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Autore: Luce_Della_Sera    16/11/2014    2 recensioni
(Sequel di "L'amore è sempre amore").
Irene e Sara, ormai sposate da quattro anni, continuano a vivere la loro vita, insieme alla piccola Vittoria, che ormai frequenta la seconda elementare. Tutto sembra procedere per il meglio, finché il passato non comincia a riemergere, nella persona del padre naturale della bambina... da quel momento, due tipi di pensiero inizieranno a scontrarsi: da una parte, chi sostiene la famiglia tradizionale, dall'altra chi sostiene quella dell'amore. Chi avrà ragione?
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo 22: accordi

Sara salutò Vittoria, e la seguì con lo sguardo finché non la vide entrare nell’edificio scolastico insieme ad alcune sue amichette; poi  girò il passeggino di Gabriele, che era bello sveglio ed intento a scrutare con curiosità le persone attorno a loro, e si avviò verso l’automobile, pensierosa.
La sera prima lei ed Irene avevano un po’ discusso, ma alla fine si erano chiarite e avevano anche fatto l’amore; le dispiaceva essersi arrabbiata, ma non riteneva giusto lasciar perdere tutto e fare come se nulla fosse successo! Capiva le ragioni di sua moglie, ma non le condivideva; e aveva intenzione di informarsi bene prima di arrendersi. Quel maiale doveva pagare!
“Ti va di fare un giro prima di tornare a casa, tesoro?” chiese al figlio, sporgendosi a guardarlo e sorridendo.
“Ta-ta”.
“Lo prenderò per un sì!”.
 
 
Irene chiuse la comunicazione, e uscì dal suo ufficio; era raro che si allontanasse dal posto di lavoro per la pausa pranzo, ma aveva bisogno di pensare. La faccenda relativa al nuovo processo la confondeva ancora, anche se Sara le aveva appena detto che non le sarebbe stato possibile revocare il permesso di maternità!
“E’ chiaro che ora come ora il processo a Dario non si può fare”, si disse. “Ma devo rinunciarci per sempre? Oppure posso riprovare tra qualche mese? Quanto tempo ho prima che decadano i termini? Posso fargli solo l’ingiunzione per allontanarlo oppure se faccio quella devo procedere poi anche con il resto?”.
Immersa nei suoi pensieri, non si accorse che stava andando a sbattere contro qualcuno.
“Oh! Mi scusi, davvero! Non volevo, ero sovrappensiero …”
Alzò lo sguardo, e rimase praticamente pietrificata: davanti a lei c’era Dario.
Per un attimo, si fissarono senza parlare; le altre persone che passavano sul marciapiede li fissavano, ma a loro non importava.
“Irene, vorrei parlarti …”.
“E dove? E’ giorno, e per di più non ci sono posti isolati!”. Il suo tono voleva essere sferzante e sarcastico, ma nelle sue parole si percepivano solo vergogna e paura.
“Mi va bene anche un bar”.
“D’accordo. Ma quando andiamo via, mi fai il favore di uscire davanti a me, chiaro? Prendere o lasciare!”.
“Va bene!”.
I due iniziarono a camminare, fianco a fianco, ma era Irene che guidava; portò Dario ad un bar vicinissimo al suo posto di lavoro, perché in quel modo si sentiva più sicura, ma per tutto il breve tragitto non fece che lanciare occhiate al suo ex, per non abbassare troppo la guardia. Lui, dal canto suo, guardava fisso davanti a sé, e non sembrava interessato a lei né nel bene né nel male …
“Ecco, siamo arrivati”, fece Irene, entrando nel locale. Iniziava a sentirsi nervosa, e per non darlo a vedere si impegnò a cercare un tavolino dove sedersi; la ricerca richiese un bel po’ di tempo, perché il bar era molto affollato, ma alla fine riuscì ad individuarne uno e così vi si sedettero.
“Se mi dici quello che vuoi, vado ad ordinare! Io penso che berrò solo un caffè, tanto ho già mangiato!”.
Dario parve riscuotersi dal suo torpore.
“Stai scherzando, vero? Tu resta qui, vado io!”. Si alzò e sparì prima che Irene potesse replicare, pertanto alla giovane donna non rimase che sedersi e riflettere.
“Cosa avrà in mente? Da dove gli viene tutta questa cavalleria? La prospettiva del divorzio lo sta rendendo più assennato? O c’è qualcos’altro sotto?”.
Per un folle attimo pensò di scappare via, ma poi scosse la testa; era inutile, ormai doveva restare. “Sarà di certo per il ricorso in appello della causa”, si disse. “Sì, non può essere che questo!”.
In quel momento, Dario tornò, e posò il caffè davanti ad Irene; dopodiché si sedette, sorseggiò il suo cappuccino e poi iniziò a parlare.
“Jasmine tempo fa mi aveva detto dove lavoravi, quindi visto che era ora di pranzo ho mangiato qualcosa al volo e ho pensato di venire a trovarti. Ti devo parlare, non potevo aspettare altro tempo”.
“Sono tutta orecchie”.
“Si tratta dei processi”.
I processi? Aveva sentito bene?
“Immagino tu intenda quello per Vittoria e quello per violenza, vero?”, chiese Irene, bevendo qualche sorso di caffè.
“Esatto. Per quanto riguarda quello per Vittoria, non ricorrerò in appello, mi sta bene così. Immagino che per te sia la stessa cosa,  no?”.
Irene lo guardò, allibita. Stava davvero dicendo che non voleva procedere oltre? Non se lo sarebbe mai aspettato! Lo fissò negli occhi, verdi come quelli della figlia, e si accorse delle occhiaie che vi erano immediatamente sotto: ne dedusse che, forse, anche lui non se la passava molto bene, a livello di denaro e di preoccupazioni in generale.
“Sì, per me è la stessa cosa. Se non si andasse in appello sarebbe meglio, e quindi se tu non fai ricorso a me sta più che bene! A questo proposito, volevo dirti che se vuoi puoi vedere Vittoria, ma prima devi metterti d’accordo con me o con Sara, e i primi tempi scordati di poter stare da solo con la bambina: la vedrai solo in mia presenza o in presenza di mia moglie. D’accordo? Vittoria sa chi sei, quindi puoi anche benissimo farti chiamare papà, se lei se la sente”.
“Ah, lo sa? E perché gliel’hai detto?”.
“Me l’ha consigliato il mio avvocato, nonché amico; pensava fosse opportuno che glielo dicessi io prima che lei ci arrivasse da sola una volta che fosse stata chiamata a testimoniare. Come vedi, anche gli uomini gay fanno cose buone … e spesso ne fanno molte di più di quelli etero, direi. Anzi, molte di più di alcuni uomini etero, che per via del loro bigottismo da medioevali non sarebbero degni neanche di lustrare loro le scarpe!”. Irene lanciò la sua frecciatina con autentica soddisfazione: se non poteva avere un processo contro di lui, poteva almeno vendicarsi a modo suo!
Dario le lanciò uno sguardo infuriato: si aspettava che lei lo insultasse per lo schiaffo e per quello che per poco non le aveva fatto quella sera, ma non accettava che lo paragonasse a delle donne mancate! Lui era un uomo, un uomo vero, che agiva secondo natura, e pertanto non tollerava battute simili; avrebbe tanto voluto risponderle a tono, ma preferì evitare, perché non poteva permettersi di farla indispettire.
“Va bene, non è importante; tanto, anche Kevin sa tutto. Figurati che poco prima che andassi via non faceva che chiedermi come mai non gli avevo mai detto che avevo un’altra figlia!”.
“E tu che gli hai detto? Quando sarà grande, che spiegazione gli darai per come ti sei comportato con me e con lei? E con Jasmine, anche? Cosa gli dirai quando scoprirà che suo padre andava con le donne di strada, invece di occuparsi di sua madre come il matrimonio per formula e regolamento impone?”.
Malgrado non si sentisse del tutto a suo agio davanti a Dario, Irene dovette ammettere che si stava divertendo: era un piacere fargli domande sulla moralità, come lui aveva osato farne a lei mesi prima! Soprattutto perché, lo sapeva, l’amoralità in quel caso era ampiamente prerogativa del padre di sua figlia, e non sua.
“E chi te lo ha detto che lo verrà mai a sapere?”.
“Complimenti per la classica risposta da persona che non sa cosa dire … d’accordo, farò finta di non averti posto la domanda. Però devo fartene un’altra, e a questa gradirei che rispondessi, dato che oltre a te riguarda anche me e Vittoria: come mai un anno dopo aver lasciato me e nostra figlia, hai deciso di fare un figlio con un’altra? Voglio dire, sei maturato così tanto in dodici mesi? Sei passato da abortista ad antiabortista convinto? Eppure, il dna dice che sia Vittoria che Kevin sono figli tuoi!”.
Dario scrutò la sua ex, e scosse la testa con compatimento: aveva visto giusto. Lei conviveva con una donna semplicemente perché il suo comportamento l’aveva delusa. Era quindi colpa sua, in un certo senso, se lei aveva smarrito la retta via? In ogni caso, il suo risentimento verso di lui non era del tutto privo di fondamento; aveva quasi commesso un reato gravissimo, ed era ovvio che Irene ne fosse rimasta sconvolta! Il suo legame con Sara non era sicuramente naturale, ma era pur sempre una donna, un essere umano come lui, e se aveva scelto quel tipo di vita, per quanto deviato e schifoso fosse non stava a lui cercare di correggerla. Ovviamente, che Vittoria crescesse in quell’ambiente non gli andava proprio giù, ma era certo che potendole stare più vicino avrebbe potuto pian piano insegnarle quali erano i veri valori della famiglia! Non avrebbe denigrato le due donne davanti agli occhi della bimba; ma avrebbe cercato di farle comprendere che certe cose non si facevano.
“Che domande”, disse, alla fine della sua riflessione, “Ero innamorato di Jasmine e lo sono ancora, quindi l’ho sposata e ho riconosciuto il bambino”.
Contrariamente a quel che lui pensava, Irene non si lamentò del fatto che se diceva così era perché non aveva mai davvero amato lei prima di metterla incinta, ma strinse le labbra e fece un’altra battuta sarcastica.
“Sì, certo, come no, innamorato cotto. Infatti, è notorio che quando si è innamorati della propria moglie si va a prostitute!”.
“Per gli uomini è diverso”.
“Ah, ah. D’accordo, ho capito, non sai rispondere neanche a questa”. Stava per dirgli che secondo lei l’unico motivo per cui aveva sposato Jasmine era che lei era troppo ingenua, troppo fiduciosa e troppo innamorata di lui, per questo gli avrebbe lasciato fare tutto quel che voleva e assai difficilmente si sarebbe accorta da sola dei suoi tradimenti, ma si trattenne: qualcosa le diceva che il suo ex avrebbe potuto interpretare quelle parole come un suo sfogo verso il mondo maschile, e visto che conosceva i pregiudizi sulle lesbiche e le bisessuali pensò che fosse meglio non dargli corda.
“Ok, cambiamo argomento. Mi dicevi che volevi parlarmi anche del processo che deriverà dalla mia denuncia per molestie verso di te, vero?”.
“Sì. Ecco, io …”
“Aspetta, vorrei dirti qualcosa io, prima. Ho deciso di non denunciarti”.
Stavolta toccò a Dario rimanere stupito.
“Eh? Cosa hai detto?”.
“Mi hai sentita: lascio perdere. A quanto ho capito, prima della denuncia vera e propria devo far redigere una diffida in cui ti ingiungo di starmi lontano, ma credo sia inutile, visto che ci vedremo solo per la bambina. O no?”.
Non voleva dirgli che aveva problemi di soldi; erano affari suoi, e dopotutto, di certo neanche lui le stava dicendo la verità … secondo lei era anzi probabile che entrambi avessero le stesse ragioni per evitare i processi!
“Sì, penso proprio di sì”.
“Bene, allora pare che siamo intesi. Niente processo per Vittoria, e niente processo a tuo carico … ma bada di non fare cretinate né con me né con lei, perché altrimenti non sarò più così clemente!”.
Finì il caffè, e poi guardò l’orologio.
“Io tra poco dovrei rientrare. Se non ti dispiace …” disse, facendo un cenno significativo verso la porta.
“Aspetta, vado a pagare, prima!”.
Irene voleva protestare, ma non lo fece. Visto il grosso favore che gli faceva non querelandolo, farsi pagare una consumazione al bar non era poi così grave, alla fine!
Lo osservò mentre pagava e prendeva il resto, e rispose al suo saluto quando si girò verso di lei per salutarla; dopodiché, aspettò ancora qualche minuto e poi uscì, correndo per il breve tratto di strada che la separava dall’agenzia; quando arrivò a destinazione, fu con grande sollievo che si rese conto che Dario non la aveva seguita.

  
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