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Autore: KikiShadow93    23/11/2014    8 recensioni
Durante una tranquilla giornata di navigazione, Barbabianca e la sua famiglia trovano qualcosa di incredibile in mare: una bambina, di cui però ignorano la vera natura.
Decidono di tenerla, di crescerla in mezzo a loro, ovviamente inconsapevoli delle complicazioni che questa scelta porterà, in particolar modo per l'arrogante Fenice.
Genere: Generale, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ciurma di Barbabianca, Marco, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Un'allegra combriccola di mostri.'
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Piccolo avvertimento: sono passati 102 giorni da quando Akemi ha lasciato la ciurma. Il capitolo è piuttosto lungo, quindi vi consiglio di leggerlo quando avete tempo ;)
Personaggi originali che appaiono in questo capitol
o: http://it.tinypic.com/r/23tfi1t/8
Buona lettura!

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Svegliarsi molto presto ad Helheimr ha decisamente molti vantaggi: i più scalmanati sono ancora placidamente addormentati, ancora troppo devastati, e la colazione non risulta una specie di guerra in cui rischi di ritrovarti con una forchetta nel dorso della mano per una ciambella.
È solo per questo che Fenrir ogni volta si sforza di svegliarsi prima di tutti, facendo credere loro che lo fa perché è il capo e bla, bla, bla. Solo Freki e Wulfric sono a conoscenza del suo piccolo segretuccio, il primo perché è il suo Beta ed è quindi a conoscenza di qualsiasi suo segreto, mentre il secondo perché è troppo intelligente per bersi una cazzata come quella. In fondo lo sanno anche le pietre che lui non voleva assolutamente comandare!
Adesso, completamente in pace con il mondo, legge le ultime novità sul giornale portato dal suo corvo Huggin mentre beve la sua immancabile tazza di succo all'ananas. Tendendo l'orecchio sente chiaramente le lontane urla di Mimì, Jena e Silly provenienti dal porto e quelle più vicine dei suoi figli. Per un attimo si domanda come facciano quei due mostriciattoli ad essere così attivi di prima mattina, ma preferisce non farsi troppe domande su di loro: sono troppo bizzarri anche per i suoi standard, rischierebbe solo di provocarsi una forte emicrania.
«Buongiorno...» biascica masticando un biscotto con le gocce di cioccolato, senza neanche voltarsi verso la compagna appena entrata in cucina. Sapeva che a breve sarebbe arrivata incazzata come una biscia, quindi è partito subito rassegnato.
«Fenrir, dove sono i bambini?» domanda sbrigativa la donna, già perfettamente vestita e truccata. Non lo fa perché eccessivamente vanesia o cose simili, ma semplicemente perché sin da bambina le era stato insegnato a mostrarsi sempre al meglio. Le abitudine, specie per un immortale, sono difficili da abbandonare.
«E io come faccio a saperlo?» domanda a sua volta Fenrir, continuando imperterrito a mangiare con i gomiti appoggiati sul ripiano della cucina. Ora, in aggiunta alle urla, sente pure delle risate simili allo sbraitare delle scimmie, e la cosa non gli piace: si sveglieranno tutti così!
«Ti ho detto di prepararli!» strilla inviperita Astrid, strappandogli il giornale di mano e allontanando i biscotti dalla sua portata per essere guardata. E Fenrir la guarda, eccome se la guarda: è furiosa, ha fretta e si sta alterando ancora di più perché lui non riesce a smettere di sorridere.
«Sbagliato. Tu mi hai detto di svegliarli, cosa che io ho fatto; non hai mai detto di farli preparare.» controbatte prontamente Fenrir, sorridendole con quell'aria da bambino innocente che da sempre la fa vacillare. Perché per quanto sia scontrosa, potente e testarda, Astrid rimane comunque una donna, e nessuna donna sulla terra può rimanere indifferente al fascino esercitato da quell'uomo maledetto. Soprattutto se sta sorridendo in quel modo!
Volta di scatto la testa per sottrarsi al suo sguardo, al suo sorriso incantatore, difendendosi con la sua solita disposizione astiosa, in cui finge di avere un cuore grande come un seme di cumino. «Sei una testa di cazzo irrecuperabile.» sibila tra i denti, afferrando una tazza a caso e versandosi una generosa dose di caffè. In realtà, considerata la giornata che dovrà affrontare, avrebbe decisamente più bisogno di un secchio di camomilla, magari corretta con una fiala di tranquillante per cavalli.
«Tu finisci di preparargli la merenda, io vado a cercarli.» afferma ridacchiando il maggiore, avvolgendole delicatamente le braccia forti attorno alla vita e baciandole dolcemente la nuca.
Dopo averla lasciata andare e aver preso un altro di quegli squisiti biscotti in cui si farebbe anche il bagno, Astrid si rigira fulminea e lo afferra per un braccio.
«Aspetta.» ordina secca, lasciandosi andare ad un sorriso quando il marito la guarda con aria sorpresa, il grosso biscotto che spunta dalle labbra sottili. Gli si avvicina piano, avvolgendogli l'esile ma forte braccio attorno al collo e avvicinandolo quel tanto che basta per poter raggiungere le sue labbra, dove deposita un bacio vaporoso. Con al punta dei denti morde la parte sporgente del biscotto, strappandogli così un sorriso infantile e dolce.
Sono felici insieme. Strani, sempre pronti a scannarsi per un niente di fatto, ma felici. Felici ed incredibilmente innamorati.
«Sbrigatevi.» ordina con tono più dolce la Regina, mettendo mano ai vari panini che il marito stava preparando.
Fenrir non è totalmente convinto che sia una buona idea lasciarla da sola in cucina, considerata la sua totale incapacità nel settore culinario, ma dal momento che i panini sono già stati farciti e l'unica cosa che deve fare è chiuderli e avvolgerli nella stagnola, è convinto di poter andare tranquillo senza che i figli incorrano in una devastante indigestione, cosa che a lui è successa più volte per colpa sua.
Cammina con passo calmo verso l'unica stanza in cui è sicuro di trovare i suoi vivaci cuccioli, ma ci mette decisamente più del previsto dal momento che tutti quelli che incontra sul suo breve tragitto hanno qualche lamentela da esporgli. Ovviamente tutte le lamentele riguardano i due dispettosi principini, decisamente troppo svegli e agili per la loro età e troppo furbi per non trovare un modo per liberarsi dalle svariate punizioni che i genitori gli danno.
Si scusa con tutti loro, sinceramente, e li rassicura che per un paio di giorni potranno stare tranquilli perché li porterà fuori dall'isola per una battuta di caccia. Nessuno certo sospetta che non sia una battuta di caccia come le altre, ma bensì una “caccia pulita”, come la definiscono alcuni, cioè una semplice ricerca. Che poi semplice non è, dal momento che i due Sovrani hanno deciso di partire alla ricerca di Barbabianca per fargli incontrare di nuovo Akemi, adesso fisicamente e psicologicamente pronta ad affrontare un tale evento.
Bussa piano alla grande porta della camera da letto della nipote, ricevendo in risposta solamente il rumore sordo di oggetti che cadono per terra. La cosa non lo sorprende più di tanto in realtà, visto che quella ragazza il più delle volte ha la grazia di un elefante ubriaco.
Apre piano la porta e sporge, con una certa incertezza, solo la testa all'interno della camera, trovandola totalmente immersa nel caos più assoluto.
«Lilith?»
La ragazza esce dal proprio bagno con un sorriso smagliante e gli corre allegramente in contro, saltandogli poi addosso e dandogli un sonoro bacio sulla guancia.
«Buongiorno zio!» urla vicino al suo orecchio come di consuetudine, facendolo sorridere.
Ormai è abituato Fenrir a questi suoi atteggiamenti dolci ed espansivi, e la cosa non gli dispiace proprio per niente. Per lui Akemi è come la figlia che non ha mai avuto, la sua piccola cucciola da viziare e coccolare in continuazione, un po' come faceva con Týr.
Quando finalmente lo libera dalla sua salda presa per dirigersi verso il letto, sopra la quale sono abbandonati i pantaloni della tuta, Fenrir non può proprio astenersi dal commentare un piccolo dettaglio, proprio come farebbe un qualsiasi padre.
«Il culo ha fatto colazione con le mutande?»
«Gliel'ho detto anche io!» afferma ridendo Freki mentre esce dal bagno. Appesi alle sue braccia, i due gemelli se la ridono di gusto, fieri di essere ancora in mutande.
Fenrir osserva con un certo sgomento i due piccoli folli che adesso gli corrono incontro sorridendogli allegri, notando come si sono conciati: matita sciolta sotto gli occhi e le labbra inferiori dipinte di nero. Certo, finché si trattava della matita poteva anche starci, ma anche il rossetto no!
«Mi avete già deviato i figli?» borbotta incerto, osservandoli di traverso.
Sono fatti con lo stampino!” ogni volta che li guarda non riesce a fare a meno di pensarlo: capelli della stessa tonalità scura di castano, stessi vivaci occhioni cobalto, stesso modo di muoversi, stesso tono di voce. Pure l'odore è indecentemente simile!
«Sono figo, vero babbo?» strilla contento Floki, distinguibile da Bjorn solo perché è decisamente più vanitoso. Un altro modo per distinguerli, in realtà, è vedere quale dei due cerca più coccole: quello è senza ombra di dubbio Bjorn!
«Uno splendore!» lo sfotte prontamente il padre, afferrandolo per la vita e caricandoselo in spalla come se fosse un sacco di patate, facendolo ridere a pieni polmoni. Più li scotenni, li agiti e li accartocci, più è sicuro che questi rideranno e ne chiederanno di più, fino al momento in cui non saranno completamente esausti e cadranno addormentati in qualsiasi luogo si trovino.
Bjorn, nascosto dietro le gambe dell'adorata sorella maggiore, viene saldamente afferrato da Freki e trasportato, non senza opporre una violenta resistenza, nella propria stanza, dove si era già diretto il padre.
Akemi rimane così sola nella propria stanza, e neanche per un secondo riesce a smettere di sorridere. Da quando quei due piccoli diavoli sono venuti al mondo, proprio non riesce a smettere di essere felice. C'è un rapporto speciale tra loro, un amore incondizionato, una sintonia mai provata con nessun altro al mondo.
La porta cigola leggermente e la giovane immortale sobbalza appena, ritrovandosi poi con un sorriso che le va da un orecchio all'altro alla vista del suo piccolo grifone, Filippo.
Il piccino è stato, sin dalla nascita, picchiato e scacciato dagli altri cuccioli poiché troppo gracile e a lei ha fatto incredibilmente pena, tanto da arrivare a supplicare il capo dei grifoni a darglielo in adozione. Quando la leggendaria creatura le aveva spiegato che è normale tra quelli della loro razza sbarazzarsi dei cuccioli troppo deboli, è intervenuta Astrid: zanne snudate, occhi color rubino e peluria nera sparsa sul corpo, indice che se non avesse accettato la richiesta della figlia sarebbe finita decisamente male. Da quel preciso istante, Filippo è diventato il suo cucciolo.
«Vieni dalla mamma!» urla contenta, inginocchiandosi a terra e stringendolo dolcemente al seno quando quello, zampettando incerto, le è trottato tra le braccia.
«Noi due siamo diversi, Filippo. Siamo diversi dagli altri e per questo scherniti. Ma non devi preoccuparti, piccolino, nessuno ti farà più del male: sei un Lothbrook adesso!»

Svegliarsi ad Helheimr e apprendere che Fenrir Lothbrook, l'amato e rispettato Imperatore millenario, l'immortale più forte di tutti, se ne era andato assieme alla moglie, i principini, Mimì, Silly e Jena, è stato un colpo per tutti.
Da quando si trovano sull'isola, Fenrir si è allontanato solo una volta, ed è successo quando Týr è morto. Non c'è quindi da dire che l'idea che fosse andato in guerra o simili li abbia terrorizzati tutti quanti. Persino gli zombi sembravano caduti in uno stato di agitazione!
Quando però Wulfric e Freki, coloro che detengono il potere in sua assenza, hanno spiegato a tutti che aveva semplicemente deciso di portare i figli a caccia, non senza una piccola scorta per la loro sicurezza, si sono calmati. Anche se i gemelli ancora non hanno affrontato la muta, sono decisamente molto sviluppati per la loro età e quindi non sorprende l'idea che voglia insegnare loro a cavarsela già da adesso. In fondo, malgrado abbiano poche settimane, sembrano già due bambini di dieci anni o poco più, perfettamente in grado di sferrare pugni letali o di soffocarti con la sola forza della mascella, con una forte attrazione per il sangue e la carne ancora attaccata alle ossa della vittima.
I due generali, unici a conoscenza delle vere intenzioni dei Sovrani, sono intenti a nutrire i vari corvi, ognuno assorto nei propri pensieri. Il lupo si domanda come la prenderà Akemi quando li vedrà arrivare, mentre il vampiro si domanda come reagiranno i pirati quando si vedranno arrivare contro una nave trainata da un mostro marino centenario, con a bordo quelli che sono tra i peggiori immortali esistenti.
Spero solo che il vecchio Newgate non osi troppo con Fenrir... dopo neanche l'ipnosi aiuterebbe quella povera ragazza!


È un pomeriggio come tanti altri sulla Moby Dick. Tutti svolgono i propri compiti parlando e scherzando con chi gli sta vicino, le battutine sulla vita sessuale di Izo e Halta si sprecano, le vampire fanno le gatte morte con chiunque capiti loro a tiro e Týr ozia con un drink alla frutta in mano. La situazione tra lui e la ciurma si è appianata, tanto che Ace è tornato a girargli intorno senza problemi e gli altri non provano più a lanciargli contro oggetti contundenti.
Barbabianca, ripresosi dal forte stordimento provocato dal sangue del vampiro, non stacca neanche per un istante gli occhi dall'orizzonte, impaziente di veder spuntare, come promesso da Týr, la nave del Sovrano immortale.
Non credeva che ci fosse qualcosa al mondo che potesse accendere così la sua curiosità, che potesse farlo fantasticare come un bambino, invece c'è; l'idea di essere prossimo a visitare un'isola velata al mondo intero, di essere il primo ad entrare in contatto con quel mondo unico e leggendario, lo riempie di gioia, orgoglio ed impazienza.
«Tra quanto dovrebbe arrivare tuo fratello?» domanda per l'ennesima volta, usando come ormai accade sempre un tono calmo e speranzoso.
Týr volta distrattamente la testa verso l'imponente uomo, abbandonando così il libro che lui stesso suggerì al famoso autore di scrivere «Mio fratello è un uomo molto preciso e meticoloso. Non si muoverà finché non avrà organizzato ogni cosa nel dettaglio.»
«Siete molto diversi, eh?» scherza sorridendogli Ran, che più di tutti apprezza la presenza del vampiro, che le ha insegnato alcune tecniche antiche assai efficaci per curare determinate malattie.
«A dire il vero siamo simili sotto molti aspetti: siamo entrambi calcolatori, precisi, spietati, attaccati morbosamente alla famiglia. Io, semplicemente, calcolo le cose più velocemente e da sempre mi muovo meglio nell'ombra.» risponde pacatamente l'immortale, reso incredibilmente mansueto dai calmanti che le infermiere gli hanno messo nel drink.
«Cosa ci aspetta ad Helheimr?» gli domanda per l'ennesima volta Vista, piazzandosi al suo fianco con le braccia conserte. Ormai non ha più paura di lui, non pensa più che potrebbe provare ad ucciderlo da un momento all'altro, quindi non si fa più problemi a trattarlo come una comunissima persona.
Týr, che ancora non ha osato rivelare proprio niente dell'isola, lo guarda con aria scocciata, mimando poi con le dita una cerniera alla bocca. Perché è proibito parlare di Helheimr con gli esseri umani, lo sa bene, e con tutto il casino che ha fatto non vuole proprio tirarsi addosso altri problemi. Poi, in ogni caso, ormai è solo questione di giorni prima che la vedano con i loro occhi, perché mai rovinargli la sorpresa?
Tra i più impazienti, ovviamente, c'è Marco, anche se non lo dà a vedere. Continua a mostrarsi totalmente indifferente a tutta quella faccenda, ma la verità è che dentro sta morendo dalla voglia di rivederla.
Il suo rapporto con Týr, inoltre, è notevolmente migliorato: non prova più alcun istinto omicida nel suoi confronti, non lo infastidiscono più i suoi commenti acidi e, di tanto in tanto, riesce pure a parlarci civilmente.
Adesso se ne sta tranquillamente a cavalcioni sul parapetto a leggere il giornale. Sorride nell'apprendere quanto quello scapestrato del fratellino di Ace si sia fatto strada, con quanta forza e determinazione stia sgomitando per emergere e realizzare così il proprio sogno. Prova ammirazione per lui, un ragazzino coraggioso che non si arrende di fronte a niente. Prova decisamente molta meno ammirazione per Eustass Kid e per tutte le carneficine che continua a commettere. Finché uno si limita ad ammazzare Marines e degni avversari va bene, è da ammirare e talvolta temere, ma quando uno comincia ad uccidere innocenti indifesi, tra cui vecchi e bambini, allora no, l'ammirazione sparisce totalmente e subentra solo un profondo disgusto.
«Via!»
L'urlo improvviso di Týr gli fa voltare di scatto la testa, permettendogli però di vedere solamente il suo “trono” cadere rumorosamente a terra.
Non fa neanche in tempo a chiedere per quale ragione sia scappato così velocemente, cosa lo abbia spaventato tanto, che la voce di Namiur, messo di vedetta, annuncia a gran voce di aver avvistato una nave. Dopo pochi istanti, inoltre, il corvo che tanto aveva a schifo si poggia sul parapetto, proprio di fianco a lui.
«Marcolino!» lo chiama a gran voce Satch, avvicinandolo velocemente e carezzandolo sulla testolina piumata «Sei di nuovo dei nostri?»
«Si chiama Munnin.» lo informa Ace, che poi si siede accanto all'animale, afferrandolo poi con decisione con entrambe le mani per poi portarselo in grembo. «È il corvo di Týr.» aggiunge dopo qualche istante, senza mai mollare la bestia che ha preso a beccarlo sulle mani per liberarsi. Perché Munnin detesta essere afferrato; solo Týr aveva il privilegio di poterlo fare.
Dopo l'allarme dato da Namiur, si sono tutti bloccati ad osservare la nave che si avvicina a gran velocità: ha una forma lunga, stretta e slanciata, con una vela rettangolare montata su un unico albero. Riescono a scorgere sempre più nitidamente l'immagine di un drago rosso ricamato sulla vela blu scuro, inconsapevoli che nell'antico popolo da cui discendono quello era il simbolo della protezione, della forza in combattimento e dell'energia vitale di grande potenza. Non per niente i due fratelli Lothbrook lo scelsero come proprio emblema, modificandolo secondo il proprio personale gusto: una creatura enorme a due teste che raffigura i due capostipiti.
«Non abbassate la guardia neanche per un istante.» ordina con tono duro il capitano, osservando con cipiglio circospetto quella curiosa imbarcazione che si sposta ad una velocità insolita. Infatti Barbabianca ha preso in considerazione solo il vento e le correnti, inconsapevole del fatto che a trainarli c'è Ecate, il grosso mostro marino di Astrid.
Týr, che improvvisamente pare aver perso tutta la gioia per quell'incontro e anche buona parte del suo naturale coraggio, se ne sta sottocoperta con i suoi fidati cani zombie. Sa bene che Fenrir non reagirà particolarmente bene nel vederlo vivo e vegeto, e la cosa lo terrorizza.
Centurione, il cane a cui manca l'occhio destro e il cui ventre è dilaniato, lo osserva curioso, mostrando una reazione assai positiva al sangue del padrone.
«Che hai da fissare?» gli ringhia contro Týr, spostandogli delicatamente il muso dall'altra parte «Tu non hai idea di cosa sia capace.» borbotta subito dopo, alzandosi di malavoglia da terra e portando le tre bestie alle catene, in modo tale che non osino intervenire quando probabilmente scoppierà il caos.
Sul ponte, nel frattempo, le varie vampire rimangono sulla difensiva, pronte a dar battaglia. Poco importa che su quella nave ci sia il fratello del loro amato Signore: la minaccia è troppo grande.
Osservano con rabbia la nave che ormai è a pochi metri da loro e che, improvvisamente, ha rallentato notevolmente la propria avanzata, quasi fermandosi. A bordo non riescono a scorgere nessuno, fatto che sorprende non poco tutti i presenti, ma loro riescono a sentire chiaramente le frequenze cardiache dei passeggeri. A giudicare dal lieve odore che percepiscono, poi, capiscono anche che non sono proprio allegrissimi, ignare del fatto che questo malumore è causato dalle piccole pesti che per poco non sfondavano la fiancata della nave a testate.
«Chi cazzo sono queste?!»
Tutti si voltano di scatto nell'udire quella voce femminile così familiare, e si trovano così faccia a faccia con Mimì e Silly, arrivate sulla Moby di nascosto a nuoto. I pirati nel vederle si ricordano di come guardarono, senza tante cerimonie, nelle mutande di Shanks e, istintivamente, portano tutti almeno una mano sull'orlo dei pantaloni per evitare altri “incidenti” simili.
«Ehi ciao! Come va?» domanda sorridendo giocosamente Silly, mentre con le mani si strizza i capelli per toglierci un po' d'acqua e subito dopo ricompone la treccia.
Mimì, al suo fianco, storce il naso, infastidita da quello che per lei è l'insopportabile odore di cane bagnato. Non le dice niente per il semplice fatto che Fenrir si è raccomandato di - testuali parole - non fargli fare delle improponibili figure di merda.
Purtroppo per loro, però, le seguaci di Týr non sono consapevoli dell'ordine e così, considerandole giustamente una minaccia, Quattro e Uno le attaccano, sicure di potersi pavoneggiare di fronte ai pirati che le fanno tanto sospirare e poter entrare appieno nelle grazie del loro Signore.
Quello che le vampire non hanno preso in considerazione, però, è il fatto che le due avversarie sono entrambe millenarie, quindi incredibilmente più forti e addestrate.
Numero Quattro non fa neanche in tempo a sferrare un pugno contro Silly che questa le ha già conficcato le dita sotto la mandibola, facendola urlare a pieni polmoni per il dolore lancinante.
«Ma fanno sul serio?» domanda realmente confusa la lupa, poggiando la mano libera sulla fronte della vampira e tirando uno strattone deciso con l'altra, staccandole di netto la mandibola.
«Sono sorpresa pure io.» Mimì, infastidita da quel gesto poco ospitale, ha conficcato il suo pugnale con la lama d'argento nella tempia di Uno.
Nessuna delle due aveva alcuna intenzione di spargere sangue e di portare l'intera ciurma sul piede di guerra come sta accadendo, ma non possono tollerare un tale affronto. Sono pur sempre due donne con una certa reputazione, considerate imbattibili da molti, e di certo non si farebbero mai mettere sotto da delle novelline che ancora non sanno dissanguare una persona senza sbrodolarsi. Silly, in particolar modo, tende a perdere il controllo quando si sente minacciata, motivo per cui ha appena tirato fuori le zanne e gli artigli, lasciando inoltre allungare le orecchie e gonfiare la muscolatura. Un chiaro avvertimento per le sciocche convinte di poterle affrontare.
«Non dovreste mantenere un basso profilo?»
Le due immortali si pietrificano nel sentire quella voce tanto familiare, calda e strafottente. Una voce che, per quanto ne sapevano, era stata messa a tacere molti mesi addietro.
Mimì volta di scatto la testa, gli occhi pieni di lacrime scarlatte e le labbra dischiuse. Quando lo vede, poi, il suo corpo si muove da solo, lanciandosi con forza tra le braccia del suo amato padre.
«Ciao piccola...»
Mimì piange, ride e urla il suo nome. Non riesce a credere che sia vivo, che la stia stringendo tra le sue braccia e le carezzi la testa, sussurrandole dolcemente “coglionazza, mi stai mettendo in imbarazzo”.
Silly, ad occhi sgranati e col cuore che batte come impazzito, non riesce a muovere neanche un muscolo. Come l'amica proprio non riesce a credere che quello sia davvero Týr. Pure lei, col cuore a pezzi, aiutò a preparare la sua sepoltura ed era in prima fila quando la salma venne sotterrata.
«Oh, andiamo! Tu non me lo dai un po' di zucchero?»
Quel sorriso però è vero. È vero il suo odore freddo e dolce, sono veri i suoi occhi gelidi che la osservano beffardi.
«Sei stato uno stronzo.» sibila a denti stretti, guardandolo con l'aria più truce del suo repertorio. Lo detesta per quello che ha fatto ai danni di Akemi, ormai divenuta sua buona amica e fedele alleata per gli scherzi contro Freki e Geri, e anche per il dolore gratuito che ha fatto provare al suo Signore, che di certo non meritava un tale trattamento.
Ma il suo risentimento si arrende alla gioia nel rivedere quella faccia da schiaffi e, senza ripensamenti, si lancia tra le sue braccia, stringendosi a lui e lasciando che le baci delicatamente la fronte come ha fatto prima con la vampira.
«Mimì...» Satch sa che in quel momento è di troppo, che farebbe bene a starsene in silenzio e in disparte, ma proprio non riesce a trattenersi. Vederla di nuovo, averla di nuovo vicino, gli riempie il cuore di una gioia tale che non credeva possibile provare.
La vampira, sempre ben nascosta tra le braccia forti del suo creatore, alza un poco la testa per poterlo vedere, senza sapere assolutamente cosa fare. Abbracciarlo? Sputargli in faccia? Ignorarlo semplicemente? È solo grazie a Týr che capisce quale sia la cosa migliore da fare in quel momento. Il vampiro infatti, che da quasi tre millenni conosce la ragazza e sa sempre cosa le passi per la testa, la spinge delicatamente con una mano verso il Comandante, sorridendole con aria furbetta e maliziosa.
«Hai tutta l'eternità per abbracciare me.»
Satch gli sorride timidamente mentre la ragazza si stringe tra le sue braccia, sorprendendosi oltre ogni limite nel veder spuntare un sorriso dolce e sincero sulle labbra del vampiro.
«Týr...» l'uomo abbassa repentinamente gli occhi sulla licantropa che ancora stringe a sé, trovando i suoi occhi pieni di paura «Fenrir-»
«Shhh.» la stringe maggiormente a sé, poggiando il mento sulla sua testa e lanciando, nel frattempo, una fugace occhiata al capitano «Di lui me ne occupo io.»
Silly sa bene che sta mentendo. Anche se il suo cuore non batte può sentire senza sforzo che le sta dicendo una bugia, probabilmente la prima che sente uscire dalle sue labbra. Ed è per questo che lo stringe ancora di più, conscia del fatto che c'è l'alta possibilità che le cose si mettano assai mai. Chi mai reagirebbe bene nello scoprire che il fratello che credevi morto, per il quale hai versato innumerevoli lacrime e per il quale hai seriamente preso in considerazione l'idea di toglierti la vita per rivederlo, è in realtà vivo e non ha fatto assolutamente niente per farti sapere che sta bene? Nessuno. Tanto meno lo farebbe un lupo mannaro assai rissoso o la compagna che nel tempo libero decapitava le persone e rideva del loro dolore.
«State pronti.» ordina secco Týr, staccando la lupa dal proprio abbraccio e spingendola tra le braccia di Fossa per tenerla lontana dal sicuro caos che presto si scatenerà.
I vari pirati portano impulsivamente le mani alle proprie armi, più che pronti a difendersi a dovere nel caso che la situazione degeneri.
La nave del potente immortale è ormai ferma al fianco dell'imponente Moby Dick che, sorprendendo tutti quanti, si è arrestata di colpo. Týr vorrebbe dire loro che la bestia che traina l'altra nave ha bloccato anche il loro imponente veliero, ma quando il familiare odore dei due coniugi arriva alle sue sensibili narici si blocca totalmente.
Ci siamo...
Il tempo pare fermarsi improvvisamente per tutti quanti. Týr si sente opprimere dall'attesa, mentre la paura lo divora.
«Indietro.» il suo è appena un sussurro e le vampire, che si erano precedentemente portate di fronte a lui per difenderlo, indietreggiano incerte. Si domandano come qualcuno possa spaventarlo tanto, quanto suo fratello possa essere così immensamente potente da ridurlo ad un simile fascio di nervi.
Poi, da un secondo all'altro, eccolo apparire in tutto il suo splendore sulla balaustra di legno: Fenrir Lothbrook, Imperatore degli Immortali, colui che ha distrutto imperi e fatto estinguere intere specie di immortali solo per capriccio.
Le vampire sentono la mandibola staccarsi e cadere a terra per la sorpresa, mentre i loro occhi scrutano nel dettaglio quella figura regale e magnetica, quel corpo forte e slanciato fasciato in un abito nero, i capelli castani scompigliati dal vento, l'occhio cobalto che fissa intensamente Edward Newgate, forse l'unico essere umano capace di sostenerne lo sguardo.
Al suo fianco poi appare, come un'immagine divina, la sua splendida moglie Astrid Anwend, conosciuta da qualsiasi immortale come la Regina dei Dannati, adesso Imperatrice. Tutta la sua figura, comparabile a quella di una dea, è capace di tenerti in silenzio a fissarla per ore e ore, come un dipinto prezioso: lunghi capelli biondissimi sospinti dal vento, volto pallido ma gentile e magnifici occhi intensi, di un colore che sfiora probabilmente quello che si ottiene unendo il blu cobalto dell'oceano al festoso azzurro del cielo; il corpo ammorbidito dopo la gravidanza è messo in risalto dalla fine veste candida.
Tutti i presenti rimangono completamente imbambolati di fronte a tale bellezza, paragonabile a quella di Boa Hancock e delle sirene, ma allo stesso tempo si sentono a disagio quando incrociano lo sguardo dell'antico compagno immobile al suo fianco. Sono un mix perfetto di bellezza e forza, tanto potente da far distogliere lo sguardo di chiunque. Beh, chiunque eccetto uno.
«Ciao fratello.»
I due Sovrani, che curiosamente non si erano resi immediatamente conto della sua presenza, fanno saettare velocemente gli occhi su di lui, rimanendo totalmente sconcertati.
Era morto, Fenrir stesso ha sollevato la sua carcassa e l'ha sepolto sotto all'albero che piantarono insieme su quella maledetta isola. Ha pianto tutto il tempo, mostrandosi vulnerabile per la prima volta in vita sua, e ciò perché stava stringendo tra le braccia il fratello morto... che però morto non è.
«Týr...» la voce di Astrid è un flebile sussurro a malapena udibile dagli stessi immortali. I suoi occhi, prima così attenti e pieni di mistero e vita, ora sono spenti, ricolmi di sconcerto.
«Lasciatemi spiegare.» alza le mani in segno di resa, Týr, azzardando a fare un paio di passi in avanti per raggiungerli. In realtà vorrebbe solamente buttarsi tra le braccia di Fenrir e stringerlo fino a fargli mancare il fiato, ma è costretto a trattenersi. E lo è ancora di più quando lo sente ringhiare e lo vede piegarsi su sé stesso, dolorante.
«Fenrir...» Astrid si allontana subito di un passo dal marito, gli occhi improvvisamente vermigli e gli artigli esposti. Non vuole fargli male, ma sa bene che se lui dovesse perdere il lume della ragione la situazione degenererebbe irrimediabilmente.
Barbabianca sta cominciando seriamente ad innervosirsi, non tanto per il fatto che la stiano tirando per le lunghe o perché quelle mocciosette hanno voluto chiaramente mettere in mostra la loro forza, quanto per il fatto che per colpa di quel succhia-sangue psicopatico i suoi figli stanno correndo troppi rischi. È vero che non ha mai sentito parlare di Fenrir, che non ha la più che pallida idea di quanto effettivamente sia forte, ma se pure Týr ne è così spaventato una ragione deve esserci.
«Fenrir, ascoltami! Aggrappati alla mia voce, concentrati!»
Le ossa scrocchiano, la pelle si tende con il gonfiarsi dei muscoli. Il suo viso dai lineamenti nobili si deforma, diventando mostruoso e animalesco. I denti si allungano, facendosi aguzzi e taglienti come rasoi. Sente la testa scoppiare, il cuore battere così forte da fargli male.
«FENRIR!» Astrid lo stringe da dietro con entrambe le braccia, mettendo tutta la forza di cui dispone in quel gesto. Deve riportarlo alla realtà, farlo calmare e rinchiudere di nuovo il lupo nell'angolo più oscuro della sua mente, altrimenti le conseguenze sarebbero le più disastrose.
Týr, ben consapevole della forza mostruosamente distruttiva del maggiore, si piazza senza indugi di fronte ai pirati per proteggerli, disposto addirittura a battersi contro colui che ama più di qualsiasi altra persona al mondo pur di difenderli. Perché è vero che li sopporta a malapena, che più di una volta ha pensato a come farli fuori e farlo sembrare un incidente, ma loro sono comunque coloro che si sono presi cura di sua figlia e l'hanno protetta in ogni modo. Difenderli dalla furia di suo fratello è il minimo che può fare per sdebitarsi.
Fenrir annaspa in cerca d'aria, sforzandosi con tutto sé stesso di rimanere il più fermo possibile per non ferire la compagna, con scarsi risultati.
Una scossa gli attraversa la spina dorsale, su fino al cervello, folgorandolo. La gola gli brucia come se ci fossero dei tizzoni ardenti nell'esofago che quasi gli impediscono di respirare. Stringe con violenza le mani attorno al testa, quasi con l'intento di spaccarsela per far fuoriuscire quella rabbia incontrollabile.
«Ast-rid... f-fallo...» rantola a fatica, piegandosi in due per il dolore e la rabbia che lo stanno annientando interiormente, che stanno corrodendo le catene che trattengono la bestia.
La lupa, sconvolta e spaventata, lascia andare per un secondo la presa dal suo corpo e porta velocemente la mano all'impugnatura del pugnale che porta sempre al fianco. Basta poi un secondo che quella lama così affilata si conficchi fino al manico nella spalla del marito, facendolo urlare a pieni polmoni per il dolore.
È un metodo vecchio e barbaro quello appena compiuto, che da tempo ormai non usano più: il dolore per accecare la bestia. Fu Geri a scoprirlo nel disperato tentativo di fermare la cieca rabbia distruttiva del fratello, pugnalandolo al ginocchio. Da quel momento hanno usato questo metodo per secoli con chiunque perdesse il controllo. Poi, con tanta fatica, sono riusciti a trovare il metodo per imbrigliare le emozioni, arrivando quasi ad annientarle. Sono infatti rarissimi i casi in cui un licantropo si lasci sopraffare da emozioni negative quali dolore e rabbia, proprio perché sennò rischia di perdere il controllo.
La situazione non potrebbe essere più tesa. Tutti rimangono immobili a fissare l'uomo piegato in due che annaspa in cerca d'aria, ognuno pronto a rispedirlo sulla sua nave a calci. Pure le due immortali sono tese, paralizzate dalla paura; non l'hanno mai visto davvero in azione, non hanno mai visto la sua potenza scatenarsi completamente, ma ne hanno sentito parlare molte volte e l'idea di assistere personalmente ad un'esplosione non può far altro che innervosirle oltre ogni immaginazione.
Pure Týr ha paura. Al contrario degli altri, però, non ha paura di Fenrir: ha paura solo del lupo, quello selvaggio e sanguinario che ha sempre faticato a tenere a bada.
«Fratello...» pigola incerto, azzardando un passo verso di lui. Si blocca immediatamente però, perché lo sguardo furioso che il maggiore gli rivolge lo fa tremare come una foglia.
Le seguaci del vampiro vorrebbero frapporsi tra i due, fargli da scudo per permettergli la fuga, ma Mimì impedisce loro qualsiasi movimento con un semplice sguardo. Pur essendo delle novelline, sanno bene quanto sia importante la gerarchia tra quelli come loro.
«TU!» ringhia a denti stretti Astrid, scattando velocemente in piedi e dirigendosi a grandi falcate verso il vampiro «Dammi immediatamente una spiegazione valida, altrimenti giuro che ti stacco la testa dal collo!»
Di lei però Týr non ha assolutamente paura. Certo, è fisicamente più forte di lui, ma prima dovrebbe riuscire a prenderlo. In quanto ad arte magica, invece, lui le è superiore, anche se non ne ha mai dato prova a nessuno.
«Datti una calmata, culo grosso!» le urla contro a sua volta, fronteggiandola senza timore alcuno.
Le due immortali millenarie si pietrificano nel sentire quell'insulto tanto grave per la Sovrana. Se Mimì potesse sbiancherebbe pure, ma per lei ci pensa Silly, che sente chiaramente un brivido gelido risalirle lungo la spina dorsale di fronte all'espressione oltremodo furibonda della mannara.
«Cosa hai detto?» sibila a denti stretti Astrid, mentre le zanne si affilano e gli occhi diventano sempre più rossi. I suoi capelli sembrano pure alzarsi sulla cute, così come farebbe con il pelo se fosse trasformata.
«Che sei ingrassata, botticella!»
Ace, che si sente incredibilmente a disagio solo trovandosi di fronte alla bionda Sovrana, si porta silenziosamente al fianco di Silly, che precedentemente si è portata di fronte a tutti loro per impedire che si avvicinassero al trio.
La guarda di sottecchi mentre i due immortali continuano a prendersi a parole. Sente volare insulti sempre più pesanti, chiaro indice che la situazione sta sfuggendo sempre più dal loro controllo, e così pensa bene di provare ad alleggerire il profondo senso di irrequietezza che gli sta attorcigliando le budella con un po' di conversazione.
«Ehi, come ti chiami?» sussurra vicino al volto della rossa, facendola voltare di scatto. Presa com'era da quella brillante conversazione tra premi Nobel, composta da minacce di vario tipo e di insulti più che fantasiosi, non si era nemmeno resa conto della sua vicinanza.
«Silly. Silly Silva.» gli sorride appena, facendo subito saettare gli occhi sulle due teste calde che hanno cominciato pure a prendersi a schiaffi. Si trova a domandarsi per quale ragione delle creature instabili come loro si siano ritrovate al comando, ma subito si ricorda di tutte le loro imprese, delle loro invenzioni e della loro leggendaria astuzia e subito si rimangia ogni dubbio.
Si volta poi verso Ace, sorridendo appena di fronte alla sua espressione confusa, con la bocca dischiusa e le sopracciglia aggrottate, e senza esitazioni gli tira una lieve pacca sul petto, attirando così la sua attenzione.
«Non vi faremo succedere nulla, ma da' ordine a tutti i tuoi di non intervenire in alcun caso.» afferma sicura, tornando a godersi lo spettacolo mentre il pirata sussurra a chi gli è vicino di rimanere al proprio posto, ordinando anche di far girare l'ordine a tutti.
«Forse non hai capito in che situazione ti trovi, sottospecie di rospo decomposto...» il respiro di Astrid è sempre più irregolare, la sua voce più profonda e gutturale. È sempre più vicina al punto di non ritorno, sempre più vicina allo staccargli di netto la testa con un pugno. L'unico motivo per cui si trattiene – per il quale pure Týr si stra trattenendo dall'attaccarla, in realtà – sta nel fatto che solo ed esclusivamente Fenrir ha diritto di vita e di morte.
«Grasso sacco di pulci, vedi di tenere a freno la lingua!» le urla di rimando Týr, scansando per un soffio il poderoso pugno che la bionda gli ha sferrato. Si ritrova a ringraziare tutti gli dèi che da sempre venera per avergli donato dei riflessi così acuti da permettergli di schivare delle simili cannonate. Questo suo momento di effimera felicità, però, non dura che un misero secondo.
«ADESSO BASTA!»
L'urlo di Fenrir paralizza immediatamente i due Sovrani, facendoli tremare. Pure Astrid, che si prende sempre tutte le libertà che vuole con lui, ne ha una più che giustificata paura. Le basta ricordarsi di quando attaccò da solo un enorme Clan di giaguari mannari, nettamente più forti dei licantropi, e li uccise tutti a mani nude senza riportare altro che un paio di graffietti.
Satch, immobile dietro a Mimì, si abbassa fino ad arrivare al suo orecchio, poggiandole delicatamente le mani sui fianchi. «Sono sempre così?» le domanda incerto, alzando gli occhi sul possente licantropo che si è finalmente alzato in piedi.
«Generalmente è peggio.» risponde sbrigativa la vampira, sentendo però la sgradevole sensazione di essere osservata da più occhi. Voltando un poco la testa, infatti, trova su di sé gli sguardi di diversi pirati, l'uno più scettico dell'altra. «Davvero, stanno reagendo in maniera assolutamente diplomatica!» insiste convinta, incrociando le braccia sotto al poco seno che ha e battendo nervosamente un piede a terra. Detesta che qualcuno dubiti della sua parola, soprattutto quando non sta assolutamente mentendo.
«Tu, sottospecie di minorato mentale...» sibila a denti stretti Fenrir, avvicinandosi con passo lento e calcolato al fratello che ha già alzato le mani in segno di resa, facendosi sempre più piccolo.
«Fenrir-»
Non vuole sentire scuse, non ancora. La rabbia è troppa, la delusione anche di più.
Scatta velocemente, troppo pure per Týr, e senza dargli neanche il tempo di rendersi conto di cosa sta per accadere, gli sgancia un pugno in pieno volto, facendolo andare a sbattere con violenza contro la balaustra dall'altra parte del ponte, facendola piegare e scricchiolare. Se Týr non si fosse agguantato con gli artigli al pavimento, solcandolo in profondità, la balaustra sarebbe stata distrutta e il vampiro sbalzato in mare a molti metri di distanza.
«Me lo merito.» borbotta massaggiandosi la guancia, sputando poi due molari a terra. Fortunatamente gli ricresceranno velocemente, sennò avrebbe avuto anche il coraggio di inveire contro il più che furioso fratello.
Fenrir, immobile e con i nervi a fior di pelle, fissa con astio il fratellino che, seppur barcollante, riesce a rimettersi in piedi e lo fissa con sguardo speranzoso.
«Parla. E vedi anche di essere convincente se non ne vuoi altre.» ringhia minaccioso, venendo velocemente affiancato dalla moglie. Il guaito di uno dei figli, inoltre, riesce a farlo incazzare ancora di più se possibile.
Se insistono dopo ce n'è pure per loro!
«Senti, non so neanche io come sia successo... è successo e basta!» sbotta guardandolo con occhi realmente dispiaciuti, mettendosi a nudo per una delle prime volte in vita sua «Mi ricordo perfettamente quando mi hanno ammazzato, il dolore che ho provato quando quel paletto d'argento mi ha trapassato il cuore, la vita che abbandonava il mio corpo... è stato esattamente come quando tutti noi siamo stati trasformati. Stessa identica cosa.»
Fenrir ascolta con attenzione, fissandolo dritto negli occhi. Una parte di lui, quella da apprensivo fratello maggiore, vorrebbe solo stringerlo forte al petto e piangere insieme a lui, mentre dolcemente gli carezza la testa e gli dice che non gli accadrà mai più niente di male; l'altra parte invece, quella di un uomo profondamente ferito e di leader ingannato, desidera solo massacrarlo di botte e di spedirlo definitivamente all'altro mondo. Non sa cosa fare, non sa cosa dire. Può solo limitarsi ad ascoltare le sue parole e sforzarsi di rimanere al proprio posto.
«Sono crollato a terra, morto, e dopo poco ho aperto gli occhi in un limbo nero. Non c'era assolutamente niente, neanche un soffio d'aria o un sibilo. Nulla. Ero dannatamente solo. Lentamente, poi, ho cominciato a sentire qualcosa, come delle emozioni... che però non erano mie. Ho cominciato a fare supposizioni su supposizioni, ma nessuna mi sembrava fattibile.» continua a spiegare Týr, sgraffiandosi le mani con gli artigli per il nervoso, mentre calde lacrime scarlatte gli rigano le guance pallide. Nella sua mente scorrono i ricordi di quei giorni di solitudine estrema, dove non capiva cosa gli era successo ed era costretto a provare sentimenti mai provati prima, misti ad al dolore atroce per la separazione dalla figlia e dal fratello.
«Quella è stata la prima volta che mi sbagliavo su qualcosa.» sussurra abbassando gli occhi, pieno di dolore e vergogna. Non gli importa neanche più che tutti quegli umani lo stiano fissando e ascoltando, magari ridendo di lui e della sua momentanea umanità e debolezza. Tutto quello che vuole è solo riavere suo fratello.
«Quando Lilith è morta mi ha raggiunto nel limbo e per la prima volta l'ho rivista. Ho rivisto mia figlia in carne ed ossa, ho sentito la sua voce e il suo odore. Non mi sembrava vero.» un sorriso dolce gli piega leggermente le labbra tremolanti, mentre nuove lacrime scorrono sulle guance sempre più sporche «Da quel momento, ogni volta che si addormentava, la vedevo. All'inizio ho mantenuto il più possibile le distanze per proteggerla sia da me che da lei stessa, per poterle dare così la possibilità di scegliere una vita alternativa a quella del mostro maledetto... ma la nostra natura non l'ha risparmiata. Solo a quel punto ho cominciato a starle dietro seriamente, a darle consigli e piccoli indizi. Più il tempo passava, più lei diventava forte... e più lei diventava forte, più io riacquistavo i miei poteri, la mia vita. Poi la creatura è emersa, facendole raggiungere il picco massimo, e io mi sono involontariamente staccato.» alza finalmente gli occhi sui suoi compagni, su coloro che ha amato con tutto sé stesso e per la quale ha dato volentieri la vita, e solo in quel momento si accorge delle lacrime di Mimì, del viso stravolto dalla compassione di Silly, dello sforzo di Astrid di non piangere e del tremore che pervade il corpo di Fenrir. E Dio solo sa quanto muore dalla voglia di abbracciarli tutti quanti, di dire loro che non li lascerà mai più e che gli dispiace da impazzire per averli fatti soffrire così, ma è costretto a trattenersi. Finché non sarà Fenrir a fare la prima mossa rischia troppo.
«Mi sono svegliato dopo qualche giorno nello stesso punto in cui ero morto. Ho cominciato a rimettermi in forze e a crearmi una piccola schiera, poi a cercare loro.» conclude allargando le braccia per indicare i vari pirati che, al contrario di quello che crede, sono commossi da quanto appena sentito. Credevano che fosse senza cuore, spietato ed egoista, invece, seppur in una maniera contorta, ha fatto tutto quello che era in suo potere fare per proteggerli tutti, loro compresi.
Il vampiro sposta lo sguardo su Astrid, commossa e totalmente indecisa su cosa fare.
«Spero che non mi odierai per questo.» afferma sorridendo forzatamente, passandosi una mano tra i capelli per provare a mostrarsi a proprio agio, senza però convincere nessuno.
«No, Týr.» risponde dolcemente la donna, mentre una lacrima solitaria sfugge al suo controllo «Ti odio in questo momento solo perché ci hai fatto stare malissimo. Avresti potuto lasciare un qualsiasi segno per farci sapere che in qualche modo esistevi ancora.»
«Avrei peggiorato la sua situazione.» si difende prontamente Týr, strappandole un sorriso. Entrambi farebbero qualsiasi cosa per la loro piccola Lilith, il loro angelo maledetto, e quindi Astrid non può avercela con lui per questo. Lei avrebbe fatto lo stesso.
«Mi perdonerai mai, fratello?» gli occhi di Týr sono colmi di lacrime, il labbro inferiore trema. Vorrebbe lanciarsi tra le sue braccia e piangere a dirotto contro la sua spalla come quando era bambino, sentire il suo calore, ma non si azzarda a muovere un solo muscolo.
Fenrir sospira pesantemente, passandosi entrambe le mani sul volto stravolto.
«Sei un'incorreggibile testa di cazzo, Týr.» ringhia a denti stretti, dondolandosi da un piede all'altro.
«Lo so...» sospira il minore, azzardando un passo verso di lui.
«Mi hai fatto patire le pene dell'inferno prima del dovuto, stronzo.» pure Fenrir si avvicina piano a lui, morendo dalla voglia di stritolarlo tra le braccia. Che durante l'abbraccio le sue ossa si spezzino o meno non fa differenza, gli basta stringerlo con quanta forza ha in corpo.
«Perdonami...» pigola, sempre più vicino. Gli basta poco, ancora un paio di metri.
Poi finalmente si fronteggiano e il minore si ritrova a trattenere il fiato dall'emozione. È esattamente come lo ricordava, così fiero e con un amore sconfinato solo per lui.
Fenrir allunga una mano verso di lui e lo afferra saldamente per la nuca, poggiando poi la fronte sulla sua e guardandolo intensamente «Ti proibisco di allontanarti di nuovo dall'isola, sono stato chiaro? D'ora in poi tu sarai al mio fianco, sempre.»
A quelle parole Týr non può far altro che sorridere come un bambino che ha ricevuto il più grande e meraviglioso dei regali e, finalmente, si lascia andare tra le sue braccia, lasciandosi stringere con forza e stringendolo a sua volta. Piange mentre lo fa. Lacrime di pura gioia per averlo finalmente ritrovato, per non averlo perso per sempre per un suo errore.
Astrid si stringe le braccia attorno al corpo ed in fine, col cuore che le scoppia per la felicità, corre in contro ai due e li abbraccia, stringendoli con forza. Riesce pure a separarli e a prendersi il suo migliore amico, il padre della sua bambina... l'uomo che più di chiunque altro l'ha compresa e sopportata per tutta la vita.
Týr inspira a fondo il profumo della sua pelle che gli scalda il cuore morto da millenni.
Barbabianca, seppur a malincuore, interrompe questo loro momento di pura gioia e dolcezza, alzandosi in piedi e dirigendosi con passo sicuro verso l'Imperatore immortale, che lo osserva con curiosità.
«Voglio vederla.» afferma con sicurezza, facendolo sorridere. La sua reazione, in effetti, lo lascia parecchio perplesso: si aspettava un sonoro “fottiti vecchio!” o un “ti ammazzo!”, come più volte ha osato dirgli Týr anche per delle sciocchezze, invece gli sorride amichevolmente, chinando pure un poco la testa.
Non sono poi così sicuro che questi due siano davvero fratelli...
«È anche per questo che siamo venuti personalmente fino a qui.» risponde educatamente il lupo, accorgendosi, grazie alle occhiate confuse dei vari pirati e dello stesso capitano, di averli sorpresi parecchio. «Non volevamo solo ringraziarvi, ma anche condurvi all'isola per farvela vedere.» spiega calmo, lasciando che Astrid gli stringa un braccio e poggi la testa sulla sua spalla. Dopo un matrimonio come il loro, in fondo, può passare sopra a qualsiasi smanceria in pubblico.
«Non potrà venire più con noi?» gli domanda realmente spaventato Satch, facendo sorridere di gioia la bionda licantropa. Perché Astrid è realmente felice di vedere che quegli umani vogliono davvero bene a sua figlia. Per un certo periodo si era addirittura convinta che la ragazza fosse riuscita in qualche modo a deformare i propri ricordi e a farli apparire più teneri di quanto in realtà non fossero. Per la prima volta in vita sua, è felice di essersi sbagliata.
«Sarà lei a scegliere.» risponde lei per Fenrir, staccandosi finalmente dal suo braccio ed incamminandosi con cautela verso il Primo Comandante «Se non è chiedere troppo, Marco, vorrei parlarti in privato.»
Il Comandante, seppur incerto, annuisce piano e le si avvicina con passo lento quando questa gli fa cenno con la testa di raggiungerla. Perché Astrid vorrebbe passeggiare e metterlo a suo agio per potergli fare un discorso che da ben tre giorni si prepara, ma ovviamente non aveva preso in considerazione il fatto che avrebbe trovato Týr. Tanto mento avrebbe preso in considerazione il fatto che morisse dalla voglia di conoscere i suoi figli!
Infatti il vampiro la blocca saldamente per un braccio e la tira verso di sé, guardandola dritto negli occhi con un sorrisetto furbo ad increspargli le labbra.
«A quanto sento, c'è qualcuno che non mi è stato ancora presentato.» afferma sghignazzando Týr, curiosissimo di incontrare per la prima volta suo nipote. Se solo sapesse che in realtà sono due mine impazzite non sarebbe così ansioso di conoscerli.
«Ti accontento subito.» afferma il maggiore, avvicinandosi tranquillo al parapetto. C'è qualcosa nel suo sorriso che lascia Týr assai contraddetto. In fondo cosa ci può essere di così divertente nel presentargli suo figlio?
«Jena, lasciali!» ordina con voce tonante l'Imperatore, magnetizzando involontariamente gli occhi dei presenti sulla sua imbarcazione, dalla quale adesso provengono forti schiamazzi.
La porta che separa il sottocoperta dal piccolo ponte della nave viene brutalmente sfondata con una spallata da Floki, adesso distinguibile dal fratello grazie alla giacca viola che indossa, a differenza del fratello che la porta blu. Certo, i due genitori sono sempre con l'olfatto sotto sforzo perché i due principini tendono a scambiarsi gli abiti per dispetto, ma per loro fortuna non è questo il caso.
«Ti assomiglia.» afferma Týr, sorridendo soddisfatto di fronte allo sguardo determinato e furbo del nipote.
«Floki, dov'è Bjorn?» gli domanda Astrid con quanta più gentilezza dispone, ricevendo in risposta solo un ghigno strafottente. Non fa neanche in tempo poi a domandargli di nuovo, magari snudando le zanne nel vano tentativo di metterlo almeno in soggezione, che il gemello, più silenzioso e sfuggevole, le salta al collo con un balzo sin troppo agile e preciso per la sua tenera età.
«MAMMAAA!»
La donna lo afferra saldamente, stringendogli le braccia sotto il sedere e tenendolo stretto a sé. Il cucciolo a sua volta si stringe alla madre, lasciandosi accarezzare sulla testa e baciare sulla guancia. Poi però si rende conto di una presenza strana, fatto che lo incuriosisce assai. Comincia subito a dimenarsi e a scalciare per liberarsi, attirando così l'attenzione del fratello.
«Lasciami subito!» urla convinto, riuscendo a liberarsi dalla presa della madre, che lo mette delicatamente a terra e lo osserva mentre corre a rotta di collo verso quello che ha riconosciuto come zio.
Il piccolo Floki, ancora sulla nave dei genitori, urla a pieni polmoni il nome del fratello per capire cosa lo abbia fatto agitare così tanto, preoccupandosi a morte quando lo sente urlare a sua volta. Non pensa neanche che non possiede l'agilità del fratello quando prende la rincorsa e salta sulla nave pirata, ritrovandosi poi aggrappato precariamente alla balaustra con le manine ossute. Se non fosse per l'intervento del padre, che lo afferra come un cuccioletto per la collottola e se lo porta vicino al viso, sarebbe finito in acqua.
«Se ci provi ancora, ti sfilo la colonna vertebrale e ci suono l'Adagio di Albinoni.»
Il piccolo principino sorride allegro anche se è appena stato minacciato e subito comincia a dimenarsi come un'anguilla pur di scendere e correre verso colui che ha attirato al sua attenzione. Non si tratta certo dello zio, di lui gli importa poco o niente. No, l'oggetto di tanta meraviglia è il mastodontico uomo che dal suo seggio osserva incuriosito la scena.
Quando finalmente riesce a liberarsi dalla presa del genitore, trotta velocemente fino a ritrovarsi di fronte a lui, guardandolo con aria meravigliata.
Barbabianca, dal canto suo, osserva con curiosità il marmocchio che ha cominciato a tastargli la gamba come per volersi accertare di non trovarsi di fronte ad un miraggio, ritrovandosi a sorridere sotto ai grandi baffi bianchi quando gli sorride pieno di gioia e si arrampica un po' goffamente su di lui e si adagia sulle sue gambe come faceva Akemi da piccola.
«Perché lui non mi considera?» domanda scocciato Týr, tenendo sempre stretto tra le braccia il piccolo Bjorn, intento a studiarlo nel dettaglio. È confuso il piccolo Lothbrook, consapevole che lo zio dovrebbe essere morto stecchito e sepolto sotto a tre metri di terra. Non fa domande però, un po' perché non gli interessa la risposta e un po' perché essendo nato ad Helheimr è abituato a tutto.
«Floki tende a farsi gli affari suoi.» risponde calmo il fratello, afferrando il figlio e strappandolo senza tante cerimonie dalle braccia del fratello, per caricarselo in spalla e scuoterlo come una maracas per farlo divertire.
«Marco?»
Il Comandante si volta di scatto verso la Sovrana, tornando così con i piedi per terra. Vedere quei bambini così buffi e agitati, completamente a loro agio in mezzo ad una delle ciurme più temibili di tutti i mari, gli ha ricordato terribilmente Akemi. Anche lei non aveva assolutamente paura e nutriva una profonda curiosità per tutto quello che la circondava. Per non dire poi che i due marmocchi un pochino le somigliano pure nei lineamenti.
S'incammina con passo indeciso verso il sottocoperta, seguendo a distanza la licantropa che, senza che le venga detto assolutamente niente, si dirige sicura verso la sua cabina seguendone semplicemente l'odore.
Quando poi vi entra, morde a sangue la lingua per trattenersi. Se la situazione fosse diversa, criticherebbe fino alla nausea ogni singolo oggetto. Criticherebbe anche la capigliatura dell'uomo e il suo abbigliamento, a dirla tutta. Però la situazione è quella che è, e lei non se la sente, stranamente, di infierire su un uomo che sta soffrendo in quel modo. Le era successo poche volte prima d'ora, e ogni volta le persone risparmiate erano sempre coloro che portavano grandi novità e rivoluzioni nel mondo.
Si dirige con passo calmo fino all'oblò, che apre con mano sicura per potersi così accendere una sigaretta, ben lontana dagli occhi dei due piccoli demoni che ha faticosamente e assai dolorosamente messo al mondo. Se infatti la vedessero fumare, farebbero tutto ciò che è in loro potere - e di certo non è poco - per riuscire a rubarle quanto meno la sigaretta appena accesa e fumarsela. Non che alla fine ciò possa danneggiare la loro salute, ma vederli fumare già da adesso la disturba alquanto. E la disturba ancora di più il fatto che il marito non faccia niente per bloccarli, usando la scusa che “devono imparare da soli”.
Marco, ben lontano dalla donna, non ha idea di cosa dirle. Non sa neanche spiegarsi se è perché è la madre di Akemi o perché è così maledettamente bella che non riesce a guardarla senza arrossire, ma si sente indecentemente a disagio in sua compagnia. Disagio che aumenta ogni volta che, anche se per un secondo, sposta i suoi grandi e luminosi occhi color del cielo sulla sua figura.
Astrid sa benissimo in quale stato d'animo si trova il giovane uomo di fronte a sé. Non le serve neanche l'olfatto per capirlo: i muscoli tesi, le mani che si torturano l'una con l'altra, il labbro inferiore che viene morso. È proprio per questo che decide di vuotare il sacco, di rischiare di perdere la propria bambina.
«Le manchi. Da morire.» afferma di punto in bianco, lasciando che la cenere si dispera nel vento. Nessuna delle persone che conosce crederebbe che quella donna così pacata e quasi dolce possa essere davvero lei, generalmente incazzosa e pronta ad uccidere se la saluti in modo sbagliato.
«Da quando l'abbiamo ripescata dal mare e riportata a casa, non fa altro che dannarsi interiormente per te. Non vuole darlo a vedere, vuole mostrarsi forte, vuole integrarsi con i suoi simili, ma sta male.» continua con voce calma e sicura, continuando a guardare il Comandante dritto negli occhi, leggendovi dentro una chiara speranza che si riaccende.
Lo avvicina con passo lento, tenendo le mani ben in vista. Sa bene quanto possa essere inquietante la presenza di un immortale e quanta paura possa suscitare vederselo arrivare in contro con passo spedito, quindi preferisce essere cauta e metterlo il più possibile a suo agio.
Gli poggia delicatamente le mani sulle spalle, cercando un contatto visivo che però il pirata le nega. Sbuffa contrariata, decidendo però saggiamente di evitare di sbattergli la testa nel muro, almeno fino al momento in cui non avranno un minimo di confidenza.
«Ti chiedo gentilmente di non arrabbiarti con lei quando la vedrai, di parlarci nel modo più tranquillo possibile. Non avrebbe mai voluto lasciarti.»
Dal momento che il pirata continua a rimanere in silenzio, fissando con insistenza un punto imprecisato al suo fianco, la donna comprende che è il caso di lasciarlo solo a riflettere, di non continuare a girare il coltello in quella ferita così dolorosa. Se la situazione fosse diversa, se in ballo non ci fosse la sua amatissima figlia, continuerebbe eccome, provandoci pure uno smisurato piacere.
«Noi raramente parlavamo tranquillamente...» mormora debolmente Marco nel momento esatto in cui la donna apre la porta per andarsene, voltando finalmente la testa e guardandola dritto negli occhi.
Ma è mai possibile che sono tutti così indecentemente belli?! si domanda scocciato, pensando anche che la donna è nettamente più bella di Akemi. A dirla tutta, è proprio uno splendore.
Quello che Marco non sa, è che tutti gli immortali sono più o meno belli proprio per la loro difficile condizione. Il loro aspetto, infatti, li aiuta molto durante le battute di caccia: pure il vampiro o il licantropo d'aspetto più sgradevole risulterà sempre bellissimo per un umano, cosa che lo attirerà sempre tra nel suo letale abbraccio.
«Lo so. È un osso duro, non trovi?» ridacchia realmente divertita Astrid, rivolgendogli anche un luminoso sorriso che lo fa barcollare. Seppur con una certa indecisione, Astrid lo avvicina e gli afferra delicatamente una mano, senza mai abbandonare il contatto visivo. «Si sistemerà ogni cosa, Marco. Non devi più logorarti, adesso.»
Nel frattempo, sul ponte principale della Moby Dick, l'equipaggio è stato velocemente preso d'assalto dai bizzarri ospiti: Jena, senza tante cerimonie, è andata subito a parlare con il Quinto Comandante, comportandosi come un civetta come al suo solito; Silly ha subito provato ad integrarsi e fare amicizia, cercando in tutti i modi di far conversazione; Mimì, ormai abbandonata l'emozione iniziale, si è messa a discutere con Satch della questione “sei un mostro” ancora lasciata in sospeso; Barbabianca è stato letteralmente assalito dai due gemelli, che a lui ricordano decisamente una coppia di furetti impazziti. Si è ritrovato, senza neanche rendersene conto, con il piccolo Bjorn intento ad arrampicarsi fin sul suo collo e Floki a mordergli le mani. Non che riesca a fargli male, dal momento che non ha ancora la dentatura da lupo, ma è comunque piuttosto irritante, motivo per cui l'ha afferrato per una caviglia e ha cominciato a farlo dondolare avanti e indietro, scatenandone le risate. Dopo pochi istanti, si è ritrovato a far oscillare entrambi i bambinetti, riscontrando una notevole somiglianza con la sorella.
Fenrir e Týr, invece, se ne stanno di lato, in silenzio. Ognuno pensa ai propri affari, a ciò che lo aspetta una volta tornato a casa e, ancor peggio, a cosa accadrà dopo. Perché entrambi sanno che Peter è una minaccia sin troppo reale per tutti quanti, soprattutto considerando che tutte le creature soprannaturali che non sono ad Helheimr, per un motivo o per un altro, si sono schierati dalla sua parte.
Dopo interminabili minuti di assoluto mutismo, è Fenrir a rompere il ghiaccio, segno che ha tutta l'intenzione di passare sopra all'intera faccenda e riaccogliere l'adorato fratellino a braccia aperte.
«Sento che l'uomo che mia nipote ha attaccato è ancora vivo.» mormora senza staccare gli occhi dai figli, uno appeso a testa in giù dal capitano e l'altro che cerca di convincere Pugno di Fuoco a giocare ad acchiapparella senza grandi risultati.
«Teach?» domanda Týr, preso in contropiede. Era talmente assorto nel pensare a come affrontare Wulfric – sua unica vera minaccia – per ascoltare con attenzione ciò che il maggiore aveva da dirgli. «Già, è chiuso nella stiva. Abbiamo deciso di aspettare il ritorno di Lilith prima di fare qualsiasi cosa. Per adesso è ai ferri.» la sua voce è calma, le sue labbra tese in un lieve sorriso. La cosa sorprende a dir poco il maggiore, che più di chiunque altro sa quanto il vampiro sia incline alla violenza e all'omicidio.
«Decisione discutibile, ma allo stesso tempo saggia.» afferma dopo qualche secondo di ragionamento, in cui ha compreso che la paura dovuta al loro incontro lo ha spinto a non torcergli neanche un capello. Decisione saggia, in fondo, dal momento che pure lui sa che l'intera ciurma è, per un certo verso, sotto la protezione della piccola Lothbrook.
«Tu gli avresti staccato la testa senza tante storie.» ridacchia Týr, voltando la testa verso di lui e sorridendogli con aria beffarda. Poi, come da sempre è solito fare, gli sfila dalla tasca dei pantaloni il pacchetto di sigarette e gliene frega una, sedendosi a fumare sul parapetto con le gambe ciondoloni.
«Io ho un temperamento diverso, Týr.» soffia il maggiore, già pronto a spingerlo di sotto per dispetto. Gli scoccia dirgli che ha ragione e che lo avrebbe fatto fuori, infischiandosene delle regole da loro create.
«Tu sei violento.»
Lo afferra saldamente per la collottola, Fenrir, spingendolo leggermente fuori bordo. Avvicina pure il viso al suo collo, fissandolo minacciosamente con il suo diabolico occhio color rubino.
«Vuoi morire di nuovo, fratellino?» domanda sarcastico, non sorprendendosi nel vedere un sorriso sghembo spuntare sulle labbra pennellate del minore.
«Non mi faresti mai del male. Mi adori troppo!» risponde convinto, allungando senza esitazioni una mano per afferrargli i folti e disordinati capelli e strattonandolo un poco di lato come ha sempre fatto. Perché loro due sono sempre stati così: attaccati morbosamente l'uno all'altra, pronti a picchiarsi furiosamente per un niente di fatto, e subito più che disposti a far pace. L'uno per l'altra sono sempre stati tutto: amici del cuore, fratelli, confidenti. Fenrir, soprattutto durante la loro vita da umani, ha fatto pure da figura paterna per il minore, proteggendolo dai pericoli ed insegnandogli le nobili arti del combattimento, della caccia e della navigazione.
«C'è sempre una prima volta.» ghigna il mannaro, riprendendosi le sigarette e accendendosene una. «Spiegami una cosa, perché so che c'è una risposta e che la conosci.» afferma subito dopo, soffiando una densa nuvoletta di fumo chiaro «Come hai fatto a restare in vita e a creare quel legame con lei?»
Il fatto che Týr, dapprima sorridente e con un'espressione che ispira calci nei denti a ripetizione, si sia improvvisamente impietrito la dice lunga, e Fenrir ci avrebbe scommesso anche l'occhio che sarebbe andata così. Conosce troppo bene i suoi polli.
«Prima di risponderti, premetto una cosa: non avevo alcuna cattiva intenzione, chiaro?» nel dirlo è sceso velocemente dal parapetto e ha alzato le mani in segno di resa – e sottomissione -, indietreggiando di qualche passo per avere così più possibilità di scappare non appena avrà vuotato il sacco.
Si porta una mano sul viso, Fenrir, chiudendo l'occhio e respirando pesantemente per mantenere il controllo. Gli sembra quasi impossibile che in neanche mezz'ora stia riuscendo a fargli perdere la testa per la seconda volta.
«Parla. Subito.»
Indietreggia ancora Týr, sorridendo con aria innocente e grattandosi la nuca con fare nervoso. Non sa bene come dirgli cosa ha fatto, soprattutto per la paura che pure Astrid possa venire a saperlo, ma sa bene che o con le buone o con le cattive almeno suo fratello lo verrà a sapere. Quindi, per evitare una scarica di botte epica, gli conviene essere collaborativo.
«Ho... beh, avevo bevuto il suo sangue.» ammette fingendosi piuttosto indifferente, sforzandosi con tutto sé stesso di smettere di indietreggiare per non farlo innervosire ancora di più.
«COSA HAI FATTO?!»
A giudicare dal modo in cui Fenrir gli ha appena urlato contro e dal fatto che sia scattato in piedi come una molla, forse gli conveniva arretrare ancora. Anche afferrare i Comandanti dalla corporatura più massiccia ed usarli come scudo umano non sarebbe stata una cattiva idea.
«Ero curioso di sapere se mi avrebbe dato problemi, non volevo farle male! Poi volevo pure provare quell'incantesimo che Astrid ha proibito... ricordi? Le anime legate dal sangue, quella porcata lì. Ero curioso e così l'ho testato su di lei, un po' anche per la sicurezza di entrambi. Comunque non ha sofferto per niente, non se ne è nemmeno resa conto, giuro!» vomita quelle parole ad una velocità sorprendente, gesticolando animatamente con le mani e continuando a camminare all'indietro nel vago tentativo di mettere più distanza con il fratello, cosa che avviene solo quando il maggiore si blocca in mezzo al ponte per massaggiarsi le tempie e concentrarsi sulla respirazione sempre più irregolare.
Týr, ormai sicuro di essere fuori pericolo, mette completamente da parte la paura che un tipo come lui può infondere e gli si avvicina di nuovo, azzardandosi pure a cingergli il collo con il braccio. Lo osserva attentamente, cercando di capire dalla sua espressione di cera cosa gli passi per la testa, senza però riuscire a capire il suo stato d'animo.
«Fenrir...?» lo scrolla leggermente per attirarne l'attenzione, tirandogli anche una ciocca di capelli «Non capisco se sei furioso o meno...»
I presenti li osservano senza capire cosa abbia scatenato il lupo, cercando una risposta, che ovviamente non trovano, negli sguardi sconvolti delle tre antiche ospiti. Nessuna delle tre era a conoscenza dell'esistenza di tale incantesimo, di cui in realtà nessuno conosce il nome originale. Lo chiamano semplicemente “Legame dell'anima”: consiste nel creare un cerchio col proprio sangue in uno spazio aperto sotto ai raggi della Luna piena, entrarvi assieme a colui con cui si vuole stringere il legame ed invocare un Demone; quando si ha un segno che la creatura spirituale è apparsa, si offre il proprio sangue in dono e si chiede che le anime vengano unite fin dopo la morte di uno dei due, dopo di che si beve il sangue di colui con cui si vuole unire l'anima. Il Demone poi se ne andrà da solo, soddisfatto del compenso, e le due anime saranno legate per l'eternità. Certo, se poi l'anima del defunto riesce a tornare al suo corpo l'incantesimo si spezza, ma non era mai successo prima.
Astrid, seppur scettica al riguardo, aveva pensato che potesse accadere qualcosa di strano con creature come loro, ed è per questo che aveva fatto cancellare ogni traccia di quell'incantesimo, eliminando anche tutti coloro che ne erano a conoscenza, ad eccezione ovviamente del Re delle Tenebre.
Adesso, se i pirati di Barbabianca scoprissero ciò che quel vampiro folle ha fatto alla loro piccola Akemi, gli salterebbero tutti addosso per fargliela pagare, ma per sua enorme fortuna le tre immortali non ne fanno assolutamente parola.
Fenrir, che pare essere caduto in uno stato di profonda meditazione, volta piano il capo verso il fratello, fissandolo in cagnesco.
«Taci, psicotico del cazzo, o ti disosso.» sibila a denti stretti, rimanendo immobile anche quando i gemelli gli si lanciano violentemente contro le gambe.
Týr, sorridendo falsamente, indietreggia piano e afferra Jena per un polso, trascinandola con sé, sia per avere compagnia, sia per farsi dare qualche idea su come poter affrontare l'ira di Wulfric. Perché sarà sì il suo migliore amico da sempre, gli avrà anche salvato la vita quando era un bambino gracile e povero, ma dopo un colpo basso come questo... beh, non lo chiamano il Mietitore tanto per.
Prima di sparire sottocoperta e lasciare finalmente Fenrir a discutere dei fatti suoi col capitano, Týr si volta di scatto e gli punta contro un dito, sfoggiando il sorriso più allegro ed innocente che riesce a trovare, esclamando: «Solo una cosa, poi sto zitto: non dirlo ad Astrid!»


Se per i pirati di Barbabianca ogni occasione è buona per far festa, si può dire altrettanto per il gruppo di immortali. Anzi, per loro non bisogna neanche trovare un pretesto: la festa si fa punto e basta. In fondo, anche “solo” dopo un centinaio d'anni, il tempo in qualche modo devi pur passarlo.
Dopo la breve discussione con Týr, Fenrir si è ritirato nelle cucine assieme a Mimì e altri pirati, e si è messo ad insegnare loro alcuni piatti che lui adora. Perché Fenrir non è solo un guerriero assetato di sangue, non è solo l'Imperatore degli immortali, no: lui è anche un cuoco provetto. Mimì lo ha seguito semplicemente per ripicca a Satch e al suo vecchio insulto, così da fargli capire ben bene che non si deve mai più azzardare.
Týr è stato invece trascinato quasi di peso da Jena nella stiva per raccattare le sue cose e metterle in ordine sulla nave del fratello, ed anche per nutrire e rendere i cani quasi presentabili. Trasportarli poi sulla nave non è stato per niente semplice, dal momento che i gemelli li hanno trovati coccolosi e hanno voluto per forza giocarci, approfittando anche del fatto che il padre aveva da fare in cucina e la madre era troppo presa da un'allegra conversazione col capitano. Già, perché contro ogni prevedibilità la donna ha stretto velocemente amicizia con l'imponente uomo, trovandolo oltremodo interessante. La cosa non è andata per niente giù a Týr, incredibilmente geloso delle attenzioni che Astrid dava all'uomo, ma essendo troppo impegnato a controllare che gli scatenati nipoti non gli facessero letteralmente a pezzi i cani ha lasciato correre.
Silly, invece, ha fatto amicizia con diversi membri dell'equipaggio. Ha avvicinato in modo particolare Rakuyou, ha fregato il cappello ad Ace e poi è andata a fare quattro chiacchiere con la più improbabile coppia dell'equipaggio, giusto per capire meglio perché Lilith amasse tanto profondamente la Comandante. E l'ha capito benissimo, arrivando ad adorarla in breve tempo per la sua lingua tagliente e la sua intelligenza.
Adesso, dopo una cena tanto abbondante quanto squisita, i vari pirati ridono e scherzano con i nuovi e stravaganti amici. In particolar modo giocano con i gemelli, che prima di presentarsi a cena si erano liberati dei propri indumenti e avevano indossato vestiti trovati nelle varie stanze dei pirati. La cosa ha creato, all'inizio, un poco di indignazione generale, ma quando i due si sono messi a ballare sui tavoli e a prendere in giro qualsiasi creatura conoscano, la situazione si è rilassata. Anzi, più che rilassata, è esplosa: tutti hanno cominciato a dire loro chi imitare, galvanizzandoli e facendoli partire completamente di testa.
La situazione è completamente degenerata nel momento in cui i due piccoli terremoti sono riusciti a scovare il bong dello zio e hanno insistito per poterlo provare. È stato proprio il padre, con sorpresa generale, ha dare loro l'okay e a farli provare, dicendo che preferisce che certe cose le facciano con lui vicino. I piccoli, sempre più eccitati, hanno cominciato a sputare fumo come draghi, sbandando da una parte all'altra e ridendo come due indemoniati, scatenando le risate generali. Quando poi si sono finalmente calmati, per due Comandanti è cominciato l'inferno: Bjorn ha ben pensato di andare da Blamenco a rovistargli nelle tasche, ridendo e sorprendendosi ogni volta che estraeva qualcosa che per lui era buffo o improbabile; Floki, invece, ha preferito rannicchiarsi sulle gambe di Marco a mangiucchiare biscotti. Il Comandante non è stato per niente contento di ciò, ma ha fatto finta di niente e ha continuato ad ascoltare le sciocchezze che Silly, Izo e Rakuyou riescono a tirar fuori, lasciandosi pure sfuggire una risata di tanto in tanto.
Con l'assopirsi dei piccoli diavoli dagli occhioni azzurri, la situazione si è leggermente calmata. Certo, ci sono le vampire di Týr che ballano sui tavoli al ritmo allegro della musica suonata da Mimì e Jena, ma a parte questo è tutto tranquillo.
Astrid, seppur a malincuore, ha abbandonato l'interessante conversazione che stava tenendo con Fenrir e Barbabianca, più che lieto di poter conversare affabilmente con due persone che hanno letteralmente visto la storia scriversi, e se ne è andata da Týr. Aveva già precedentemente notato che aveva messo su il muso, ma aveva preferito ignorarlo per godersi una bella cena e una sana conversazione con un uomo interessante.
Týr, stranamente seduto al tavolo dei Comandanti, osserva con fastidio Barbabianca parlare e scherzare con suo fratello, non riuscendo a capire perché lo trovi tanto interessante. Insomma, è un comunissimo umano! Perché mai stare al suo fianco a discutere di sciocchezze anziché stare con lui?
Altro motivo da aggiungere all'infinita lista “perché il vecchio deve morire”.
Stufo di quell'insopportabile affinità si alza in piedi di scatto, barcollando appena. Astrid non fa neanche in tempo a chiedergli cosa gli sia preso e neanche ad afferrarlo per un braccio per evitare che caschi da qualche parte, perché il vampiro si è già diretto verso i due Imperatori, più che deciso a riprendersi il fratello.
«Beh, credo sia ora di ripartire! Li avete conosciuti, loro due sono stanchi e... tu hai finito gli alcolici.» afferma sicuro, puntando l'indice accusatorio contro il temuto pirata, che a sua volta lo guarda senza capire esattamente cosa voglia e tanto meno perché.
«C'è una bottiglia di vodka proprio lì.» lo informa Marco, concentrandosi con tutto sé stesso per ignorare il principino che segue i contorni del suo tatuaggio con i denti della forchetta. Sa bene che se facesse del male, anche per sbaglio, a uno dei due, tutte le possibilità che ha di parlare civilmente con Akemi, magari anche di riallacciare un rapporto di semplice amicizia, andrebbero a gambe all'aria.
Týr, calmo e serio come poche volte in vita sua, lancia una veloce occhiata prima al Comandante e poi alla bottiglia appoggiata sul tavolo alle sue spalle. La trova incredibilmente odiosa ed è per questo che pensa bene di stapparla con i denti e di scolarsela praticamente alla goccia, lasciando di stucco tutti i presenti, che sono sì grandi bevitori ma non di certo a livelli simili.
«No, è vuota.» afferma con una punta di indifferenza nella voce, lasciando andare la bottiglia vuota sul tavolo.
Fenrir, disgustato ma non sorpreso, si passa una mano sul volto e si lascia andare ad un sospiro rassegnato, tornando poi ad osservare l'ubriaco fratellino «Bello, sono sempre più convinto che tu debba andare almeno una volta agli incontri dell'anonima alcolisti.»
Týr lo guarda con sgomento, aprendo a scatti la bocca senza far uscire alcun suono. Prova a metabolizzare la frase da lui pronunciata, a rimuginarci sopra, finché dopo qualche secondo le parole escono dalle sue labbra come un fiume in piena «Fenrir, come puoi dirmi una cosa simile?! L'anonima alcolisti va contro tutto quello che considero buono e puro in questo mondo!»
«Non penso che riuscirebbero a fare qualcosa con lui.» afferma sconsolato Rakuyou, bevendo quel poco che rimane nel suo boccale d'un fiato.
Týr, con passo barcollante, si dirige quanto più velocemente può verso la porta per andarsene sul ponte, consapevole pure da sbronzo che il fratello non gli permetterà mai di allontanarsi troppo senza di lui.
«Sono una setta, ve lo dico io. Sì, proprio come i matti, gli omosessuali o gli anziani!» farfuglia in un momento di puro delirio, scatenando le risate generali. Ad Ace va pure di traverso l'ultimo sorso di birra e finisce inevitabilmente per sputarne più della metà sul tavolo. Colpisce pure Silly che, contro ogni sua aspettativa, scoppia in una fragorosa risata. Certo, subito dopo gli sputa addosso del rum aromatizzato, ma non gli importa. L'importante è che non perda le staffe!
«Sta fuori come una piccionaia.» afferma sconcertato Barbabianca, senza staccare gli occhi dal vampiro che viene sorretto da una delle vampire. Era convinto di aver già visto e sentito le cose peggiori del suo repertorio, ma adesso capisce che sotto ci sono chissà quanti altri strati da scoprire.
«Ti dirò che un po' mi fa paura.» ridacchia Fenrir, alzandosi di malavoglia dal suo posto e stiracchiandosi i muscoli intorpiditi.
Astrid lo affianca velocemente, cingendogli la vita con le braccia e sorridendogli allegra. E come potrebbe non essere felice? Il suo grande amico-nemico, storico compagno di scorribande e padre di sua figlia è vivo, sta bene e presto tornerà a casa con loro. La sua vita è perfetta, non potrebbe chiedere di più. Certo, forse potrebbe desiderare la morte di Peter, ma non vuole proprio pensare a lui in un momento simile.
«Comunque ha ragione: se partiamo ora, entro l'ora di pranzo saremmo all'isola.» mormora dolcemente al marito, sfiorandogli con la punta delle dita la cicatrice che gli solca la guancia e il naso, cercando per l'ennesima volta ad immaginarlo senza, non ottenendo alcun risultato decente.
Fenrir annuisce distrattamente mentre si lascia andare ad un sonoro sbadiglio, voltandosi poi verso Newgate e poggiandogli amichevolmente una mano sul grosso e muscoloso braccio.
«Vi va bene viaggiare di notte?» gli domanda realmente interessato. Non vuole che si affatichino o che facciano qualcosa contro la loro volontà: hanno già sopportato suo fratello per troppo tempo!
«E che problema c'è?» risponde sorridendo fiero il capitano, dando una sonora pacca sulla schiena a quello che, ne è sicuro, potrebbe diventare un valido alleato. Anzi, è quasi del tutto certo che già lo sia!
La coppia sorride amichevolmente all'uomo e s'incammina fianco a fianco verso il vampiro che ha preso a sbattere la testa contro il muro per il nervoso, ridacchiando appena quando questi fa loro il gesto di muoversi perché si sta rompendo. Tutto con una sottilissima volgarità, s'intende.
«Voi due, signorini, a letto, forza.» ordina Astrid ai due piccoli terremoti, rallegrandosi e sentendosi potentissima nel vederli scattare in piedi senza discussioni.
«Dormiamo nella camera della tata!» urlano in sincrono i piccoli, prendendosi a braccetto e trottando allegri verso la madre, ostentando una più che evidentissima vivacità. Sono in pochi a rendersi conto che quei due non hanno la minima intenzione di andare a dormire, ma preferiscono non farne parola. È sufficiente vedere Astrid incazzata una volta per essere a posto per tutta la vita.
«A me fanno più paura loro due.» borbotta a denti stretti Silly, facendo ridacchiare i due pirati seduti vicino a lei. Non le danno neanche torto, dal momento che quelle due piccole belve hanno dato prova di essere addirittura peggio dell'antico zio.
«Va bene, ma prima di andare a letto prendete le vostre vitamine.» Astrid sventola davanti agli occhi dei due principini un barattolino bianco, sicura che almeno per questa volta non faranno storie. Secondo Fenrir è inutile dare loro vitamine o integratori alimentari vari solo perché crescono troppo velocemente per i loro standard, ma Astrid non ha voluto sentire ragioni: ha deciso che i suoi adorati piccoli psicopatici ne hanno bisogno e così è.
Allunga la prima pasticca a Bjorn che, sorprendentemente, la ingolla in silenzio, aprendo anche la bocca per rassicurarla.
«Bravo amore.» gli carezza dolcemente la testa e lo segue per pochi secondi con lo sguardo mentre corre tra le braccia di Jena, concentrandosi subito dopo su Floki. La sua espressione, così arrogante e furba, non le piace assolutamente, ma vuole continuare a credere che sia docile come il fratello, così gli mette tra le labbra sottili la piccola pasticca, che neanche un secondo dopo viene sputata da un lato.
«Non mi piace.» sentenzia capriccioso il bambino, incrociando le esili braccia al petto e guardando la madre con aria di sfida.
«Comunque devi prenderla.»
Ci riprova per ben altre quattro volte, Astrid, ma ogni volta la pasticca viene sputata con un'incredibile noncalanche. L'ultima, addirittura, viene sputata dritta, dritta sul suo bel viso, fatto che la manda in bestia.
«FLOKI!» urla già sul piede di guerra, afferrando il bambino per i capelli e avvicinandolo pericolosamente al proprio viso per mostrargli le zanne come avvertimento. Quando però il moccioso le scoppia a ridere in faccia, divertito inspiegabilmente dalla sua rabbia, decide di cambiare tattica, inginocchiandosi a terra e carezzandogli amorevolmente la testa. Dire che si sta vergognando a morte è totalmente superfluo.
«Fingi che sia una tic-tac!» gli allunga di nuovo la pasticca, sorridendogli nel modo più amorevole che può, ma Floki, senza tante cerimonie, le tira una pacca sulla mano, spedendo la pillola da tutt'altra parte.
«Cosa sei, una spacciatrice di vitamine? Vuoi farmi diventare vitamina dipendente, così, in crisi di astinenza, potrai farmi ballare come una scimmietta?»
I presenti non sanno se ridere o sparare un colpo in testa a quello che, senza ombra di dubbio, un domani diventerà un soggetto assai pericoloso. Perché insomma, un bambino che ti tira fuori ragionamenti simili è chiaramente instabile mentalmente, e loro hanno avuto più di una prova per decretare che un immortale instabile è più pericoloso di un ordigno nucleare.
«Sì, decisamente fa più paura lui.» afferma sottovoce Izo, facendo così ridacchiare Silly.
Astrid, che nel frattempo si è tirata in piedi, si massaggia le tempie e respira profondamente nel tentativo di calmarsi, ma lo sguardo strafottente del figlio è come uno schiaffo in piena faccia.
«Certo, poi andrò nel cortile di qualche scuola pubblica e adescherò i bambini con le gambe storte.» sibila nervosa, mentre le mani cominciano a tremarle. Non lo picchia per il semplice fatto che non gli farebbe comunque paura, motivo per cui è sempre Fenrir a massacrarli di botte.
«Dai, prendi la pillola.» sbotta spazientita, afferrando il figlio per un braccio e provando inutilmente a fargli ingollare le vitamine, sorprendendosi nel constatare che la sua forza aumenta di giorno in giorno in modo assai considerevole.
Questi due diventeranno dei mostri...
«Non la voglio! Lasciami in pace!»
Fenrir, più che stufo delle bizze del piccolo principe, li raggiunge a grandi falcate e strappa il barattolo con le pillole dalle mani della moglie, afferrando poi il figlio per una spalla e buttandolo a terra. Tempo un secondo e già lo ha bloccato a terra con un ginocchio in mezzo alle scapole, mettendogli inoltre la pillola in bocca a forza e tenendo poi una mano sulle labbra per impedirgli di sputarla. Per sicurezza gli ha tappato anche il naso con la stessa mano, così da costringerlo ad ingoiare pur di poter tornare a respirare. Cosa che infatti accade nell'arco di pochi secondi.
«Bravo il mio terremoto.» afferma sorridendogli e caricandoselo in spalla, ignorando deliberatamente le sue futili minacce di morte.
Týr, davanti alla porta, ha osservato tutta la scena con un forte senso di pietà ad invadergli il cuore. Anche lui, quando era piccolo, veniva costretto così da Fenrir a prendere gli intrugli che gli somministravano quando si ammalava. Ed è anche così che lo aveva costretto a bere il sangue sintetico la prima volta. Ed anche a rimettersi le mutande un giorno che decise di girare nudo per strada senza una particolare ragione. Se ci pensa, Fenrir ha sempre usato il solito modo per convincerlo a fare piccole cose: bloccarlo a terra e tentare di strangolarlo.
«Mimì!» tuona l'Imperatore, facendo scattare sull'attenti la vampira. «Tu rimani pure qui per stanotte.» il sorriso pieno di gioia e gratitudine che la ragazza gli rivolge fa sorridere pure lui, lieto di vederla di nuovo felice come un tempo. «Jena, prima di metterti qui di vedetta, voglio che leghi Ecate alla nave, così da far tenere loro la nostra stessa velocità.»
«Non è rischioso?» controbatte preoccupata la mannara dai lunghi capelli corvini, dirigendosi comunque verso il proprio Signore per eseguire i suoi ordini.
«No, se Ecate non va troppo veloce.»
«E io?!» urla a pieni polmoni Silly, scattando in piedi con un balzo e atterrando con grazie sul tavolo.
Fenrir le rivolge un lieve sorriso e le fa semplicemente cenno con la testa di seguirlo. Starà con lui a fare la guardia mentre Astrid e Týr riposano, in modo tale da darle anche quelle dritte su delle particolari tecniche di combattimento che da tanto tempo le aveva promesso.
Ace la osserva attentamente mentre si dirige verso il suo Signore, seguendone attentamente i movimenti: gambe forti e slanciate, corporatura longilinea, piccola di statura, i capelli rossicci legati in una treccia laterale e il suo cappello arancione che ciondola sulla sua schiena. Quando poi la mannara si volta a salutarlo e si calca sugli occhi il copricapo, si ritrova a sorridere come un ragazzino nel ripensare a come se lo sia preso.

«Ma è meraviglioso!» si complimentava Silly «Dico davvero! La vestibilità è perfetta, è fatto con il cervello!»
Rakuyou ridacchiò, appoggiato al parapetto del vascello paterno sul tranquillo ponte di poppa. Quella strana immortale senza i pantaloni era riuscita a convincerlo a sfilarsi di dosso il soprabito, e se l’era provato senza badare troppo al fatto che l’odore non fosse dei migliori. Certo, lo lavava, però era pur sempre il suo indumento preferito, e quindi il più messo. «Merito delle sartorie di Creüza! Sono i migliori, quando si tratta di ago e filo!» le spiega orgoglioso il capitano della Settima Divisione.
Gli occhielli rifiniti, i bottoni ben saldi, la chiusura sul collo esattamente dove era necessaria per ripararsi dal vento forte che spirava sulle navi in mezzo agli oceani; tasche nascoste piene di piccoli tesori che le mani di Silly sfiorano, ma lasciarono rispettosamente al loro posto.
«Creusa, giusto?» si sincerò la lupetta, già programmando il prossimo viaggio.
«Creüza.» la corregge il pirata issandosi a sedere «La pronuncia è diversa.»
Silly adorava Rakuyou. Mimì la conosceva e capiva bene come quello strano pirata, pieno di orecchini e con i capelli rasta, potesse attirare un tipetto curioso come Silly, che osservava con occhi spalancati il mondo nonostante vi scorazzasse da parecchi millenni. Forse era proprio questo suo sorprendersi di continuo per le piccole cose che non le rendeva indispensabile sballarsi tra festini e gozzoviglie come i suoi colleghi licantropi e vampiri. Quando avrebbe scoperto che razza di frutto aveva mangiato il capitano Blamenco, avrebbe sicuramente tempestato di domande anche lui.
Portuguese D. Ace si avvicinò al fratello, notando la massa di dreadlock biondi in lontananza.
«Ehi Rak» lo richiamò. «Senti, puoi spostare un po’ il tuo vascello, nella rimessa sotto la stiva, sta dando fastidio a… che cavolo è successo?!» si bloccò.
Rakuyou senza soprabito è come Akemi senza tatuaggi. Come il mare senza vele. Come la Marina senza idioti. Impossibile.
Il pirata che stava con Silly scoppiò a ridere, e si prese tra le dita il tessuto della camicia che gli rimaneva addosso. «Che c’è? Solo con questa non mi riconosci?»
«Credo di non averti mai visto senza quel coso addosso…» boccheggiò Pugno di Fuoco riferendosi al soprabito bianco, con un mezzo sorriso. Poi si ricompose, tornando al solito ghigno, e disse a Silly: «Come hai fatto, signorina lupetta?»
«È stata convincente.» rispose Rakuyou serissimo.
«“Signorina lupetta”?» fece Silly, sgranando stranita gli occhioni.
«Beh, sei una signorina… e sei un lupo, a quanto ho capito. Silly, giusto?» si corresse Ace sorridendo ancora.
«Silly.» confermò la ragazza. «Nessuno mi aveva mai chiamata “signorina”» spiegò, finalmente liberando un sorriso rivolto al Secondo Comandante. «Non credo sia appropriato a me!»
«Va bene» concesse obbediente Ace con un inchino compito «La prossima volta ti chiamerò “giovanotto”. Rakuyou, devi spostare il tuo Morhead, come l’hai messo Halta non riesce ad uscire dalla Moby con il suo veliero e i tuoi sono tutti a zonzo.»
«Volo!» si preoccupò il comandante acchiappando il proprio soprabito che Silly gli porgeva per andare ad evitare una faida familiare.
«Cavoli, adesso ho freddo!» si lamentò Silly, rimasta orfana del caldo indumento di Rakuyou. «Ciao!»
«Te ne vai già?» protestò Ace. Accidenti, tutta quella messinscena per mandare via il fratello e la lupa se ne andava subito via?
«Ho freddo senza il soprabito!» spiegò lamentosa la piccola Silva. «Torno sulla nave così prendo un maglione.»
Ma non un paio di pantaloni, pensò Ace notando il suo abbigliamento, composto da un bikini con i laccetti e una grande camicia azzurra palesemente da uomo.
«Se è solo il freddo il problema…» e come per magia dalla mano del figlio di Newgate scaturì una fiamma vivida, intensa e calda, che fu avvicinata con precauzione alla ragazza.
«Oh. Questo è meglio del maglione.» riconobbe Silly mettendo le mani vicino al fuoco appena creato solo per lei.
Ace sogghignò. Quello che quando era ragazzo era considerato solo l’ennesimo modo per essere un mostro, sulle donne faceva sempre colpo.
«Sei una svelta a fare amicizia, ho visto.» osservò, per tentare una conversazione con quella strana ragazza che l’aveva immediatamente incuriosito. Metti l’atteggiamento tranquillo, metti la completa idiozia nel chiedere a Shanks se fosse rosso anche sotto la cintura, metti il fatto che avesse distrutto in un gesto la mandibola di una donna solo perché le si era avvicinata… insomma, non erano cose che si vedevano dappertutto, nemmeno per un pirata come lui.
«Siete bellissimi!» rispose senza peli sulla lingua Silly. «Siete… diversi. Vivi. Namiur è un uomo-pesce, ci pensi? Vengono discriminati in tutto il mondo ma lui… lui è il capitano dell’Ottava Flotta!! E Fossa ha detto che mi cucinerà le salsicce!! Ognuno di voi ha tanti segreti meravigliosi. Qual è il tuo segreto, Ace?»
Sono il figlio di Gol D. Roger, pensò il ragazzo, ma non fece in tempo a rabbuiarsi davanti a quegli occhi sognanti, e sentì la propria bocca rispondere: «Ma se è un segreto, perché dovrei dirtelo?»
«Rakuyou me l’ha detto» rispose con ovvietà la lupa.
«Ma non è un segreto per nessuno che lui e il suo soprabito siano inseparabili!»
«Non era mica quello, il segreto.» sussurrò piccata Silly.
«E che diavolo ti ha detto?»
«“Se è un segreto, perché dovrei dirtelo?”» ghignò furba la ragazza. «Ciao ciao, bel comandante!» spiccò un salto, gli rubò il grande cappello dalla testa e sparì, veloce e guizzante come l’acqua dei ruscelli.
*

Non appena il gruppo di immortali sparisce, nella grande sala mensa cala un profondo silenzio. La loro presenza aveva impedito a tutti i pirati di pensare che nell'arco di poche ore avrebbero rincontrato Akemi, che sarebbero seriamente sbarcati su un'isola celata al mondo intero, che sarebbero entrati in contatto con una comunità di esseri soprannaturali mangiatori di uomini. Solo adesso ci pensano sul serio: pensano che tutto cambierà in maniera definitiva, che stanno per aprire un nuovo capitolo nelle loro già frenetiche vite e che niente sarà mai più come prima.



*Questa parte è stata scritta gentilmente da Yellow Canadair, a cui appartiene il personaggio di Silly Silva. Devo dirtelo, anche se l'ho già fatto: io amo Silly! È dolcina e furba in una maniera meravigliosa! E finalmente non è solo Marco quelle che subisce angherie da un'immortale! XD
Yellow... TI AMO!!! 



Angolo dell'autrice:
Anche se in ritardo, eccomi qui! :D Anche questa volta ho una scusa: oltre allo studio (maledetta quella gente bastarda con una fantasia pari a 0 che dava nomi tutti uguali giusto per confondermi!), il mio ragazzo mi ha comprato una tavoletta grafica. Penso che sia inutile dire che ormai io e la tavoletta viviamo in simbiosi XD
Infatti, passandoci praticamente un pomeriggio, ho disegnato un sacco di gente! Il cattivo del sequel, un personaggio che apparirà a fine storia, Satch e Mimì (http://it.tinypic.com/r/w1u4o8/8 ), Marco e Akemi ed infine, disegno che ha richiesto non so quante ore, la nostra protagonista: http://it.tinypic.com/r/adcd8h/8 . Notate anche voi che ha ancora mooolti spazi bianchi sulla pelle? Io si. Ah! Un paio di tatuaggi verranno detti solo nel prossimo capitolo (mi sono avvantaggiata), mentre altri sono stati cambiati di disposizione (piccolo incidente di percorso xD). Prendiamola per buona via!
Ah, anche i gemelli ho disegnato (seppur da schifo): http://it.tinypic.com/r/f77g1/8 . E no, quelle non sono occhiaie, ma la matita sciolta! Perché, come detto nel testo, i due principini si divertono a truccarsi perché lo hanno visto fare alla sorella.
I loro nomi non sono stati scelti a caso: Bjorn è il nome di un vichingo realmente esistito, soprannominato “Fianco d'acciaio”; Floki, invece, è stato scelto in onore del meraviglioso personaggio della serie Vikings (che io sto aspettando impazientemente che ricominci! XD).
Poooi... Týr che viene finalmente preso a pugni? (tra l'altro lo farò picchiare anche nel prossimo capitolo, giusto per non farci mancare niente :3) :D Io non sono io se non faccio picchiare i miei OC. Non ne capisco il motivo, ma mi rende incredibilmente felice.
Marco presto mi ucciderà, me lo sento! Insomma, non gliene faccio andare una per il verso, povera creatura! Ma non temete, si riprenderà presto!
Nel prossimo, ovviamente, si ritrovano tutti, e questo è chiaro. Poi scriverò qualche capitolo dove le cose si sistemeranno un po', e tutto sembrerà andare per il meglio. Poi arriverà quello che forse è il colpo di scena più grande della storia! Poi botte, sangue, violenza... e poi non vi dico altro! XD

Bah, direi di aver stronzeggiato a sufficienza, che ne dite? :P
Un grazie di cuore a Lucyvanplet93, Nakurami, marisole, Chie_Haruka, Yellow Canadair, ankoku, Monkey_D_Alyce, Okami D Anima, KuRaMa KIUUBY e Keyea Hanako D Hono per le bellissime recensioni che mi hanno lasciato nello scorso capitolo.
Siete dei tesori

A presto, un bacione
Kiki~

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