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Autore: kunoichi_chan009    25/11/2014    6 recensioni
...Hiccup Horrendus Haddok III non era mai stato un vero Vichingo.
Nessuno lo avrebbe definito un cacciatore di draghi o un valente guerriero, in realtà veniva a mala pena apprezzato per le sue alte, altissime doti di fabbro...
...Hiccup non aveva amici. Ma questo è il passato, ora la storia è diversa. Hiccup Horrendus Haddok III è un ragazzo amato e rispettato, divenuto in poco tempo capo del suo gruppetto è anche fidanzato con Astrid, vichinga piena di talento...
...Il ragazzo aveva risolto la guerra e tutto sembrava perfetto. Tuttavia questa è solo una parte della storia, quella piacevole. C’è un continuo che in pochi conoscono, quello che ci porta ad oggi. Non è vero che, dopo la Morte Verde, tutto filò liscio e tranquillo. Ci fu un’altra guerra che creò una sfortunata serie di tragici eventi.
Se volete ascoltarla venite e sedetevi, ve la racconterò senza filtri o menzogne. Infine anche voi saprete come Hiccup Horrendus Haddok III abbia avuto tanti cambiamenti formidabili...
La storia di una guerra, un’amnesia, una separazione e un ritrovo; perché infondo l’amore vince sempre.
Genere: Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Astrid, Hiccup Horrendous Haddock III, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cambiamenti formidabili'
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Cambiamenti formidabili

 
(Sarò breve, questo è il capitolo da cui è nata tutta la storia. Dopo spiegherò meglio ma, intanto, vi consiglio di ascoltare “Me la caverò” di Max Pezzali, se non fosse stato per lui non credo avrei ricevuto l’ispirazione. Grazie Max)

(Nel capitolo c’è una scena non dettagliata di un rapporto fisico, non ho usato linguaggio scurrile ma, se siete sensibili, saltate l‘ultima parte)
 
 
Le parti combaciano
 
 
Un piccolo colpo al plasma mi fa abbassare di scatto per la seconda volta e, per evitare la terza, richiamo il cucciolo di Sdentato che mi vola davanti; con in sottofondo le risate dei ragazzi la Furia Buia torna sul dorso del padre, lanciandomi uno sguardo felice. Sono due giorni che voliamo e, con tutti gli adulti attorno, la piccola non ha trovato giusto essere l’unica a non saper volare. Inutile dire che ho perso il conto di tutte le volte che è cascata, ma si è rialzata sempre senza lamentarsi e di questo devo rendergliene atto.
Le risate si sono spente e, al loro posto, è arrivato il solito brusio  che ci ha accompagnati per tutto il viaggio, eppure questa volta non mi unisco a loro, ripenso ancora al discorso di Elly
 
-Buonanotte!- esclamiamo tutti dopo esserci sistemati accanto al fuoco, il primo giorno di viaggio si è concluso e finalmente domani arriveremo a Berk, sento una stretta alla base dello stomaco e sorrido, domani rivedrò la mia isola.
Dopo qualche minuto tutti dormono profondamente, tutti tranne me ed Elly che fissa triste le fiamme
-Qualcosa non va?- chiedo piano per non svegliare gli altri, lei si gira lentamente per guardarmi negli occhi, grigio contro verde, e sospira
-Hiccup, vieni un momento con me- mi chiede alzandosi e allontanandosi, scosto leggermente il cucciolo che dorme acciambellato ai miei piedi e mi alzo per seguirla
-Cosa c’è?- le chiedo ancora leggermente in ansia
-C’è una cosa che devo raccontarti, non l’ho mai detta a nessuno ma ora devo farlo-
-Di che si tratta?- chiedo preoccupato
-Ricordi quando hai ricordato di essere orfano di madre?-
-Si, mi avete risposto che lo siete anche voi-
-Non è detto- mi rivela per poi sorridere della mia faccia
-Ho una storia da raccontarti, non la conosce neanche Clarisse. Siediti per favore- mi chiede indicando il terreno vicino a lei
-Se non l’hai raccontata a Clarisse perché la racconti a me?-
-Perché, anche se ti considero mio fratello, non si tratta di tua madre, se la raccontassi a lei non solo non mi crederebbe ma inizierebbe anche a litigare- chiarisce sospirando
-Ti ascolto-
Per qualche istante non parla, si limita ad osservare il buio davanti a noi, poi, finalmente, inizia la sua storia
 
-Devi sapere che mia madre era una donna molto ligia al dovere, rispettava le regole in modo ossessivo e le conosceva alla perfezione, come se le avesse create lei. Era nata in un popolo con molte leggi, e lei era fiera di affermare che le seguiva tutte; una di queste obbligava l’astinenza prima del matrimonio. A pensarci quasi viene da ridere, quel popolo è rude e chiassoso ma, nonostante questo, ha regole de genere.
-Mia madre era fidanzata, l’uomo che aveva scelto era meno rispettoso delle regole, ma non aveva mai neanche provato a toccarla conoscendo il suo punto di vista; tuttavia un uomo è pur sempre un uomo e quindi non poteva negare a se stesso di provare attrazione verso di lei, questo mia madre lo sapeva ma lo ignorava, presto si sarebbero sposati e tutto sarebbe andato per il meglio. O almeno lo pensava.
Ci fu una festa.
Quando tutti, ubriachi fradici, si addormentarono per la casa, il fidanzato di mia madre, con i sensi offuscati dall’alcool, diete sfogo ai suoi istinti rendendo tutti gli sforzi fatti fino a quel momento nulli.-
Racconta fermandosi un momento ma ripartendo prima che io dica qualcosa
-Mia madre voleva morire, lei non beveva e quindi, una volta finito il tutto, non pensò al piacere ricavato ma alla legge infranta; piena di dolore e rabbia afferrò la prima cosa che le capitò fra le mani e colpi il suo fidanzato, che nel frattempo si stava avvicinando per ricominciare da capo, con tutta la forza che aveva. Morì sul colpo.
Quando il mattino dopo gli altri si svegliarono la trovarono a piangere vicino al corpo, sapeva cosa comportava ciò che aveva fatto ma non aveva avuto il coraggio di fuggire. Naturalmente il fatto che lui l’avesse attaccata andava considerato, ma come potevano punire un uomo già morto? Non gli rimase altro da fare che punire lei per come si era fatta giustizia. Esiliandola.
La mandarono via su una delle loro barche a vela bianca, per non far mai sapere a nessuno da quale popolo provenisse; fu costretta a partorirci sul legno duro della prua e, per due anni, a crescerci come figlie del mare.
-Per molto tempo abbiamo navigato da un’isola all’altra, inizialmente tutto andava bene ma poi, per quanto mia madre stesse attenta, la popolazione scopriva che era un’esiliata e la cacciava via. Credimi, quasi esplose di gioia quando approdammo su Breytingar, insomma un popolo di esiliati! Ovviamente iniziammo subito gli studi, essendo piccole nel giro di due anni eravamo pronte a diventare breytane, Rupert però ci fece aspettare, nostra madre non era ancora pronta e voleva che giurassimo insieme; dopo altri due anni, finalmente, nostra madre finì gli studi e iniziarono a preparare la cerimonia di giuramento.
Poco prima di iniziare la mamma ci fece un lungo discorso, non ricordo più le sue parole ma so che in pratica ci diceva di volerci bene. Ciò che disse dopo lo ricordo. Disse che quando ci avrebbero posto la domanda  sul diventare breytane dovevamo rispondere di si, assolutamente si; noi lo facemmo, ma quando toccò a lei, con lo stupore di tutti, disse di no.
Successivamente prese dal nulla una borsa e andò verso la spiaggia dove, piena di cibo e armi, l’attendeva la barca con la quale eravamo arrivate. Non ci guardò in faccia, non disse niente, se ne andò in silenzio ignorando le nostre urla e gli insulti degli adulti. – finisce asciugandosi una lacrima che, silenziosa, le aveva percorso il viso
-Come fai a sapere tutto questo?- le chiedo ancora scosso dal racconto
-Me lo ha raccontato la mia insegnante prima di morire, la donna che mi ha insegnato tutto sulla medicina. Lei e mamma erano amiche.-
-Come ha potuto farvi questo?-
-Non giudicarla Hiccup, il racconto non è finito-  mi riprende con voce dura, mi zittisco aspettando che continui e intanto guardo dritto davanti a me, Elly odia che la si veda piangere
-Sia io che Clarisse la odiavamo, ci aveva abbandonate. È solo dopo la morte della mia maestra che ho appreso la verità, non ci aveva abbandonate di sua spontanea volontà. Nei quattro anni in cui era rimasta a Breytingar aveva iniziato una relazione segreta, amava davvero quell’uomo ma, purtroppo, lui era sposato e non poteva dirlo a nessuno. Credo si vergognasse, aveva vissuto sempre seguendo le regole per poi ritrovarsi a letto con un uomo già occupato. Fatto sta che venne scoperta dalla moglie legittima e, ovviamente, fu costretta ad andarsene; la donna voleva che ci portasse con se ma, almeno su questo, mia madre e il suo amante furono irremovibili: noi dovevamo restare li, al sicuro. Così lei sene andò via, da sola.
La maestra mi disse che l’uomo avrebbe voluto ripudiare la moglie e prendere lei in  sposa ma che, avendo anche un figlio, non poteva permetterselo. Comunque la donna morì qualche anno dopo per un incidente nel bosco, ma ormai mia madre era lontana.- termina guardandomi in attesa di una reazione
-Hai sopportato tutto questo da sola?- è la sola cosa che riesco a chiedere
-Sei il prima a cui posso raccontarla, Clarisse non mi avrebbe creduto e poi, anche se lo avesse fatto, cosa ne sarebbe venuto? Le avrei solo rovinato la vita- mi risponde
-Ma è un suo diritto saperlo!-
-Chissà, forse dirglielo adesso che sono in crisi potrebbe farle piacere- afferma sospirando
-In crisi?- chiedo confuso ricevendo in cambio uno sguardo infelice
-Non capisci? Questo potrebbe permetterle di lasciare il suo ragazzo senza ripensamenti-
-Hamish? Cosa c’entra adesso?- chiedo facendola sospirare
-L’amante di mia madre era Rupert- chiarisce guardando ostinatamente davanti a se
-Clarisse è fidanzata con il figlio di quello che sarebbe potuto diventare vostro padre?!- esclamo a voce fin troppo alta, Elly mi tappa la bocca per poi lasciarla dopo essersi accertata che tutti dormano
-Esatto- afferma a bassa voce, restiamo qualche minuto in un silenzio imbarazzante
-Perché me l’hai raccontato?- chiedo infine
-Tuo padre era già il capo quando tu sei nato, vero?-
-Si, ma cosa c’entra?-
-Ho bisogno del tuo aiuto, devo scoprire il più possibile su mia madre e mio “padre”, chiedere al capo renderà tutto più facile e veloce.-
-Cosa c’entra mio padre?-
-Oh Hiccup, sei davvero lento!- dice sbuffando
-Non capisco- le rispondo imbarazzato
-Per i breytani il nome di mia madre era Jenna, ma lo aveva inventato lei per non far capire da dove veniva, se ci pensi ha fatto lo stesso con noi; il suo vero nome era Anja*- confessa fissandomi intensamente –Hiccup, i miei genitori erano berkiani-
 
Una botta sulla nuca mi fa tornare alla realtà, mi volto verso Astrid che, sorridendo maliziosamente, mi lancia la borraccia dell’acqua. Bevo qualche sorso per poi fare lo stesso con Gambe, il più vicino a me.
La sera sta scendendo e, anche se in lontananza, intravedo alcuni punti luminosi; improvvisamente mi si stringe il cuore, li ho riconosciuti, sono le statue con i fuochi che circondano Berk.
 Siamo quasi arrivati e la tensione è palpabile, ho appena il tempo per incrociare lo sguardo della mia ragazza che qualcuno, sull’isola, suona il grande cono. Probabilmente aspettavano con ansia il ritorno dei ragazzi. Voliamo fin sopra la piazza principale e atterriamo fra le grida felici della gente, grida che si spengono appena Sdentato si fa notare; tutti restano col fiato sospeso mentre mi tolgo il casco, se cadesse uno spillo il suono rimbomberebbe, e sento più che mai la gola secca.
Restiamo in silenzio, nessuno osa fiatare; forse pensano di vedere un fantasma o uno spirito, fatto sta che, nonostante lo desideri, non riesco a parlare, non riesco a rassicurarli. Stufa del pesante silenzio Astrid scende da Tempestosa e, costringendomi ad imitarla, mi trascina di peso alla Sala Grande; al nostro passaggio tutti si scansano, quasi fosse una cosa programmata, creando un piccolo corridoio.
I ragazzi ci seguono in silenzio e anche Sdentato, seppur con fatica, avanza verso l’imponente costruzione; ci fermiamo un istante davanti alle grandi e massicce porte, i draghi intagliati sembrano osservarci e Astrid, fino ad un istante fa così decisa, esita nell’aprirle. Ci fissiamo per un istante e, tornando a guardare davanti a se, spalanca le porte. Ci vuole un po’ prima di essere notati, tutti mangiano e bevono tranquillamente senza alzare lo sguardo verso la porta ma, appena la Signora CosciaFritta lancia un urlo fissandomi, l’attenzione di tutti è per noi. Ancora una volta tutto cade nel silenzio, fermi come statue i berkiani aspettano che qualcuno faccia qualcosa; guardo Astrid aspettando che parli, ma lei sta zitta, fissa con intensità il grande fuoco al centro della stanza o meglio, i due uomini li seduti. Mio padre e Skaracchio ci guardano increduli, muovono le labbra ma senza far uscire alcun suono; lentamente Astrid avanza nella sala, tutti la guardano arrivare a qualche metro da mio padre e la tensione si scioglie non appena si lascia andare a una risata divertita.
-Ve l’avevo detto! L’avevo detto che l’avrei ritrovato!- esclama senza smettere di sorridere, improvvisamente Moccicoso mi spinge vicino a lei e mi ritrovo a fissare mio padre senza fiato; la barba rossa è screziata da alcuni fili bianchi e le grosse trecce che la tenegono sono cambiate, le spalle leggermente ricurve sotto il peso del mantello di pelliccia lo fanno sembrare stanco. È visibilmente invecchiato eppure, guardandolo bene, posso ancora notare i grossi occhi blu inondati di nuova luce, nascosti dalle folte sopracciglia.
-Non può essere lui, deve esserci un errore- biascica Skaracchio restio a credere di vedermi ancora vivo; mi porto la mano alla gola e, strattonando e agitando, riesco a tirare fuori la collana da sotto la tuta. Non ho lasciato spazio a dubbi e, pieno di incredulità, il mio ex maestro scoppia in lacrime agitando le due trecce bionde con cui tiene la barba.
Mio padre, Stoick l’Immenso, si alza lentamente dalla panca, lo seguo passo passo mentre percorre la distanza che ci divide, non distogliamo mai lo sguardo e, arrivato davanti a me, sussulto nel sentire la sua presa sicura sulle spalle
-Figlio mio-sussurra con le lacrime agli occhi, ha lo stesso tono di quando parliamo della mamma, come se stesse parlando con qualcuno che non c’è materialmente
-Sono tornato, papà- gli rispondo abbracciandolo, immediatamente vengo ricambiato e quasi soffoco con la faccia immersa nella folta barba; tutto intorno a noi i berkiani urlano di gioia, brindano e aspettano con ansia di potermi parlare, di avere spiegazioni, ma quasi non ci faccio caso e mi concentro solo sul mio papà.
 
Per tutta la sera non faccio altro che raccontare tutto ciò che mi è successo in questi ultimi cinque anni, presento al popolo Elly e Clarisse come mie salvatrici e festeggio insieme a tutti; le rare feste a Breytingar sono chiassose e piacevoli, ma non hanno nulla a che vedere con le feste a Berk: qui si urla, si beve, si balla, si canta, si mangia…dopo tre anni sono finalmente a casa mia.
 
I giorni che seguono sono fra i più belli della mia vita, qui a Berk non ho limiti né per quanto riguarda Sdentato né per altro, mio padre ha accettato di buon grado la temporanea presenza delle gemelle ma io ed Elly abbiamo deciso di aspettare prima di chiedere qualcosa su sua madre, era pur sempre un’esiliata ed è meglio andarci piano.
 
-Hiccup! Muoviti!- mi urla Astrid spronando Tempestosa al massimo, Sdentato non si lascia battere e, prima ancora che io tocchi le redini, lui parte superandola; ci lasciamo andare a mille acrobazie prima di fermarci, sudati e ridenti, davanti alla nostra grotta.
Entriamo lasciando dietro di noi i nostri draghi che, con pazienza, stanno vicino al  cucciolo che gli spruzza acqua addosso; ci sediamo sull’erba fresca e tiriamo fuori il pranzo: pollo, haggis, yak arrosto e acqua.
-Quanto mi è mancato questo posto!- esclamo dopo una bella sorsata d’acqua fresca
-Non dirlo a me!- mi risponde la mia ragazza sdraiandosi con una coscia di pollo fra i denti
-Perché? Da quanto non ci vieni più?- chiedo curioso sfilandole l’alimento dalla bocca dato che non sembra intenzionata a toglierlo neanche per parlare
-Dopo il funerale ho dormito qui, poi non ne ho avuto più il tempo. Dovevo cercarti- mi spiega rialzandosi per riappropriarsi della coscia, restiamo a fissarci per un po’ poi, in un silenzio piacevole, continuiamo a mangiare; alzo lo sguardo un momento e noto una goccia solitaria scenderle al lato della bocca, è scappata dalla borraccia e ora scende lentamente fino al collo. D’istinto mi avvicino a lei posandoci sopra le labbra, Astrid resta interdetta ma mi passa velocemente le braccia intorno al busto mentre ricopro di baci ogni centimetro di pelle della gola, risalgo verso la mandibola contratta e, riempiendo di baci anche quella, arrivo alle labbra; mi prendo tutto il tempo per baciarla, le labbra di Astrid sono proporzionate, né piccole né carnose, perfette. Sembrano fatte apposta per posarsi sulle mie. La bacio prima delicatamente, quasi come le prime volte ma poi, preso dalla passione, mi intrufolo con la lingua iniziando a danzare con la sua che, quasi per dispetto, cerca di scapparmi; quando ormai non ho più ossigeno nei polmoni la lascio andare, respiriamo avidi d’aria per un minuto o due poi, con occhi languidi, ci riavviciniamo per ricominciare. Mentre le accarezzo i capelli sento la sua mano destra cercare un punto d’accesso nella tuta di pelle, le fermo la mano portandola a pochi centimetri dalla mia faccia e ci lascio un bacio
-Astrid- inizio con voce roca ma subito lei mi interrompe
-Non ci provare sai! Non iniziare sui tuoi stupidi discorsi sul significato delle azioni o altro! L’ultima volta che ti ho dato retta ho avuto tre anni interi per pentirmi!- esclama puntandomi un dito sul petto e guardandomi arrabbiata
-Astrid-
-Ho avuto abbastanza tempo per pensarci, non credi? Non me ne pentirò quindi non cercare altre scuse, non mi importa se ti sembra solo un gesto di sfogo dopo cinque anni di solitudine, io voglio- continua fermandosi improvvisamente a causa di un nuovo bacio
-In realtà volevo solo dirti che stavolta non mi fermerò- le sussurro ad un orecchio con voce roca, le sue bellissime gote diventano rosse e io trattengo a stento una risata perché so che mi picchierebbe. Ricomincio ad assaporare le sue labbra mentre, con movimenti impacciati, le alzo la maglietta per accarezzare il fianco ossuto; risalgo con le punte delle dita verso la fasciatura che le tiene il seno e poi, lasciandoci una carezza leggera, arrivo fino alla gola. Con l’altra mano le slaccio il grande cappuccio così da poter rimuovere totalmente la maglietta e, dopo averla osservata per qualche istante, la assecondo sfilandomi la parte superiore della tuta; riprendo a baciarla scendendo lentamente verso la fasciatura, la libero anche da questo impiccio carezzandola dolcemente e, continuando la mia discesa, non posso far altro che impazzire a contatto con la sua pelle calda e morbida. La sento gemere sotto di me e non posso che esserne felice, a vicenda ci togliamo gli ultimi indumenti ritrovandoci l’uno davanti all’altro nel modo più naturale possibile; la guardo ancora una volta, lei ricambia lo sguardo con occhi languidi ma ancora duri, quasi a minacciarmi di non fermarmi. Dopo poco tempo mi unisco finalmente a lei, aspetto qualche minuto perché si abitui alla mia presenza poi, insieme, iniziamo la danza più vecchia del mondo; non so dire per quanto dura, ma alla fine ci accasciamo, ancora uniti, uno sopra l’altro. Non abbiamo parlato per tutto il tempo, a parte qualche risata imbarazzata e i nostri nomi urlati nei momenti cruciali, perché dopo tre anni, finalmente, la promessa è stata mantenuta.

* nome tedesco
 
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Oddei!!! È successo davvero?!

Allora, ciao a tutti!
Si, lo so; sono in ritardo rispetto alla scadenza che mi ero data ma, per qualche ragione, mi è venuto un attacco di pigrizia. Non mi andava proprio di toccare il computer, ma non preoccupatevi! Nel mentre ho scritto lo scheletro anche del prossimo capitolo, quindi non farò passare poi così tanto tempo; fra l’altro ho tirato un po’ le somme scoprendo che, dopo di questo ci saranno all’incirca altri due capitoli! Non posso crederci, la fanfiction è quasi finita TT.TT però non vi preoccupate! Sto scrivendo alcuni special a mio parere molto carini (ci credo, li ho scritti io -.-‘’) che pubblicherò di tanto in tanto, per far vivere ancora la storia.
Ok allora, so che il capitolo è corto (sono solo 9 pagine) ma non ho trovato necessario allungare inutilmente i discorsi e le scene, solo per farlo venire fuori più lungo. Corto ma di qualità, va bene così. Allora in questo capitolo affrontiamo la verità sulle gemelle e, successivamente, il ricongiungimento di un padre e un figlio; secondo me, nonostante i loro caratteri, le loro reazioni sarebbero state proprio queste. Dolci loro!!!
Spero di aver descritto bene la scena finale, ho cercato di far capire senza spiegare, tipo gli abiti “vedo non vedo” in cui sai che una cosa c’è ma quella non si vede bene. Spero di esserci riuscita. Fatemi sapere.
Per quanto riguarda il nome “Anja”, sono andata a cercare (non l’avevo mai fatto prima, comodo come metodo) una lista di nomi Tedeschi, ci ho trovato anche Astrid ma, ovviamente, non potevo metterle quel nome quindi, alla fine, ho trovato che Anja fosse molto carino; volevo metterle un nome vichingo in realtà, tipo SpaccaNasi…. Ma non me ne è venuto in mente neanche uno che si addicesse davvero.
Allora, voglio salutare il mio amico DarkStar perché questo capitolo è solo per lui; dato che non ho potuto pubblicare nulla per il suo compleanno mi rifaccio in questo  modo, ti voglio bene vecchietto!!!
Finisco col chiedervi di contattarmi nel caso vi risulti difficile o poco chiaro qualcosa. Ringrazio chi ha messo la mia storia fra le Seguite, le Ricordate, le Preferite e anche chi ha solo letto. Un bacio a tutti, ci sentiamo alle recensioni o, in alternativa, al prossimo capitolo.
 
Kunoichi_chan009
  
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