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Autore: Alexis Cage    02/12/2014    4 recensioni
Ho riscritto la realtà. Anzi, così sminuisco quello che ho fatto: ho salvato il culo a tutto il mondo.
Ora penso di poter tranquillizzarmi, no? Insomma, ho degli amici, dei veri amici, una famiglia che mi vuole bene e, soprattutto, ho ritrovato quel rincoglionito di Evan.
Ma c'è di meglio: i poteri non esistono più. Posso fare la mia tranquillissima vita di merda, finalmente.
E invece...no. Perchè, a quanto pare, ci sono persone capaci di rovinarmi la vita all'infinito, anche dopo la morte...o anche da luoghi molto, molto lontani.
Del resto, non ci sono confini alla mia sfiga. Ormai l'ho capito.
E stavolta non riesco a non chiedermelo: sarò capace di rimettere tutto a posto...di nuovo?
PS AUTRICE: questa è la continuazione della storia (conclusa) "Il diario di una reclusa"...quindi consiglio ai pochi folli che pensano di leggere questa storia di farsi prima un giro nell'altra, o capirete ben poco
Genere: Avventura, Commedia, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Diari di gente altamente normale'
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La prima cosa che vedo quando riapro gli occhi è parecchio strana. Insomma, chiunque resterebbe un attimo spiazzato, dopo aver avuto una specie di viaggio psichedelico interiore, nel vedere se stesso, un momento prima decisamente morto, parlare come nulla fosse al caro fratello resuscita-gente.

-Nathan.- è la prima parola che lei dice. Sorride come io non sarò mai capace di fare e lo abbraccia all'istante, di slancio. Vedo infine comparire un sorriso anche sul volto di Nathan.

-Finalmente.- sussurra mentalmente lui...e subito l'altra me fa un passo indietro.

-Cosa...cosa hai fatto alla tua voce?- gli chiede con gli occhi spalancati.

Strano. Chissà perchè, ero convinta che l'altra me fosse a conoscenza di tutto quello che stava accadendo. Perchè, poi? È appena tornata in vita.

-È stato...un effetto collaterale.- le spiega Nathan.

Poi sento parlare una voce che non mi sarei mai aspettata di udire in questo momento.

La mia.

-Un effetto collaterale come i normali che hai appena ucciso?-

ZITTA.

Sento le mie labbra stringersi di scatto e i muscoli della gola irrigidirsi all'istante...e non voglio provare a parlare. Non voglio nemmeno tentare.

Oddio. Subire il traviamento fa proprio schifo.

Nathan non mi ha condizionata in modo da farmi zittire anche il cervello, quindi riesco ancora a pensare. Il che è un bene...visto che qua si sta mettendo proprio male.

Poi mi accorgo che l'altra me mi sta fissando.

-Nate...- sussurra, come se non potesse crederci -Che hai combinato?-

-È stato semplice, in realtà.- le risponde subito lui. Non si è accorto di quello che a me pare evidente, anche se non posso più leggerle nella mente...sembra soddisfatto come un bambino che racconta alla propria madre qualcosa che ai suoi occhi, e ai suoi soltanto, appare come eroico -Il generatore poteva riportarti in vita. Può fare di tutto, in realtà, ma ha bisogno di energia per attivarsi...e ho preferito usare quella che mi era offerta per te che per gli altri...-

-Che tipo di energia?- lo interrompe l'altra me.

Finalmente Nathan si accorge che c'è qualcosa che non va. Ma, nonostante ciò, continua a spiegarle l'orrore che ha appena compiuto.

-Servivano i poteri, i più grandi esistenti. Per questo ho fatto portare qua la versione di te più potente, così che lei desse i suoi poteri al generatore. Ed è servito anche un tributo, ovviamente.-

Ovviamente.

Cristo santo. Ovviamente.

-Ma non potevo uccidere quelli della nostra razza...siamo già in pochi, no? Quindi ho dato al generatore gli altri. I normali.-

-I nor...- comincia a ripetere l'altra me, come se non potesse ancora crederci. Poi sposta di nuovo gli occhi verso dove sono io...anzi, no. Li punta su qualcuno per terra accanto a me.

Lui non è un normale. L'ho dato per scontato e ho fatto bene: perchè lui è come me...solo al mio opposto. È completamente immune, ma non è un normale.

È vivo.

-...Evan?- sussurra l'altra me. E ha una voce così disperata che finalmente capisco che lei è davvero un'altra me.

-Sta bene. Lui non è uno degli altri...appartiene alla nostra razza, in un certo modo.-

-Alla nostra...Nathan, ma che stai dicendo?-

Lui la fissa per qualche istante, confuso. Poi con uno scatto l'afferra per le braccia e le dice, con un tono da pazzo che spero di non sentire mai più:

-Ti ricordi quando papà ci teneva prigionieri? Parlavamo sempre di un futuro migliore, senza tutta questa guerra. Ma le due parti sarebbero sempre esistite: i normali contro di noi. Ivy...ho dovuto farlo. O noi o loro. E io ho salvato il mio popolo. Ora possiamo stare qui, insieme...non ci sarà più nessuno a dividerci.-

Ok. Sta sparando troppe cazzate, ho il dovere di intervenire.

-Ma senti cosa stai dicendo?- sbotto quasi senza rendermene conto -Il tuo popolo?! Parli esattamente come papà, e tu lo odiavi! Anche lui era disposto a sacrificare tutti per la pace, quella che lui pensava fosse pace...e ora tu hai fatto lo stesso. Hai appena ucciso tutti...dio...-

La voce mi muore in gola appena realizzo cos'è successo.

Mary, Alice. Brian, i Sullivan, tutti loro. Tutti quelli senza poteri...tutte quelle persone. Tutti i normali.

Sono tutti morti.

E solo adesso mi viene in mente che non sono morti tutti i normali.

Perchè ci sono ancora io.

-Nathan.- mormora l'altra me. Io mi rialzo a fatica. Non so neanche cosa voglio fare. Punto gli occhi su di lei e vedo qualcosa che all'inizio penso sia frutto della mia mente menomata: perchè all'improvviso sul suo volto è comparsa un'espressione...dolce.

-L'hai fatto per me?-

-Solo per te.- le sussurra lui -Sei l'unica cosa che mi sia rimasta.-

Sono completamente esposta, loro possono leggere ogni pensiero mi passi nella mente. Eppure...eppure non me ne importa niente. Che mi ammazzino pure tutti e due, visto che a quanto pare stanno facendo comunella.

-Ora capisco.- dice infatti l'altra me, sempre con quel sorriso dolce -Ora capisco. Hai ragione: questa guerra non sarebbe mai finita...non senza un sacrificio. Non senza di te. Ci hai salvati, Nathan.-

Sono accanto alla teca: ci guardo dentro, e vedo solo una tomba vuota. Poi guardo Evan, per terra dove l'ho lasciato prima che Nathan mi strappasse i poteri.

Non è normale che vedere il suo petto alzarsi e abbassarsi ancora mi renda felice in un momento del genere, vero?

-Ora nessuno soffrirà più.- continua l'altra me. Come può essere dalla parte di Nathan? Dio, quanto odio il sorriso che ha. Mi sembra così...

Falso?

Con me lui vincerà. Rompi il generatore. Non ti sentirà, ti copro io.

Ho già sentito la mia voce nella mia stessa testa...ma stavolta è proprio strano.

-Grazie, Nathan. Grazie.- dice l'altra me ricambiando il suo sguardo e lo abbraccia così, all'improvviso. Senza che lui se ne accorga, però, lo abbraccia in modo che Nathan mi dia le spalle. Poi punta i suoi occhi nei miei.

In quest'unico sguardo lei mi dice tutto.

Io annuisco per far segno di aver capito. Prima di voltarmi verso il generatore vedo che l'altra me ha chiuso gli occhi, da cui le è sfuggita una lacrima, e ha stretto più forte suo fratello.

Raggiungo il generatore senza che Nathan se ne accorga. E qua, beh, sorge il problema.

Come diavolo lo rompo?

Di certo non so manovrarlo...e ho trascorsi poco piacevoli con la tecnologia (del genere che, quando mi avvicino a un computer, quello scoppia). Che diavolo posso fare? Sul display non c'è più un cazzo, e non è cambiato nulla nell'aspetto fisico: sembra sempre una navetta spaziale aliena.

Quell'abbraccio, per quanto sia disperato, non durerà per sempre.

Ok, Ivy, ok. Evan ci sparerebbe sopra, ma non penso che questa possa essere un'opzione. Io lo bloccherei in qualche modo coi poteri...ma, ehi, non ce li ho più.

Devo pensare in modo più pratico, allora. Servirebbe qualcosa, che so...

Qualcosa alla vecchia maniera?

Il Nathan della mia illusione, che altri non era se non la personificazione dei miei poteri rubati, mi ha dato la risposta da subito.

Questa navetta spaziale ha delle gambette proprio deboli.

Mi volto un'ultima volta verso la famiglia felice: Nathan si aggrappa a lei come se ne dipendesse la sua stessa esistenza. Era così ossessionato dal riportarla in vita che, adesso che ce l'ha fatta, non può lasciarla andare. In un certo modo le vuole bene, no?

Ivy ha ancora gli occhi chiusi, e non tenta nemmeno di frenare le lacrime.

Perchè è lei che si sta sacrificando per salvarci dalla follia di Nathan.

Non ci rifletto nemmeno: mi volto e tiro un calcio al generatore. La gamba che ho colpito si stacca con un colpo secco e subito questo coso di metallo s'inclina e cade a terra, facendo un casino terribile e perdendo un po' di pezzi nell'impatto.

In sintesi: si rompe.

-NO!-

Mi giro.

Nathan regge a fatica l'altra me e ha un'espressione terribile, disperata e folle, con gli occhi spalancati puntati in quelli di lei...morti. Orribilmente morti. L'adagia lentamente e la lascia sul pavimento con le mani che gli tremano convulsamente, senza controllo. Le passa le dita sul volto, la scrolla quasi per essere sicuro che sia morta...di nuovo.

Dio, dev'essere terribile. Ha aspettato così tanto tempo, è diventato pazzo per lei...e adesso è stata lei stessa a volersene andare.

Dopo un po' di tempo, quasi a fatica, Nathan si raddrizza.

E guarda me.

-Tu non sai cos'hai fatto.- mi dice lentamente. Con un tono vuoto...come se stesse per scoppiare la sua furia.

Mi sento sfinita. Senza poteri, senza forze...semplicemente sfinita. Non ho voglia di preoccuparmi più di niente.

Basta.

-Sia io che lei lo sapevamo.- gli dico. Non so che fare, sono inerme; non so come salvare Evan, come portarci fuori da qui.

Nathan ci ucciderà e non potrò fare niente per fermarlo.

Quasi non mi accorgo che qualcuno ha appena aperto l'unica porta della stanza. Quasi.

Ma non sono l'unica ad accorgersene.

Come sempre, accade tutto velocemente. Stranamente, però, riesco a vedere ogni cosa.

Cass, la ragazza coi capelli biondi che ho visto solo una volta prima d'ora, occupa tutta la soglia della porta. Stringe una pistola tra le mani e, come fosse addestrata a farlo da sempre, la solleva e la punta verso Nathan. Poi preme il grilletto.

Ma visto che anche Nathan, nonostante la furia che sfavilla dai suoi occhi, se n'è accorto...beh, non so se sia perchè è terribilmente potente o per semplice istinto di sopravvivenza, ma si sposta in tempo per schivare la pallottola.

E chi c'è nella traiettoria di quella?

Bum. Mi esplode una bomba nella spalla. E scopro che è una balla la leggenda metropolitana per cui compaiono stelline davanti agli occhi quando si prova un dolore lancinante. Perchè c'è solo quello: il dolore.

Non mi fa vedere, respirare; per qualche secondo non mi fa nemmeno pensare. Mi porto una mano alla spalla sinistra e sento il sangue che esce dalla ferita e, dio, che male...

Poi vedo Nathan.

Mi fissa con un'espressione incredula e distrutta assieme, simile quasi a quella che aveva mezzo minuto fa, quando la sua Ivy gli è morta tra le braccia.

È come...come se si rendesse conto di cosa è diventato solo ora.

Poi Adrian affianca Cass, impietrita sulla soglia. Pure lui ha una pistola.

E non sbaglia.

Stavolta lo vedo: Nathan se ne accorge subito, appena Adrian preme il grilletto...ma non si sposta.

Non si sposta.


Tutto diventa confuso.

Entrano quasi tutti quelli della missione suicida. Tutti entrano nella stanza e sento che le gambe mi cedono e cado a terra. Qualcuno mi tira su di peso; non ho idea di chi sia. So solo che quasi lo ammazzo quando mi divincolo e praticamente mi lancio verso Evan in non so quale tentativo di salvarlo in non so quale maniera. È Adrian a riprendermi prima che caschi di nuovo sul pavimento e gridarmi le uniche parole che voglio sentire da quando gli hanno sparato:

-È vivo, lo portiamo in un luogo sicuro!-

Lo sollevano in tre nel modo più delicato che la situazione concede, e usciamo tutti dalla stanza. L'ultimo è Witness: penso di essere l'unica a voltarmi per un istante verso di lui e a vedere i suoi occhi, puntati sul cadavere di Nathan.

Poi sfiliamo per un corridoio che arriva all'entrata di tutto l'edificio. Trovo da qualche parte la forza di chiedermi dove siano finiti i nemici: hanno sentito i normali che morivano e hanno capito cos'hanno contribuito a fare? Erano soggiogati al potere di Nathan e ora sono liberi?

Caricano sia me che Evan su un furgoncino con dietro uno spazio senza sedili, e mi costringono a stendermi mentre il mondo attorno a me diventa stranamente brillante.

Vicino a noi c'è qualcuno.

-Ha perso molto sangue, non so cosa fare...-

-Ci penso io.- interviene una voce femminile che non ho mai sentito, forse.

Qualcosa viene premuto sulla mia spalla, e c'è solo dolore.

Poi una pace che non ho mai provato prima.

  
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