Serie TV > Squadra Speciale Cobra 11
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Autore: sophie97    21/11/2014    8 recensioni
Difficile, a volte, stabilire chi sia la vittima e chi sia il colpevole.
Difficile, a volte, mantenere saldo un rapporto che fino a poco tempo prima sembrava indistruttibile.
Difficile, quasi sempre, fare delle scelte. Soprattutto se si sa che con la propria scelta si determina il destino di un'altra persona, una persona alla quale si tiene davvero.
Storia scritta un po' di tempo fa e mai pubblicata, non fa parte della mia serie "Dieci ritagli di Cobra 11", che è ancora in corso, e quindi non vedrà come protagonisti i personaggi da me inventati nell'ambito della stessa (Clara, Bronte, Max, Mirtillo, ecc.).
Buona lettura!
Genere: Angst, Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Ben Jager, Kim Kruger, Semir Gerkan, Sorpresa, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Scusami.» mormorò Semir senza riuscire a trattenere le lacrime «Scusa Ben, è tutta colpa mia. Ma come fai ancora a chiedere di me? Come fai? Io ti ho mandato qui dentro, è colpa mia se sei ridotto così! Ti sono venuto a trovare solo una volta in tre mesi di carcere, non sono stato in grado di dire la verità nemmeno a te... e tu ancora chiedi di me? Non me lo merito...».
Il poliziotto fece una pausa accorgendosi di parlare da solo.
Ma non gli importava.
Se il vuoto era l’unico con cui era in grado di confidarsi, avrebbe parlato al vuoto.
O ad un amico addormentato che non poteva sentirlo.

[Dal capitolo 29]

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Una settimana dopo, 4 settembre, ore 11.13.

Semir aspettava in piedi a braccia conserte, appoggiato al cofano della propria BMW, lanciando di tanto in tanto una fugace occhiata all’orologio.
Era arrivato un po’ in anticipo, a casa rischiava di diventare matto, aveva preferito uscire e approfittarne per prendere una boccata d’aria e rimanere un po’ da solo con i propri pensieri.
Quindi adesso stava lì, immobile davanti al carcere penitenziario, sperando che il cancello si aprisse e che Ben ne uscisse in fretta.
Lo avrebbe mai perdonato?
In fondo era solamente colpa sua se l’ispettore più giovane aveva passato praticamente tre mesi d’inferno chiuso lì dentro. Solamente colpa sua...
All’improvviso si sentì un rumore sordo e l’imponente cancello si aprì con un lento movimento regolare.
Ma quello che apparve sulla soglia non era più il Ben Jager di tre mesi prima.
No, a dire il vero nemmeno gli assomigliava.
Quello che stava uscendo dalla struttura era un ragazzo troppo magro, appena zoppicante a causa della recente ferita alla gamba, pallido e con una smorfia mista di tristezza e dolore dipinta sul volto.
Semir gli andò incontro staccandosi finalmente dal cofano dell’auto e quando i due furono finalmente a poco meno di un metro di distanza l’uno dall’altro, si fermarono.
Passarono qualche secondo a scrutarsi, entrambi immobili e in silenzio.
«Scusami Ben.» fece ad un tratto Semir in un sussurro.
Il ragazzo rimase invece ancora immobile.
«Scusami. È stata colpa mia, avrei dovuto trovare una qualsiasi soluzione e invece... Ben, perdonami.».
A questo punto l’ispettore più giovane abbozzò un sorriso «Hey socio... l’importante è che sia tutto finito, no?».
Semir abbassò lo sguardo e Ben si accorse di aver decisamente sbagliato frase e si morse il labbro non appena ebbe finito di parlare.
«Ancora nulla di Aida?».
L’ispettore scosse il capo ed entrambi si avviarono lentamente verso la macchina.
«Se non altro Hoffman adesso è in prigione e ci rimarrà fino alla fine dei suoi giorni. Penso che io al posto tuo lo avrei fatto fuori, sai?».
«Credimi, ci sono andato molto vicino.» disse il turco ricordando il momento, la settimana precedente, in cui aveva sparato quel colpo verso il cielo, risparmiando il criminale steso dolorante ai suoi piedi che volendo avrebbe potuto eliminare senza difficoltà.
Alla fine invece il Giaguaro se l’era cavata con una ferita alla gamba che non si era rivelata poi nemmeno tanto grave e dopo aver passato tre giorni in ospedale era stato direttamente trasferito nel carcere di massima sicurezza.
«La troveremo, troveremo Aida, hai capito Semir?».
«Ben, sono passati nove giorni.» lo interruppe il collega e Ben sul momento non ebbe nemmeno la forza di replicare.
«Magari Gehlen si farà vivo.» ipotizzò dopo un po’, appoggiandosi con l’amico al cofano della BMW.
Semir alzò le spalle «Non lo so. Andrea sta malissimo, piange tutti i giorni. Mia suocera ci tempesta di telefonate e Lily non fa altro che chiedere della sorella.».
«E tu come stai?» domandò Ben a bruciapelo.
Semir alzò lo sguardo per posarlo negli occhi dell’amico «Bene...».
«Bene?» ripeté l’ispettore più giovane «Uhm... E in realtà invece?».
L’altro sorrise ma poi i suoi occhi divennero lucidi e si riempirono improvvisamente di lacrime «In realtà... in realtà non lo so, Ben. Ma non ce la faccio più a fingere di fare la persona forte. Non riesco più a sostenere Andrea, a consolarla, a rispondere a Lily per tranquillizzarla... non ce la faccio più...» disse tutto d’un fiato passandosi una mano sugli occhi.
Ben gli mise una mano sulla spalla «Semir... tu sei una delle persone più forti che abbia mai conosciuto. Ma sei umano e anche tu hai bisogno di sfogarti ogni tanto.».
«Ma come fai tu ad essere ancora qui e ad aiutarmi? È stata colpa mia, solo colpa mia! Per la miseria Ben, non ho fatto altro che mentirti! Ti ho condannato a stare chiuso qui dentro, ti ho solo fatto del male!».
«Mi sembra di aver già sentito questa parte del discorso...» fece Ben ammiccando con un mezzo sorriso.
Il collega corrucciò la fronte ma capì presto a cosa si riferisse il più giovane «Mi... mi stavi ascoltando? Quando sono venuto all’infermeria del carcere... tu mi sentivi?».
Ben annuì «Ero sedato da un po’, l’effetto del farmaco stava finendo ma non ho voluto farti capire che ero sveglio per non metterti in difficoltà con la storia dell’amnesia: la Kruger me ne aveva parlato ma io immaginavo che il tuo fosse solo un bluff. Comunque sappi che non ho mai avuto niente da perdonarti. Tu hai fatto l’unica cosa che era possibile fare al momento e io avrei agito nello stesso modo al tuo posto, dico sul serio.».
Semir non disse niente ma continuò a piangere in silenzio mentre l’amico lo stringeva forte in un abbraccio.
«Dai, adesso andiamo, va bene? Tu vai a casa e io passo dal comando a recuperare pistola e distintivo.» propose il più giovane dando una leggera pacca sulla spalla al collega «Vuoi che guidi io?».
«Sai che... che guidare mi aiuta a scaricare la tensione.» balbettò Semir, provando a sorridere.
«Va bene socio... andata.» fece Ben porgendo una mano al socio per farsi dare un “cinque”.
Semir diede il “cinque” all’amico e sorrise, ancora.
«Grazie Ben... grazie davvero.».

 

The End

?

O forse non ancora...

Perché immagino che voi non vogliate una fine così... non è vero? Attenzione attenzione, perché non ho ancora smesso di tediarvi (lo farò mai??) : la storia non è finita, come avrete notato ci sono ancora parecchie questioni in sospeso. Ho semplicemente deciso di dividere il racconto in due storie differenti dopo vari ragionamenti (grazie Reb del consiglio che puntualmente non ho seguito): mi sono accorta che tutta insieme sarebbe stata davvero troppo lunga, ma soprattutto che nella seconda parte si cambia un po’ “stile”. Quindi che dire? A breve un nuovo aggiornamento.
Grazie davvero a tutti coloro che mi hanno seguito, a chi ha recensito nel corso della storia e in particolare ai miei fedelissimi Maty, Chiara, Marti, Furia, Tinta, Chlo, e Capitanmiki, che non mi hanno mai abbandonato.
Ma un ringraziamento particolare non posso non dedicarlo a Rebecca, che mi ha seguito fino a qui, che non si è persa nemmeno una mia storia su Cobra 11, che è stata la prima persona in assoluto a recensirmi su Efp più di tre anni fa e che ancora non si è stancata di leggermi.
Grazie davvero, senza di voi le mie storie probabilmente nemmeno esisterebbero.
Un bacione e alla prossima!
Sophie :D

  
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