Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Giorgia Alfonso    28/11/2014    3 recensioni
"Lontano dagli occhi lontano dal cuore", un motto che potrebbe confermare Gemma Brizzi. Passare dalla piena felicità ad una voragine di sentimenti cupi, contrastanti e senso di perdita, ma non volersi arrendere nemmeno per un secondo. Nemmeno per un attimo di riposo. Eppure, colui che l'ha spinta dentro quel buco nero è l'uomo che un tempo avrebbe considerato la sua stessa vita. Tanti sacrifici buttati in aria, tanti viaggi affrontati solo per lui. E quel fato diabolico che sembra volerle dare un'altra possibilità, un'ultima partenza, un ultimo arrivo, un ultimo viaggio, un'ultima occasione ... per riprendersi quell'amore apparentemente perduto.
Seoul, la grande città coreana che di primo acchitò la spaventò tanto, giungendo lì per una vacanza che, in teoria, doveva essere semplice relax. Invece si era rivelata una manna ... per lo meno inizialmente. Ora invece, tornare a calpestare quel suolo potrebbe portarla alla rovina più completa o ad un nuovo inizio.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
20 Capitolo
 
 
 
 
Come aveva fatto ad arrivare a questo punto, nemmeno la diretta interessata lo sapeva.
Avevano stipulato una sorta di patto, dopo il loro secondo incontro, che non fu più gioioso del primo, ma forse un tantino meno ostile. Dopo averlo quasi offeso a causa della sua impazienza, sollevando  una sorta di antipatia ricambiata, e dopo quella primissima sceneggiata nel pub dove lavorava Jin Yon U, avevano quasi annunciato guerra aperta tra di loro. Quasi …
Alla fine entrambi sperarono che le loro strade non si incrociassero più. Sicuramente un secondo incontro, voluto, era impossibile che accadesse. Ma ben presto le circostanze cambiarono e si ritrovarono involontariamente a sopportarsi a vicenda ancora una volta. Eppure, chissà per quale oscuro motivo, la conoscenza forzata e casuale stava portando ad un misero frutto: per lo meno l’ascia di guerra sembrava esser stata seppellita. Per quanto tempo sarebbe rimasta sottoterra, era un dato incerto.
In qualche modo lui, non solo era arrivato a rimangiarsi l’intenzione di non immischiarsi più in certe situazioni, ma addirittura era sceso a compromessi, accettando la richiesta della ragazza, tornando così automaticamente ad infilarsi in questioni poco gradite. E Gemma forse stava un tantino esagerando, regalando la sua fiducia e famigliarità un po’ troppo velocemente, poco cautamente. Insomma, arrivare al punto di farsi ospitare ben due volte da quell’uomo, che in fin dei conti si trattava di un perfetto sconosciuto, non erano state mosse molto intelligenti. Oltretutto ubriacarsi durante l’ultima di queste occasioni? … Non era da lei. Abbassare così tanto la guardia … non era da lei! Sentirsi a suo agio accanto ad un uomo che non fosse il suo fidanzato o un amico stretto … non era da lei.
Per sua fortuna sembrava aver fatto bene i conti, era capitata tra le “mani” di una brava persona. Ma per colpa del suo amore, unito ad una buona dose di testardaggine, aveva corso un bel rischio. Ripensò un po’ a tutto ciò che le era capitato in quelle prime settimane a Seoul, sospirando. Si sentiva parecchio tesa, anzi forse quella tensione non l’aveva mai abbandonata da quando era giunta nella capitale del “calmo mattino1.
Com’era passata da trovarlo antipatico e irritante, a “caro amico ti scrivo2? Anzi, no: vengo direttamente a casa tua che tanto faccio prima e ormai so la strada. Di certo quella non si poteva chiamare amicizia, semplice conoscenza magari. Inoltre il suo aiuto lo avrebbe pagato, e pure caro.
«Come diavolo ho fatto a ridurmi in quel modo … quella notte?» Chiese a se stessa, riflettendo sull’accaduto. Era arrivata un po’ in anticipo nel locale prestabilito da Sarah, la quale era in ritardo come al solito, quindi in quel momento Gemma si trovava da sola, di fronte ad una piastra bollente, a fissare degli stralci di carne di maiale ormai carbonizzati.
Erano trascorsi alcuni giorni da quando lo aveva rivisto l’ultima volta e non si era trattata di una casualità. Evitato volutamente è l’espressone giusta, anche se farlo si era rivelato un tantino difficile, essendo ospite del goshiwon dove lui non solo lavorava, ma ne era anche il proprietario.
Sollevò il volto, distratta dallo sculettare di una giovane donna all’entrata. Portava un vestito giallo dai fiori rossi e neri e una cintura a segnare la stretta vita.
«Non potevi aspettare me? Dovevi proprio iniziare a mangiare pateticamente da sola?» Chiese la ritardataria. Sarah Kim posò la borsa nello sgabello affianco e si accomodò. Erano in uno dei tanti classici ristorantini coreani di bulkogi3. La carne in Corea del sud è davvero ottima, succulenta e ben trattata, spesso marinata a dovere. Poi è servita cruda, perché viene cotta al momento.
Un lungo tubo pendeva dal soffitto, avvicinandosi alla piastra a gas, tonda, del loro tavolo. Qualcuno notò subito il pezzo di carne incenerito, «perché quello lo hai lasciato lì? Sveglia!», esclamò facendo schioccare le dita in fronte a Gemma.
Costei sbatté le palpebre, come se si fosse realmente appena destata. «Ero distratta.» Confessò semplicemente.
L’ajumma4 di turno portò loro altri banchan, ovvero contorni. Ecco dunque apparire nuove ciotoline bianche contenenti: una salsa rossastra, piccante; una di olio di sesamo; altro kimchi e pure di due tipi differenti di verdure; aglio, perché i coreani amano mangiare spicchioni di aglio crudi, tanto da divenire il nemico pubblico dei Cullen5; lattuga, per creare un fagotto che Memole, David il gnomo, Arietty6 e qualsiasi Lillipuziano avrebbe potuto utilizzare come zaino contenente tutto ciò che si trovava sul tavolo. Carne, aglio, salsa, riso, kimchi, tutto avvolto in quella fogliolona immensa di insalata, che prontamente veniva conficcata in bocca al proprio compagno, amico, partner … Così si usava da quelle parti. Peccato che gli stranieri si destreggiassero meno bene in queste cose, rispetto ai coreani dalla bocca larga. Sembra ironia, ma in effetti hanno un’estensione della mandibola molto più sorprendente della nostra.
Sarah prese le sue posate, cominciando a cuocere altra carne di maiale. «Allora, come sta il direttore?»
«Che ne so. Non l’ho più visto dalla mattina in cui mi sono risvegliata a casa sua.» Confessò così, senza preavviso.
L’amica lasciò subito perdere la piastra, fissandola con la bocca e gli occhi spalancati. «Sbaglio o questa è la seconda volta?»
Quella sera in cui si era pesantemente ubriacata, Im Song Rok l’aveva avvisata sul fatto che al mattino sarebbe stata peggio. Infatti si risvegliò in un ambiente poco conosciuto, con il profumo di una poco gradita e per nulla occidentale colazione nelle narici, un cagnolino che richiedeva le attenzioni smaniosamente, la testa che volteggiava più di uno yoyo strapazzato da un bambino e un dolore lancinante allo stomaco. Non rimise l’anima, ma chissà perché credeva di aver combinato qualcosa la sera precedente e questa paura la fece scappare a gambe levate. Song Rok era uscito dal bagno proprio nel momento in cui lei stava sgattaiolando fuori dalla porta e poté solo osservare la fuggiasca di spalle.
Solo poco dopo i ricordi tornarono a … puntate. L’attesa degli “episodi” a flashback era durata addirittura qualche giorno. «Quella sera ho bevuto e troppo.» Spiegò con sguardo perso.
L’italo coreana tornò a concentrarsi sulla loro cena «La carne è pronta, sbrigati a mangiarla prima che si bruci», con le bacchette prese un pezzetto ben cotto e se lo infilò in bocca, senza nemmeno soffiarci brevemente sopra. Una dote coreana è quella di non avvertire l’elevato calore del cibo? No, non sono supereroi, ma qualcuno di loro ha un tasso di sopportazione davvero ammirevole. «E perché me lo vieni a dire solo ora? Per quale motivo ti sei ubriacata?»
«Yon U», bastò che pronunciasse quel nome, per far comprendere ogni cosa.
Sbuffando tornò sulla terra, finalmente. Osservò le leccornie presenti, scegliendo cosa fare: mangiare alla coreana o alla “carnivora”, concentrandosi solamente sulla carne? Prese una foglia di lattuga e cominciò a comporre lo “zaino per gnomi”.
«E ricordi tutto o …?» Sarah prese una cucchiaiata di riso e poi un po’ di kimchi.
Gemma aspettò di deglutire tutto il fagotto “korean style”, prima di rispondere. In verità come avrebbe potuto parlare, con delle guance simili a quelle di un criceto ghiotto di semi di girasole? «I flashback sono giunti un po’ in ritardo, ma … ricordo più o meno tutto.»
«Quindi? Ti sei ubriacata, hai preso un mezzo di trasporto e … sei andata a casa del direttore?» Sarah allargò le braccia, scuotendo la testa e mostrando un’espressione confusa ed esterrefatta allo stesso tempo.
Gemma afferrò del maiale, soffiando prima di mangiarlo. «Ero con lui, siamo stati in un pub, abbiamo bevuto e poi lui mi ha … direi sorretta», la sua espressione non era del tutto sicura su ciò che stava affermando, «e, preoccupato che potessi fare qualcosa di strano, mi ha portata a casa ...» alzò lo sguardo verso l’amica, «… sua.»
La ragazza a fiori congiunse le mani, alzandole verso il volto con sguardo trasognante. «Che uomo! Protetta, sorretta …», si allungò sul tavolo con un’espressione da maniaca dipinta sul volto, «ora ti rendi conto del suo fascino? Potevi anche capitare in mani sbagliate e invece … », ma cambiò in un secondo, la voce divenne ostile: «Sono gelosa! Davvero. E mi chiedo, non poteva portarti al goshiwon? Perché a casa sua?» Gli occhi si affinarono, divenendo fessure sospettose.
Gemma abbassò lo sguardo colpevole. «Come ti ho detto … credo lo abbia fatto per evitare che io … mi comportassi in modo strano. Ero davvero fuori controllo.»
La faccia di Sarah non mutò: «Cosa mi nascondi?»
Gemma spostò l’attenzione dal cibo a Sarah, al soffitto, non sapendo dove posare il suo sguardo. Non poteva scappare, quindi non c’era altra scelta: confessare le sue colpe. «Credo …», provò a dire, ma si bloccò alla prima parola.
«Credi?» Sarah impaziente cercò di spronarla.
Si schiarì la voce, prima di sputare il rospone: «Credo di aver … fatto delle proposte indecenti a qualcuno.» La sua faccia si contrasse in una smorfia sofferente.
Le braccia si Sarah Kim crollarono in grembo e anche il suo volto non apparve troppo allegro. «A chi scusa? Non mi dirai che …»
Successe al pub, perché qualcuno le aveva permesso di bere per sfogo fino a perdere la ragione. Forse pensava che una donna di ventotto anni fosse in grado di reggesse abbastanza bene l’acool, magari abituata agli alcolici occidentali. O forse si era trattato solo di una pure e semplice negligenza. Certo, si trattava comunque di una persona matura, maggiorenne, senza contare che non era sua sorella. Per quanto la conosceva, avrebbe potuto anche lasciarla in quel locale, mezza svenuta o che fosse il barista a prendersene cura.
Ed era proprio all’uomo addetto ai drink, che Gemma Brizzi aveva fatto la famosa proposta, mettendo in imbarazzo perfino il direttore al suo fianco: si era imbambolata ad osservare il bel ragazzo in divisa da barman, costui andava e veniva, destreggiandosi tra un cliente e l’altro, preparando i vari alcolici per le giovani cameriere, così che potessero completare il servizio.
Braccio sinistro sul bancone di marmo, con il quale sorreggeva una testa oscillante, sorriso da ebete e occhi trasognanti. La conversazione prese inizio quando il ragazzo, sui venticinque, si fermò proprio di fronte a lei. La causa scatenante: quel suo ricambiare il sorriso della straniera, in un gesto divertito.
«Sono … una bella donna sai?» Era stato l’aggancio di Gemma. Un inizio un po’ buffo e inusuale, ma da ubriachi non ci si può aspettare chissà che.
«E anche da ubriaca riuscirebbe a sostenere una lunga conversazione nella mia lingua?», sfidò il giovane barista, curioso.
Gemma in effetti, di quella frase, comprese quattro parole in croce. No, da sbronza il cervello logicamente non lavora al massimo. «Credo anche io», blaterò in alternativa ad altro. E fece la finta offesa quando il ragazzo scoppiò a ridere. «Sono bella? … Sì o no?» Questa volta gli propose una domanda.
Il venticinquenne osservò titubante l’uomo accanto alla donna dai grandi occhi verdi e i capelli castani. E rispose solo nel momento in cui l’altro cliente gli fece cenno di continuare pure a dialogare con la sbronza. Se è questo che voleva.
Allora deciso la guardò negli occhi e rispose: «Sì, credo che lei sia davvero molto bella. Da dove viene?»
Si concentrò sulla prima parte del discorso pronunciata da quelle belle labbra piene, non comprendendo il resto. «Il mio ragazzo mi ha lasciata!» Disse, decisa che quella fosse un’ottima tattica per accalappiarlo. A quel punto il barista non seppe cosa rispondere, se non un “mi dispiace” poco sentito. Lei si sporse sul bancone, cercando di afferrargli un braccio, magari le mani. «Tu hai la … ragazza?»
Di nuovo gli occhi vispi del giovane uomo si spostarono verso l’elegante direttore, che stava bevendo dal suo bicchiere, da prima osservandolo intensamente come se fosse addirittura isolato da tutto ciò che stava accadendo accanto a lui. «Agassi … non credo sia gentile provarci con me quando in verità è accompagnata da un altro» e mostrò un sorriso di circostanza.
«Non sono un altro», si affrettò a spiegare Im Song Rok, «e non sono nemmeno il suo ex. Non sono nessuno per questa donna e questa donna è nessuno per me. Quindi se vuole può anche provarci.» La profonda voce appariva fredda, spiccia, ma sincera.
Gemma corrucciò le sopracciglia, avvicinandosi a lui, tanto che quasi gli si appoggiò su una spalla. «Giusto!» Sospirò prima di tornare a farsi sostenere dal bancone. Sorrise ancora verso il barista. «Quindi? Dove eravamo?»
«Non ho la ragazza.» Fu la sua breve risposta.
Gemma ridacchiò appena. «Andiamo a letto insieme.» Quella proposta sorprese abbastanza il giovane, ma attirò anche lo sguardo impressionato di Song Rok. Ed impressionato non di certo in modo positivo: si raggelò, immobilizzato con il bicchiere ancora sospeso a metà strada, lo stava per portare alla bocca, che tra le altre cose teneva spalancata. Ma la straniera non si fece intimorire dall’espressione del tipo dietro al banco e non diede importanza all’uomo al suo fianco. «Quando finisci di lavorare? Vivi con i tuoi? Mi ospiti a casa tua per la notte?»
Il rumore alla sua destra la scosse e quasi non cadde dallo sgabello. Guardò il bicchiere di cristallo di Song Rok, per fortuna tutto interno, ma il contenuto era schizzato un pò fuori. «Per oggi meglio finirla qui, eh?»
«Non ha detto di non essere interessato?» Attirò entrambi gli sguardi il barista. «Che quella donna era nessuno per lei?» Era tornato a giocare, con un sorriso sornione sulle labbra.
Song Rok annuì, «è così infatti.»
Il giovane guardò allora la straniera e si sporse verso di lei per sussurrarle gentilmente: «Vivo da solo, agassi e se vuole io finisco tra un’ora.» Si sollevò, sfidando il direttore con la sua espressione arrogante.
Mr Im non intendeva farsi trascinare in una gara a chi ce l’ha più lungo e si limitò ad assumere una piega di sufficienza.
 
****
 
«Quindi poi cos’è successo?» Domandò Sarah dopo aver bevuto direttamente dalla lattina di coca cola.
Gemma alzò le spalle, mettendo in bocca una cucchiaiata di riso. Versò nel suo bicchiere dell’acqua fresca, «da qui ricordo poco», confessò. Bevve un sorso per mandare giù il boccone e poi riprese la bottiglia, per versare il contenuto un po’ nella ciotolina del riso.
Sarah la fissò con estremo dubbio. «Aigo, aigo, aigo7 … come una vera ajumma» scherzò sull’allungare il riso con l’acqua, che in Corea viene usato qualche volta, specie dalle signore di una certa età. Ripresero a cibarsi della dweji kogi, carne di maiale a loro disposizione. «Quindi non è vero che ricordi tutto.»
«Avevo detto quasi ...», intinse la carne nelle varie salse prima di mangiarla, «comunque credo che Song Rok mi abbia trascinata fuori da quel locale, se no …», le mani lasciarono improvvisamente le bacchette. Cedettero di fronte a quella verità, proprio come crollò Gemma stessa: «Se non fosse così, mi sarei svegliata nel letto di qualcuno, non di certo nel suo divano!»
Sarah stava annuendo senza nemmeno darle peso, continuando a farcire la foglia di insalata. «E te ne rendi conto solo ora?»
L’italiana deglutì nervosamente, «potevo finire male.»
«Male, che esagerata! Il barista era carino no?»
Ma le sensazioni di Gemma non cambiarono. «Se non fosse stato per il direttore Im … sarei andata a letto con quello sconosciuto!»
«Succede!» Esclamò l’amica, attirandosi il suo sguardo.
Brontolò allora: «Lo dici come se niente fosse!»
Solo a quel punto Sarah affrontò il suo sguardo: «Sì, è successo anche a me, francamente», alzò le spalle, «Una volta sola però. Non sono facile, anche se a volte ne dò impressione. Io me li scelgo bene, ma è anche vero che un’esperienza del genere, se non di tuo gradimento, serve solo a non commettere più l’errore.» Alzò le bacchette per minacciarla, «piuttosto vedi di ringraziare quel Sant’uomo che ti ha portata via da quel locale!»
A quel punto Gemma non poté far altro che annuire. Era scappata quella mattina, credendo di averla combinata grossa, ma non pensava a qualcosa di così umiliante. Al massimo credeva di avergli vomitato in macchina o sul tappeto, che per la cronaca non aveva.
«Ora però dimmelo: cos’è successo per farti ridurre in quello stato?» La domanda che non avrebbe dovuto fare. Quel quesito cominciò a ronzare nella testa di Gemma, riportandola a quel giorno, a quella mattina al Donkin’donuts. Avrebbe potuto trascorrere delle belle ore, mangiando ciambelle con una strana compagnia, ma che si stava rivelando piacevole e diversa dal solito.
Quando la visione di Yon U al tavolo con quella “ragazzina” le lampeggiò nella mente, Gemma chiuse gli occhi, stringendoli forte per cancellarne il ricordo. Come se fosse possibile.
«Sai il tizio che abbiamo incontrato a quel colloquio?» Domandò improvvisamente Sarah. Sembrava voler cambiare discorso, per un momento. Cominciò a farcire un secondo involtino di lattuga e carne. «No dico, visto che siamo in tema di confessioni …» aveva già messo riso e carne a sufficienza, «facciamo così, io ti dico la mia e tu mi spieghi meglio che è successo quel giorno» e riprese a selezionare i contorni, attendendo la risposta alla sua proposta.
Gemma riprese le posate, con le quali prese a giocare nella salsa piccante. Sospirò, prima di dare il via: «Okay, dunque?» Osservò l’amica con fare sospetto, portandosi poi le bacchette alla bocca.
Sarah la guardò dritta negli occhi. «Siamo usciti insieme!», dichiarò tenendo sempre in mano quel pugno di lattuga e carne. «In verità è da un po’ che non … cambio idea.» Lanciò la bomba prima di ingoiare la pietanza, mettendoci non poco a masticarla.
Gemma si animò in quell’istante: «Non puoi ammutolirti con la scusa del cibo! Stai uscendo da un po’ con quel … cos’era un segretario?» L’amica non poté far altro che annuire, per il momento. «E per “non cambio idea da un po” cosa vorresti dire? Che non vedi altri? Che forse è quello giusto?» Si sentiva davvero felice ed elettrizzata per lei.
Sarah Kim portò le mani avanti, chiedendo con quel gesto che Gemma si fermasse un attimo. Masticò a fatica e deglutì. «Non correre! Sì, mi piace molto, ma è anche vero che stiamo uscendo da una settimana appena! E poi c’è sempre un certo direttore che mi fa ancora palpitare il cuore.»
«Dai retta a me, lui sembra il classico bello irraggiungibile.» Fece notare. «Ad ogni modo è davvero poca una settimana per comprendere se è quello giusto.»
«Lo so! Però fai conto che il mio massimo di resistenza con i precedenti pretendenti è stato di … cinque giorni, lui li ha superati tutti.» Spiegò l’italo-coreana. «Per quanto riguarda il bell’irraggiungibile: mai dire mai e se invece “il segretario”» gesticolò con le mani pronunciando quella parola, «… si farà apprezzare meglio del direttore …», le sollevò insieme alle spalle in un gesto molto spensierato. «Ora tocca a te!»
«D’accordo. Ho visto Jin Yon Un con un’altra quella mattina ed ero con Song Rok per parlare del nostro … diciamo contratto. Dopo quell’incontro non riuscivo a togliermi quella scena dalla testa e ora tu non aiuti affatto.» Concluse prendendo fiato.
«Bastardo.» Sospirò appena Sarah, non sapendo che altro aggiungere.
La suoneria la distrasse da quel ritrovato malumore, scatenato da una conversazione poco gradita, che le aveva fatto rivangare tristi pensieri. Gemma aprendo il cellulare notò il nome del mittente e corrucciò la fronte. Il cuore cominciò a batterle all’impazzata e le dita tremarono. Cosa fare? Aprire o non aprire? E se si fosse trattato nuovamente di un errore?
«Non è finita qui, Sarah … » Riprese il discorso, prima di decidersi a leggere quel messaggio, inviatogli da “nae sarang”, come lo aveva annotato sul telefonino. «Qualche giorno fa mi è arrivato un messaggio da parte di Yon U, ma evidentemente lo ha inviato alla persona sbagliata.»
Sarah aveva quasi paura a chiederlo, ma: «Che diceva?»
Gli occhi sempre fissi su quel display. « “Ciao So Ya, allora ci vediamo alla foresta Buk venerdì alle tre del pomeriggio?” » Riferì, citando a memoria quel brevissimo testo. Non ci aveva dato troppo peso all’ora, forse credendo si trattasse magari di un amico. Non comprendendo a pieno il genere dei nomi coreani.
«So Ya?» Sussurrò Sarah stringendo i denti.
Gemma sospirò e poi sorrise amaramente, aprendo quell’ultimo sms, pensando si trattasse di scuse. Si doveva essere accorto di aver sbagliato ad inviare quell’invito, anche se in ritardo.
Donna sbagliata, ops!
Contrariamente a quel che pensava, trovò un altro tipo di messaggio. La brevissima risata, quasi sospirata, ironica, scappò al suo controllo. «E vuoi sapere una cosa divertente? A quanto pare non si è ancora accorto dell’errore!» Strinse il cellulare rabbiosamente. «Cretino», continuò a leggere ossessivamente quanto c’era scritto:
 
♥♥  사랑 ♥♥
Scusa se ci ho messo molto a scriverti, ma … quella mattina non volevo che mi vedessi con lei  al Donkin’ donuts. O per lo meno dovevo prima dirtelo che stavo uscendo con qualcuno.
 
«Questo venerdì?» Una voce graziosa la interruppe e lei annuì senza proferire parola, sollevando lo sguardo verso l’amica. Il viso di Sarah aveva preso una piega indagatoria, riflessiva. «E dov’è l’appuntamento?»
«Dice alla foresta Buk.» Scrollò la testa infastidita. «Possiamo cambiare registro? Vorrei pensare ad altro. La cosa mi infastidisce.»
Ma l’altra era partita in quarta nei suoi ragionamenti: «Quindi si troveranno a passeggiare nella Buk forest of the dream8 … », i suoi pensieri venivano espressi ad alta voce. Improvvisamente un lampo passò in quegli occhi italo-coreani. «Se davvero non si è accorto di averti mandato quel messaggio … Sai cosa devi fare, vero?» una domanda che poteva lasciare un enorme dubbio, ma in realtà Gemma sapeva fin troppo bene come doveva comportarsi.
La vera domanda era: sarebbe stata capace di affrontare la cosa?
 
 
1 La terra del calmo Mattino, così viene chiamato Seoul dagli americani "The land of the morning calm".
Caro amico ti scrivo, è il titolo di una vecchia canzone italiana di Lucio Dalla.
Bulkogi (불고기) letterlarlmente "bul" fuoco, "kogi" carne. La carne in Corea del sud viene cotta direttamente sulla piastra.
Ajumma (아줌마) termine per definire una donna passata una certa età o una sposata.
Cullen, famosa famiglia vampira nel romanzo Twilight
Memole, David lo gnomo, Arietty sono tutti personaggi dei cartoni animati televisivi o cinematografici e sono gnomi. 
7 Aigo (아이고) un'esclamazione tipica coreana.
Buk Forest of the dream (서울 북 꿈의숲) è una grande "foreste" nella capitale coreana.

 

Scusate dell'unico capitolo, ma oltre al fatto che stiamo raggiungendo il capitolo che non ho ancora terminato (27, avvicinandoci alla fine da quel momento in poi), ho pure problemi con windos word. Portate pazienza, grazie!!!!
Alla prossima!
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Giorgia Alfonso