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Autore: Aon di Kale    17/11/2014    0 recensioni
“Sono morto?” chiesi debolmente. Non riuscivo più a respirare, ero libero dalla forza di gravità. Il battito frenetico del mio cuore si era fermato all’improvviso, come se avesse deciso di dedicarsi a qualche attività più divertente. Attività a cui io non avrei potuto partecipare.
Non so a chi avessi rivolto quella domanda e non mi aspettavo una risposta. Il mio era stato solo uno sciocco tentativo di avere una conferma.
Genere: Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non potevo crederci: non ero pronto ad arrendermi, non ancora. Non potevo accettare che fosse troppo tardi.
La voce di Martina riempiva tutta la stanza, come se fosse al mio fianco. Non la vedevo, ma in qualche modo sentivo che era lì. Mi osservava, aspettando che prendessi una decisione: o mi sarei costretto a disseppellire i ricordi della mia vita terrena, oppure la mia anima sarebbe scomparsa definitivamente, ingoiata dalle fiamme. 
Non avevo il tempo di pensare, ma non mi sarei fatto paralizzare dalla paura. Non avrei permesso a quelle fiamme di portare via tutto ciò che la vita mi aveva donato. Martina sapeva comprendermi e amarmi per quello che ero: un ragazzo con tanti difetti, ma completamente sincero e spontaneo. Lei aveva preso la mia vita vuota e incolore e la aveva addobbata d’affetto e colorata di passione.
Senza riflettere, mi lanciai. Le fiamme avvolgevano me e Martina con rabbia furibonda, come un branco di lupi che si contende una preda. Urlai, mentre il fuoco mi squarciava i vestiti. Tenevo stretta la mia ragazza fra le mie braccia, potevo sentire il suo spavento e la sua disperazione, nonostante lei non avesse più né il coraggio ne la forza di parlare. Singhiozzava sommessamente, ormai conscia del destino che ci aspettava. I mobili attorno a noi erano ridotti a un mucchio di cenere, il fuoco stava corrodendo le colonne portanti. Ci guardammo per un eterno istante, comunicando silenziosamente quello che non avevamo avuto il coraggio di dirci fino a quel momento, pensando di avere ancora una lunga vita davanti.
Non mi mossi. Il mio sguardo era perso nel suo, mentre il nostro mondo andava a fuoco. Potevo sentire la sua mano nella mia, ma non avevo più la forza di stringerla. Lei mi guardava triste, poi nei suoi occhi si accese una scintilla di determinazione. Così, d’istinto, mi baciò.
Le sue labbra erano dolci e fredde, al sapore di tiramisù. Amava cucinarlo per me nelle grandi occasioni: anniversari, compleanni, ricorrenze. Mi sarebbe mancato quel sapore, quindi aspettai che mi penetrasse l’anima, prima di rinunciare a quell’ultimo dolce gesto per sempre.
Sentii le fiamme scoppiettare allegramente ed un applauso.
Un applauso? Non poteva essere vero: questo significava che qualcuno oltre a noi era in casa, ed ero pronto a scommettere che fosse colui che aveva scatenato l’incendio!
“Cominci a ricordare?” La prima voce, quella a cui non riuscivo a dare un volto, risuonava in tutto lo spazio in cui ero confinato, cercando di farmi riflettere.
“Siamo stati uccisi?”
  
Aspettai la risposta per qualche minuto, ma non speravo di riceverla. Ormai non mi aspettavo più niente. Non c’era modo di tornare indietro, di riprendere quello che avevo perso. Mi resi conto di quanto il silenzio spesso è la conferma delle nostre paure più grandi.
In preda alla più cieca frustrazione e alla più profonda collera presi a pugni le pareti e, con mia grande sorpresa, le vidi crollare e ricostruirsi nel giro di qualche secondo.
“Ora ho ricordato! Ma sono ancora bloccato qui!” urlai, sperando che qualcuno mi ascoltasse. Ero imprigionato nell’eternità, non c’era via d’uscita.
“Hai rimembrato abbastanza.” La voce sembrava soddisfatta almeno quanto lo ero io. Davanti a me, apparve una figura incappucciata. Allungò una mano verso di me, per poggiarla sulla mia spalla.
“Ciao, Alessio.”
Non sapevo cosa stesse succedendo: morivo dalla  voglia di scoprire chi ci fosse sotto quel cappuccio, ma nel frattempo il fatto di allontanarmi mi permetteva di farmi mantenere il beneficio del dubbio.
“Non hai niente da dirmi?”
Cercai di stringere i pugni, ma ormai il mio corpo non rispondeva più ai miei comandi: da lì a poco sarei definitivamente finito nell’oblio.
Non risposi. Non riuscivo a fidarmi ancora completamente.
“Va bene” sentenziò la voce. “Parleremo in un altro momento. E visto che hai liberato la tua mente dalle catene dei ricordi, ti è concessa una seconda possibilità.”
Non potevo credere alle mie orecchie. Cosa intendeva dire?
“In che senso?” domandai, pensando che tutto quello che stavo vivendo fosse frutto della mia immaginazione. Un frutto talmente succoso all’esterno, ma con un cuore acerbo. Perché se quello che stavo intuendo era giusto, ci doveva essere una fregatura.
Ancora una volta, ebbi l’impressione che la voce mi leggesse nella mente.
“Hai capito benissimo. Tornerai sulla Terra e scoprirai chi ti ha ucciso, forse così riuscirai a salvare la tua anima.”
“E Martina?” Chiesi, preoccupato.
La voce tacque un istante.
“Non preoccuparti per lei. Sarà al sicuro.”
“La voglio al mio fianco!” esclamai, deciso.
“E così sarà. Ora basta domande, non c’è più tempo. Ah, mi raccomando, non sarà facile per te abituarti al cambiamento.”
Dalle maniche del mantello che avvolgeva il mio interlocutore si modellò un portale: era ovale e dentro era animato da mille colori.
Non feci in tempo a chiedere ulteriori spiegazioni che la figura incappucciata mi spinse dentro il portale. L’ultima cosa che sentii fu la sua voce che urlava:
“Muori da uomo, rinasci fenice!” poi persi i sensi.
  
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