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Autore: Ame Onna    24/11/2014    0 recensioni
Caroline e Aires erano due ragazzi, molto innamorati l’uno dell’altra. Il 7 gennaio 1869 era il giorno del loro matrimonio, ma qualcosa non andò come doveva andare.
Ci sono alcune persone che lo chiamano “Destino” o alte semplicemente “un caso”: nel momento sbagliato al posto sbagliato. Ognuno può chiamarlo come meglio preferisce, resta il fatto, destino o caso, che accadde.
Genere: Sovrannaturale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La storia di una vera leggenda
  

«Caroline, sei pronta?» le chiese la madre.
«Certo madre, andiamo» le rispose, mentre si sistemava l’ultima ciocca di capelli dietro alle orecchie e poi si diresse verso la mamma che l’aspettava nel salone.
La signora Smith le fece una dolce carezza sul viso.
«Non piangete madre. E’ il giorno più bello della mia vita, siate felice come lo sono io»
La madre sorrise dolcemente e solo una lacrima rigò le sue guance, una lacrima di felicità.
«Certo che sono felice» le rispose.
In qualche modo sua figlia le aveva ricordato il giorno del suo matrimonio.
Uscirono dalla casa e in strada li aspettava il cocchiere, una vecchia conoscenza di Caroline e del suo futuro marito, un amico d’infanzia. Appena la vide, i suoi occhi s’illuminarono come il primo giorno che la incontrò. Infatti, tutti sapevano che era innamorato di lei (solo Caroline era all’oscuro); ma a quanto pare, Aires, il futuro marito di Caroline, aveva avuto più successo di lui. Non fece notare la sua meraviglia nei riguardi della sposa, ma chi non ne era affascinato? Il suo vestito era bianco panna, lungo fino ai piedi. Era semplice, sobrio ed elegante. Il velo scendeva lungo la schiena, e poi giù, fino ai piedi. Ma non era il vestito che la rendeva meravigliosa, riusciva a splendere come una stella anche da sola.
«Oh, Caroline, sei incantevole!» disse con ironia, anche se quella risata, nascondeva un piccolo tono di tristezza, perché sapeva che lo sposo non sarebbe stato lui.
«Dai smettila…!» replicò Caroline, arrossendo e mettendosi la mano davanti alle labbra per sorridere.
Salirono sulla carrozza e si avviarono verso un percorso che sembrava non finire mai. Era una strada piena di dossi e sassi che intralciavano il cammino. Ma poi da lontano, scorse il promontorio. Era alto, molto alto. Dice un’antica leggenda che Promethéus lanciò dei massi dal cielo per abbattere il dio degli inferi che era salito in superficie. Grazie a quei massi, Ade tornò là dove deve stare e Promethéus (il dio salvatore dell’umanità) ritornò da Zeus. Ma è solo e soltanto una vecchia leggenda, tramandata di generazioni in generazioni.
Caroline ci teneva tanto a sposarsi lì. Da piccola ci andava spesso con il padre. Le faceva vedere il mare (oh! Quanto amavano il mare!), i gabbiani e durante la notte, le stelle.
Lassù si vedeva un enorme tendone bianco, montato per l’avvenimento.
Quando arrivarono, Caroline vide davanti a sé tutto il paese, certo non era granché in numero, ma erano abbastanza per il loro matrimonio. Appena saputo che Caroline, la figlia del loro ex giudice, doveva sposarsi, ognuno aveva fatto in
tempo, a mettersi il vestito buono, e le scarpe nuove. Spesso, vestirsi così, era solito la domenica in chiesa, quando si doveva fare bella figura. O a un ricevimento importante, come quel giorno.
Appena scese dalla carrozza, tutti si voltarono a guardarla. Alta, magra, snella. Capelli castani, raccolti, e occhi neri. Il fratello subito la prese per mano e le disse: “Sei pronta, sorellina?”
«Sì»
Dopo tanti anni il fratello maggiore non si era ancora deciso a toglierle il soprannome di “sorellina”, ma a Caroline… faceva anche un po’ di piacere…
Fu lui ad accompagnarla all’altare, il padre morì per un omicidio, avevano tentato di derubarlo, quando il terzo figlio aveva solo pochi mesi e Caroline, aveva appena dieci anni. Intorno al suo collo, Caroline, portava ancora la medaglietta regalatala dal padre al suo compleanno una settimana esatta prima che morisse. Al suo interno era custodito una fotografia dell’amato e del signor Smith, suo padre. La mamma, dopo la morte del marito, si era sempre vestita di nero, solo al matrimonio della figlia, indossò un vestito grigio. Al dito, portava ancora la fede del marito, forse, per sentirlo più vicino a sé.
Allora, il fratello strinse la mano più forte ancora e la portò sottobraccio, verso l’altare. Il suo sposo, l’attendeva.
Aires. Alto, magro. Capelli neri, un po’ lunghetti. Occhi azzurri, come il mare sotto di loro. Decisamente un bell’uomo. Vestito nero, guanti bianchi come la neve.
E così il fratello si fermò, era davanti ad Aires, ma prima di lasciarla andare, il fratello le disse a bassa voce: “Nostro padre sarebbe stato fiero di te... e... lo sono anche io. Ricordati che tu per me sarai per sempre la mia sorellina, qualunque cose dovesse accadere, ti voglio bene…” Sorrise e anche Caroline sorrise, ma non riuscì a trattenersi, così verso qualche lacrimuccia. Allora per consolarla, il fratello le diede un bacio sulla fronte, l’ultimo bacio.
«Ora va’. Non vorrai fare aspettare il tuo dolce maritino?» le disse sorridendo ed una lacrima uscì, ma non la volle far notare.
Caroline guardò un ultima volta suo fratello e poi si girò.
 
Il parroco fece una lunga messa, dove molti bambini si addormentarono, mentre altri diedero il tormento alle proprie madri.
«Vi dichiaro marito e moglie. Ora puoi baciare la sposa» annunciò alla fine il prete, facendo entusiasmare tutti.
Aires non se lo fece ripetere due volte. Quel bacio lasciò il segno, un segno destinato a durare centinaia di anni. Un segno indimenticabile, quanto doloroso. Qualcosa stava per accadere. Il cielo se ne accorse.
Il vento cominciò a battere forte, come impazzito, devastò tutto ciò a cui andava incontro. Le nuvole coprirono il sole che fino a pochi minuti fa splendeva, niente fu limpido come prima. Tutti i vasi caddero a terra e si ruppero. I fiori si distrussero. Il tendone volò via. Si sentirono urla di donne, bambini, uomini. La gente era spaventata. Il vento, la pioggia, e il mare in tempesta, si accanirono contro il promontorio, che dopo pochi minut … non resse più. La punta del promontorio cadde in acqua in frangendosi contro le onde. La gente riuscì a salvarsi cercando di allontanarsi dalla punta.
Caroline si salvò, ma Aires, precipitò insieme al picco. La spinse in avanti impedendole la caduta...
«Carolinee!!» urlò con tutta la voce che aveva in gola, prima di infrangersi tra gli scogli e il mare che continuava ad agitarsi.
Qualcosa quel giorno se n’era andato dal cuore di ogni cittadino del paese, di uno in particolare.
Caroline si accasciò a terra. Le lacrime scesero più forte che mai senza avere fine, i singhiozzi continuavano e il cuore si gelò. Si portò una mano alla bocca. E andò ai piedi del dirupo.
«Dobbiamo salvarlo! Dobbiamo andare a prenderlo! Fratello! Andiamo... devo salvare Aires... Su perché non vi muovete? Allora, venite o no?» chinò il capo e strinse i pugni.
Tutti gli ospiti la guardarono sconsolati, anche i lori visi si abbassarono, e il loro molare volò giù. Provarono tanto dolore, un dolore che non può essere descritto.
Il cocchiere si buttò subito ad abbracciarla. Tutto, tutto avrebbe sopportato, ma non di vederla infelice, l’amava così tanto che l’aveva lasciata andar … nelle braccia di un altr … ma mai aveva desiderato di veder morto Aires, era il suo migliore amico.
La circondò con le sue braccia, e cercò di consolarla.
«Ti prego, non piangere…» singhiozzò.
«Come faccio a smettere di piangere se tu non sei da meno?» replicò Caroline.
Il cocchiere non riuscì a rispondere. Si alzò, e cercò di alzare anche lei.
«Torniamo a casa. Dai ti porto io…»
«NO! ANDATEVENE VIA!» pianse più forte di prima, finché man mano i singhiozzi rallentarono. «Poi… verrò, ma voi andatevene, lasciatemi sola»
«Sei sicura?» le disse sussurrandoglielo all’orecchio.
Caroline annuì.
Gli invitati se ne andarono, uno dopo l’altro. Rimasero solo la mamma, il cocchiere, il fratello minore e il fratello maggiore.
«Caroline… alza la testa e continua ad andare avanti, anche se è dura. Saprai innamorarti di nuovo…» le disse il suo fratellone.
Quelle parole sembrarono accendere tutta la rabbia che aveva in corpo.
«Innamorarmi di nuovo?! Come puoi parlare tu, che non sai neanche l’amore che provo per Aires!? Non sai quanto è importante per me!! Cosa avresti fatto se tua moglie e tuo figlio fossero caduti giù dal promontorio e nessuno fosse andato a prenderli?!»
Il fratello stava per ribattere, quando Caroline lo precedette per non farlo parlare, non avrebbe voluto più ascoltare nessuno.
«Ora va’ via, anzi andatevene tutti via da qui. Ve l’avevo già detto»
Il fratello si alzò da terra e s’incamminò. Poi si fermò, e le disse: “Ricordati che tu per me sarai per sempre la mia sorellina, qualunque cose dovesse accadere. Sai che t’amo.”
Caroline non rispose, si stette zitta, e rimase in ginocchio ai piedi del dirupo per ore e ore. Il giorno dopo non tornò a casa. La cercarono ovunque, ma niente. Alla fine, andarono ai piedi del dirupo, lì non c’era. Ma si sentiva qualcosa di estremamente strano. Come se la sua presenza fosse rimasti ancora lì, aspettando il suo amato. Molti dicevano che doveva essersi buttata del dirupo, altri che era scappata. Ma non tornò e nessuno seppe più niente.
Una settimana dopo, accadde un fatto strano. Dopo la morte di Aires e la scomparsa di Caroline, ci furono tre omicidi. La madre, il fratello minore e il fratello maggiore di Caroline.
Sono passati 145 anni dall’accaduto. Questa è una storia vera, ma si sa, da storie vere, col passare degli anni si passa in leggende. Di generazione in generazione, questa (chiamiamola così) “leggenda” è arrivata a me, da mio nonno. Lui sosteneva, di essere un parente del fratello maggiore di Caroline. Infatti, quest’ultimo, aveva un figlio e una moglie.
Tutt’oggi è rimasto un mistero: storia o leggenda, vero o falso; ma c’è una sola persona che è a conoscenza di ciò che è accaduto.
Circa un mese fa, mentre dormivo, ho visto da fuori alla finestra un’ombra che si avvicinava. Man mano veniva verso di me. Era spaventosa, anche se non riuscivo a vedere cos’era. Io per paura mi nascosi sotto le coperte, come una bambina, fra le braccia di mio marito. Lo svegliai, ma lui quando aprì gli occhi non vide nessuno. Così tornò a dormire. Anche io chiusi gli occhi, perché pensavo fosse uno sbaglio, dopotutto è possibile aver scambiato una cosa per un’altra, ma appena li chiusi una presenza entrò nella nostra stanza. Io la avvertivo, non so come, era come se mi chiamasse, mi diceva: - Apri gli occhi, non vedi che sono qui? Davanti a te? -
E questo mi faceva tanta paura, non avevo il coraggio di aprirli e vedere cosa c’era; ma la presenza mi chiamava. Allora cedetti e li riaprì. Ero terrorizzata. C’era. Non era uno sbaglio. Lei. Portava un vestito lungo e bianco. Elegante, ma stracciato e pieno di sangue. E una sola scarpa di cristallo, l’altro piede, era pieno di graffi. I capelli erano scombinati. Le braccia piene di ferite. Ma la cosa che più mi terrorizzò fu la fede che portava al dito, e al collo, una medaglietta.
«C- chi sei?»
«Hai paura?» disse sogghignando.
Deglutii, certo che avevo paura!
Guardai meglio la collanina che aveva al collo, e poi dissi: “Tu sei Caroline, vero?” Le chiesi ancora più spaventata di prima.
Sorrise in modo psicopatico. «Sì, sono io»
«Caroline, hai ucciso tu la tua famiglia, vero?»
Batté i denti e strinse i pugni.
«Perché?» aggiunsi io.
«IO LI ODIO! NON SON ANDATI A PRENDERE IL MIO AMATO!»
«Ma sapevi anche tu che Aires era morto!»
«NON E’ VERO! AIRES NON ERA MORTO! LO HANNO FATTO MORIRE LORO, MIO FRATELLO NON E’ ANDATO IN SUO SOCCORSO! NON LO HANNO SALVATO!» si calmò, respirò a fondo e poi le spiegò cosa fosse successo una settimana dopo la morte di Aires. «Una settimana dopo il mio suicidio nel dirupo, andai a casa, di notte, e presi i miei familiari e li buttai nel dirupo, uno dopo l’altro. La prima fu mia madre e poi mio fratello minore. Decisi di lasciare il meglio per ultimo. Mi implorò di non farlo. Ma perché dovevo ascoltarlo? Così lo spinsi nel dirupo e lo vidi schiantarsi fra le onde... che visione magnifica! Vedere mio fratello, colui che non ha salvato Aires, morire, violentemente, lentamente e dolorosamente… Ma ricordo una cosa: prima di cadere lo sentii urlare qualcosa...: “Ricordati che tu per me sarai per sempre la mia sorellina, qualunque cose dovesse accadere, ti voglio ancora bene…!” Che stupido...»
In quel momento ero spaventata, tremavo, le mie mani tremavano, le mie gambe tremavano, i denti battevano. Caroline, era pazza. Psicopatica.
Avevo lo sguardo terrorizzato e lei lo vide.
«Non ti preoccupare non ti farò nulla... Mi stai simpatica...» rise, ma fu una risata tremenda e spaventosa.
Mantenne la promessa. Non mi fece nulla, ma fece qualcosa di ancor peggiore… Vidi lo spirito di Caroline pugnalare mio marito. Non potevo fare nulla per impedire che ciò accadesse. Lo vidi morire lentamente; soffriva, molto. Stava
morendo lentamente, proprio come suo fratello… perché lui e non me? Doveva uccidere me! Io discendo dalla stirpe di suo fratello! IO!! Ma aveva capito che il dolore è cosa peggiore della morte e uccidendo me non avrebbe avuto niente, né vendetta, né avrebbe potuto porre fine al suo male. Ma uccidendo la persona a me cara, sapeva che avrei sofferto di più.
«No… no…» dissi a bassa voce mentre gli sorreggevo la testa.
«Io…» mio marito cercava di dire qualcosa, ma non ci riusciva il suo corpo diventava sempre più freddo. «Ti…»
Caroline si avvicinò e disse: “Oh, povero soffre molto… Poniamo fine alla sua sofferenza!!!” Cercai di fermarla, ma mi scaraventò a terra con tutta la sua forza. Gli diede un'altra coltellata, la definitiva.
«… Amo» fu l’ultima cosa che disse, non la dimenticherò mai. La parola più bella del mondo.
Oh! Non sapete quanto avrei voluto far morire un’ altra volta, quella dannata! Man mano sparì.
«Mio fratello era pazzo...» Suo fratello?! Ah… beh guardate un po’ chi stava parlando! «Meglio non far esistere altra gente come lui»
Non le dissi che avevo due figli, ma lei lo sapeva benissimo.
Salì le scale di corsa, io tentai di fermarla, ma una forza misteriosa mi fermò. Non si possono fermare né uccidere i fantasmi, ma essi possono farlo con gli uomini. Morirono anche loro, le ultime persone che amavo su questa terra erano morte.
Mi accasciai a terra, e allora e solo allora capì cosa doveva aver provato Caroline… dolore, tanto dolore e… un’immensa voglia di vendetta.
Allora le urlai contro, lanciandole una maledizione. «Caroline, ti maledico! Che il tuo spirito, non possa mai trovare pace! Né Dio, né Satana ti vorranno! Sarai costretta a vagare per l’eternità senza pace!»
«E allora, patirai con me!» sogghignò, mentre la sua immagine da chiara e nitida, si fece sfocata e una tremenda e mostruosa risata si espandeva fra le stanze buie e vuote della casa. E così svanì definitivamente. Da allora non l’ho più vista. So soltanto che ogni notte si aggira per le case delle gente della stirpe di suo fratello… finché smetteranno di esistere e poi… la sua anima vagherà senza sosta. Ma io voglio porre fine alla sua sofferenza. Quando la troverò, tenterò qualsiasi cosa pur di avere la mia vendetta, qualunque. Anche se dovesse costare anche la mia vita. Niente dura per sempre.
Il giorno dopo quando la polizia entrò in casa e trovarono il corpo di mio marito e dei miei figli morti, accusarono me. Ma non trovarono mie impronte sul coltello, anzi, era “pulito come nuovo”: i fantasmi non lasciano impronte. Pensarono che io avevo dovuto ripulire il coltello, ma allora perché non rimuovere ogni traccia di sangue e disfarmi dei cadaveri? E se ero sparita, almeno non avrei pulito il coltello o almeno l’avrei dovuto buttare. E il movente? In paese nessuno aveva parlato male di me. Questo la polizia non se lo seppe spiegare.
I giornali erano pieni di articoli sull’anomala morte di un uomo e dei suoi due figli e la scomparsa della moglie, la presunta assassina, io. Ci furono diverse interviste dove vecchie signore dicevano di avermi visto per le strade e poi sparire. Altre che dicevano di avermi visto morta in un burrone e poi il giorno dopo il mio corpo non c’era più. Dopo un po’ le acque si calmarono. Uno dei tanti, come dei pochi, misteri irrisolti negli schedari della polizia.
Solo una persona sa cos’è successo, io.
Uscii dalla porta e camminai, perché camminerò finché le mie gambe non sanguineranno, finché il fiato non mi mancherà, finché i polmoni non respireranno a fatica. Finché la mia bocca non desidererà anche una sola goccia
d’acqua. Finché la mia vendetta non sarà finalmente compiuta, fino ad allora non mi sarei fermata, avrei continuato a camminare.
Per voi posso essere la Vendicatrice. Ora, sono pronta.
 
Magari un giorno anche la mia storia diventerà una leggenda, come tante altre verità.
 
“Ricordati che tu per me sarai per sempre la mia sorellina, qualunque cose dovesse accadere ...”
 
 
Note autrice
Non ho la più pallida idea da dove mi sia uscita una storia del genere! Di solito non scrivo e non ho mai pensato che avrei potuto scrivere, storie horror o soprannaturali! Ma c’è sempre una prima volta!
E’ piuttosto - ma molto piuttosto! - vecchia, quindi siate clementi con me e perdonate eventuali errori o dialoghi troppo... infantili.
La storia di Promethéus è completamente inventata per la storia (ah, è per questo che è orribile!).
Fatemi sapere cosa ne pensate!
   
 
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