Anime & Manga > Ao no exorcist
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Autore: Seleyne    19/11/2014    1 recensioni
Come molti ragazzi che vivono nel mondo di Ao no exorcist il rischio di essere feriti e, se sfortuna vuole, uccisi a causa di un demone non è mai troppo basso e la famiglia di Shina Kogarashi non fa eccezione: non solo perché è morta principalmente a causa di un demone ma ha una parentela di sangue con uno di questi.
Come Rin e Yukio sanno bene, essere figlio di un demone è una vera sfortuna per chi vive in un mondo in cui queste creature vengono cacciate ed uccise tutti i giorni.
Assiah è quindi un posto difficile per gli abitanti di Gehenna, compresa Shina.
Allevata da uno dei migliori paladini e cresciuta per essere un esorcista ai massimi livelli, scoprire di essere in realtà uno di quei mostri a cui ha dedicato la vita e la lama della sua spada è uno vero schock per la ragazza.
La vita dell'orfana viene riempita con duri allenamenti, crescendo fredda, astiosa e poco incline a socializzare. Grazie però a persone speciali Shina avrà qualcuno per cui vale la pena lottare, questo vale finchè la natura demoniaca non decide di prendere il sopravvento.
Questo è la breve introduzione di The Wintry Wind, un'altra storia pubblicata. ^^
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Arthur Auguste Angel, Mephisto Pheles, Rin Okumura, Un po' tutti, Yukio Okumura
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo I: Un agognato nuovo inizio

Nella profondità dell’inverno, ho imparato alla fine che,
dentro di me, c’è un’estate invincibile.


 

 

>Orfanotrofio

“Perchè devono essere tutti così gentili? Non possono lasciarmi da sola?” pensai sbuffando contro l’ennesima signora che lavorava in quel dannato orfanotrofio.
Avevamo finito da poco il pranzo e tutti i bambini erano nel palchetto a giocare, sotto lo sguardo attento delle balie.
Nonostante fossi lì da circa quattro mesi non avevo ancora legato con  nessuno, nemmeno qualcuno della mia stessa età: da quando erano morti i miei genitori mi sono sempre sentita in colpa.
Quel weekend ero da un’amica a dormire e, per colpa di questo mio desiderio egoistico, non sono stata presente negli ultimi momenti dei miei genitori. Non potevo, quindi, permettere che ciò accadesse di nuovo anche se, ora, non avevo più nessuno che ne potesse restare deluso.
Mi risistemai meglio contro la dura corteccia della quercia che regnava in un piccolo angolo del parco: come se quel pezzo di terra fosse un posto a parte.
Lì, non solo c’era questa pianta gigante e vecchia che proiettava un enorme ombra, ma l’erba era più alta e i cespugli più rigogliosi del resto del parco dell’orfanotrofio.
Tuttavia, contrastando il mio desiderio di restare da sola, le donne che avevano il compito di badare a noi facevano continuamente avanti ed indietro, per chiedermi se stavo bene o se mi potesse servire qualcosa. La domanda che mi dava più fastidio e che mi sentivo ripetere più volte al giorno era: Shina, perché non ti unisci agli altri e giochi un po’ con loro?
Era così difficile capire che volevo restare sola?
Purtroppo per me, questo mio desiderio non venne rispettato né dalle balie dell’orfanotrofio né dall’uomo che mi si presentò qualche giorno dopo.

«Shina? potresti seguirmi un attimo, cara? c’è una persona che ti vorrebbe conoscere.»
“Chi diamine potrebbe essere?” mi chiesi alzandomi dal mio letto per seguire la donna, Carla credo si chiamasse, nel corridoio principale, finendo in una stanza in cui non ero mai stata… né io né il mio visitatore.

«Shina lui è Arthur Auguste Angel, e desidererebbe adottarti e portarti via con sé. Vi lasciò soli per qualche minuto così da poter prendere entrambi la vostra decisione. Ci vediamo fra poco ok?»
La stanza era quadrata e piccola, pavimenti di legno e carta da parati rossa rendeva il tutto ancora più minuto. Ad accentuare questo effetto un uomo alto, dai lunghi capelli biondi e occhi castano chiaro mi rivolse uno sguardo misto tra il distaccato e lo scocciato. “E questo qui vorrebbe adottarmi?”
«Ciao Shina, è un piacere conoscerti. Sono qui per toglierti da questo tugurio e per portarti in una nuova casa. Ti spiacerebbe venire con me?»
“Una nuova casa? la mia casa è ormai bruciata… “ Con uno sguardo incuriosito, non potei evitare di pormi svariate domande su quell’uomo, in particolare una:
«E perché mai dovrei seguire uno sconosciuto, in un luogo che non conosco, senza un valido motivo?»
«Ti garantisco, cara bambina, che non appena finirò il mio discorso, non farai alcuna obiezione al voler venire con me»
«Ma chi diamine ti credi di essere?» lo interruppi notando poco dopo che era, forse, meglio evitare di farlo.
«Ma con chi diamine pensi di parlare? E questo linguaggio poi? Te l’ho hanno insegnato quei maschiacci che erano qui fuori?»
«Ho usato lo stesso linguaggio che hai appena finito di usare tu!»
«Appena verrai via con me sistemeremo questa tua impertinenza signorina! Mostra un po’ più di rispetto! Sono uno dei migliori esorcisti in circolazione ragazzina e non esiste che mi metta a discutere con una come te!»
«Come fai ad essere così sicuro che segua uno sconosciuto? Non importa se sei il mago degli esorcisti o sei il fallito di turno, il discorso non cambia: io non ti conosco!»
«Conosco l’unico modo per vendicare i tuoi genitori e solo uno come me può insegnartelo. Inoltre, dato che sono uno dei migliori come ti ho già spiegato, l’occasione di imparare da uno come me non ti ricapiterà mai più ragazzina»
«I miei genitori sono morti e anche il ragazzo che ha scatenato l’incendio! Non c’è nessuno di cui io mi possa vendicare!»
«Illusa! Quel stupido ragazzino ha scatenato un incendio, ma tutto ciò è partito per colpa di un demone che lo ha spaventato» Arthur interruppe il suo discorso quando notò i miei occhi spalancati dallo shock << Si, mia cara infante, esistono i demoni. Vedi questi mostricciatoli che ci circondano? Che circondando e riempiono tutto l’orfanotrofio? Sono demoni, ti spiegherò per bene tutto più tardi: ora dobbiamo andarcene da qui»
«I-io c-credevo… credevo di essere l’unica a vederli! Com’è possibile che tutti gli altri mi prendano per pazza ma non tu?»
«Semplice: per vedere i demoni devi o essere tu stessa imparentata con un demone e, quindi, avere il suo sangue nelle tue vene oppure devi essere ferita da uno di loro, ricevere cioè una ferita demoniaca. Quel ragazzo è stato ferito da un demone, lo ha visto, si è spaventato e a scatenato quel dannato incendio per la paura come solo uno stupido potrebbe fare. Non abbiamo davvero più tempo. Shina, vorresti seguirmi?»
«I-io..» iniziai ad essere titubante. Ci pensai un po’ su: insomma erano un mucchio di informazioni dure da digerire per una bambina di quattro anni ma, quando il capo dell’orfanotrofio, tornò con le sue pantofole rosa, la risposta mi era chiara in mente.
«Ciao piccola cara. Allora come ti trovi con lui? É una persona simpatica?»
«Vado a prendere le mie cose, ho deciso che partirò con lui >> dissi in tono deciso eludendo le sue domande. Girai su me stessa, mi diressi rigida verso la porta, ripercorsi la strada fino alla mia camera e radunai le mie cose, in fretta e furia, presa da una forte emozione che non riuscì ad identificare.

 

>Vaticano


«Questa è la tua stanza. In quell’armadio ci sono dei vestiti e varie cose che ti potrebbero servire. Purtroppo ora ho una missione abbastanza urgente quindi dovrò lasciarti qui da sola per un po’. Sei libera di andare dove vuoi, di esplorare, ma sei abbastanza grande per capire che non devi né farti male, né cacciarti nei guai né, tantomeno, dar fastidio a qualcuno o crear pasticci.»
Dopo un mio cenno di assenso il mio nuovo tutore uscì dalla porta, chiudendosela alle spalle dopo un breve, ed impacciato, saluto.
Curiosai in giro: la mia stanza era sul tono del beige, un letto era posizionato al centro del lato destro con, di fronte, un lungo armadio bianco. Sulla destra del letto vi era un enorme finestra incorniciata da due tende blu zaffiro e una piccola scrivania, con qualche libro. L’unica decorazione presente era una poltrona blu, come le tende, con un enorme peluche su di essa.
Per la prima volta, la Shina che non aveva nulla da perdere, si è ritirata per dar posto alla vecchia me: timida, insicura e piena di paranoie.
Non uscì dalla mia camera fino al mattino seguente, dormì abbracciata a quel coniglio per tutta la notte immaginando, come facevo da quattro mesi, che quel peluche era, per finta, la mia cara mamma, tornata ad abbracciarmi.

 

Il mattino successivo, dopo aver fatto una colazione decisamente imbarazzante con Angel, decisi di farmi coraggio ed esplorare il Vaticano.
Partendo dalla mensa, trovai una cucina altrettanto enorme e altre sale da pranzo, un po’ più spartane e meno lussuose che scoprì erano destinate al personale.
Il Vaticano aveva una forma rettangolare suddivisa in tre piani più il tetto:
Il piano sottoterra era destinato alla scuola: il Vaticano addestrava giovani esorcisti, sia in campo teorico che pratico, e faceva tutto ciò al piano -1.
Il piano terra, che io definisco il piano tranquillo, ospitava le mense, l’immensa cucina, svariati salotti, biblioteche e vasti giardini.
Il secondo piano era articolato in numerose stanze distinte fra quelle del personale, quelle degli esorcisti e quelle di coloro che dirigono quel posto.
Il tetto, invece, era piatto e di cemento liscio, senza la traccia di tegole o altro. Caminetti qua e là facevano uscire del fumo bianco che creava un’atmosfera quasi surreale e, quel venticello che mi accolse quando salì le scale, rendeva il tutto ancora più magico.

Passarono così svariate settimane: caratterizzate dall’esplorazione e dal non far nulla.
Il personale era gentile e non era affatto fastidioso ed inopportuno come era, invece, quello dell’orfanotrofio. Parlavamo il minimo indispensabile, qualche chicchera in confidenza, ma mai mi furono poste domande sul mio passato né, tantomeno, cercarono di correggere il mio atteggiamento solitario e distaccato.

Dopo circa due mesi dal mio arrivo, una domenica, il mio tutor passò con me la sua prima giornata libera. Sapevo quanto il suo lavoro fosse asfissiante, che gli piacesse o meno, e, di conseguenza, apprezzai tantissimo che usasse il suo meritato giorno di riposo in mia compagnia.
Ero ancora a letto a dormire quando, all’alba, il mio esorcista preferito bussò alla mia porta.

«Shina? Shina sei già sveglia? Posso entrare?»
Essendomi svegliata qualche secondo prima al suono dei suoi pugni contro la porta risposi, dapprima in modo impastato e, poi, con uno stato di leggero allarme:
«C-come? A-Arthu?… Si si, sono sveglissima! Entra pure!»
«Shina.. sei ancora in pigiama? Poco importa, sono qui per farti una proposta, ti va di ascoltarmi un attimo?» Il mio tutor si sedette sul letto di fianco alle mie gambe ancora coperte dal caldo piumone, ovviamente blu.
«C-certo, dimmi pure.»
«Vedo che il tuo distacco da quei ragazzacci ha migliorato il tuo linguaggio! Molto bene ne sono lieto. Anche se hai solo quattro anni, e mezzo, voglio portarti in un posto. Non c’è bisogno che ti vesti per bene: il pigiama o una tuta andrà benissimo, non usciremo dal Vaticano. Ti attendo fuori ok?»
Al mio cenno di assenso, anche se insicuro, Arthur uscì e mi lasciò sola. Appena la porta fu chiusa, scattai fuori dal letto come una molla impazzita, sbattei contro al comodino, mi vestì in fretta e furia con la prima tuta che trovai sottomano e, in un men che non si dica, fui fuori di fronte al mio tutor.
«Dai seguimi.»
Scendemmo ben due rampe di scale: ciò significava che eravamo nel piano sotterraneo.
Percorremmo lunghi corridoi un po’ spaventosi: erano scuri e l’unica fonte di luce erano delle torce ai lati che gettavano ombre abbastanza inquietanti.
Arrivammo infine in una stanza enorme con vari oggetti alle pareti.

«Shina, non sono qui per obbligarti, ma voglio farti capire le opportunità che ti si offrono.
Se il tuo desiderio di vendicare i tuoi genitori, iniziando la tua strada da esorcista, allora preferisco che sia io ad addestrarti piuttosto che qualcuno di rango inferiore o comunque meno bravo di me. Non voglio che ti succeda qualcosa per colpa di un qualche idiota che non sa fare il suo lavoro. In ogni caso, non ti addestro per uccidere. Questo voglio che ti sia assolutamente ben chiaro piccola. Solo se anche tu lo vuoi, il mio desiderio è quello di addestrarti per far si che, se ti succeda qualcosa, sai cosa fare. Voglio che tu ti sappia difendere se poi, vuoi diventare un esorcista a tutti gli effetti, allora potrai dedicarti al combattimento contro i demoni ma questa voglio che sia una decisione che prenderai quando sarai addestrata.»
«Si, Arthur. Le mie idee non sono cambiate affatto. Voglio che tu mi addestri sia a difendermi e più avanti voglio combattere i demoni. Magari la mia opinione su questo ultimo punto potrà cambiare ma, ora come ora, voglio iniziare il mio allenamento. Sono stanca morta di girovagare in giro per il Vaticano. Voglio fare qualcosa di utile.»
«Se ne sei sicura, allora iniziamo. Sappi che puoi smettere quando vuoi chiaro?» solo dopo il mio cenno di assenso sicuro e deciso, il mio tutor riprese a parlare: «Per prima cosa ti spiego per bene cosa sono gli esorcisti..»
Arthur si mise a parlare di questi ultimi, delle loro varie classi e dei relativi poteri.
Mi descrisse i vari ranghi, ciò che avrei potuto scegliere di fare e anche l'arma che più preferivo.
« .. e quelli sono i Doctor.. vi sono poi i Dragoon, la cui specialità risiede nelle pistole e armi simili.. e poi gli Knight che usano una spada per combattere, anche se penso non sia la classe più adatta a te dato che sei una donna.. un'altra classe è quella dei Tamer..»
Le parole di Arthur erano semplici e facili da capire eppure ne colsi solo alcune di tutto il suo discorso.
I miei occhi, diventati di un colore leggermente bianco e argentato, erano concentrati su una spada e non riuscirono a staccarsi da lì.

«..Knight» dissi con poca voce bassa e impastata.
«Come hai detto Shina? Knight? Non penso che quella sia la classe più adatta a te, soprattutto ora che sei ancora una bambina. Penso che ti convenga dedicarti ad altro, almeno per il momento.»
«Perchè? mi è vietato scegliere quella classe?»  dissi sconsolata e con un barlume di lacrime che minacciavano di esondare dai miei occhi.
«No, bè non c'è nessun divieto Shina ma non credo comunque che..»
«La voglio» dissi interrompendo, senza scrupoli, uno degli esorcisti più temuti, «voglio essere uno Knight. Non mi importa quanto possa essere difficile, voglio allenarmi per diventare una dei migliori di quella classe!» dissi con un vigore sempre maggiore.
«D'accordo Shina, non posso obbligarti a cambiare idea dato che mi sembra improbabile. Sei sempre libera di cambiare idea, oltre a questo non so che dirti. Ti devo avvertire però: se vuoi diventare una delle migliori dovrai allenarti duramente, vivere notte e giorno con la tua spada, rinunciare ad essere una bambina e a tutto ciò che questo comporta, non sarò più il tuo tutor ma il tuo allenatore.» disse Angel con uno sguardo dubbioso sperando, forse, che cambiassi idea. Speranza inutile:
«Quando iniziamo?» fu la pronta risposta di Shina con lo sguardo argentato e determinato fisso sul muro su cui era appesa una spada, identica a quella che aveva il padre, nel salotto di famiglia.

 
 
   
 
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