Serie TV > Dr. House - Medical Division
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Autore: Red Wind    30/11/2014    2 recensioni
Storia vincitrice del "Premio Aturiel" al contest "Bad Obsession"
"-È tardi, lei non dovrebbe andare a casa?- chiese Madaly.
-Forse ha ragione- rispose apatico House, senza muoversi di un millimetro.
-No, resti ancora un po'. La noia fa passare il tempo troppo lentamente-
-Prima mi ricorda che devo andarmene, poi mi chiede di restare. Si decida. Così non so come contraddirla-
-Non glielo stavo ricordando perché lo facesse, una persona che ha un motivo per andare a casa non se ne dimentica. Non c'è nessuno che l'aspetti?-
House sorresse quello sguardo per un attimo.
-Nessuno è venuto a trovarla- ribatté."
Questa fanfiction è immaginata come un episodio di House facente parte della terza stagione, buona lettura! ^^
Storia partecipante ai contest "Bad obsession" di Aturiel e "Il giorno che ha cambiato la mia vita" di Fabi_Fabi.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Allison Cameron, Greg House, James Wilson, Lisa Cuddy, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Terza stagione
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"Benedictus"

La professoressa si voltò verso la lavagna e cominciò a scrivere. La lastra nera si riempì più lentamente del solito di quella sua calligrafia frenetica e decisa. I tacchi risuonarono sul pavimento quando raggiunse la cattedra, per poi sedersi. La professoressa Hirely non si sedeva mai. La lezione di filosofia stava per finire, e l'insegnate lo sapeva grazie al sottile orologio che portava al polso, ma congedò gli studenti con un po' di anticipo. Appoggiò la testa sul palmo della mano, chiudendo per un attimo gli occhi. Finalmente poteva andare a casa a sdraiarsi. Si alzò con decisione, seguendo gli allievi fuori dalla grande aula universitaria. La testa le dava terribili fitte e, in mezzo al frastuono del corridoio, le sembrava di udire soltanto il ticchettio delle proprie scarpe. L'antipiretico che aveva preso quella mattina pareva non aver fatto effetto: aveva ancora quel fastidioso dolore alle gambe e, vista la fatica che le costava camminare e sorreggere la sua elegante ventiquattrore, doveva avere ancora la febbre. Fu quando svoltò a sinistra per l'ultima volta prima di raggiungere l'uscita che ebbe inizio. Le si annebbiò la vista e cominciò a vedere i colori alterati: tutto le appariva nero con sfumature verdi e gialle. Non aveva la forza di sorreggere il proprio esiguo peso e la testa, oltre che dolente, era diventata oltremodo pesante. Il rumore secco che fece quando cadde a terra catturò subito l'attenzione della gente che transitava nel corridoio, facendo formare un cerchio di curiosi che la fissavano a debita distanza: la scomposta figura della tanto composta professoressa Hirely, i fogli contenuti nella borsa ora sparsi sul pavimento, gli arti casualmente abbandonati come oggetti indipendenti, la pelle chiara della guancia, quel giorno particolarmente pallida, contro il pavimento gelido.

 

[Il cantuccio dell'autrice]
[Perché sono qui già ora? Beh, questa fanfiction è immaginata come un episodio di House facente parte della terza stagione. Come ben sapete ogni episodio inizia con il futuro paziente che si sente male, poi c'è la sigla e infine inizia il vero e proprio episodio. Insomma, questa che state leggendo sarebbe la sigla.]
[Non mi dilungo, volevo solo dirvi che i link che troverete sono le canzoni che ho immaginato come colonna sonora per la mia storia e che mi farebbe molto piacere se le ascoltaste.]
[Per questa fanfiction ho dovuto fare parecchie ricerche “mediche” (che, devo dire, sono state interessantissime *-*), ma avvalendomi di Wikipedia non ho idea di quali strafalcioni potrei aver scritto. Mi scuso in anticipo e, se tra voi c'è qualcuno che se ne intende un minimo, mi metta al corrente di eventuali imprecisioni ^^”]
[Se vorrete recensire mi farete davvero felice, perché sono affezionatissima a questa storia *-*]

 

 

 

Coming Home

 

Gonna take on this journey,
feel the light getting worm.
Find the strenght I've been serching,
keep the beat going strong.
Coming home – Firelight


House non era ancora entrato al Plainsboro Hospital, quando capì che quella sarebbe stata una pessima giornata. Le moderne porte a vetri mostravano un anomalo sovraffollamento all'interno dell'edificio. Gregory dovette attendere di varcare la soglia (la porta dell'inferno, l'avrebbe definita lui) per capire di cosa si trattasse: una violenta epidemia di influenza stagionale, come poté costatare dagli evidenti sintomi di quell'ammasso di gente. Che cosa noiosa l'influenza, quasi più del cancro. House ebbe la conferma definitiva che quella sarebbe stata una giornata orribile quando, in mezzo ai camici azzurri delle infermiere e quelli bianchi dei medici, notò la giacca nera del tailleur della dottoressa Cuddy. Per quanto gli facesse piacere la vista della sua profonda scollatura, lo sguardo di Lisa dimostrava che era già sul piede di guerra: avrebbe preteso che House, come i suoi colleghi, si mettesse a fare il distributore di aspirina.
-House, arrivi giusto in tempo. Siamo assaltati da pazienti con l'influenza. Stiamo mandando alcuni di loro in altri ospedali, ma necessito di tutti i medici disponibili per accogliere gli altri. L'ospedale è in crisi-
-Quando dici “l'ospedale” intendi la sua direttrice o la struttura ospedaliera?- ribatte sarcastico riferendosi allo stato di preoccupazione e iperattività della collega.
Cuddy lo fulminò con lo sguardo, non prendendosi neanche la briga di ribattere, per una volta.
-Stanza 5, c'è già una fila di pazienti che aspettano- disse, porgendogli una cartella con l'elenco dei pazienti.
House fece per incamminarsi, ma si blocco di colpo dopo appena un passo. Si batté la mano sulla fronte con fare teatrale.
-Oh, dimenticavo: io sono un diagnosta. Mi dispiace di non poter aiutare, ma mi pare che ce l'abbiano già una diagnosi questi-
-Tranquillo, puoi farcela anche tu! Devi soltanto usare le tue abilità manipolatorie per convincerli che stanno bene e firmare un paio di ricette-
House stava per ribattere a tono, quando, dall'altra parte dell'atrio, Foreman gli fece cenno di raggiungerlo.
-Oh, pare che ci sia un caso! Che disdetta!- rispose Gregory, fintamente affranto.
Si fece largo tra la folla con il suo bastone, lasciando la Cuddy che scuoteva la testa rassegnata.
-Tempismo perfetto, Uomo Nero!- House guardò l'orologio -Dieci secondi fa è iniziato General Hospital, mi conviene affrettarmi- concluse sollevando le sopracciglia con eloquenza e poi allontanandosi.
Eric alzò gli occhi al cielo scocciato, poi lo raggiunse in un paio di passi, ringraziando momentaneamente l'handicap del suo superiore.
-Donna. 39 anni. È svenuta mentre era all'università- spiegò Foreman quando l'ebbe raggiunto.
-Ancora a scuola? Non è un po' cresciuta?-
-Insegna filosofia- aggiunse, chiedendosi per l'ennesima volta perché House desse tanta importanza a quei dettagli insignificanti, poi gli passo la cartella della paziente.
-Altri sintomi?- chiese Gregory.
-Non lo sappiamo, per il momento non si è ancora svegliata-
I due erano arrivati davanti allo studio di House.
-Allora torna quando saprai qualcosa, idiota!-
Foreman girò sui tacchi, pronto a lasciare perdere House, per il momento. Il diagnosta si piazzò davanti alla sua televisione portatile, i piedi appoggiati alla scrivania e un pacchetto di patatine in mano, a godersi la soap opera indisturbato, finché non arrivò la dottoressa Cameron. Gregory non stacco gli occhi dallo schermo, alzando una mano per indicarle di attendere. Allison si aspettava di poter parlare alla fine del dialogo che si stava svolgendo tra il medico e il paziente, nella tv, ma non fu così: House non si mosse da quella posizione. Passò qualche minuto prima che giungesse Chase. Il biondo si stava chiedendo che fine avesse fatto la collega che avrebbe dovuto avvertire House del risveglio della paziente. Quando si accorse che Cameron stava guardando la televisione con il caporeparto si sbracciò per farsi notare attraverso la porta a vetri. La ragazza gesticolò con l'obbiettivo di fargli capire che House non voleva essere disturbato. Alla fine anche Chase entrò e si appoggiò alla scrivania del superiore in attesa che questi fosse disposto ad ascoltarlo. I due assistenti si sforzarono di essere pazienti perché avevano davvero bisogno di House e non volevano che si mal disponesse verso il caso, come spesso accadeva. Restarono a guardare l'episodio di General Hospital, in attesa che finisse.
Foreman fu meno diplomatico: quando finalmente trovò i colleghi con gli occhi incollati al piccolo schermo, entrò nello studio senza troppe cerimonie.
-House, la paziente si è svegliata-
Eric si trovò addosso tre paia di occhi scocciati. Cameron gli fece segno di fare silenzio e i medici tornarono a concentrarsi sullo schermo, solo per constatare, però, che ormai apparivano i titoli di coda.
-Mi hai fatto perdere il colpo di scena finale- si lamentò House, sedendosi meglio sulla sedia e spegnendo l'apparecchio.
-Tutti aspettano pazientemente, ma non Foreman, nossignore, lui non ha tempo da perdere- polemizzò Robert.
-Nessuno di noi dovrebbe avere tempo da perdere quando abbiamo un caso- ribatté.
-Spero che almeno sia qualcosa di importante- intervenne House.
-La paziente si è svegliata. Ha detto che da ieri ha tosse, mal di testa, dolore alle gambe e febbre alta-
House sbuffò sonoramente.
-Un altro caso di influenza, tanto vale potevo restare con la Cuddy, almeno avrei avuto un buon panorama. Senza offesa, Cameron, ma le sue camicette sono più scollate-
-È svenuta nonostante avesse preso un antipiretico- cercò di convincerlo Foreman.
-Qual è la temperatura corporea attualmente?- chiese svogliatamente il capo reparto.
I tre assistenti si scambiarono un'occhiata.
-Chi l'ha misurata?- chiese Foreman.
-Io no-
-Non io-
-Che razza di medici siete? Non siete capaci neanche a darle un termometro- disse acido House -E poi si chiedono perché abbia bisogno di tre assistenti: tra tutti non ne fate uno. Chiamatemi quando ci sarà realmente qualche novità- concluse per poi sparire nuovamente.


La squadra si ritrovò non molto tempo dopo nella camera della paziente. Il cerca-persone aveva richiamato House dal suo ozio, convincendolo a raggiungere i colleghi. Sulla porta della stanza Foreman lo aveva informato che la febbre era a 40° in quel momento e che la donna si lamentava di forti dolori. Non fece in tempo a continuare, però, che arrivò un trafelato Wilson.
-La Cuddy vi cerca. Mi ha intimato di controllare che almeno tre di voi si occupino dell'epidemia di influenza-
-E tu perché lo stai facendo?- chiese il caporeparto.
-House, mi ha minacciato, era davvero fuori di sé, questa volta non la passi liscia neanche tu- disse serio.
House rifletté un attimo.
-Andate- disse agli assistenti.
I medici seguirono Wilson scocciati, mentre House entrava nella stanza della paziente. Sul bianco candido delle lenzuola ospedaliere risaltavano i capelli rossi, la prima cosa che House notò. Il viso pallido era contratto in una smorfia di dolore. La paziente non sembrò neanche accorgersi della sua presenza, a tutta prima, e restò coricata con gli occhi chiusi. House attraversò la stanza lentamente, andandosi poi a sedere al fianco del letto.
-È lei il dottor House?- chiese la donna, senza muoversi né aprire gli occhi.
Il medico non riuscì a dissimulare lo stupore, ma la paziente non poté accorgersene. A quel punto la donna si mise a sedere, anche se era evidente che la cosa le costasse parecchia fatica.
-Già- rispose il diagnosta, squadrandola meglio.
-Avevo sentito che fosse zoppo- disse, abbozzando un sorriso tirato.
House si stupì che avesse la lucidità di riconoscere i suoi passi zoppicanti e collegare ciò alle voci che aveva sentito su di lui.
-Come si sente?-
-Male- rispose la paziente, chiudendo di nuovo un attimo gli occhi -La testa mi scoppia e mi fanno male le gambe-
House tirò fuori le sue solite pastiglie di Vicodin e ne rovesciò doppia dose nel palmo della mano.
-Prenda, queste fanno passare tutto-
-Grazie-
-Alla salute- disse Gregory, prima di inghiottire le sue, in quel suo solito modo plateale. -Da quanto sta male?-
-È cominciato all'improvviso ieri pomeriggio. Ho preso un antipiretico prima di andare a letto e un altro stamattina prima di uscire, ma il secondo non è servito a molto. Già durante la lezione non mi sentivo per niente bene-
-Potrebbe trattarsi di una forma particolarmente forte di influenza, vista l'epidemia...-
-Oppure?-
-Oppure metà delle malattie esistenti-
La donna sospirò appena, ma fu interrotta da un attacco di tosse che durò qualche secondo.
-Questo avvalora la teoria dell'influenza- decretò -Le faccio un tampone, per vedere se ha dei batteri nella gola-
-So cos'è un tampone-
-Perfetto, Mary- disse svogliatamente, mentre prendeva il necessario.
-Madaly- lo corresse senza scomporsi.
House eseguì l'esame.
-La gola è arrossata, è probabile che il tampone risulti positivo- concluse House, incamminandosi verso il laboratorio.
La professoressa Hirely sprofondò ancor più nel letto, sospirando.


La porta scorrevole fece un leggero rumore quando House l'aprì energicamente e Madaly si preparò ad ascoltare il suo medico curante.
-Allora?- chiese, la voce stanca.
-I medici incapaci di questo ospedale hanno fatto un tampone a tutti i pazienti che si sono presentati questa mattina, non si saprà niente prima di domani-
La donna sospirò. In quel momento entrò l'infermiera con il pranzo per la paziente e lo posò sul tavolino del letto. Madaly diede un occhiata provando un'invisibile quanto immotivato moto di disgusto.
-Non ho molta fame-
House alzò gli occhi al cielo.
-Ehi, non sa quanti pazienti malati di influenza desidererebbero un pasto caldo in questo momento?- disse sarcastico.
-Mangi, signora, ha bisogno di energia per riprendersi- aggiunse l'infermiera con fare materno.
-Ha sentito la voce dell'altruismo? Non vorrà mica che questa povera donna debba riportare indietro il vassoio invece di andare a fare l'enigmistica- disse riferendosi all'opuscolo che sbucava dalla tasca del camice della donna.
L'infermiera lo fulminò con lo sguardo e se ne andò. La paziente si decise ad assaggiare un pezzo di carne, ma posò subito dopo la forchetta. House la fissò un po', poi prese il coltello e infilzò malamente l'intera fetta di carne, per poi assaggiarla. Storse il naso.
-La mensa è peggiorata ancora. Mi aspetti qui- disse uscendo dalla stanza.
-E dove vuole che vada?- chiese retorica la paziente, alzando la voce per farsi sentire.


Il diagnosta tornò pochi minuti dopo con qualche schifezza presa alla macchinetta dell'ospedale. Chiuse le tende che davano sul corridoio, si sedette stravaccato su una sedia e porse alla paziente un pacchetto di patatine.
- È così che cura i suoi pazienti?- chiese sorridendo.
-Già, ma non lo dica a nessuno: è il segreto del mio successo-
Gregory, a quel punto, accese la televisione su uno show televisivo e iniziò a sgranocchiare, imitato dalla donna.
La televisione fu interrotta soltanto dalle loro risate finché non fu pomeriggio inoltrato.
-È tardi, lei non dovrebbe andare a casa?- chiese Madaly.
-Forse ha ragione- rispose apatico House, senza muoversi di un millimetro.
-No, resti ancora un po'. La noia fa passare il tempo troppo lentamente-
-Prima mi ricorda che devo andarmene, poi mi chiede di restare. Si decida. Così non so come contraddirla-
-Non glielo stavo ricordando perché lo facesse, una persona che ha un motivo per andare a casa non se ne dimentica. Non c'è nessuno che l'aspetti?-
House sorresse quello sguardo per un attimo.
-Nessuno è venuto a trovarla- ribatté.
-Già: genitori morti, ex marito che mi odia, amiche troppo impegnate. Sa come vanno le cose. Neanch'io ho qualcuno ad aspettarmi a casa-
-Cosa le dice che io non ce l'abbia?-
-Il suo sarcasmo. Se ha trovato qualcuno che lo sopporta è davvero fortunato-
-E lei perché non ha nessuno?-
Si voltò, pronto ad andarsene.
-Resti- disse con un tono piatto.
Non era una supplica né un ordine, era qualcosa di simile ad una constatazione.
House si bloccò.
-Solo se lei mi dice perché nessuno l'aspetta, lo consideri parte dell'anamnesi-
-Solo se mi dice cosa l'ha fatto diventare così-
House soppesò la proposta giocherellando con il bastone.
-Ci sto- disse ritornando alla sedia girevole e sedendocisi comodamente, in attesa.
La donna non stacco lo sguardo dalla sua figura, tranquilla.
-Non sono certa di sapere perché non abbia nessuno ad aspettarmi a casa, non credo che qualcuno possa esserne certo, ma posso dirle come penso siano andate le cose. Credo che la gente non sopporti la mia razionalità. Non si è chiesto perché insegno filosofia? Insegno ad usare la ragione, che mi pare manchi a troppa gente. È la prima e miglior arma per difendersi dalla vita, anche se ha dei limiti. Non raggiunge tutto, lo so, ma questo non toglie che sia il miglior metro di giudizio laddove è possibile usarla. Forse è proprio questo il difficile: capire quando si possa usare- Madaly si fermò un attimo, riflettendo persa nei suoi pensieri -Sto divagando- sorrise -Il fatto è che ho trovato poche persone che si sentano a loro agio con la razionalità. Una di queste è il mio ex marito. Non era infastidito da ciò, anzi a volte lo ammirava, ne usufruiva. Non mi capiva appieno, ma era comunque un uomo fantastico e sensibile. Lo amavo. Quando iniziarono i problemi, però, cominciai a capire che non avrebbe funzionato. Io avrei voluto discutere civilmente e ragionare sulle soluzioni, lui riduceva tutto a “fiducia”, “venirsi incontro” e “comunicare”. Non ho mai capito che cosa intendesse, onestamente: per me quelle cose c'erano già, ma forse lui non le percepiva. Ad ogni modo, riusciva sempre ad apparire come vittima, in modo totalmente irrazionale, peraltro. Mi convinse che avere un figlio avrebbe riportato le cose come quando ci eravamo appena conosciuti ed io accettai. Non sapevo di essere sterile. Si ruppe qualcosa in lui, quando glielo dissi, qualcosa che non si era rotto in me, in realtà. Forse quando si immaginava il nostro futuro ci vedeva dei bambini con il nostro DNA e non gli fu di conforto sapere che avremmo potuto adottarne. Fu il colpo di grazia. Divenne simile ad un bambino piccolo, capriccioso ed ostinato. Arrivò ad accusarmi per la mia incapacità di avere figli- la donna si corrucciò, mostrandosi amareggiata per la prima volta da quando aveva iniziato a raccontare -Capisce? Era un'assurdità enorme! Lo cacciai di casa, non tanto gentilmente a dire la verità, ma sa, la stupidità mi dà alla testa- concluse con naturalezza, abbozzando un sorriso.
House la guardò negli occhi, cercando traccia della menzogna.
-I suoi genitori?-
-Gliel'ho detto, sono morti di cancro anni fa. Non erano male, come genitori. Avevano un po' la fissa della figlia perfetta, forse perché avevano solo me. Mia madre era incredibilmente stupida, mi faceva disperare. Per quante motivazioni potessi apportare alle mie convinzioni vinceva sempre lei, soltanto perché aveva il potere di decidere della mia vita: era mia madre. La ricordo come una cosa parecchio frustrante. Mio padre mi piaceva, invece- stava per continuare, ma non lo fece: sorrise.
-Sto divagando si nuovo. Non sono ad aspettarmi a casa perché sono morti-
-Nessun altro?- chiese House, che non era convinto di tutto ciò.
-Amici. Qualcuno più superficiale, altri a cui tengo molto. Riceverò qualche visita, quando verranno a sapere che sono qui. Non sono così sola, io- sottolineò l'ultima parola, dichiarando chiuso il discorso e allo stesso tempo incitando House a parlare.
-Meglio per lei- disse il medico alzandosi e avviandosi verso la porta.
-Ehi, dove crede di andare? Ha detto che mi avrebbe rivelato cosa l'ha fatta diventare cosi!- disse, corrucciata.
-Mentivo. Tutti mentono- concluse senza voltarsi, lasciando definitivamente la stanza.
-Si sbaglia!- urlò in risposta la donna, lanciandogli dietro il primo oggetto che trovò sul tavolino, cioè il termometro di vetro.
Questo colpì House di striscio, senza che lui si degnasse di voltarsi, e poi andò a sfracellarsi al suolo, attirando l'attenzione di un infermiera.


Una telefonata svegliò House, quella notte. Prese svogliatamente il cellulare, irritato, credendo di essere già in ritardo per il lavoro. Corrugò le sopracciglia quando lesse sul display l'ora: “4,18”. La chiamata era della Cuddy.
-Pronto?- chiese, la voce ancora impastata dal sonno.
-House, la tua paziente ha avuto delle complicazioni!-



(*¹) Si tratta di un riferimento alla prima stagione in cui il principale finanziatore dell'ospedale chiede ad House di licenziare uno dei suoi assistenti, ma lui si rifiuta.

 

   
 
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