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Autore: NeNeNaruko    01/12/2014    0 recensioni
Il mio nome è Buddy. mi nascondo dietro alle cose che da sempre hanno lasciato dubbi e perplessità alle persone
cose tipo vita, universo, morte, amore e depressione.
Esisto da quando esiste la ragione.
Mi chiamo Buddy e di mestiere faccio l'Illusione.
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way, Un po' tutti | Coppie: Frank/Gerard
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2. Occhi che vedono tutto

 
Tutti aspettavamo con impazienza il suono della campanella e quella era l'unica cosa che ci accumunava, in un certo senso, ci univa. C'era chi guardava l'orologio attentamente in modo da cogliere ogni spostamento di lancetta, c'era chi riferiva l'ora e c'era chi usava le informazioni ricevute per pianificarsi i pochi minuti rimasti, spendendoli a giocare col cellulare o a rifarsi le unghie. Io invece guardavo quella piccola catena di montaggio e l'inevitabile gerarchia che si creava, come un commissario esterno, alieno a quel mondo. E gli extraterrestri sono soliti intoppare gli umani.
"Iero, che ore sono?"
Vedendo che non mi giravo la Benedict incominciò a scalciare la mia sedia.
"Datti una mossa Iero, se no sono costretta a non regalarti le lamette per Natale."
Idiota. Pensava davvero che mi sarei offeso? Io a tagliarmi non ci pensavo, almeno fino a quando non avessi realizzato i miei sogni.
Non mi girai e rimasi a fissare la parete bianca dietro la cattedra, fingendo di ascoltare la lezione.
" Cosa c'è Iero? Stai pensando al tuo nuovo amichetto pallido??"
Eh no, Gerard non me lo taccava nessuno. Nessuno.
Mi girai di scatto con l'ira furente nei miei occhi.
"sicuramente non penso al tuo seno  inesistente e alle tue chiappe fiappe."
Veleno. Avevo appena sputato veleno sulle orecchie di quell'oca. Bastava mirare all'aspetto esteriore, che quelle caprette andavano in crisi. Ero felice di questa loro debolezza. Erano prede facili, troppo facili, e volevano fare le belve. Patetiche.
Lei con sguardo imbarazzato, si girò intorno e per sua sfortuna scoprì che la mia battuta aveva raggiunto orecchie altrui.
"Questa me la paghi, Iero, questa me la paghi." soffiò lei.
Per fortuna in quell'istante suonò la campanella della mensa e non avrei avuto altre lezioni con quella vipera della Benedict. Vi suonerà presuntuoso, ma supponevo che quella ragazza avesse una cotta per me. Il suo era un comportamento infantile per attirare l'attenzione, non a caso lei era una di quelle che si accaniva di più su di me. Sospettavo anche che non si trovasse bene in famiglia e a scuola e che si tagliasse, ma erano solo supposizioni e anche se fosse stato, non erano affari miei.
Sfrecciai di filato nella mensa dove mi attendeva il mio tavolo, dove senza il mio permesso non si sedeva nessuno. Era facile allontanare le persone, bastava guardarle in cagnesco e loro scappavano via. Era una cosa che mi divertiva. Con gli altri "sfigati", però ero più comprensivo e li facevo sedere per scambiare due chiacchere. Quel giorno però non c'erano e un po' mi dispiaceva. E non c'erano neanche i miei amici. Ray, Bob e James, stavano con i ragazzi della squadra di rugby e io di certo non mi sognavo di stare in mezzo a quei fighetti pompati(escluso i miei amici, ovviamente). Beckye invece stava sempre con il ragazzo del momento, Alex. Ne cambiava uno ogni mese, però questo durava da un po'. C'ero stato anch'io con lei, quasi un anno, ma poi è andata male e ci siamo lasciati, ma siamo comunque rimasti amici. Jamia era super socievole, quindi cambiava sempre compagnia, ma ogni tanto veniva nel mio tavolo. Quel giorno però ero solo soletto e non mi rimaneva altro che la mia lasagna spappolata e le posate incrostate della mensa.
"Ehi Frank! Posso sedermi con te? O ti lascio amoreggiare con il pranzo?"
La mia testa scattò automaticamente verso quella voce squillante. Mi scappò un sorriso. Scappò anche a Gerard.
"no, mi dispiace, la mia lasagna sarebbe gelosa. É molto possessiva." Sul volto di Gerard apparve quel suo magnifico sorrisetto sghembo, un po' sarcastico, che mi fece adorare quella sua bocca misteriosa.
"Sai, Frank, me ne sono sempre fregato di quello che dicono le lasagne." Mezze lune radiose apparvero sui nostri volti.
"E fai bene! Accomodati pure!" dissi sorridendo. Spostai lo zaino per lasciare spazio a Gerard, che si sedette con goffa grazia. Ero felice che fosse lì con me, cosi avrei avuto la possibilità di conoscerlo meglio, ma poi mi sorse un dubbio: perché non pranzava con i suoi compagni di corso? Forse lo trattavano male? Forse lo deridevano? Non l'avrei sopportato. Ci stava calpestare feccia come me, ma Gerard no. Non il suo sorriso, non la sua gentilezza, non lui, non il mio Gerard.
"Senti, Gee, perché non sei con i tuoi compagni di classe? forse ti trattano male?" dissi con tono nel quale era percepibile la rabbia crescere.
"No, tranquillo. Sono persone fantastiche, molto gentili e socievoli, a parte qualcuno, ma non si può piacere a tutti, proprio come non ti possono piacere tutti. Sono venuto qui perché ti ho visto tutto solo, così ho pensato di farti compagnia." la sua sensibilità mi sorprese. Ce ne erano davvero poche di persone come lui, soprattutto in quel posto. Nemmeno gli "sfigati" avevano quella sensibilità, sembravano troppo assorti dai loro problemi, per pensare anche a quelli altrui. Invece, Gerard aveva un occhio di riguardo per tutti, stronzi e non, e finiva per trascurare se stesso.
"Oh, grazie..."
"Non devi ringraziarmi, lo faccio con piacere. Ma dimmi, perché tu non sei con i tuoi compagni? Ti snobbano e ti trattano come feccia, vero?"
Il mio silenzio e i miei occhi bassi, gli bastarono a capire la risposta.
"bastardi..." disse a denti stretti. I suoi occhi si fecero leggermente più opachi. Ciò mi spaventò. Quegli occhi non erano fatti per ospitare il rancore, ma a quanto pare, qualcosa successo nel passato aveva fatto si che quel demone vi si accampasse con tanto di picchetti.
"Ehi, tranquillo, Gee. Sono solo insulti senza senso. Entrano da un orecchio e escono dall'altro..."
"Si, poi quando saranno quei bastardi ad entrarti in casa, vedrai che non escono tanto facilmente..."
I suoi pugni si fecero tanto stretti, da far diventare le nocche bianche. Si, avevo ragione. Qualcosa nel suo passato l'aveva fatto reagire così. Era qualcosa che aveva a che fare con la sua vecchia scuola.
" Gerard, perché porti tutto questo rancore? È successo qualcosa nella tua vecchia scuola?" chiesi con occhi supplicanti. Lui si guardò le mani per un attimo, poi posò lo sguardo triste sulla mia faccia. Non disse una parola. Sembrava volesse liberarsi di quel carico ma qualcosa gli impediva di farlo. Mentre incitavo Gerard con gli occhi a dirmi tutto, sentii sghignazzare a pochi metri da me. Potevo riconoscere quella risatina anche a chilometri di distanza. Mi girai di scatto e vidi il grugno della Benedict rivolto verso di me e il mio amico.
"Oh scusa, Iero, non intendevo disturbare te e il tuo fidanzatino. Continuate pure a parlare delle vostre cose da frocetti."
Basta. Aveva oltrepassato il limite. Volevo che dirgliene di tutti i colori, ma Gerard fu più veloce di me.
"Cosa c'è stronzetta? Sei forse gelosa?" si alzò in piedi con furore, tra gli sguardi increduli miei, della Benedict e delle sue "amiche". "Ti dà forse fastidio che al tavolo con questo meraviglioso ragazzo ci sia io e non tu? Dillo,chiaro e tondo, se ne hai il coraggio!" concluse sbattendo i pugni sul tavolo. Lei lo guardò intimidita, poi guardò me arrossendo. Provò a parlare, ma ormai il suo segreto era svelato: quellalì aveva una cotta per me e bella grande, per giunta. Io la guardai confuso e un po' dispiaciuto, ma in fondo le stava bene. Lei abbassò lo sguardo e corse via, fuori dalla mensa. Le sue amiche la seguirono, come un branco di pecore.
"Tanto appena quella ragazza dirà la verità, loro l'abbandoneranno." la voce di Gerard  parve cruda, ma in fondo era così che girava il mondo.
Io annuii in silenzio con fare pensieroso.
"Sai, anche se non se lo merita, penso che tu, Frank, debba aiutarla. Come avrai capito, ha dei problemi non solo a scuola..."
Annuii di nuovo. In fondo aveva ragione. La Benedict aveva sicuramente dei problemi e aveva bisogno d'aiuto e per quanto mi scocciasse, quell'aiuto glielo potevo dare soltanto io.
"Uffa, pero" sbuffai " perché devo attirare sempre le persone più strambe?"
"eheheh, comincia a farti qualche domanda, Frankie." disse Gerard scompigliandomi i capelli.
"idiota..."  dissi ridacchiando. Poi mi venne in mente una cosa.
 "Senti, Gee... Ma sono davvero un "meraviglioso ragazzo"?" dissi canzonando ciò che il mio amico aveva detto.
"Certo, Frank. Un meraviglioso rompipalle! Eheheh!" disse ridendo. Ancora la sua magia. La luce stava cominciando a piacermi. Ma ero consapevole che da tutte le luci nasce sempre un'ombra.
***
Il noiosissimo resto della noiosissima giornata della noiosissima scuola si concluse, facendo lanciare un respiro di sollievo agli studenti. Uscito dall'aula mi inoltrai nella marea di gente per arrivare al cancello della scuola in tempo: dovevo incontrare Gerard per andare a casa insieme a prendere gli skate. Non ero mai puntuale e non mi importava esserlo, ma quando si trattava di lui le mie chiappe mettevano la quinta marcia in automatico, non sapevo per quale motivo. Quando raggiunsi il cancello Gerard era già lì, immerso nella luce del sole del tardo pomeriggio; il suo volto pallido risultava quasi perlaceo ed entrava in forte contrasto con l’aura nera che lo circondava, le sue mani erano impegnate a giocherellare col mozzicone di sigaretta che doveva aver consumato nell’attesa e in suoi occhi brillanti si posavano dolcemente sulle cime degli alberi, che stavano prendendo lentamente il colore del tramonto. Mi avvicinai lentamente, incanto da quell’immagine e sicuramente avevo l’espressione da “guardatemi, sono laureato in ebetologia”. Per fortuna Gerard quando mi vide non lo notò, o almeno fece finta di non notarlo.
“Pensavo arrivassi tardi, così mi sono acceso una sigaretta. Jamia mi ha detto che sei un ritardatario…” disse lui leggermente divertito.
“Uff… non si spreca mai coi complimenti, eh?”
“beh dai, mi aspettavo di peggio, diciamo che non sei un orologio svizzero, ma almeno sei più veloce di mia zia Tessie”
“La mitica zia Tessie! Allora sono una scheggia!”
“Certo… Dai, scheggia, cominciamo a muovere le natiche, se no la zia Jamia ce le tritura…”
“Concordo, vamos a la playa” dissi con l’entusiasmo di un comodino.
Ci incamminammo verso casa mia per prendere gli skateboard; Gerard non aveva ma visto una tavola in vita sua, quindi toccava a me prestargliela e per principio di inerzia, toccava a me insegnarli tutta la mia conoscenza su quello sport. Andammo al luogo dell’appuntamento in sella agli skate e fu divertente vedere Gerard perdere l’equilibrio e cadere, per poi girarsi verso di me corrucciato per via delle le mie risatine moleste.
Era strano, ma anche se lo conoscevo da neanche mezza giornata, Gerard ai miei occhi era come un vecchio amico, uno di quegli amici che non vedi da secoli e che quando ritrovi hai paura di perdere.Con lui tutto era lecito, con lui era come parlare con un fratello, un compagno, una parte me.Non c’era quell’imbarazzo solito delle nuove conoscenze, non c’era quella tensione che ti spinge a trovare per forza un argomento di discussione. E tra l’altro con lui mi sentivo bene, a mio agio, con lui potevo fare i miei discorsi filosofici senza che mi ridessero dietro dandomi del moralista, cosa che Ray, James e Bob, facevano spesso.
Era una cosa che fino all’ora avevo provato solo con Jamia, mio zio e Beckie, una cosa magica. Penso che tutto di lui lo fosse. Era nato per quell’aggettivo, gli calzava a pennello. Magico.

  
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