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Autore: blaithin    29/11/2014    5 recensioni
Sentì due piccole mani alzargli piano il viso, poi due labbra carnose che cominciarono a lasciare baci leggeri sulle guance e sulle palpebre, raccogliendo quel dolore e portandone una parte con sé, via da quel corpo stremato e mutilato dalle emozioni. Aprì gli occhi e li incastonò a quelli della ragazza, verdi come i prati irlandesi. I suoi non erano più come quelli di un tempo, e lo sapeva, lo sentiva. Avevano iniziato a prendere una strana sfumatura grigia, melanconica, e si stavano lentamente spegnendo.
Genere: Fluff, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Quel sorriso era del tipo che riesce a porre fine alle guerre e a curare il cancro»
 
Harry Styles. Un metro e ottantatre di pura gentilezza, dolcezza e bontà. Pieno di amore per Rebecca Knights, amante della musica e membro della boyband più famosa del mondo.
Era da un po’ che Harry non sorrideva, e Rebecca se n’era accorta. Aveva notato come, negli ultimi mesi, il ragazzo che amava aveva lentamente iniziato a smorzare il suo sorriso, senza far accorgere nessuno di questo cambiamento. Nemmeno le fan se n’erano accorte, o i bodyguard o gli altri ragazzi, solo Rebecca. Lo osservava quando tornava a casa e si buttava subito sotto la doccia, dopo averla salutata con il suo solito e delicato bacio sulla tempia. Poi, dopo essersi messo dei pantaloni da tuta e una maglietta semplice, si sedeva sul divano e la prendeva tra le sue braccia, poggiando la testa sulla sua schiena e sospirando, mentre lei intrecciava le loro mani e stava in silenzio, accrescendo quella paura che lentamente la stava divorando dall’interno. Non chiedeva mai perché sospirasse, né tantomeno perché non parlasse o cantasse, come faceva i primi tempi in cui avevano iniziato a vivere assieme.
Harry si era subito innamorato di Rebecca la prima volta che l’aveva vista. Era ancora agli esordi della sua carriera, e poteva uscire senza essere mobbato o seguito da un bodyguard. Non era stato uno di quegli incontri speciali, si erano semplicemente messi a litigare per chi dovesse avere l’ultimo pacco di biscotti al cioccolato fondente. Harry ricordava come, nonostante tutto, sua madre gli avesse insegnato le buone maniere, e da bravo gentiluomo qual’era, aveva lasciato prendere quel pacco di biscotti alla ragazza dagli occhi simili ai prati d’Irlanda. Le aveva poi sorriso, mostrando quella profonda fossetta sulla guancia sinistra e si era girato a prendere un pacco di semplici biscotti alla vaniglia. Rebecca rimase ferma immobile, e l’unica cosa a cui riuscì a pensare fu a una frase tratta dal suo libro preferito: «Quel sorriso era del tipo che riesce a porre fine alle guerre e a curare il cancro.». John Green non poteva essere stato più specifico.
Si erano incontrati poi, per la seconda volta, in un pub irlandese a King’s Cross, zona centrale di Londra. Erano entrambi con amici, e Harry, con i suoi diciotto anni innocenti, rideva ad un tavolo mentre i suoi amici continuavano a fare battute squallide. Rebecca, con i suoi sedici anni e un documento falso, era al bancone con la sua migliore amica Harriett, più grande di lei di tre anni. Le ragazze sghignazzavano guardandosi in giro, mentre osservavano la gente seduta ai tavoli e, come loro solito, trovavano spunto dai loro dettagli fisici per fantasticare sulle loro vite e inventarsi quanti maggiordomi avessero o meno nelle loro ville alle Bahamas. A un certo punto Harriett e i suoi piccoli occhi castani, coperti da un paio di occhiali di montatura Vogue, si posarono su un tavolino all’angolo del locale, dove cinque ragazzi continuavano a ridere e divertirsi.
“Ora tacco a loro, Reb!” e li indicò con il pollice, prendendo poi il suo Gin Lemon e deglutendone un grosso sorso, sentendo l’alcol arrivarle nello stomaco e cominciare a circolare nell’organismo. Nel frattempo, la sua amica aveva poggiato gli occhi sul tavolo scelto e si era bloccata, riconoscendo il ragazzo del supermercato a cui aveva donato involontariamente una delle sue citazioni preferite.
Harry aveva notato come gli occhi dei suoi amici si erano spostati, e girando la testa aveva notato quella ragazza con cui aveva litigato per dei biscotti un paio di giorni prima. Le sorrise e la guardò curioso, sentendo il fiato mozzarsi e osservando come la maglia le ricadesse morbida dalla spalla, mostrando la pelle chiara e priva di imperfezioni. Avrebbe voluto posare un bacio proprio in quel punto, solo per mettere a tacere tutti quei dubbi che stavano iniziando a circolargli in testa su che sapore avesse quella pelle. Alzò di nuovo lo sguardo e lo incastrò in due occhi verdi che lo guardavano timidi; eppure, pensò il ragazzo, erano pieni di felicità e gioia. Allora si alzò dirigendosi verso di lei ignorando le domande dei suoi amici, vedendo un sorriso comparire su quel viso pulito e poco truccato.
“Ciao, ladra di biscotti” le disse, infilando le mani nelle tasche dei jeans e cominciando leggermente a dondolare sulle Converse bianche, mentre aspettava una risposta.
“Ciao, ragazzo dal cuore altruista” ridacchiò, spostandosi una ciocca di capelli castani dietro all’orecchio, mentre un calore al petto cominciava a scaldarle l’anima e le guance chiare.
Harry ricordava tutto. Gli appuntamenti, il loro primo bacio –l’ultimo primo bacio di lei, a cui aveva dedicato la canzone omonima-, la loro prima volta, la prima vera litigata. Poi come erano riusciti a fare pace, trovando finalmente l’armonia che cercavano da un anno e mezzo, l’appartamento che condividevano ormai da un anno. Rebecca aveva portato quella luce che mancava alla sua vita, era il suo ultimo pezzo di puzzle che lo faceva sentire completo. Lo aveva accompagnato in tappe importanti della sua carriera, aveva assistito ai suoi cambiamenti e conosceva cose di lui che nemmeno i suoi migliori amici sapevano. Era semplicemente il suo sorriso che lo rendeva vivo, e non poteva essere più grato di averla accanto a sé. Eppure nella sua vita c’era qualcosa che non andava; sentiva un peso al petto, un’oppressione strana e del tutto nuova per lui.
Quel giorno la girò piano tra le sue braccia, tenendo sempre la testa nascosta nel collo della ragazza. Le baciò una clavicola, e poi salì lentamente alla mandibola, tenendo gli occhi serrati per evitare i suoi grandi occhi preoccupati che sapeva lo avrebbero obbligato a parlare. Le baciò ancora il mento, il naso, gli zigomi e le palpebre, la fronte e poi ancora il naso, fino a tornare al collo. Agganciò le sue braccia ai fianchi morbidi e sospirò tremante. Sentì le piccole mani della castana accarezzargli le braccia, lentamente, e salire poi sulle sue scapole fino ad arrivare al capo, dove cominciò a massaggiargli dolcemente i lunghi boccoli castani. Si lasciò andare, dopo tanto tempo, sentendosi svuotare di tutto quel carico di emozioni che lo torturavano da mesi. Rebecca lo stringeva in silenzio, coccolando quel ragazzo tanto meraviglioso quanto fragile, mentre sentiva la maglia bagnarsi di quelle lacrime amare che il suo amato aveva trattenuto per chissà quanto tempo. Cominciò a canticchiare sottovoce una canzone del nuovo album, mentre le mani del ragazzo erano finite sotto la maglia a stringerle i fianchi, e gli baciò la fronte, continuando ad accarezzargli la schiena e spezzandosi, sentendo i singhiozzi soffocati dalla stoffa che il ragazzo ormai non provava nemmeno più a trattenere, si avvicinò allora al suo orecchio e gli sussurrò una frase piccola piccola, che aveva un significato enorme per entrambi, e gliela canticchiò piano.
All I can do is say that these arms were made for holdin’ you” poi gli baciò una tempia e continuò a coccolarlo, stringendolo tra le sue braccia. Harry sapeva di doverle una spiegazione, piangere su di lui l’aveva portata a preoccuparsi, ma in quel momento, dopo quella frase così semplice eppure così piena di significato per tutti e due, si sentì a casa, accettato per i suoi pregi ed i suoi difetti. Rebecca era la sua salvezza, così come lui sapeva di essere quella della ragazza che stringeva tra le braccia.
“Ti amo così tanto, Becca.” le sussurrò piano, sentendosi leggermente meglio dopo essersi sfogato. Ma sapeva, se lo sentiva dentro, che questo dolore non sarebbe sparito presto. Il peso che portava sulle spalle, non riusciva più a reggerlo con così tanta facilità come aveva fatto in passato. Aveva così tante emozioni inespresse dentro di sé che non sapeva nemmeno lui come aveva fatto a sopportare tanto tempo senza reagire. Sentì due piccole mani alzargli piano il viso, poi due labbra carnose che cominciarono a lasciare baci leggeri sulle guance e sulle palpebre, raccogliendo quel dolore e portandone una parte con sé, via da quel corpo stremato e mutilato dalle emozioni. Aprì gli occhi e li incastonò a quelli della ragazza, verdi come i prati irlandesi. I suoi non erano più come quelli di un tempo, e lo sapeva, lo sentiva. Avevano iniziato a prendere una strana sfumatura grigia, melanconica, e si stavano lentamente spegnendo.
“Che ti succede, amore mio? Parlami, sono qui per te. Raccontami, ti prego. Perché stai in silenzio? Mi stai preoccupando. Ti scongiuro, parla. Harry, sono qui.” Vedeva queste domande viaggiare negli occhi della ragazza, e non poté non fare a meno di provare rimorso e un senso di colpa tale da attanagliargli il cuore. Come aveva potuto essere così stupido da non accorgersi che stava ferendo la persona che amava? Come aveva fatto a credere che nessuno riuscisse a vedere ciò che gli stava accadendo? Rebecca era sempre stata lì per lui, come aveva potuto stare zitto senza raccontarle nulla?
“Scusami, non volevo. Mi dispiace. Ti amo tanto, Becca. Perdonami. Sono qui, ora.” le rispondeva con sguardi, e vide un leggero sollievo in quelle iridi che tanto amava. Si avvicinò e poggiò le labbra sulle sue, socchiudendo le palpebre e alleviando quel dolore al petto che continuava a torturarlo indisturbato. La attirò ancor di più a sé, circondandola completamente con le sue braccia e approfondendo quel bacio lentamente, riempiendolo di tutto l’amore e di tutta la dolcezza che possedeva in corpo. Si alzò in piedi, portando le mani sotto alle sue gambe per sostenerla, mentre le braccia di lei si posarono sulle sue spalle muscolose, reggendosi e non allontanandosi da quel corpo caldo e pieno d’amore.
La poggiò su quelle lenzuola che profumavano di loro, non staccandosi dalle belle labbra della ragazza, cominciando ad accarezzarle i fianchi morbidi mentre lei si divertiva con un dito ad arricciargli ancor di più i ricci e sorridendo leggermente in quel bacio infinito. Harry si staccò poi, in mancanza d’aria, e poggiò la fronte su quella della ragazza, che aveva iniziato a lasciargli piccoli baci sulle labbra gonfie, non dicendo nulla. Rebecca sapeva che il ragazzo aveva bisogno di tempo, e non aveva alcuna intenzione di mettergli fretta, mai lo aveva fatto e mai lo avrebbe fatto. Sapeva aspettare, e per Harry avrebbe aspettato anche tutta la vita, se fosse stato ciò di cui aveva bisogno.
“Dici che è troppo se ti mostro ancora una volta quanto ti amo?” gli disse piano, un sussurro quasi inudibile, tenendo gli occhi chiusi e poggiando le braccia attorno al suo collo. Non ricevette risposta se non con un bacio, che valeva più di mille parole. Furono baci sfuggenti, mani infuocate e corpi di due amanti che si toccavano, si bramavano in una fredda giornata di dicembre. Non ci furono parole, perché parole non sarebbero mai bastate. Furono gemiti e carezze, cuori che palpitavano e bocche che baciavano, mentre le menti correvano in contemporanea e scappavano via, lontano da quel mondo pieno di cattiveria.
Rebecca si svegliò la mattina seguente con il corpo di Harry che la sovrastava, i capelli le facevano il solletico al collo e il suo respiro caldo le faceva correre i brividi di piacere lungo la spina dorsale. Gli accarezzò piano i ricci, scendendo poi alla sua schiena muscolosa, passando leggera sulle scapole, sulle vertebre e sui fianchi, per poi tornare verso l’alto e ricominciare quel piccolo sentiero cutaneo. Si accorse di due grandi mani che le stringevano i fianchi e sorrise, girando il viso e poggiando un bacio leggero sulla fronte del ragazzo, mormorando un buongiorno e ripiombare poi nel silenzio interrotto solo dai loro respiri. Le posò le labbra sulla clavicola e sospirò, godendosi il calore di quel corpo con cui aveva fatto l’amore ancora una volta. Intrecciò le loro gambe e portò le coperte sopra le loro teste, non volendo uscire da quella piccola bolla di pace di cui si drogava ogni mattina. La strinse ancor di più a sé, inebriandosi del profumo della sua pelle dopo una notte d’amore e cominciò a canticchiare sottovoce, tenendo gli occhi chiusi e godendosi quei piccoli baci che la ragazza aveva iniziato a poggiargli sul petto.
Kiss me where I lay down my hands pressed to your cheeks” le sussurrò all’orecchio, mentre con le mani le accarezzava le cosce, poi i fianchi, sfiorava il seno e arrivava alle spalle, al collo e finalmente alle guance, aprendo lentamente gli occhi e incastonandoli in due pozzi verdi.
“Non ti bacerò con l’alito mattutino, nemmeno se mi paghi, Haz” gli disse con una mano davanti alla bocca. Ridacchiò leggermente, e Rebecca non poté essere più contenta di quell’aria allegra e pigra che aleggiava nella stanza, ma si era accorta di come il riccio stesse iniziando ad avvicinarsi e, proprio quando le labbra si sfiorarono, si svincolò di scatto dalle sue braccia, si buttò fuori dal letto per afferrare le mutande a terra e raccogliere la maglia del ragazzo per poi correre in bagno e chiudercisi dentro, mentre ascoltava Harry ancora a letto che mugugnava e piagnucolava sul fatto che meritasse almeno un bacio sulla guancia. La castana ridacchiò, e dopo essersi lavata i denti e sciacquata il viso con dell’acqua fresca, uscì dal bagno, trovando la camera da letto vuota. Sentì il ragazzo trafficare in cucina e, non appena arrivò alla soglia, si poggiò allo stipite incrociando le braccia al petto e ammirando ciò che la vita le aveva donato: un bellissimo ragazzo in boxer che si affaccendava ai fornelli per preparare del the, canticchiando una canzone di cui non conosceva il nome ma che aveva sentito alla radio. Rebecca osservava come lavorassero i muscoli della schiena, le scapole che si muovevano di conseguenza alle braccia, una delle quali tatuate sulla parte posteriore, i ricci che ricadevano sul collo e che venivano spostati da una mano dalle lunghe dita seguita poi da uno sbuffo. Si avvicinò piano per poi poggiare la fronte in mezzo a quella schiena, che tanto amava accarezzare, e portò le mani sull’addome scolpito del ragazzo, sentendo poi le proprie dita intrecciarsi ad altre più lunghe e calde.
Harry continuò a canticchiare e a godersi quell’abbraccio, mentre dopo tanto tempo la mente stava cominciando a liberarsi di tutti quei pensieri che continuavano a torturarlo. Staccò le mani da quelle di Rebecca e, dopo aver chiuso il gas, si girò verso di lei afferrando i suoi fianchi e stringendola al suo corpo, mentre lei poggiava la testa sul suo petto nudo e lasciava un bacio su di esso. Nascose il viso nel collo della ragazza, chiudendo gli occhi e godendosi il silenzio che, a suo dispiacere e disappunto, fu interrotto dalla suoneria del suo cellulare.
Rebecca lo aspettava in cucina, seduta sul bancone con una tazza di the a scaldarle le mani e sorseggiando piano, cercando di non scottarsi la lingua. Lo vide arrivare mentre si torturava i capelli, sbuffando scocciato. Notò poi i suoi occhi spenti, tristi: non possedevano più la fioca luce di prima. Con un cenno della testa lo fece avvicinare a sé, in mezzo alle sue gambe, e, dopo aver poggiato la tazza abbastanza lontano da non rovesciarla, portò le mani al collo di Harry, cominciando a giocherellare con i ricci. Nel mentre lui le accarezzava le cosce chiare, disegnando piccoli cerchi immaginari per cercare di calmarsi e di far sparire quella maledetta sensazione dal petto.
La verità, era che Harry non ne poteva più. Non ce la faceva più a sopportare tutti i flash, non sopportava più i paparazzi, non tollerava più stare lontano anche mesi dalla sua Becca, sentendola piangere al telefono perché le mancava. Non sopportava nemmeno più le fan che, nonostante tutto il supporto dato loro, erano diventate opprimenti. Non sopportava più i rumors su suoi probabili tradimenti, né tantomeno il management che, nonostante tutte le riunioni tenute sull’argomento, continuavano ancora a premere sul fatto che la sua relazione con Rebecca Knights non portasse una buona immagine sulla band. Ricordava il periodo in cui litigava con Becca, per un motivo o per l’altro, e dove aveva pensato di lasciarla. Ne aveva parlato con i ragazzi una sera, mentre guardavano tutti assieme un film in una ‘serata al maschile’, di come non volesse rovinare la loro immagine con la sua relazione. Niall gli aveva semplicemente detto “Lascia Rebecca e stai pur certo che l’unica immagine che si rovinerà sarà la tua e non la nostra” per fargli capire che Becca era molto più importante di qualsiasi immagine pubblica dettata dai media.
Rabbrividì al pensiero di stare senza di lei. Era diventata indispensabile nella sua vita, non solo come persona amata ma anche come confidente. Poteva raccontarle tutto, perché sapeva che non sarebbe stato giudicato. Le baciò una clavicola, cercando di trovare le parole giuste per darle quella notizia che, lo sapeva, l’avrebbe spezzata. Sapeva anche che avrebbe nascosto tutto dietro a un sorriso, come faceva sempre, per non fargli crescere sensi di colpa.
Ci aveva pensato un sacco, prima di chiedere a Becca di far parte della sua vita. Nonostante fosse ancora agli inizi, era perfettamente a conoscenza del carico che si portava sulle spalle. Era terrorizzato dal fatto che, dopo essersene innamorato –perché ne era sicuro, come poteva non innamorarsi di Rebecca?-, lei lo avrebbe lasciato per la troppa fatica e il troppo peso che significava stargli accanto. Perché Harry lo sapeva perfettamente che entrare nella sua vita significava addossarsi pesi enormi, di stare completamente sotto ai riflettori e di non avere la possibilità di crollare. Eppure, la sua Becca lo aveva sorpreso; molte volte gli aveva dimostrato la sua fragilità –per farne un esempio, quando stavano per fare l’amore lei gli aveva rivelato le sue paure sul dolore che, ne era sicura, avrebbe provato. Aveva intrecciato le mani con le sue e l’aveva baciata, trasmettendole più amore e sicurezza possibile- ma nonostante ciò si era rivelata una persona molto forte, piena di voglia di vivere e coraggiosa nei momenti in cui lo si richiedeva. Infatti la ragazza lo aveva sorpreso quando, dopo aver annunciato al mondo la loro relazione e, di conseguenza, aver dato il via agli insulti e alle minacce, si era semplicemente messa a ridere scuotendo la testa, mentre lui la osservava ammaliato e meravigliato.
Era grazie a Rebecca se aveva superato la paura del giudizio degli altri, dimostrando che tutti possono superare delle difficoltà. Ed era sempre grazie a Rebecca se trovava ispirazione per delle nuove canzoni –come 18- che le dedicava a sua insaputa. Le doveva un sacco, e non sapeva mai come ringraziarla. Quando le poneva tale domanda, lei gli diceva che gli bastava vedere il suo sorriso, perché era la cosa che più amava al mondo. E Harry non aveva fatto altro che sorridere, solo per lei, per il suo angelo custode. Ma tutti, prima o poi, cadiamo. Ed era arrivato il turno di Harry, di inciampare e iniziare quella lenta caduta verso l’oblio.
Perché il mondo non riusciva a capire che non ce la faceva più? Perché continuavano a seguirlo, a chiedergli questo e quello della sua vita privata, a fargli talmente tante foto da accecarlo, a torturarlo? Harry si sentiva così: con le spalle al muro e il mondo, di fronte a lui, con una frusta fatta di oppressione e angoscia pronto a ferirlo, a morte se necessario.
Aveva lentamente iniziato a chiudersi in se stesso, lasciando fuori chiunque, senza chiedere a nessuno se volesse rimanere. Il suo sorriso era sbiadito, come cancellato lentamente da una vita semplicemente troppo… troppo. Però Rebecca se n’era accorta eccome. Agli inizi non aveva compreso il motivo per cui il ragazzo che tanto amava stava cominciando ad estraniarsi, ma poi, osservandolo anche nelle più piccole cose, aveva cominciato a comprendere e, di conseguenza, a preoccuparsi. Non lo aveva obbligato a parlare, perché sapeva che con l’insistenza non avrebbe ottenuto nulla. Harry era come un riccio: più lo si stuzzicava più si chiudeva in se stesso, lasciando fuori soltanto gli aculei fatti di rabbia e tanta, tanta frustrazione. Quindi era rimasta in silenzio, aspettando che quelle parole uscissero da quelle labbra rosee. Si aspettava un crollo, ma non del genere a cui aveva assistito la sera precedente. Aveva resistito mesi, e si chiedeva come ci fosse riuscito senza mostrare alcun segno di cedimento. Il sorriso sbiadito, quello era stato l’unico segnale. Niente più fossette, niente più occhi illuminati dalla gioia, solo uno stiramento di labbra, tirate verso l’alto per pura cortesia, e iridi grigie della nebbia più fitta insediata nei boschi di alta montagna. Questo era Harry Styles: un metro e ottantatre di pura gentilezza, dolcezza e tristezza. Tanta.
La vita gli era troppo stretta oramai, piena di oppressioni e impegni che non riusciva più a gestire. Si sentiva inglobato in un qualcosa di più grande di lui, che non riusciva e non voleva comprendere. Trovava difficile persino cantare, si era trasformato in un obbligo e non più un piacere. Era schiacciato dall’angoscia del rimanere senza via d’uscita, da solo senza nessuno pronto a prenderlo per mano e guidarlo ancora una volta attraverso le vie tenebrose della vita.
Sono stanco, Becca. Non ce la faccio più ad andare avanti in questa maniera. Vorrei scappare via, ma sono incatenato qui, e non so dove trovare le chiavi delle catene. Mi sento imprigionato dalla mia stessa libertà, perché di libertà, alla fine, non ne possiedo nemmeno un goccio. Mi sento oppresso dal mondo, Becca. E non riesco a reggere più un peso simile, capisci? Vorrei almeno per una volta essere semplicemente considerato Harry. Non Harry Styles dei One Direction, non il donnaiolo che non sono, non il traditore, né tantomeno un personaggio famoso. Solo Harry di vent’anni e mezzo, Harry e basta. Non ce la faccio più, amore mio.” sussurrò tutto nel collo della ragazza. Non voleva alzare la testa e osservare quei prati pieni di preoccupazione. Una morsa di sensi di colpa gli prese il petto, dandosi dell’idiota per non averne parlato prima con lei. Sapeva di averla terrorizzata quando aveva cominciato a piangere, e si stava dando dell’egoista per non aver pensato che, forse, Becca era l’unica che avrebbe potuto capirlo, o per lo meno avrebbe potuto provarci, senza giudicarlo. Era davvero così idiota da credere che l’unico a soffrire fosse lui?
“Innanzitutto, smettila con i tuoi sensi di colpa. Lo so che stai pensando che avresti dovuto parlarmene prima, che mi hai fatto preoccupare ieri sera… ma devi capire Harry, che tutti abbiamo bisogno di tempo per reagire. C’è chi ci sta poco, un paio di giorni, mentre c’è chi ci sta mesi prima di far scendere anche solo qualche lacrima. Non sentirti in colpa solo perché non avevi forza a sufficienza per esplodere. Quindi, prima di tutto, smettila di avercela con te stesso, e perdonati. Tutti reagiscono prima o poi, e non decidiamo sicuramente noi quando, sarebbe troppo facile.” gli disse piano, accarezzandogli delicatamente il collo e il petto, le braccia, per poi tornare al punto di partenza. Le mani finirono infine sulle sua schiena, e le scapole vennero sfiorante lentamente, mentre riprese a parlare.
“La vita è una continua scommessa, Harry. Veniamo sottoposti a delle prove, e sta a noi decidere se abbandonare tutto e finire nel dolore, oppure combattere e arrivare a una soluzione. Perché c’è sempre una soluzione, amore. A qualunque cosa. Se non riesci a trovarne una, allora creala. Inventa tu delle opzioni perché il dolore, se non controllato, uccide. Non si può pretendere di stare sempre bene, questo è certo, ma possiamo decidere quanto rimanere nella tristezza. Possiamo guardarci allo specchio e dire a noi stessi: ‘ma io, questo dolore, lo merito veramente?’
“La vita è dura Har, questo lo sanno tutti. Ma pochi sanno sfruttarla al meglio. Trova le opzioni migliori per te stesso, e non per gli altri. Ti suonerà cattivo o crudele, e forse in parte lo è, ma alle volte nella vita bisogna essere quel poco egoisti da dire ‘voglio stare bene prima io, poi toccherà agli altri’. Devi decidere ciò che è meglio per te, in questo momento. Lascia perdere tutto il resto, ora ci siamo solo tu ed io. Che cosa vuoi veramente?” gli alzò il mento e lo guardò negli occhi, seria, aspettando una risposta. Non voleva mettergli fretta, e infatti aspettò, accarezzandogli il viso dolcemente, finché un sussurro del ragazzo, appena udibile, fu pronunciato.
“Voglio stare bene. Voglio vivere.
Becca sorrise, illuminando gli occhi verde prato di una luce che Harry mai aveva visto in tre anni della loro relazione.
“Perfetto. Ma ricordati una cosa: nessuno, nemmeno la persona che ami di più al mondo, merita le tue lacrime. Possono esserlo solo di gioia. Mi hai capito?” gli chiese dolce, poggiandogli un piccolo bacio su naso, mentre le dita viaggiavano nei ricci e gli accarezzavano il petto. Gli afferrò poi una mano calda e la portò sotto la maglietta sulla pancia, sentendo i brividi correrle lungo la schiena per la differenza di temperatura. Harry la guardò confuso, ma nonostante ciò le accarezzò l’addome dolcemente, mentre il sorriso di Becca non poté che allargarsi ancora di più.
“Che ne dici se d’ora in poi per stare bene, avremo un po’ di compagnia? Credi di farcela, papà?” sussurrò la castana, mordendosi il labbro inferiore. La citazione di quel libro non poté non riaffiorarle alla mente quando, finalmente, Harry sorrise.



 
my space
In realtà, non ho molto da dire. Questa one shot è stata scritta di getto, sentivo il bisogno fisico di scriverla e, essendo senza alcuna connessione con il mondo dei social per una settimana, ho avuto la calma e il silenzio di cui avevo bisogno per buttare fuori quest'idea.
Personalmente parlando, sono innamorata di questo Harry distrutto e angosciato. In un certo senso rappresenta una parte di me che, in questo periodo, non sta proprio bene.
Btw, se vi è piaciuta, mi farebbe davvero piacere sapere che cosa ne pensate. Una recensione non farebbe male ahah

Il contatto, d'ora in poi, sarà solo ask:
http://ask.fm/ljttlethjngsefp

A presto,
- ljttlethjngs. x
 

 

  
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