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Autore: Alice_nyan    29/11/2014    3 recensioni
STORIA IN REVISIONE-AGGIORNAMENTI MOMENTANEAMENTE SOSPESI (bio autrice in aggiornamento per ulteriori informazioni)
Gli imperatori di barian si troveranno intrappolati in una trappola mortale! Causa o grazia di Alice?
Seguirete vicende divertenti ed appassionanti, che vi faranno riflettere su alcuni argomenti che diamo per scontato o su cui dovremmo riflettere di più, come i falsi giudizi, l'importanza della vita e della morte, l'inganno della società e le fregature dell'ignoranza.
{Capitolo-5}
Si avvicinò di qualche passo alla sedia su cui era seduta la bionda, afferrò lo schienale e lo fece girare con un movimento rapidissimo. Ma intanto Alice si era già alzata, e gli aveva spinto la sedia addosso, contro le gambe, facendolo indietreggiare.
La sedia era caduta e aveva prodotto un tonfo all’impatto col pavimento di parquet.
Era come se il tempo si fosse fermato per il ragazzo. L’aveva vista vicinissima, e di riflesso aveva chiuso gli occhi. Aveva intravisto solamente il sorriso della bariana che diventava sempre più compiaciuto. Alice lo superò con uno scatto felino, portandosi alle sue spalle. Gli afferrò la gola con le mani gelide, e diede un lieve calcio alla sua schiena, facendolo inginocchiare a terra.
Alice_nyan
Genere: Commedia, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bekuta/Vector, I Sette Imperatori Bariani, Misael/Mizaeru, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo, Violenza
Capitoli:
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Guerra fredda
 
Yuma stava ronfando come al solito, mentre Astral si era fermato dinanzi a lui, guardando fuori dalla finestra. Era piuttosto tardi, e non si vedeva anima viva. Lui e Yuma erano rimasti sul tetto a parlare fino a mezzanotte passata, ma poi la sorella maggiore era venuta a sgridarlo.
L'astrale guardò prima una stella ben luminosa in cielo, la più luminosa, poi la Luna. Il satellite brillava, di quel colore argenteo che solo lei sapeva mostrare. In seguito il suo sguardo si rivolse sull'amico, che russava come sempre. Aveva avuto il modo di conoscere le abitudini terrestri, e sopratutto aveva avuto modo di conoscere lui, Yuma Tsukumo. Il nome di un suo grande amico. Il nome della cosa che considerava più importante.
Yuma si era ritrovato in una stanza buia. Non vedeva assolutamente nulla, era tutto più nero del carbone più nero. Non si sentiva solo, né aveva paura, voleva solo trovare qualcosa. Sì, era in cerca di qualcosa, ma non ricordava cosa. I suoi occhi iniziarono ad abituarsi a quel buio, ed iniziò finalmente a distinguere qualche oggetto che si trovava dinanzi a lui. Si sedette tranquillamente su una pietra grigia, non gli importava di dove fosse, sembrava tutto normale. Subito sbuffò un poco, poi si voltò a guardare il cielo. Doveva fare qualcosa, ma non sapeva cosa. Vide una stella cadente, e senza accorgersene tutto il paesaggio aveva cambiato forma. Da una stanza nera si ritrovò sdraiato su un prato fiorito, sotto una miriade di stelle. Stava bene in quel luogo, si sentiva al sicuro. I suoi pensieri andarono a finire su Astral, quanto avrebbe voluto che fosse lì accanto a lui.
Una voce femminile lo riportò alla realtà, era piuttosto pacata e affettuosa.
Tsukumo Yuma” una ragazza gli si parò davanti, dai capelli chiari e il viso non definito. Era vestita di bianco, con una veste lunga fino ai piedi, scalzi. Sembrava essere piuttosto carina, ma non la vide bene, perché la sua immagine era tutta sfocata.
sono io” le rispose lui, calmo. Una delle poche volte in cui era tranquillo.
bene. Ti va di parlare con me?”
certamente”
In quel momento lei si sedette accanto a lui, che la guardò in volto. Aveva una carnagione chiara, che rifletteva i raggi lunari e due occhi celesti. Non l'aveva mai vista prima d'ora. La scrutò attentamente, ma niente, non ricordava nulla. Ripensò per un attimo a ciò che doveva fare, ma aveva le idee molto confuse. Forse era meglio rimanere lì, aspettando un momento di maggiore lucidità.
che cosa volevi dirmi”
volevo solo parlare con te, nulla di particolare” si voltò, e rivolse lo sguardo agli astri luminosi “c'è una domanda che ti devo fare” fece una piccola pausa, poi continuò “però,promettimi che non mi risponderai subito. Prenditi tutto il tempo che vuoi, ma che quando avrai trovato la soluzione dovrà essere quella decisiva”
spara la domanda”
Tsukumo Yuma, qual'é la cosa che per te è più importante?”
Lui ci pensò un momento. Poi un altro, e finì per rimuginaci troppo su. Quando si accorse di non aver pensato a niente, in realtà, la guardò di nuovo, e la vide osservare le stelle.
Non aveva capito che tipo di domanda fosse, come avrebbe fatto a ritrovare la ragazza, cosa avrebbe dovuto rispondere. Ma non importava. Lui era lì, e queste parole gli rimbombavano in testa, dolcemente. Non sembravano essere intenzionate a dar fastidio, o a preannunciare un pericolo, ma bensì a spiegare qualcosa, a concludere ciò che era iniziato.
Chiuse gli occhi, ma li riaprì subito, perché aveva visto di nuovo una stella cadente. La guardò e tese una mano al cielo. Ma non ci pensò ad esprimere un desiderio. Poco dopo si mise seduto, e fissò negli occhi la ragazza.
come ti chiami?” chiese curioso.
shh” lo zittì poggiandogli un dito sulle labbra “non è importante il mio nome. So a cosa stai pensando, ma quando troverai la soluzione alla domanda capirai ogni cosa”
Lui sgranò gli occhi, era un po’ contento e un po’ timoroso. La ragazza sparì, tra delle sfere luminose, mentre lui si sdraiò di nuovo, per poi addormentarsi. Era solo un sogno.
 
Stava aspettando con calma l’ascensore del condominio, per poter tornare nell’alloggio in cui si era -momentaneamente- stabilita. Dopo aver premuto il pulsante giusto, pazientava davanti al portellone grigio, chiuso. L’atmosfera era piuttosto cupa, si trovava in un parcheggio sotterraneo, ma sembrava più che altro una specie di cantina, che cadeva a pezzi. Le pareti grigie che lasciavano intravedere qualche mattone e le miriadi di insetti che ronzavano attorno alla lampadina che fungeva da lume, sembravano supportare questa tesi. La vernice si sgretolava, e di tanto in tanto cadeva a pezzi dal soffitto. Le guance di Alice erano diventate fredde, e le pizzicavano leggermente il volto, facendola starnutire. Era una cantina fredda e trasandata, come quelle dei film horror.
C’era poco, anzi, pochissimo traffico. Si aspettava di veder alcuni uomini vestiti di nero, scesi da grandi macchine, che le avrebbero puntato una pistola alle tempie, rapendola e portandola in qualche altro paese sconosciuto.
La maggior parte dei palazzi di Heartland City erano altissimi, ed erano costruiti su più piani. Perfino le strade erano costruite l’una sull’altra, con l’ausilio di migliaia di ponti sospesi nel vuoto.
Ancora pochi piani e sarebbe giunto a destinazione, quel maledetto ascensore.
“Alice” una voce la fece voltare di scatto. Era profonda, e sembrava turbata. Una figura scura comparì dall’ombra, Nash aveva afferrato il braccio sinistro della ragazza, e dopo averla strattonata un poco, la lasciò. Lei subito prese il polso fra le mani, e lo strofinò con l’altra mano, lasciandogli un bel segno rosso.
“che vuoi?!” le chiese senza trattenersi, piuttosto spazientita.
“volevamo  parlarti di una cosa importante” avanzò di qualche passo, anche se aveva lasciato una debita distanza. Temeva quella ragazza, ogni volta che si muoveva un brivido freddo gli percorreva la schiena, e non riusciva mai a fissarla negli occhi, gli veniva naturale distogliere lo sguardo.
L’ascensore era appena arrivato, e il portellone si aprì, producendo un rumore stridulo.
Uscirono un paio di persone, e loro entrarono.
Erano gli unici lì dentro. Era estremamente caldo e afoso. Shark si appoggiò alla parete grigia a sinistra della porta, mentre Alice dalla parte opposta sembrava scocciata, non faceva altro che fissare il ragazzo, che per “paura” di dover affrontare quel visino gelido alzava gli occhi al soffitto e sbuffava di tanto in tanto. Era a proprio disagio, una situazione piuttosto strana per lui, non riusciva quasi a respirare. Sembrava un calo di pressione, o qualcosa di simile, che rende la vista appannata e l’udito ovattato.
Arrivati. Alice si staccò dalla parete e varcò la soglia. Si diresse lungo un lungo corridoio bianco fino ad una delle ultime porte, sulla sinistra. Aprì la porta che era socchiusa. E si ritrovò Misael, Durbe, Vector e Gilag ai lati di questa. Qualcuno la guardava, qualcuno no. Sicuramente erano tutti lì per lei. E aveva già capito perché.
Il ragazzo che l’aveva accompagnata da prima entrò, e chiuse la porta alle sue spalle. La invitò a sedersi, e così fece. Si sedette su una sedia in legno, molto elegante, al centro della stanza. Una sedia nel bel mezzo di una stanza non poteva essere un caso. Le sarebbe aspettato un bell’interrogatorio.
“Cosa dovevate dirmi?” domandò. Non le piaceva rimanere sulle spine.
“Devi andartene” disse freddo, senza un minimo di riguardo. Evitò di guardarla per qualche secondo, aspettandosi chissà quale reazione. Essendo una ragazza si sarebbe messa a piangere, forse si sarebbe lamentata, lo avrebbe implorato di farla rimanere… ma non poteva di certo immaginare questo.
All’inizio era rimasta zitta. Serissima, lo guardò con gli occhi lucidi. Abbassò lo sguardo al tavolo, si portò lentamente una mano davanti al volto,  trattenendo una risata divertita. “Ahahah. É ridicolo … ” disse piangendo per quanto le sembrasse divertente. Non riusciva nemmeno a parlare senza lasciar sfogo a quella risatina “pensi davvero di avermi convinta?”
Tolse la mano dal volto, e la appoggiò alla testa, poggiando il gomito sul tavolo. Gli rivolse uno sguardo di sfida, affilando gli occhi, che diventarono due lame fredde, posate sul volto dell’altro. Aveva proprio intenzione di dichiarargli guerra. Se la voleva fuori da quella casa, avrebbe dovuto lottare, sacrificandosi solo per questo scopo. Gli avrebbe messo i bastoni fra le ruote a qualsiasi costo, pur di vederlo soffrire.
La guardavano tutti spaccarsi dalle risate, senza dire nulla. Tutti fuorché Shark, che spazientito dal suo comportamento le si avvicinò minaccioso.
“Cos’hai da ridere??” si avvicinò di qualche passo alla sedia blu su cui era seduta la bionda, afferrò lo schienale, e lo fece girare con un movimento rapidissimo. Ma intanto lei si era già alzata, e gli aveva spinto la sedia addosso, contro le gambe, facendogli perdere l’equilibrio e indietreggiare.
La sedia era caduta, e aveva prodotto un tonfo all’impatto col pavimento di parquet. Era come se il tempo si fosse fermato per il ragazzo, anche se vedeva benissimo le sue mosse, non riusciva ad anticiparla, e non riusciva nemmeno a muoversi. L’aveva vista vicinissima, e di riflesso aveva chiuso gli occhi. Aveva intravisto solamente il sorriso della bariana, che diventava sempre più compiaciuto.
Alice lo superò con uno scatto felino, portandosi alle sue spalle. Gli afferrò la gola con le mani gelide, e diede un lieve calcio alla sua schiena, facendolo inginocchiare a terra.
Gli altri rimasero immobili a tutta la scena, fuorché Misael, che appena se ne accorse, senza pensarci due volte, prese Alice per un polso, strattonandola.
“Cosa stai facendo??!!” le urlò contro, costringendola a lasciare Nash.
“Lasciami! Ti spacco la faccia, brutto idiota!” si dimenò con tutta la sua forza, ma non riuscì a liberarsi dalla sua stretta. “un motivo in più per tenerti, non pensi?!” le rispose per le rime, prendendole anche l’altro polso.
Qualcuno stava correndo per i corridoio, in tutta fretta. La porta si aprì di scatto, e Rio infuriata entrò nella stanza, seguita da Arito, che affannato dopo la lunga corsa, la guardava mortificato.
“Ryoga Kamishiro! Come hai potuto prendere decisioni senza dirmi nulla???”  urlò. Intanto Misael lasciò Alice, che lo maledì e gli imprecò contro parecchie volte.
Nel frattempo Shark era riuscito ad alzarsi. Quando vide Rio fece come se non fosse accaduto nulla, sia per non fare la figura dello stupido, che si fa quasi uccidere da una ragazza, che per evitare di suscitare una qualche sorta di curiosità nella sorella, che glie lo avrebbe rinfacciato per tutta la vita.
 Avanzò, fino ad arrivare davanti ad Alice, che rimase immobile. “Io l’ho già detto, vattene”
Rio sembrava sull’orlo di una crisi isterica. Shark aveva deciso di cacciare la sua amica da solo, senza consultarla, e poi aveva mandato Arito a trattenerla da qualche parte, giusto per togliersela di mezzo. Lo avrebbe visto piangere al suo cospetto.
“Nash, ora mi senti! Come ti permetti? Non abbiamo deciso nemmeno tutti insieme!” cercò di concludere la frase, ma venne interrotta dalla bionda, che facendole segno con la mano la fece smettere.
“calma, Rio” cercò di fermarla Durbe, facendola ragionare.
“Va bene così” chiese a tutti di stare zitti “mi vuoi mandare via di qui? Bene, allora spiegami perché” si avvicinò all’imperatore, incrociando le braccia al petto.
 Lui ci rifletté su, e dopo pochi secondi rispose. “Sulla Terra le cose non sono come su Barian. Non abbiamo una casa da offrirti, e non hai nessun motivo di rimanere qui” disse con orgoglio. Aveva usato le parole giusto per esprimerlo, non la voleva con sé perché sarebbe stata solo un fardello. Le dispiaceva che la sorella ci soffrisse, ma non poteva farci nulla, non c’era altro modo. In effetti ci avrebbe anche goduto un pochino, e se ci fosse stata una buona ragione per farla restare avrebbe chiuso un occhio… o forse due.
“So già come stanno le cose” disse alzando il mento, e girando la testa verso sinistra, guardandolo con la coda dell’occhio “avete fatto una riunione in segreto” si voltò, rivolgendosi agli altri.
“il giorno in cui pioveva avete fatto una riunione in gran segreto, su Barian”  continuò “senza Rio e senza Misael” lo squadrò dall’alto al basso, notando un’espressione confusa “Misael doveva tenermi lontano da casa, e Rio era un problema, non essendo d’accordo con tutti voi”
L’imperatrice la guardava sbalordita. “Perché avresti fatto qualcosa di simile?” si rivolse al fratello.
“ovvio, per paura” rispose al suo posto Alice.
“Stai inventando solo scuse” sbottò “come fai a saperlo?”
“me lo ha rivelato la mia fonte del potere”
“sì, come no” ci credeva davvero poco ad una bugia come quella. Probabilmente aveva parlato con sua sorella, o forse Alito o Girag se l’erano lasciato sfuggire.
“hai parlato di una casa. Se mi trovo una casa allora posso rimanere?” sospirò, cercando di cambiare argomento.
“dipende” anche lui sorvolò l’argomento di prima “non penso sapresti vivere da sola. E comunque non riusciresti a trovarla in poco tempo” cosa poteva mai controbattere? Era come arrampicarsi sugli specchi. Non ci sarebbe mai riuscita.
Sembrava piuttosto offesa. “Sono perfettamente autosufficiente, cosa credi”
“ma come farai a trovare una casa?” le chiese Girag intromettendosi nel discorso.
“ho i miei mezzi” 
Detto questo si avvicinò alla porta, prese una giacchetta color panna dall’attaccapanni, se lo poggiò sulle spalle e uscì sbattendo la porta violentemente.
Rio guardò malissimo Shark, e si diresse verso la propria camera, piuttosto alterata. Lo squalo fece cenno agli altri imperatori di andarsene, lasciandolo solo. Loro uscirono, e tornarono su Barian con dei portali, tutti a parte Vector.
Alice era appena uscita, e avrebbe potuto seguirla. Era proprio la sua intenzione, voleva pedinarla, per scoprire qualcosa in più sul suo conto. In particolare voleva sapere cosa fosse la fonte del suo potere. Leggeva nel pensiero? Prevedeva il futuro? Sorrise malizioso, perchè l'avrebbe scoperto, e l'avrebbe usato a proprio vantaggio. “Interessante” mormorò, tra un pensiero ed un altro.
 
Angolo autrice
Capitolo corto… e vi ho fatto attendere. Però, per farmi perdonare, vi scrivo qui il link per vedere un’immagine di Alice!!!

http://it.tinypic.com/r/1zppqfs/8             http://it.tinypic.com/r/ixca5s/8
Se ne volete altre, (prima di tutto dovete corrompere una certa Hime è_è)  potete richiederle in una recensione! Altrimenti dovrete aspettare.
Fate attenzione a tutto ciò che ho detto in questo capitolo. Devo dire che c’è una quantità di indizi da far paura… Spero (anzi no) che ve ne accorgiate, ma tra poco scoprirete tutto.
Al prossimo capitolo (si spera il prima possibile). Bye,
Alice_nyan
   
 
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