solo la sera prima si erano ritrovati stretti l'una tra le braccia dell'altro e ora stessero bisticciando nel suo ufficio.
Anche lui si era avvicinato e ora riusciva a scorgere dei cerchi scuri attorni agli occhi di antracite.
"Sento il tuo odore nella nebbia magica nel negozio di George" disse lei con un filo di voce, rendendosi conto che le parole le erano sfuggite di bocca.
Probabilmente proprio a causa di quel profumo.
"Prego?" Draco ora  la guardava confuso.
"Amortentia...hanno un'espositore che ne vaporizza una dose infinitesimale. Tuttavia sufficiente..."
Improvvisamente lo Slytherin si protese in avanti, le braccia piantate saldamente sulla scrivania scura, il viso a pochi centimetri da quello di Hermione.
"Granger..."
Sollevò una mano per sfiorarle un boccolo ribelle sfuggito all'acconciatura, e la ritrasse immediatamente dopo.
Hermione poteva sentire l'odore dolce ed allettante del suo respiro farsi sempre più vicino.
"Cosa significa questo, Malfoy?"
Riusciva a sentire il suo desiderio di baciarla come riusciva a vedere le sue ciglia che si tingevano d'oro sulle estremità.
Anche lei sentiva ogni fibra del suo essere spingere verso quelle labbra sottili, ora dischiuse in un'espressione peccaminosa.
Hermione aveva gli occhi socchiusi e lo osservava, poteva già sentire il tocco della sua pelle.
Avrebbe potuto permettergli di farlo; avrebbe danzato con la sua lingua e le avrebbe succhiato le labbra.
Si rese conto di desiderare di passargli le dita tra i capelli sottili come fili d'oro, di volere sentire la pressione del suo corpo.
"Significa quello che vuoi"
Persino la sua voce era allettante, e quelle parole le diedero una sensazione di deja-vu tale da farla rabbrividire.
"No, non possiamo."
Hermione si allontanò con un sussulto, premendo la schiena il più possibile sulla poltrona.
Draco la fissava con occhi fiammeggianti, ancora proteso in avanti con le braccia.
Il cuore martellava forte nel petto della ragazza.
"Non posso...Ho Ron, tu hai Astoria...Sarebbe ingiusto."
In due falcate lui raggiunse la porta, il corpo teso come un elastico.
"La prossima volta che hai problemi con Weasel, ti prego di non apparirmi davanti per baciarmi." Sibilò rabbioso prima di sparire oltre la porta.


Hermione si lasciò scivolare sulla poltrona, cercando di placare il cuore che pareva volerle uscire dal petto.
Le impronte delle mani di Malfoy stavano via via sbiadendo dal legno lucido, la ragazza le osservò scomparire trattenendo il fiato.
Improvvisamente un'ondata di rabbia le attraversò il corpo sottile facendole avvampare le gote; aveva voglia di alzarsi e mettere a soqquadro ogni centimentro di quell'insulso ufficio.
Artigliando i braccioli e sentendosi spaesata, Hermione cercò di scacciare quella rabbia irrazionale.
Due colpi, questa volta delicati, la fecero sobbalzare. Non poteva essere ancora Malfoy.
"Prego"
Hermione strizzò gli occhi per un istante, approfittando dell'ultimo secondo per ritrovare la calma.
Ginny Weasley fece il suo ingresso nell'ufficio, i capelli fiammeggianti sbucavano da un cappello di lana marrone e aveva l'aspetto infreddolito.
"Sono passata a salutarti"
Hermione le sorrise incerta; la discussione di quella notte era ancora vivida nella sua mente e la faceva ardere nel senso di colpa.
"Oh...mi fa piacere, accomodati pure."
La rossa posò i sacchetti che portava a terra, vicino alla poltrona su cui fino a pochi minuti prima era seduto Malfoy.
Notò che Ginny stava adocchiando la tazza ormai vuota di caffè.
"Ho incrociato Draco venendo qui. Era livido."
Hermione riuscivì a percepire la domanda implicita dietro il tono altrimenti casuale di Ginny; sprofondò ancora di più nella poltrona.
"E' stato qui poco fa. Gli ho detto di andarsene."
Con un movimento rapido buttò la tazza nel cestino e sospirò sollevata.
Malgrado tutto si trovò sorpresa del fatto che Ginny lo chiamasse per nome; Harry e Ron non lo avrebbero mai fatto.
"'Mione, non è per questo che sono qui. Non voglio più sapere niente di questa faccenda, te l'ho già detto. Sono qui perchè pranzo con Harry prima di andare dal medimago...abbiamo la prima visita per il bambino."
Sollevata, Hermione riuscì a sorridere sinceramente.
"E' il Dottor Carter, abbiamo scelto un privato sperando nella sua indiscrezione."
La ragazza più grande annuì in approvazione, sapeva che il primogenito di Harry avrebbe creato un pandemonio mediatico e sperava che la coppia di amici riuscisse a difendere la propria privacy.
"Cosa dice Molly?"
"Oh lei spera di avere una nipotina, ma secondo me sarà un maschietto."
Rimasero a parlare ancora un po' fantasticando sui colori per la nursery e tutti gli abitini che la futura zia Hermione avrebbe comprato per lui.
Quando infine Ginny si congedò per andare a raggiungere Harry, Hermione si sentiva più rilassata.

Dopo aver sistemato le ultime carte prese il cappotto e raggiunse con dei colleghi del piano un ristorante del quartiere magico lì vicino.
L'atmosfera era quella del classico Pub inglese con gli interni in legno, riscaldata da un camino dove scoppiettavano all'infinito gli stessi ceppi.
Hermione si fece circondare volentieri dal chiacchiericcio dei colleghi, cercando di sgombrare la mente dai problemi che in quei giorni la stavano opprimendo.
I suoi colleghi, quasi tutti dei Corvonero ai tempi della scuola, la trattavano con gentilezza mista quasi a timore reverenziale e questo le impediva di relazionarsi veramente con loro; avevano quella sua immagine di Eroina perfetta e difficilmente l'avrebbero abbandonata.
Quindi preferiva parlare poco ed ascoltare le loro conversazioni, sorseggiando il succo di zucca che aveva ordinato mentre di tanto in tanto controllava che non riprendesse a piovere.
Il sapore della bevanda la riportava sempre al periodo della scuola quando sedeva con Ron, Ginny ed Harry nell'immensa tavolata dei Gryffindor ed il mondo non li aveva ancora travolti del tutto.


Quando ebbero finito di pranzare tornarono a piedi al Ministero, godendosi quello sprazzo di sole di Febbraio dopo tanta pioggia.
Hermione si stava togliendo il cappotto mentre mentalmente si programmava il resto della giornata: avrebbe finito le ultime carte e poi sarebbe uscita per preparare una bella cenetta, magari sarebbe potuta passare per Diagon Alley in cerca di qualche libro sulla maternità da regalare a Ginny.
La porta si spalancò alle sue spalle facendole correre subito la mano alla bacchetta. Non aveva ancora dimenticato la brutta esperienza all'allevamento di Ippogrifi e non si sarebbe fatta cogliere impreparata un'altra volta.
Prima ancora di girarsi sentì l'odore inconfondibile di Malfoy riempire il piccolo ufficio con la sua presenza.
Cercando di lottare contro i capogiri che le stava provocando, si girò per fronteggiarlo con la bacchetta ancora in pugno.
"Malfoy, ho già reso abbastanza chiaro che non è mia intenzione vederti."
Draco le stava davanti e sembrava avesse corso per arrivare fin lì, indossava il suo lungo cappotto scuro e aveva i capelli scompigliati come se ci avesse passato furiosamente le mani.
"Non è per te che sono qui. Ho ricevuto un biglietto da mio padre...Potter e la sua donna sono in pericolo."
Hermione sbiancò ed abbassò la bacchetta, rimettendosi il cappotto in fretta e furia.
"Loro sono dal..."
"Me lo dirai per strada."
"Dovremmo avvertire gli Auror, dobbiamo avvertirli!"

Entrambi erano già fuori dalla porta e stavano correndo verso l'uscita, dalla quale si sarebbero Smaterializzati per raggiungere l'ufficio del Dr Carter.
"Perchè sei venuto da me invece di avvertire gli Auror?Sarebbero partiti prima ancora che tu finissi di pronunciare Potter!"
"Devo far passare un po' di tempo tra l'avviso di mio padre e l'allarme...se non stiamo attenti quelli lo uccideranno, li chiamerai una volta arrivati lì."
La Gryffindor scosse la testa incredula "Lucius sta facendo il doppiogioco. Ancora."
Draco non rispose e continuò a correre fino a che entrambi non furono investiti dalla luce fredda del sole di Febbraio.
Hermione gli porse il braccio e senza dire una parola si Smaterializzarono verso Notting Hill.
Si ritrovarono in mezza ad una via composta di deliziose villette bianche con giardino, i rami spogli degli alberi si stagliavano sul cielo che iniziava a schiarirsi di nuvole candide.
Un vento freddo iniziava a soffiare e le ingarbugliava i capelli.
"Lo studio dovrebbe essere qua vicino"
Ricominciarono a correre ed Hermione cominciava a sentirsi accaldata mentre il cuore pompava furiosamente.
Dopo pochi minuti di corsa si fermerono in una via più stretta delle precedendi, scandagliando con lo sguardo le porte ed i campanelli fino a trovare quella del Dr Carter incisa su una targa dorata.
Aprirono la porta con un colpo di bacchetta e si precipitarono su per le ripide scale fino a raggiungere la sala d'attesa, dove normalmente avrebbero trovato diverse Streghe sedute a sfogliare riviste.
"Deserto...non c'è nessuno qui."
Hermione respirava affannosamente e sentiva la testa girare, il viso cinereo.
"No, no, no. Dobbiamo trovare Ginny...non deve succederle niente!"
Sentì la mano di Draco stringerle delicatamente la spalla, aiutandola a scacciare il timore di scovare Ginny riversa a terra dietro un angolo.
Un colpo improvviso li fece sobbalzare; proveniva dalla porta dello studio...

  
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