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Autore: nafasa    27/10/2008    3 recensioni
Rimasi paralizzato. Ero in trappola. Tenni fissi gli occhi nel punto in cui avevo visto qualcosa, con la mente che valutava frenetica le possibilità di fuga e i muscoli rigidi, pronti a scattare. Ma feci un balzo in piedi, quando dall’ombra emerse la cosa più strana che avessi mai visto. “Quo vadis, gnat?”
Genere: Malinconico, Fantasy, Satirico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO CINQUE: GLI EROI NON ESISTONO

Cercai lavoro nei negozi vicino casa, bussai a tutte le porte, quasi nessuno aprì. Andai nei quartieri ricchi, mi offrii per fattorino. Non ne avevano bisogno. Girai posti della città che conoscevo e che ignoravo, setacciai tutti i quartieri e le viuzze, andai a cercarmi uno straccio di lavoro dovunque pensavo si potesse annidare. Ma non ebbi più fortuna di mio fratello. Nonostante ciò non andai più a rubare. Mi abituai alla costante sensazione di fame. Cercavo cibo tra l’erba. Scoprii che certi tipi d’erba erano buoni a mangiarsi. Mia madre non voleva che mangiassi quella roba, secondo lei il terreno lì era troppo inquinato per produrre qualcosa di commestibile. E aveva anche ragione. Ma pazienza. Dopo un po’ smise di ripeterlo e cominciammo a farci delle ricche insalate scondite, che erano come le sigarette di mio fratello. Cattive. Non ti lasciavano soddisfatto. Ma almeno consolavano.

Mia madre voleva che continuassi a frequentare la scuola. Così feci. Era un privilegio che non potevo buttare. La rata era già stata pagata in autunno, tanto valeva che ne approfittassi. E poi a scuola trovavo spesso qualcosa di utile. Ci sarei rimasto fino alla fine dell’anno.

Un giorno ero solo a casa e stavo pulendo l’erba che avevo raccolto, in gran parte rucoletta, quando bussarono alla porta. La aprii e mi ritrovai davanti Zabluda con Wyvern. Mi guardarono un attimo all’unisono e poi entrarono senza dire una parola. Ignorando la sedia lei si mise per terra, a gambe incrociate, il cane accoccolato vicino. Avevano tutti e due l’aria molto seria. Mi sedetti anche io. Per terra.

“Che c’è? Come hai saputo che abito qui? Ti ho cercata, dov’eri?”

“Oh boy, è un sacco facile sapere dove abiti. Basta pedinarti. Ed è facile anche quello.”

“Mi hai pedinato?” Non mi ero accorto di niente.

“Ti ha pedinato Wyvern.” Guardai il mastino, che ammiccò.

“Perché?”

“Perché ho cercato tutto questo tempo, ma non ho trovato niente di utile. E sono inciampata in un paio di intoppi perché non conosco il tuo mondo. Mettiamola così. Ho bisogno di una guida. E tu sai già la storia. Non voglio espormi troppo. Accompagnami.”

“Dove?”

“E’ quello che sto tentando di scoprire. Ho fatto delle ipotesi. Devo trovare questo capo. O chiunque dica di esserlo.”

“E io dovrei aiutarti?”

No.

“Sì.”

Ci pensai, ma solo per un secondo. Sapevo già cosa le avrei detto. Non potevo. Anche se avrei voluto un sacco prendermi e scappare. Un’avventura. Ma avevo una famiglia.

“Hai la più pallida idea di dove cercare?”

“No, ma non qui di sicuro.” Oh, bene. “Non c’è un briciolo di magia in questo posto.”

Stetti zitto, cercando il modo di dirle che non potevo. Giocherellai con una foglia di rucola e la masticai piano. Dopo un po’ alzai gli occhi e incontrai i suoi.

“Liron, come with me.”

Che diceva? Lei non sapeva niente di quello che mi era successo! Lei non sapeva niente della mia famiglia! Senza di me… senza di me? Senza di me avrebbero avuto una bocca in meno da sfamare. Ero solo un peso. Ero convinto di poterli aiutare, ma in realtà non facevo che peggiorare le cose. Cosa facevo in realtà io? Raccoglievo insalata! Gran bel aiuto! Ero totalmente inutile. Quel pensiero mi raggelò. Soprattutto perché era vero. Ma mantenevo ancora un briciolo di orgoglio, o meglio, oggi so che probabilmente volevo solo essere pregato.

“La mia famiglia si sta sfasciando. Mia madre e mio fratello si danno contro ogni giorno. Probabilmente licenzieranno mia madre tra breve e allora saremo veramente male. Devo aiutarli, non posso venire.”

Il suo sguardo era gelido, di ghiaccio. Si alzò. Mi alzai. Ci guardammo. Le iridi le scoppiettavano come fuoco. Avrei potuto giurarci. Non voleva un rifiuto.

“Non mi puoi costringere.” Bluffavo. Coda di paglia. Magari poteva. Che ne sapevo io?

“No, non posso” Sibilò lentamente. Tirai il fiato. “Ma possiamo trovare un accordo.”

Ohoh! Un accordo!

“Che genere di accordo?”

“Che se vieni con me avrai qualcosa in cambio. Da mangiare ad esempio.” E guardò l’insalata malaticcia con una smorfia. “O quello che vuoi.”

Ci pensai. In fondo non ne potevo più di stare lì, a sgobbare ogni giorno e a sentire scenate. Non sapevo neanche se avrei potuto trovare un lavoro. Potevo andarmene. Avevo questa occasione. Ma mia madre non sarebbe stata contenta. Per niente. Non avrei potuto chiederle il permesso di partire o cose simili. E l’orgoglio di famiglia? Bah! Al diavolo! Abbandonare lei e mio fratello per andarmene. Verso dove? Non lo sapevo. Verso qualche posto lontano dove poter farmi una vita mia. Verso la mia vita. Fregandomene di loro. Era brutto da dire così. Un sacco brutto. Ma anche un sacco eccitante.

“Posso chiederti di fare qualcosa per la mia famiglia se vengo?”
“Cosa?”

“Non lo so… qualcosa. Hai una magia per far trovare un lavoro a mio fratello?”

“No. Posso solo fare magie sulle parole. Giuramenti, Vincoli di Silenzio, quelle cose lì. Ma posso aiutarti in altri modi.”

“Che modi?”

“Tu chiedi e ti sarà dato.”

Rimasi un attimo perplesso. La bibbia o il vangelo? Come faceva a conoscerli? Evidentemente sapeva molto di più di quanto immaginassi.

“Cosa sai della mia famiglia?”

“Quello che mi hai detto tu e quello che ho sentito Wyvern. Ha buone orecchie.”

Il mastino si fece grattare dietro gli strumenti di spionaggio.

Non ero per niente sicuro che lei stessa non si fosse appostata sotto la finestra della nostra cucina, ma in quel momento non indagai oltre.

“Possiamo fare un patto che dica che ti accompagno per una settimana, e poi basta.”

Sorrise. “Può andare.”

Giurammo. Andai in stanza. Presi lo zaino di scuola, ci misi una coperta, qualche vestito e mi infilai le scarpe. Strappai un pezzo di carta. “Non cercatemi, sto bene, torno tra una settimana.” Ma sentivo che non sarebbe stato così. In cucina mangiai un po’ di rucola, presi un coltello e infilai subito la porta, non potevo voltarmi indietro. Zabluda era vistosamente soddisfatta della sua riuscita, ma non parlò. Mentre camminavamo mi sentivo totalmente euforico. Sarei dovuto restare a casa? Forse. Ma la sapete una cosa? Sarebbe stato un gesto nobile, ma inutile. Se la sarebbero cavata da soli. Io non potevo fare niente. Non ero un eroe. Gli eroi non esistono.

 

 

 

 

 

 

 

X anil13: non preoccuparti. Fidati. Ci son capitoli di passaggio, che mi servono per uno scopo preciso. Spero di riuscire a scriverli senza far chiudere la pagina. Ma ci sono e servono.  Tu fidati che la storia viene bene… almeno credo.

  
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