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Autore: Jane_sfairytales    25/11/2014    1 recensioni
Essere rifiutati dall'istante esatto in cui si è venuti al mondo, non è sinonimo di un buon inizio, soprattutto se della vita ci viene precluso qualsiasi piacere. Quando però finalmente Niamh sembra aver trovato il proprio posto in un mondo che non la vuole, coloro che l'hanno rifiutata ritornano a scombussolare il suo equilibrio precario: come potrà affrontare tutto questo? Scopritelo entrando nel suo mondo di ELFI, NANI, UMANI e terrificante MAGIA.
Genere: Azione, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Louis Tomlinson, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Turn it off!'
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CAPITOLO V
Continuai ad evitare Louis mangiando in cucina e così potei fare la conoscenza della maggior parte delle persone che si occupavano della casa: erano tutti molto semplici ed alla mano, gente con cui era piacevole trascorrere il tempo. Di nascosto lessi tutti i libri della libreria che si dimostrò esigua in modo assai deludente.
Cristopher non è certo una cima, del resto, vedendo il figlio…  
Facevo giri nei dintorni, aiutavo in casa e quando arrivò la fornitura di vernice, cominciai a ritinteggiare la camera da letto spostando tutti i mobili nel mio salottino privato, dipingendo il soffitto a grandi balzi o usando dei pali come trampoli.
Fu così che mi ritrovò Louis quando quasi una settimana dopo entrò come una furia nella mia stanza.
- Attenta! – urlò terrorizzato spaventandomi anche grazie al botto violento della porta contro il muro, così scostai la mano col pennello e la pittura mi colò in faccia facendomi perdere l’equilibrio; mi sentii atterrare sul morbido. Gettai il pennello a terra e usai la manica per pulirmi il colore pericolosamente vicino agli occhi; solo allora li aprii e capii d’esser approdata tra le braccia di un terrorizzato Louis in preda ad una crisi isterica.
- T-tu… tu… tu sei pazza! Mi hai fatto prendere un colpo! –
- Tu mi hai fatto prendere un colpo! Ma ti sembra quello il modo di irrompere nella camera da letto di una ragazza? – questo lo fece arrossire intensamente.
- Io… ero arrabbiato con te. Mi stai ignorando di nuovo. –
- Credevo avessimo un patto… -
- Non mi piace questo patto: facciamone un altro. –
- A me sta benissimo guarda. – mi rialzai e ripresi ad armeggiare coi trampoli ma lui si aggrappò alla mia vita per mantenermi salda a terra.
- Non risalire là sopra ti prego. –
- Louis, non cado sta tranquillo. –
- Non sono tranquillo. –
- Senti, adesso ti sei trasformato nella versione “mamma preoccupata e amorevole”? – lui si rabbuiò.
- Non scherzare su queste cose: tu almeno una madre ce l’hai. –
- No Louis. Una persona che ti trova ripugnante e te lo fa notare ogni singolo istante, una persona che non ha trascorso con te un solo giorno ma che adesso si interessa esclusivamente perché altrimenti l’alta società la considererebbe una disamorata, non è una madre. Avermi partorita non la rende automaticamente una madre. –
- Perché ti odia? –
- Non l’hai sentita sbraitare a sufficienza? Perché sono la vergogna della nostra famiglia: basta guardare i miei occhi e i miei capelli per capirlo. –
- Io credo che ti donino. – inarcai le sopracciglia.
- Stasera cenerò con te: se non ti comporterai come un damerino, allora potremmo avere un rapporto civile. Non aspettarti troppo però: non sono un tipo loquace. – soddisfatto, il ragazzo se ne andò lasciandomi alle mie faccende.
 
Scoprii, a poco a poco, che Louis non era poi così male. Trascorrevamo le giornate convivendo in sintonia negli stessi ambienti, svolgendo le nostre attività senza intralciarci anzi, a volte condividendole anche. Spesso passeggiavamo per i dintorni, facevamo gite a cavallo o sedevamo sul divano, io a leggere, lui a sonnecchiare. Nonostante il nostro costante stare insieme, non parlavamo quasi mai anche se lo sentivo scrutarmi con la massima attenzione, come se volesse sfidarmi a svelargli chi fossi realmente. All’inizio la sua insistenza mi infastidiva, ma col tempo mi ci abituai e trovai la sua presenza e la sua attenzione di compagnia: stranamente mi faceva sentire calma, al sicuro, perché sembrava stesse vegliando su di me anziché tentar di scoprire i miei segreti più intimi. Creammo un nostro autonomo linguaggio, fatto di gesti ed espressioni del viso, come quando io inarcavo un sopracciglio per dirgli “Stai scherzando vero?” oppure “Che stai facendo?”, o quando lui si avvicinava insistente per capire cosa stessi architettando.
Dedussi che Louis era un tipo festaiolo e molto legato alla famiglia dal fatto che uscisse quasi ogni sera, oppure invitasse i cugini a casa organizzando feste a cui io non partecipavo mai. Dopo un po’ cominciò a ritornare a casa con dei libri per me: doveva essersi accorto che era la quarta volta che rileggevo quelli presenti in libreria. Nonostante il suo disinteresse per la materia, aveva buongusto e mi ritrovai a leggergli alcuni passaggi davvero interessanti sperando di scuoterlo dalla sua letargia intellettiva e così fu: nel giro di qualche settimana, cominciammo a trascorrere quasi tutti i pomeriggi d’autunno sul divano, con me che leggevo ad alta voce e lui che seguiva posando il capo sulla mia spalla.
Ritinteggiammo anche le sue stanze e costruimmo nuovi mobili con i rami caduti nel sottobosco.
- Questo azzurro è disgustoso. –
- A me piace: è molto adatto a te. – questa volta il sopracciglio lo inarcò lui. – Hai dei begli occhi Louis. –
- Quasi tutti gli elfi hanno gli occhi azzurri, non è una gran cosa e non significa che anche le nostre stanze debbano essere dello stesso colore. –
- Gli elfi dovrebbero dimorare sugli alberi. –
- Qui pochi lo fanno ancora. –
- Perché non ci trasferiamo sulla casa-albero? –
- Perché costringeremmo gli attendenti ad un lavoro extra. – annuii: adesso i ragionamenti del mio fratellastro erano molto più convincenti.
- Cosa ti piacerebbe osservare prima di dormire? –
- Il volto di mia madre. – la sua voce era diventata triste e seria: non mi parlava mai di lei, ma ero certa che gli mancasse molto e che doveva averlo amato intensamente, come una vera madre ama un figlio.
- Hai un suo ritratto?  –
- E’ una cosa stupida Niamh, lascia perdere. – si incupì molto e decisi di desistere.
- Che ne dici di un cielo stellato? –
- Uguale al tuo? –
- No: senza nessun albero ad ostruirne la visuale. – così la stanza di Louis divenne ancora più bella della mia, perché vi riproducemmo tutta la volta celeste.
 
Alla prima nevicata mi sbizzarrii molto con la fantasia, creando animali mitici e non, costruzioni altissime ed elaborate, piste per slittino. Trovai il tutto molto divertente e Louis mi aiutò, ma mi accorsi che era troppo pensieroso, quindi gli chiesi spiegazioni.
- Tra un mese è il mio compleanno e dovrò affrontare la prova. – mi confessò alla fine.
- E’ per questo che passi le mattinate con John? –
- Sì, mi sta preparando. Ma non credo di essere all’altezza. –
- John è un bravo insegnante e ti istruirà bene. Tuo padre non permetterebbe mai che la tua preparazione sia lacunosa, di questo puoi esser certo, quindi sta attento alle lezioni e non avrai problemi. – lui sbuffò impaziente.
- Ma se non sono in grado di fare neanche la metà delle cose che fai tu! –
Ah, ecco qual è il problema.
- Louis, sono stata addestrata da mio nonno in persona, e lo sai che lui fa parte dei servizi segreti. –
- E che è uno dei guerrieri più abili e potenti mai esistiti, lo so. Mio padre invece è un pappamolle! – mi stupii delle sue parole perché, nonostante non approvasse le sue scelte matrimoniali, aveva molto rispetto per il suo genitore. – Non sono neanche in grado di arrampicarmi su un albero, tu invece ci passi le notti! – guardò il terreno sconsolato e mi fece tenerezza, una sensazione quasi sconosciuta per me, tranne quando si parlava della solitudine di mio nonno.
- Una volta mi hai chiesto cosa ci trovavo di così bello nello stare lassù, se vorrai, stasera te lo mostrerò. – lo vidi sbiancare.
- L’altezza non mi entusiasma particolarmente. –
- Perché non hai provato, dopo vedrai che non vorrai scendere più. E poi ci sono io con te: non ti lascerò cadere. – Louis mi sorrise tirando un sospiro di sollievo: aveva accettato.
 
- Osserva bene questo albero: quale strada potresti percorrere per raggiungere la cima? –
- Ma è altissimo e i rami non cominciano prima di sette metri! –
- E tu sei un elfo, l’essere più veloce del globo: se la tua accelerazione supererà quella della forza di gravità, potrai arrivare dove vorrai; inoltre questo albero offre parecchi appigli anche senza contare i rami: li vedi i nodi della corteccia? – Louis deglutì e annuì, ma la sua espressione era di puro terrore.
- Ti prenderò io. –
- Sono troppo pesante per te. –
- Tu però mi hai presa quando sono caduta dai trampoli. –
- Sì, ed è stata una delle esperienze più terrificanti di tutta la mia vita: temevo di non farcela. –
- Ma ce l’hai fatta e ce la farai anche adesso. Sei un elfo Louis: la natura è la tua casa, ritrova i tuoi istinti primigeni! – trasse un profondo respiro come per darsi la carica. – Se vuoi vado io per prima e ti mostro la via… -
- No, ce la posso fare; devo farlo da solo. – annuii in segno d’approvazione e lo guardai dal basso, analizzando attentamente ogni sua mossa per esser pronta ad aiutarlo, ma lui se la cavò egregiamente; quando arrivò al primo ramo, ne saggiò la resistenza con le braccia e poi ci si sedette sopra a cavalcioni. Lo raggiunsi seguendo il suo stesso percorso e in poco tempo mi accomodai di fronte a lui.
- Ci hai messo un quarto del mio tempo. –
- Conoscevo già la strada e non faccio altro che questo da quando ero bambina; proseguiamo? – impallidì.
- Non è abbastanza per oggi? – scossi il capo e feci per avviarmi ma lui mi trattenne – Se proprio dobbiamo continuare, andrò avanti io. – annuii di nuovo e ci inoltrammo sempre più in alto su quell’abete frondoso. L’inverno non era la stagione migliore per arrampicarsi e nonostante avessi fatto cadere quanta più neve possibile prima di salire, in alcuni punti Louis rischiò di scivolare, ma alla fine giungemmo quasi in cima e ci sedemmo su due rami vicini, di quelli che ormai sono inclinati verso l’alto.
- Allora, che ne pensi? – lui non rispose ma l’espressione meravigliata con cui si guardava intorno fu più che sufficiente; alla fine si volse verso di me e mi sorrise: significava Grazie. Ricambiai e poi posai il capo contro il tronco, lasciandomi ammaliare dallo scintillio delle stelle, ben visibili tra i pochi rami rimasti sopra di noi.
- Non addormentarti ti prego… - sussurrò mio fratello e io sorrisi di nuovo al cielo scuotendo la testa.
- Ora capisco come fai a restare quassù: con uno spettacolo del genere è facile lasciarsi scivolare nell’oblio; credo che ti farò compagnia più spesso. –
- L’inverno non è la stagione ideale per le arrampicate… -
- Lo so, ma ho bisogno di padroneggiare la tecnica: solo perché ci sono riuscito stasera non significa che smetterai di insegnarmi. – scossi di nuovo il capo.
Rimanemmo lassù per un po’, ma poi cominciò a far freddo e intraprendemmo la discesa; una volta in casa, ci rannicchiammo sul divano con coperte e tè caldo.
- Mi insegnerai anche a combattere? – chiese mio fratello dopo un lungo silenzio.
- E’ necessario per la prova che dovrai affrontare? –
- Non lo so in realtà: sai che non c’è concesso alcun indizio. – annuii.
- Ti insegnerò solo lo stretto necessario: non posso addestrarti come un membro dell’organizzazione. –
- Sei stata addestrata come un membro dell’organizzazione? – per poco la sua bocca spalancata non toccò terra ed era così buffo, che quasi gli risi in faccia.
- Solo per l’addestramento fisico e la logica: di magia non so nulla. –
- John mi insegna logica, mi fa fare esercizi fisici e mi spiega i rudimenti di magia. –
- Allora dovresti fidarti di lui: non so quanto di ciò che mio nonno mi abbia insegnato sia normale oppure speciale, quindi non so precisamente fin dove posso spingermi con te. –
- Chiederò a John qual è il livello massimo di preparazione consentita. – annuii di nuovo e il discorso terminò lì.
 
Era divertente allenarsi con Louis, forse ero cattiva, ma vedere quanto in fretta si infuriasse mi faceva sempre venir voglia di ridere. Si scoraggiava subito e appena non gli riusciva qualcosa cominciava ad imprecare. Notai che con me si lasciava andare molto più di quanto non facesse con John o qualsiasi altra persona e questo mi inorgoglì: si fidava di me. Fui molto paziente con lui e mi accorsi che gli riusciva tutto più semplice se lo guidavo nei movimenti, spostandogli braccia e gambe oppure lasciando che lui si muovesse con me: imparammo a conoscerci molto bene e a capire le mosse dell’altro; in poco tempo Louis aveva appreso i fondamenti della lotta libera e della scherma: di più non avrei potuto fare.
- Niamh, visto che tu mi hai insegnato tante cose, vorrei condividere le mie conoscenze magiche con te, ti andrebbe? – sbiancai e lui dovette accorgersene perché mise su un cipiglio dubbioso.
- No. No grazie, sei gentilissimo ma non credo sia ancora giunto il mio momento: compio gli anni fra sei mesi! – gli sorrisi per rimediare al danno fatto ma capii di non averlo convinto, però accettò la mia decisione senza protestare.
- Allora leggiamo qualcosa? – mi chiese con un sorriso scaltro cacciando un nuovo libro da dietro la schiena. Mi illuminai di gioia e lo trascinai sul divano, pronta ad immergermi nella nuova storia che mio fratello m’aveva donato.


Scusate il ritardo, ma ieri è stata una giornata pesante. Se volete scrivermi, per qualsisi cosa, non può che farmi piacere. 
Con affetto, Jane.
  
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