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Autore: Seleyne    25/11/2014    1 recensioni
Come molti ragazzi che vivono nel mondo di Ao no exorcist il rischio di essere feriti e, se sfortuna vuole, uccisi a causa di un demone non è mai troppo basso e la famiglia di Shina Kogarashi non fa eccezione: non solo perché è morta principalmente a causa di un demone ma ha una parentela di sangue con uno di questi.
Come Rin e Yukio sanno bene, essere figlio di un demone è una vera sfortuna per chi vive in un mondo in cui queste creature vengono cacciate ed uccise tutti i giorni.
Assiah è quindi un posto difficile per gli abitanti di Gehenna, compresa Shina.
Allevata da uno dei migliori paladini e cresciuta per essere un esorcista ai massimi livelli, scoprire di essere in realtà uno di quei mostri a cui ha dedicato la vita e la lama della sua spada è uno vero schock per la ragazza.
La vita dell'orfana viene riempita con duri allenamenti, crescendo fredda, astiosa e poco incline a socializzare. Grazie però a persone speciali Shina avrà qualcuno per cui vale la pena lottare, questo vale finchè la natura demoniaca non decide di prendere il sopravvento.
Questo è la breve introduzione di The Wintry Wind, un'altra storia pubblicata. ^^
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Arthur Auguste Angel, Mephisto Pheles, Rin Okumura, Un po' tutti, Yukio Okumura
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo II : Sorpresa
 

Per aprire una porta occorre solo la chiave giusta.
Questo si può applicare anche per i cuori più freddi.

 


 

I miei allenamenti presero il via coinvolgendomi più di quanto non pensassi: mi alzavo molto presto, anzi meglio dire che era il mio stesso tutore a tirarmi giù dal letto, allenavo il mio corpo con riscaldamenti ed esercizi vari. Mi fermavo per una colazione leggera per poi riprendere nel pomeriggio, fino a sera tardi, esercitandomi con la spada.
Passarono così vari mesi finché non arrivò il giorno del mio quinto compleanno.

Dopo i soliti esercizi mattutini andai con Arthur a fare colazione nella mensa. Rimasi silenziosa per tutto il tempo, offesa dal fatto che nessuno si fosse ricordato del mio compleanno: presi qualche brioche, a cui dedicai pochi morsi, ed un succo di frutta e mi sedetti tutta zitta e un po’ musona affianco al mio insegnante. 
«Arthur non ti sembra di esagerare con questa bambina? Ti rendi conto di quanti pochi anni abbia? Da quando ha iniziato a lavorare con te è dimagrita, mangia poco e non gioca nemmeno più a fare gli scherzi, nascondendosi dietro le tende! Sembra quasi un adulta da come si comporta! Non hai un po' di buonsenso?» 
Un caro amico del mio tutore si avvicinò e gli fece uno dei soliti rimproveri che il mio padre adottivo si sentiva ripetere sempre più spesso.
«Mike, ti prego, mi sono già assorbito quell’idiota di Shura questa mattina… non iniziare pure te. Inoltre non hai una missione fra poco? dovresti muoverti»
Da quando Arthur aveva preso il via ad allenarmi aveva iniziato a delegare il suo lavoro a cari fidati colleghi per poter passare più tempo con me ma, ovviamente, molte volte erano dei suoi amici, tra cui Mike e la bizzarra Shura, che si occupavano del mio addestramento.
Quel pomeriggio, però, erano tutti e tre impegnati e così, come accadeva di rado, ero libera.

Dopo la colazione me ne tornai in camera a dormire, ancora sconsolata per la dimenticanza da parte di tutti: dalle signore della mensa, dai colleghi di Arthur che consideravo miei amici e, ovviamente, a colui che iniziavo a considerare come un padre adottivo.
Senza accorgemene mi ero affezionata a tutti loro e, ormai, li iniziavo a considerare come una strana ma adorabile famiglia perciò, il fatto che il mio tutor si fosse dimenticato di che giorno fosse per me, mi feriva più di quanto volessi.
Mi addormentai più profondamente del previsto e mi svegliai, quando ormai erano le quattro del pomeriggio inoltrate.
Mi misi una tuta comoda e decisi di passare il resto del pomeriggio nel mio posto preferito.
Fu un regalo dei miei genitori ed appena fu montata ci passai pomeriggi interi, crogiolandomi nell'ombra dell'enorme quercia che riempiva quasi un lato della casa. Era blu, come uno dei miei colori preferiti, e il vento che sentivo tra i capelli mi dava la stessa rilassante sensazione di quando mia madre mi coccolava alla sera prima di dormire.
Nonostante tutto, dondolarmi sull’altalena aveva ed ha il favoloso potere di calmarmi.
La trovai per caso, in uno dei miei soliti giri di esplorazione per il vaticano: era rossa per la ruggine, ma, dopo aver chiesto ad Arthur se poteva sistemarla, dondolava alla perfezione.
Il tempo passò come sempre in un lampo: in un battibaleno le sei arrivarono con l’oscurità tipica di quell’ora e del periodo invernale.
Dondolare non faceva che aumentare il freddo e così rientrai: passai per il giardino sul retro, entrando dalla porta di servizio della mensa ma… “Perchè è chiusa? No dai! Non voglio fare il giro! Uffaaaa!!!” mi lamentai tra me e me e, con i miei soliti borbottii, dovetti fare il giro ed entrare dalla porta principale.

Andai in camera mia e trascorsi un bel po' di tempo nella vasca calda, giocando con le bolle provocate dal sapone e dai miei animaletti di gomma.
Misi una tuta pesante e calda, legai i capelli in un paio di codini, e mi diressi verso la mensa per fare un’abbondante cena.
“Che fame! Voglio la pappa subito” camminai velocemente spinta dalle lamentele rumorose del mio stomaco, troppo vuoto per i miei gusti.
«Ma che diamine…?» La mensa era tutta buia e né lì né nel corridoio c’era anima viva.
Stavo per mettermi a piangere quando un paio di braccia, ormai familiari, mi strinsero da dietro:
«Shina, quante volte devo dirti di non usare quel linguaggio? »
«Arth…? »
«Sorpresa!!»
Non appena cercai di girarmi per poter essere di fronte al mio tutor, lui mi rigirò mettendomi di nuovo nella posizione di prima. In pochi attimi le luci si accesero, facendomi chiudere gli occhi per l’improvviso fastidio, e un coro di voci mi mandò nella confusione più totale.
Appena i miei occhi si abituarono, vidi tutti, dal personale agli esorcisti… tutti quelli che conoscevo di fronte ad un enorme tavolo su cui vi erano varie leccornie, dalla pizza alle fritelle, tra cui un enorme torta marrone.
Al sentirgli dire «Buon compleanno Shina!!» un fiume, sempre più abbondante, di lacrime iniziò a scendermi dagli occhi e mi costrinse a girarmi nascondendo il viso nel petto del mio tutor.
«Shina! Dai forza ci stanno aspettando tutti, prendi il fazzoletto nella mia tasca e andiamo a mangiare la torta al cioccolato che hanno preparato! Su deve essere buonissima è tutto il giorno che cucinano! Shina, ti prego, sto morendo di fame.»
«P-pen-pensavo che ti fos-fossi dimenticato del mio compleanno»
«Non mi dimentico mai nulla, figurarsi il tuo compleanno. Ho fatto solo finta di dimenticarmene sciocca»
«Era per questo che oggi non c’eravate e mi avete lasciata sola?»
«No, no, oggi avevamo una missione urgente: questa mattina un tempio di monaci è stato attaccato da Satana e siamo andati a dare una mano a sistemare questo pomeriggio, anche se il nostro intervento è stato del tutto inutile. Perché ti sono mancato?»
«Oh capisco. No per nulla, mi passi il fazzoletto?»
Ero sempre stata una bambina orgogliosa e, nemmeno in quell’occasione, mi comportai altrimenti.

La festa procedette tranquilla: mangiammo, aprì svariati regali, giocammo e cercammo, inutilmente, di far partecipare il mio padre adottivo al karaoke portato da Shura.
La tristezza della giornata sparì e mi divertì tanto, come non succedeva da quando morirono i miei genitori.
Ad un certo punto della serata però, un breve capogiro mi costrinse ad andare nel bagno a sciacquarmi la faccia.
Alzando il viso sullo specchio notai che i miei occhi erano diventati argento chiaro.
“Cosa? che diamine stava succedendo?”
Rimasi seduta in bagno per qualche minuto ma i miei occhi non si decisero a tornare come erano prima.
«Shina, tutto bene?»
«Si Arthur, arrivo subito»
«Shina mi faresti un favore? andresti nella sala vicino alle scale a prendere un microfono in più per il karaoke? c’è Mike che sta cercando di convincere la capocuoca a cantare, santo cielo.»
«Certo, vado subito»
Appena sentì che il mio tutor si era allontanato con un «Grazie» uscì dal bagno per andare a prendere il microfono quando ricevetti, se così si può dire, un’altra sorpresa nel corridoio: un bambino, poco più grande di me, con capelli castano scuro e due occhi azzurri circondati da un paio di occhiali mi rivolse uno sguardo incuriosito.
Io, ero decisamente più confusa che incuriosita: da quando c’era un altro bambino qui?
Un signore che lo stava accompagnando, dai capelli grigi, occhiali e tunica da monaco con tanto di collana a forma di croce, mi rivolse un sorriso e se ne andò, col bambino, fuori dalla porta principale.
Dallo specchio nel corridoio, notai che i miei occhi erano ormai bianchi ma che, pian piano, stavano tornando al loro colore originale. “Che diamine stava succedendo?”
Con la testa che mi girava e qualche lacrima di paura, mi sedetti finché non tornai calma come prima. Entrai nella sala di fronte alle scale, recuperai un paio di microfoni, e tornai in mensa a divertirmi dimenticandomi, per il momento, di quel bambino e dello strano comportamento dei miei occhi.

   
 
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