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Autore: la luna nera    28/11/2014    2 recensioni
E' trascorso quasi un anno dal ritorno definitivo di Edward Harringhton nella nostra epoca e tutto fra lui e Daisy va per il meglio. Ma all'orizzonte si stanno addensando le nubi minacciose di un temporale. Che non è come tutti gli altri....
Cosa potrebbe accadere se qualcuno nel passato avesse bisogno di lui? Per caso c'è chi lo sta chiamando perché torni indietro nel tempo? E Daisy se ne starà con le mani in mano o farà di tutto per tenerlo accanto a sé?
Genere: Mistero, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il sole del nuovo giorno spuntò sulle campagne del Somerset, nel piazzale antistante Harringhton House erano già pronte le carrozze che avrebbero portato la famiglia a Londra. Il personale di servizio stava caricando i bagagli e a breve tutti sarebbero partiti. Louise era riuscita a convincere la duchessa Anne ad accettare la sua presenza almeno per il viaggio. Una volta a destinazione in un modo o nell’altro avrebbe escogitato qualcosa per restare lì. E non aveva ancora abbandonato l’intento di far fuori la rivale in amore.
Cosa avrebbe pensato Edward se la sua insignificante fidanzata non si fosse presentata puntuale alla partenza?
 
Daisy sentiva forte il bisogno di recarsi a portare un ultimo saluto ai nonni di Edward, verso i quali nutriva un profondo affetto, nonché stima e riconoscenza. Si soffermò in raccoglimento presso le loro tombe nel cimitero, non era molto distante da Harringhton House e si sarebbe ricongiunta con la famiglia in breve tempo. Era quello un luogo dal vago sapore gotico, la cappella era grande ma non troppo luminosa date le ridotte dimensioni delle finestre. C’erano delle candele che davano un leggero tocco sinistro all’ambiente a causa dei giochi di luci ed ombre che si venivano a creare con i fiori deposti presso i sepolcri. La ragazza si strinse fra le braccia per farsi coraggio; quell’ambiente immerso nella foschia da cui emergevano le lapidi delle altre tombe esterne alla cappella le faceva venire in mente certi film horror in cui da un momento all’altro dal terreno spuntano zombi che attaccano i protagonisti. Fece il segno della croce prima di uscire dall’edificio sacro e si diresse verso l’uscita del camposanto; all’improvviso un rumore la fece sobbalzare. Ma lì non c’era nessuno, almeno in apparenza, che fosse ancora in vita. Provò a concentrarsi nella speranza di entrare in contatto con eventuali spiriti, senza successo. E di nuovo udì quel rumore. Ritenne saggio dileguarsi prima possibile da quel luogo, forse era vittima della suggestione e non c’era nulla di cui preoccuparsi, ma una strana sensazione le suggeriva di abbandonare il cimitero prima possibile. Varcò il cancello che richiudendosi, provocò un inquietante cigolio. Fece qualche passo su per il sentiero che conduceva alla villa e scorse un gatto nero inerpicarsi per il boschetto e sparire nella nebbia. Questa fu l’ultima cosa che vide: poi qualcuno le infilò un sacco in testa, la colpì facendole perdere i sensi e la sollevò di peso portandola via.
 
 
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“E’ tutto pronto, George?”
“Si milord. I bagagli sono caricati sulle carrozze e i cavalli sono in posizione. Quando Vostra Grazia lo desidera, possiamo partire.”
Il duca osservò con malinconia il palazzo, contò ogni finestre, ogni colonna, ogni terrazzo come a voler far suo ogni particolare per conservarne il ricordo nel periodo a venire. Allontanarsi da quel luogo gli provocava un insieme di dolore e malinconia, ma la decisione era stata presa e non sarebbe tornato indietro. “I miei familiari dove sono?”
“Stanno arrivando, sir.”
La prima ad uscire dal palazzo fu Louise elegantissima, stretta in un cappotto celeste estremamente aderente e con un delizioso cappellino fiorito sulla testa. Salutò l’uomo con un profondo inchino che fu da questi ricambiato con un lievissimo cenno del capo. Ancora non aveva compreso cosa trovasse di tanto eccezionale in lei sua moglie, a tal punto da averla voluta con sé durante il viaggio a Londra. Poco dopo scese Henriette, seguita dalla madre e per ultimi Rosemary, che portava una borsetta in cui aveva riposto le pietre energetiche e tutto il necessario per le sedute, ed Edward. Mancava solo Daisy. Il ragazzo
sapeva che si era recata al cimitero per portare un ultimo saluto ai suoi nonni e tornò indietro per verificare se fosse rientrata a palazzo senza che lui se ne fosse accorto. Frugò in ogni stanza sperando di ritrovarla, anche con lo sguardo perso nel vuoto in preda alla nostalgia del suo tempo. Daisy non c’era. I suoi bagagli non erano stati ultimati e questa fu la conferma che dalla visita al cimitero non aveva mai fatto ritorno.
 
 
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Aprì gli occhi nonostante il forte dolore alla testa trovandosi al buio, qualcuno l’aveva presa e la stava portando via di peso. Le sue mani erano state legate dietro la schiena impedendole qualsiasi movimento che la avrebbe permesso di liberarsi dal sacco che la imprigionava. Sentiva di essere sopra un mezzo di trasporto, forse un carro o un calesse, e si stava muovendo.
Chi l’aveva presa? E dove la stavano portando?
Ad un tratto sentì che il mezzo di trasporto si era fermato e delle mani l’afferrarono di nuovo; dopo pochi passi fu lasciata cadere su qualcosa di morbido, probabilmente un divano. Udì dei passi che si allontanavano, forse l’avevano lasciata sola. Provò a mettersi seduta e le mani di una persona le tolsero il sacco che le copriva la testa. Si guardò attorno tentando di capire dove fosse: sembrava una casupola di legno, con il divano su cui era seduta ed un tavolo. La poca luce che entrava dall’unica finestra le permise di scorgere un’ombra a circa un paio di metri da lei senza riuscire a riconoscere chi fosse.
L’ombra si inchinò. “Vi porgo le mie scuse per i modi bruti con cui i miei uomini vi hanno condotta sin qui, non hanno a che fare molto spesso con le signore. Spero comprendiate Lady Thompson.”
Quel tipo dunque conosceva il suo nome quindi la cerchia si restringeva drasticamente. E pure il tono della voce, seppur flebile, le era familiare.
L’ombra fece alcuni passi verso di lei entrando nel debole cono di luce che permise a Daisy di avere le conferme che temeva. “Sebastian Millstone… Avevo intuito giusto.”
“Sono lusingato che vi ricordiate di me.” Prese posto accanto a lei. “Gradite del succo di limone?” Le porse un bicchiere.
“Gradirei piuttosto una spiegazione per quanto avete fatto!”
Piegò l’angolo sinistro della bocca in un sorriso. “Vi immaginavo più perspicace, milady.” Poggiò il bicchiere sul tavolo. “Un piccolo ritardo da parte vostra all’appuntamento per la partenza per Londra potrebbe essere un ulteriore aiuto al duca Gilbert nel comprendere quale sia la sposa migliore per suo figlio. Capirà così che siete una persona inaffidabile oltre che rozza e ignorante… E queste sono tutte delle caratteristiche che una nobildonna non dovrebbe possedere, non trovate?”
“Vostra sorella è davvero disposta a tutto pur di sposare Edward… Quello che non capisco è come voi adesso facciate di tutto per soddisfarla, mentre non molto tempo fa lo volevate morto invece che al suo fianco. Forse siete voi quello inaffidabile e con le idee confuse…”
Si lasciò sfuggire un sorrisetto. “Avete del fegato nel parlare così, in fondo siete solo una donna.” Cominciò a disegnarle i contorni del viso con le dita. “E come tale non dovreste opporvi alle mie richieste.” Le dita proseguirono fino al collo, per poi slacciarle il mantello.
“Che accidenti volete, Millstone?!”
“Sapete, guardandovi meglio non siete poi così male. Sarà quasi piacevole intrattenermi con voi mentre gli Harringhton vanno nella capitale. In fin dei conti dobbiamo pur inventarci qualcosa per ingannare il tempo.” Spostò la mano sul suo petto, la ragazza si ritrasse immediatamente, perdendo l’equilibrio e finendo a terra.
Quello si gettò sopra di lei e la avvolse con le braccia cercando il modo di toglierle il vestito. Daisy tentava di divincolarsi, offendendolo sonoramente, scalciava il più possibile urlando di smetterla. Sebastian non ci sentiva proprio e con la mano destra era riuscito ad abbassarle l’abito e l’intimo, liberandole un seno e poggiandovi sopra il palmo. Come in un flash back, la ragazza tornò agli attimi in cui si trovava fra le grinfie di Garrett: quei due sembravano la stessa persona tanto erano viscidi e perversi. Si mise ad urlare, chiamare Edward sperando la sentisse in qualche modo, continuava a divincolarsi, a muoversi, tentando di liberarsi da quel maiale pervertito che incurante di tutto, continuava a giocare con il suo corpo.
 
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Edward aveva rivoltato da cima a fondo Harringhton House senza trovare alcuna traccia di Daisy. I suoi familiari iniziavano a spazientirsi, volevano partire prima possibile per evitare di viaggiare durante le ore di oscurità. Il ragazzo scese di nuovo giù nel piazzale, visibilmente preoccupato, comunicando la scomparsa della ragazza. Automaticamente sul volto di Louise comparve un piccolo sorriso di soddisfazione: il piano di suo fratello aveva avuto successo.
“Non mi allarmerei così tanto.” Avanzò di qualche passo raggiungendo Edward. “Lady Thompson non si è presentata con puntualità e devo dedurne che non ha il minimo rispetto per te e il tuo augusto casato, mio caro. E’ evidente che la signorina aveva di meglio da fare.”
“Ci sei tu dietro la sua scomparsa…”
“Non so di cosa stai parlando.” Lo fissò negli occhi. “Proporrei di partire prima che l’ora si faccia tarda.”
“Fate come vi pare, io resto qui e non mi muoverò finché Daisy non avrà fatto ritorno a casa sana e salva.” In quel momento avvertì un forte mal di testa, Rosemary si portò una mano all’altezza del cuore e si accasciò a terra facendo piombare nel panico i genitori. Il ragazzo si precipitò verso di lei e l’aiutò a tirarsi su. Si guardarono negli occhi trovando conferma alle sensazioni strane ed allarmanti che entrambi avevano percepito: Daisy era in pericolo e gli spiriti dei loro avi, non potendo intervenire direttamente, li avevano avvertiti nell’unico modo possibile a loro concesso. La ragazza, con un filo di voce, sussurrò al fratello di precipitarsi ad Hedgecock Hill Wood: lei si trovava lì in una casupola presso la quercia millenaria. Edward afferrò un cavallo e partì senza dare la minima spiegazione ai presenti.
Correva, correva a perdifiato.
Se dietro la scomparsa di Daisy c’erano i Millstone, cosa quasi scontata, sarebbe potuto diventare molto pericoloso.
 
 
 
Dasiy non riusciva a liberare le mani da quel maledetto laccio che la paralizzava, mentre quel porco tentava invano di abusare di lei. Doveva essere forte e tentare di trovare il modo di ricorrere ai suoi poteri: solo così poteva sperare di liberarsi da quelle mani viscide come i tentacoli di una piovra. Era difficile, molto difficile poiché il senso di ribrezzo le paralizzava il cervello. Sentiva che gli spiriti tentavano di aiutarla e che avevano già messo in allarme Edward, ciò nonostante non riusciva a far funzionare la sua parte sovrannaturale. L’unico tentativo da fare consisteva forse nel ricorrere alle maniere forti: spinta forse dalla disperazione, riuscì a spostare una gamba quel tanto che le bastò per colpire Sebastian nei genitali e liberarsi momentaneamente dalla sua presa. Tentò di alzarsi dal pavimento e, come mosse i primi passi verso la porta, inciampò nella gonna che le stava scivolando via di dosso cadendo rovinosamente a terra. Il suo aguzzino, furioso come una belva, la raggiunse schiacciandola al suolo con il suo corpo.
“Dove credi di andare, sgualdrina che non sei altro? Non ho ancora finito con te.” E iniziò a succhiarle e leccarle il collo per poi passare alla schiena, mentre lentamente incominciava a sfilarle l’abito. Quella porta che si spalancò all’improvviso fu come un raggio di sole che squarcia il velo delle nubi dopo la tempesta: Edward piombò come una furia su di lui, lo afferrò per i capelli sbattendolo con violenza inaudita a terra. Aiutò Daisy ad alzarsi e le rimise a posto l’abito, il solo pensiero che quel porco aveva osato guardarla e toccarla in certe parti del corpo stavano tirando fuori la sua parte più violenta, che mai prima di allora era uscita allo scoperto. Le liberò i polsi, si voltò verso Millstone che tentava di risollevarsi barcollando e gli si avvicinò con il volto rosso di rabbia. “Cosa cazzo credevi di fare?”
“Io?” Sputò un sorriso ironico. “Chiedilo alla signorina, mi ha provocato fino allo sfinimento. Evidentemente non sei un grande amatore se aveva dei forti appetiti sessuali. Conosci le donne, Harringhton, si fingono caste e pure mentre in realtà sono una miniera di voglie e desideri.”
“Non credo ad una sola stronzata. Mi fai schifo, tu come tua sorella!”
Quello si mise a ridere. “Si, mia sorella ti ha proprio disgustato quella sera.”
“Non provocarmi oltre, potrei farti male sul serio!”
“Oh, sto tremando di paura! Esattamente come la tua dolce fidanzatina mentre si concedeva a me, ma lei tremava di piac…”
Non terminò la frase, Edward gli sferrò un pugno in faccia che lo fece rotolare di nuovo a terra, provocandogli la fuoriuscita di sangue dal labbro inferiore. Gli puntò il dito indice a poche centimetri dalla punta del naso. “Questo è solo un avvertimento, prova a sfiorarla un’altra volta e sei morto.”
Prese per mano Daisy, visibilmente scossa e insieme fecero ritorno ad Harringhton House ricongiungendosi al resto della famiglia.
 
Seppur con un po’ di ritardo, il viaggio verso Londra poté iniziare.
 
 
 
 
Ciao a tutti e grazie infinite a voi che recensite e spendete il vostro tempo nel leggere la storia. Per me è davvero importante, credetemi!
Capitolo un po’ violento, ma con il finale forse scontato. E comunque il viaggio per Londra finalmente ha inizio.
 
Un’ultima cosa: se siete incuriositi dalle storie sui fantasmi (quelli “veri” intendo), vi invito a dare un’occhiata qui.
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2925373&i=1
Sto scrivendo delle poesie su alcuni spiriti che infesterebbero castelli e ville d’Italia, basandomi su leggende e racconti che ho trovato in alcuni libri che ho letto di recente. Mi farebbe molto piacere sapere cosa ve ne pare.
Grazie
Un abbraccio
La Luna Nera

 
  
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