Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: LeMuseInquietanti    29/10/2008    3 recensioni
DOMINIQUE/DRACO. LEGGERE PER CREDERE. [...]Inspirava con aria beffarda una dannata sigaretta, fissando con freddezza le luci delle macchine che si frangevano addosso ai rami rachitici degli alberi, saettando nella notte pacifica della capitale. Pareva non temesse il paesaggio spettrale dove lo stavo conducendo, aveva negli occhi la forza di un dio ed il fascino malefico del demonio. Non credevo mi avrebbe mai domandato di seguirlo, pensavo che le persone maledette come lui ricercassero solo la solitudine. Ma anche io ero sola, e probabilmente la mia sconfitta lo aveva condotto dritto tra le mie braccia. [...]<< ho una storia con un ex Mangiamorte allora >> sorrisi, senza timore. << ed io ho una storia con una studentessa di Hogwarts. Cose della vita >> replicò secco lui. Guardandolo in volto, aveva qualcosa di vagamente famigliare. << potresti finire in galera, se provassi a sfiorarmi >> lo provocavo, mi sentivo potente nel sapere che lui moriva dalla voglia di sfiorarmi, dopotutto i suoi occhi non mentivano ed il cuore in gola che io percepivo pulsare forte doveva sentirlo pure lui. Lo sconosciuto misterioso dagli occhi di ghiaccio. << e tu impazziresti dalla rabbia, se io non lo facessi >> mi sussurrò, avvicinandosi appena al mio orecchio.
Genere: Triste, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Draco Malfoy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

DOMINIQUE


QUESTA è UNA DOMINIQUE / DRACO SPERO LA LEGGIATE, ANCHE SE è UN PO' LUNGA. MA SENTIVO IL BISOGNO DI PUBBLICARLA E VORREI SAPERE SE NE è VALSO LA PENA. UN BACIONE A CHI SI DARà PENA DI LEGGERLA.
MARIA


Inspirava con aria beffarda una dannata sigaretta, fissando con freddezza le luci delle macchine che si frangevano addosso ai rami rachitici degli alberi, saettando nella notte pacifica della capitale. Pareva non temesse il paesaggio spettrale dove lo stavo conducendo, aveva negli occhi la forza di un dio ed il fascino malefico del demonio. Non credevo mi avrebbe mai domandato di seguirlo, pensavo che le persone maledette come lui ricercassero solo la solitudine. Ma anche io ero sola, e probabilmente la mia sconfitta lo aveva condotto dritto tra le mie braccia.
Mi lasciai guidare in silenzio nello squallore delle stradine segrete del mondo ancora stillante d’ambrosia pagana, ma ero sempre più lontana dai ruderi arcani, sempre più distante da quella piazza dove Voldemort, astro nero intermittente che squarciava ogni pretesa di raziocinio, con la sua luce galvanizzata da superstizione e intimidazioni, brandendo una bacchetta per sottomettere il mondo, era quasi diventato il dio oscuro, il padrone dell’umanità. Non faceva per me credere alle parole degli anarchici, ma quando vidi i suoi occhi grigi, cupi e allo stesso tempo misteriosamente folli, rabbrividii nell’intimità, fino al midollo. Compresi solo allora cosa mi piacesse di questi incontri campati per aria. La sorpresa di tale scoperta causò in me un moto di compassione patetica,rasentò presto la ripugnanza dalla quale potei fuggire solo grazie alle tenebre, sorelle fedeli, che sapevano mascherare il mio viso agli occhi di quell’accompagnatore. Cos’ero io se non una megera in cerca del pericolo? Sapevo di starmi cacciando in un mare di guai, cosa non mi suggerivano quelle strade fatiscenti e il suo passo risoluto, unico ritmo nel disordinato incedere di note nello spartito della capitale. Quindi io cercavo solo l’avventura, poco importava dover offrire come pegno il proprio corpo. Non avevo paura di essere usata, né tantomeno di usare. Osare, farmi beffe di Dio, dell’etica, di ogni illusoria parvenza di perbenismo sembrava essere l’abito che avrei scelto per la vita. Conforme al mio corpo, non mi andava largo, mi sentivo divina in quei panni. Divina, o felice, come vogliono far credere che siano gli dei. Ma io non ho mai creduto in questo genere di cose. I miei genitori non hanno avuto requie tentando di inculcarmi certi valori, ma cosa volte, a volte le migliori intenzioni cascano abbattute di fronte alla potenza della verità. Perseguire un ideale è fantastico, ha un che di consolatorio, ma non porta che a illudersi. Io sono stanca di perdermi in una gabbia di specchi: la verità è l’unica cosa che conta. Così non temo le avventure con questi sconosciuti perché so bene che portano solo un effimero senso del brivido, lo smarrimento che devo bramare per contrappasso ogniqualvolta mi senta oppressa da questa mia posizione. Non è facile imboccare un tracciato su cui sembra esser stato gettato il sale. Non vi crescono che sterpaglie incancrenite che fanno fuggire le masse. Chi vorrebbe un mostro come vicino se potesse trovarsi tra santi e beati? E invece io percepisco la loro inesistenza, e tremo pensando quanti seguitino a ignorarla. Io non ho paura di niente, tutto proviene da sensazioni agenti sull’animo. Così credevo.
Lo sconosciuto si fermò di fronte ad una grossa casa. Era vecchia e decrepita, come poteva essere tutto l’ambiente intorno ad essa. Radicata in una storia di sangue. Non avevo paura. Tutt’al più ero sempre più incuriosita da questi eccitanti particolari. Ebbi voglia di chiedere chi fosse, cosa ci facessimo nei sobborghi della Londra Babbana. Dopotutto doveva essere un mago anche lui, di questo ero sicura.
E sapevo anche quanto profondi fossero i suoi occhi.
Allora lui si tolse il mantello, nonostante facesse un freddo cane. Mi mostrò il suo avambraccio sinistro. Non vi era nulla, se non un contorno sbiadito. Io compresi lo stesso.
<< ho una storia con un ex Mangiamorte allora >> sorrisi, senza timore.
<< ed io ho una storia con una studentessa di Hogwarts. Cose della vita >> replicò secco lui. Guardandolo in volto, aveva qualcosa di vagamente famigliare.
<< potresti finire in galera, se provassi a sfiorarmi >> lo provocavo, mi sentivo potente nel sapere che lui moriva dalla voglia di sfiorarmi, dopotutto i suoi occhi non mentivano ed il cuore in gola che io percepivo pulsare forte doveva sentirlo pure lui. Lo sconosciuto misterioso dagli occhi di ghiaccio.
<< e tu impazziresti dalla rabbia, se io non lo facessi >> mi sussurrò, avvicinandosi appena al mio orecchio. il suo viso sfiorava i miei capelli, fili biondi profumati e lisci che si illuminavano nonostante la notte, congiungendosi con i suoi, appena più chiari, quasi lunari.
<< non sono una stupida adolescente senza cervello. Io sono una donna, l’età non conta niente >>
Le sue mani cercarono il mio mento, lo presero con furia alzandolo in modo che dovessi fissarlo negli occhi. Arrossii visibilmente, che stupida! << lo so. Sei una donna. Non avrei mai potuto amarti altrimenti. >>
<< non mi avresti mai mostrato il Marchio Nero >>
<< e certo, non lo avrei mai fatto, se non mi fidassi della tua discrezione. Gli amanti sono discreti >>
<< non siamo amanti >> replicai io, con la voce appena rotta, perché quell’uomo che aveva scelto me, una studentessa dal cuore di ghiaccio secondo mezza scuola, aveva appena tentato l’assalto estremo. Audace e spavaldo. Terribile negargli il mio cuore.
<< non lo siamo dici? >>
Mi baciò. I miei occhi spalancati si persero nel paesaggio notturno, cercavo le stelle e trovavo solo ombre, mentre il mio spirito esplodeva violentemente, dimenandosi per sfuggirmi dal petto. Non mi era mai capitata una cosa simile, eppure lui non era il primo uomo più grande con cui avevo deciso di vedermi. I ragazzini mi annoiavano terribilmente, a quei tempi. I ragazzini non mi facevano soffrire, non mi tenevano sulle spine.
Giudicata troppo al di sopra della loro portata, mi veneravano tutti come una divinità offrendomi il loro amore più puro e casto. Io ero l’ideale a cui avrebbero sempre aspirato e di cui si sarebbero ricordati con nostalgia, perché nessuna donna sarebbe mai stata alla mia altezza. Il primo amore in fondo non si scorda mai ed è l’unico vero e perfetto, perché coloro che non hanno mai amato prima hanno ancora tutta l’ingenuità e la capacità di illudersi completamente. Sono ancora intatti, anime monde con cui è allettante giocare. Io però non ero disposta solo a farmi guardare.
Volevo giocare.
Così presi  a studiarli, gli uomini, e scoprii quanto fosse piacevole sedurli, essere desiderata, e poi cedere, farsi conquistare, averli in pugno. Spremerli fino a far provare loro un misto d’amore e odio verso di me. Io che restavo la regina dei ghiacci e tutt’al più sorridevo divertita, vedendoli completamente disperati. Già. Adoravo quel ruolo.
Ma con lui era diverso.
Quell’uomo mi baciò all’improvviso, e il mio cuore a tradimento si fuse. Ritornavo una ragazzina deficiente, una giovane al suo primo amore disposta a concedere anche l’anima al suo conquistatore. Peccato che avessi scelto un aguzzino come oggetto del mio amore. Il primo venuto, fluttuante e sfuggente più del vento in inverno.
Mi avrebbe spazzato via, disintegrando ogni briciolo della mia forza, dell’ardore e dell’audacia per cui ero tanto famosa. Si sarebbe preso la mia dignità.
Mentre mi spogliava, mentre mi osservava con aria per nulla spaventata, lui abile e sicuro del suo successo, non avevo alcuno scrupolo in mente. Volevo solo provare il brivido del primo batticuore, che dovesse implicare cedergli il mio corpo, poco mi interessava.
Ero convinta che fosse una semplice illusione, forse era il freddo a darmi alla testa.
Quella notte donai ad un estraneo del tutto sconosciuto e senza identità tutta la mia anima.

<< siamo così simili io e te >>
dopo tra le coperte calde e scomposte, tra i miei capelli sparsi sul cuscino come fili d’oro, le gambe tra le gambe come se avessimo un solo corpo, lui giocherellava con le mie mai, continuando a guardarmi in viso, cercando in me segni di rimpianto, o di imbarazzo.
In effetti provavo una tale vergogna che mi impediva di comportarmi con saggezza, ma non di ricercare il bagliore magnetico che si spandeva dal suo sguardo.
<< non siamo simili per nulla >> ribattei io, ormai era una consuetudine combattere contro le sue affermazioni.
<< non saremo mai amati da chi desideriamo, e potremo illudere solo degli estranei per qualche ora >>
<< io non sto illudendo nessuno >> tranne che me stessa, dissi con dolore. << tu chi vuoi punire? >>
lui si passò una mano tra i capelli, biondi, appena striati da fili grigiastri << mia moglie >> confessò << non ci siamo mai amati davvero. Certo amo il figlio che mi ha dato, ma lei mi ha sempre detestato. Non so cosa io le abbia fatto, comunque dopo aver sofferto per anni, adesso sono libero da ogni scrupolo. Lei mi cornifica ed io.. >>
<< ricambi >> sussurrai io. Aveva un figlio. Aveva solo tradito sua moglie. Aveva usato la regina delle nevi per dare una bella lezione ad una donnaccia senza cuore. Che non lo amava.
L’aveva usata magistralmente. E lei si era fatta usare, da miserabile.
Dominique si coprì con le lenzuola, gli occhi fissi sul pavimento, alla ricerca delle scarpe, della gonna, alla ricerca della sua dignità.
Lo aveva sempre saputo come sarebbe andata a finire, adesso perché la rabbia e il disgusto affioravano all’improvviso? Era doppiamente sciocca, non c’era nulla da aggiungere.
<< cosa fai, non vorrai andare via così? >>
lui le rivolse una semplice domanda. Ennesimo schiaffo morale che la colpiva in pieno viso << si è fatto tardi. Devo tornare al castello. Dopotutto le gite ad Hogsmeade non durano tutta la notte, e tra breve si accorgeranno che non sono nel gruppo >>
Aveva mentito per lui, era ufficialmente con le sue sorelle, a godersi un pomeriggio lontano dai libri e dalle pozioni. Aveva mentito per lui, che razza di idiota.
<< ricordo com’era essere uno studente. Non tutti ricordano cosa significa avere problemi che sembrano insormontabili. Beh, se poi aggiungiamo che il Signore Oscuro li centuplicava, puoi bene immaginarti la mia condizio… >>
<< non mi interessa, mi scusi >> dissi io. Quella terza persona fece breccia tra le sue certezze. << adesso siamo tornati un adulto ed una ragazzina, non è così? Beh, io non ti ho promesso nulla, e non chiedevo niente in cambio. Ci siamo amati, per questo tempo, ed è stato bellissimo. Ma non potrebbe mai essere nulla di serio >>
<< non voglio nulla di serio >> mentì Dominique, ormai sull’orlo delle lacrime. << dimmi come fare a raggiungere Hogsmeade. >>
<< se vuoi ti accompagno, anche mio figlio è lì >>
la cosa la sconvolse. Era padre di un adolescente, come lei. Uno che magari le moriva dietro, e che lei conosceva.
<< non voglio essere accompagnata dimmi come andare, e basta >>
<< imbocca il corso principale, fino al Paiolo Magico. Di là partono linee di Metropolvere, ti troverai dritta nei Tre Manici di Scopa >>
<< grazie >> disse lei, e la parola le uscì arrochita, quasi fosse stata sepolta da cumuli di terra.

Dominique imboccò la strada, come lui le aveva suggerito. Le lacrime le rigavano il viso, il petto si alzava e si abbassava ad intervalli irregolari, accelerava impazzito. Ogni respiro era un affondo nel dolore che subitamente si era impossessato di lei.
<< Dominique! >>
la voce dell’uomo le provenne alle spalle. Di nuovo le mani dello sconosciuto affondarono su di lei, la costrinsero a voltarsi, le sfiorarono il viso << piangi? >> domandò lui stupito, per una volta visibilmente commosso. << è per il freddo >>
<< non mentire >>
<< non dirmi cosa devo fare! >> sbottò lei stizzita. Poi abbassò il capo << oh, scusami, ho perso il controllo io… oh, scusami. Cosa devi dirmi? >>
Un nuovo bacio. Di nuovo il suo stupore. E ondate di dolore denso. Dominique si sarebbe ripiegata su se stessa, perché per una volta era lei quella impazzita, colei che avrebbe sofferto, appena dopo il distacco. << è stata la sola volta in cui ho tradito. Con te. E non sei stata scelta per caso. Ma non posso costringerti ad una vita sporca, non so se mi comprendi >>
<< non vuoi tu vivere nella menzogna! Volevi solo dimostrare a te stesso che potevi ancora avere una ragazza della mia età. >>
<< e tu volevi provare la tua avvenenza su un uomo della mia? Questi erano i tuoi preamboli, non i miei! Non ricordi dove ci siamo visti, la prima volta? >>
Lei scosse il capo << desolata >>
<< nell’ufficio dei tuoi zii. Io sono un Auror come loro >>
<< non volevo saperlo >>
<< beh, io volevo dirtelo. Perché mi fido di te. Sei una donna, lo hai detto tu. Una donna per cui vale la pena sfidare l’etica, per cui chiunque perderebbe la testa >>
<< una puttana, in poche parole >> dissi acidamente. Il dolore lambiva ogni angolo del mio corpo, meglio non pensarci. << adesso vado. Fingiamo che questo non sia mai accaduto >>
Lui rimase lì, guardandola sparire, con un’espressione impenetrabile sul viso e gli occhi grigi, densi, pesanti, che indugiavano sulle orme lasciate da lei sulla fanghiglia della strada.

E io fuggivo, con il disgusto e l’amore che si contendevano il trono nel mio cuore. Fuggivo reggendomi ad ogni appiglio, per non cadere a terra, sapevo che non mi sarei più alzata. Meglio farsi travolgere che vivere così, appesa al ricordo e a un dolore che non se ne andava più.


Stillano le gocce di pioggia sul mio capo, non mi pare di percepirle.
Sento solo un forte dolore, nel petto.
Lì dove batteva il mio cuore adesso è solo vuoto. Non più un palpito, non un respiro, solo il freddo della morte. Tu mi hai ucciso dentro. Lo hai fatto con una cura meticolosa, da bravo aguzzino. E senza scrupoli. Giorno dopo giorno hai drenato via le mie riserve, hai pulito il mio animo, lo hai aperto ed esposto alla vita.
Non avevo capito che tu mi stessi scuoiando. Non sapevo di essere carne da macello.
E giorno dopo giorno tu spalancavi le porte con un coltellino, e imprimevi inesorabile un piccolo taglio. Volevi farmi raggiungere il picco massimo della sofferenza, ammettilo.
In effetti mi ero quasi illusa, pensavo che un giorno mi avresti amata.
Ed invece ora sono qui, a girovagare tra le viuzze di Hogwarts e tento di imprimere nella mente l’odore della resina, l’appena percettibile sentore della pioggia che bagna le mattonelle spoglie. Tento di raccogliere il vagito della natura, il movimento dolente di un ramo rachitico che spoglio sventola nel vento. Tutto pur di non pensare, di non pensarti. Fa appena freddo. Sta già piovendo.
Ma nonostante mi sforzi, è tutto inutile. Il mondo non esiste più, da quando tu me lo hai nascosto. Mi fa male sapere che mentre mi trovo in questo stato, disperata ed incredula, per te il mondo possa continuare ad essere lo stesso. Ho visto te e tua moglie, a King Cross, e come vi detestate. Sono felice che anche tu soffra. Infelice perché non è colpa mia. Questo mi rende rabbiosa. Piena di odio.
Anche se in realtà, perché tu possa essere felice, sono certa che se io potessi fare qualcosa, anche donarti la mia serenità, ancora adesso nonostante fatta a pezzi e sconfitta, ti darei anche il mio ultimo respiro.
Draco, ora so come chiamarti, giuro che se solo me lo chiedessi, ricommetterei gli stessi sbagli. Aprirei a te di nuovo, e ancora, e sempre, le porte del mio essere.
Anche se sei un Auror, un ex Mangiamorte, e un padre di famiglia.
Anche se so bene cosa poi dovrei passare.
Astoria ti può sfiorare come più le piace, la sua mano indugia sulla tua spalla. Una falena fastidiosa che vorrei uccidere. Tu, accortoti di me, mi lanci occhiate turbate, ora non sai più se sono o meno una donna. Non preoccuparti, lo sono eccome. Una donna che ama il martirio, l’autolesionismo. La tua amante. Mi fissi, io ricambio. Se si potesse morire così, se potesse crollare il mondo al momento giusto. Ma nulla. Lo sbuffo del treno, i ragazzi che si accalcano nei vagoni, io che vengo spinta dentro da Victoire. Tuo figlio che abbraccia mia cugina Rose. Tuo figlio ha i tuoi occhi ma non è bastardo, lui e Rose saranno felici insieme.
E in quanto a me, ormai sono rassegnata. Sono la tua schiava.
È possibile diventare schiavi d’un amore impossibile?
Evidentemente sì.


  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: LeMuseInquietanti