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Autore: Ema Stylinson    02/12/2014    0 recensioni
Guardai l’orologio, erano le 9.35. Perfetto- pensai- mancano solo 7 ore e 55 minuti al cambio turno, forza Harry puoi farcela. Svogliato mi diressi verso la scrivania nel corridoio principale. Sedendomi aprii il registro dei prigionieri e feci scorrere il dito sulle date finché non arrivai a oggi, spostai lo sguardo e lessi il nome di quello nuovo: Louis Tomlinson. [Attenzione: Storia Larry!]
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era passata più di un’ora da quando Niall era uscito ed erano ormai 10 minuti che facevo zapping con l’intento di trovare un programma decente. Però devo dire che mi stavo rilassando come non facevo da tempo. La casa di Niall trasmetteva serenità, come lui d’altronde. Era un ragazzo così solare, ricordo che la prima cosa che avevo pensato quando l’avevo conosciuto era che non sarebbe mai potuto essere mio amico. Era troppo diverso da me, sempre di buon umore e sembrava il classico tipo senza nessuna preoccupazione, in poche parole il mio opposto.

Il suono del campanello mi distolse dai pensieri. Non sapevo se andare ad aprire o no, infondo non era casa mia. Ma dato che chiunque c’era dietro la porta non la smetteva di suonare pensai che un modo per farlo smettere era andare ad aprire. Mi alzai dal divano e mi diedi una rapida occhiata allo specchio solo per assicurarmi di essere un minimo presentabile. Avevo un aspetto decente anche se la maglietta nera di Niall mi stava decisamente troppo aderente. Mi passai una mano tra i capelli per sistemarli indietro e aprii la porta. Vidi una signora sulla quarantina, che vedendomi rimase sorpresa ma mi fece un sorriso poco raccomandabile.
“Niall?” chiese sporgendosi per vedere in casa.
“Adesso non c’è, non so quando tornerà” la informai gentilmente.
“Oh va bene, non importa” rimasi stupito da come entrò in casa e si tolse la giacca. Non sapevo se chiedergli chi fosse ma avrebbe potuto farmi la stessa domanda quindi optai per non dire nulla. Chiusi la porta.
“Io sono qui per pulire casa, tu sei un amico di Niall?” mi domandò.
“Ehm si” aveva un’aria che mi inquietava leggermente.
“Ah bene. Comunque Niall non mi aveva detto di avere degli amici così sexy" disse sorridendo maliziosamente. Rimasi stupito dalla sua sfacciataggine e non poco, insomma avrà avuto il doppio dei miei anni.
“Grazie” dissi in imbarazzo.
“Oh non pensare che io sia sfacciata, dico solo quello che penso” disse cercando di assumere un tono sexy ma senza successo. –Oh no, infatti. Non sei sfacciata figurati- mi venne da rispondere ironicamente ma pensai fosse stato più consono lasciar correre.
“Che sete!” disse poi andando in cucina ma si girò “vuoi qualcosa?” chiese.
“N-no grazie” risposi stando sulle mie ma mi metteva un po’ di soggezione.
“Intendo..” fece una pausa e sorrise maliziosamente un’altra volta “qualsiasi cosa.” -Non può essere così sfacciata, ma come si fa!- arrossii inevitabilmente e lei sorrise. Tornò con un bicchiere, probabilmente di aranciata, con una cannuccia e si sedette sul divano difronte a me. Ma la parte peggiore venne dopo, quando iniziò a stuzzicare la cannuccia con la lingua senza staccare gli occhi dai miei, deglutii.
Mi stava facendo un certo effetto nonostante fosse così matura, infondo era sempre una donna che mi stava provocando in maniera oscena. Non so come ma se ne accorse e fece un sorriso trionfante ma prima che potesse alzarsi mi precipitai in camera di Niall senza dire una parola e girai la chiave. Presi un respiro di sollievo.
Avevo un problemino da risolvere nei pantaloni, cercai di rilassarmi e funzionò quasi subito. Mi cambiai il più velocemente possibile senza neanche farmi una doccia. Raccolsi le mie cose e lasciai un biglietto al mio amico.

Sono tornato a casa. Scusa se non sono restato ma avevo delle faccende da sbrigare. Grazie di tutto e ci vediamo domani al lavoro. Harry.

Non gli avevo scritto il vero motivo perché sapevo che la donna avrebbe trovato per prima il biglietto. Aprii la porta di scatto e me la trovai davanti.
“Ehi tesoro, tutto bene?” il suo tono provocante non era passato “hai bisogno di una mano?”
“N-no, adesso devo proprio andare!” mi affrettai a raggiungere la porta e uscii. Tirai un altro sospiro di sollievo. Sicuramente Niall ci avrebbe riso su non appena gliel’avrei raccontato.
Lasciai il condominio e presto dovetti fare i conti con un problema a cui non avevo pensato: tornare a casa. La mia auto era rimasta al lavoro e non avevo la minima idea in che parte della città mi trovavo. L’unica soluzione fu prendere un taxi.
Arrivai a casa dopo 20 minuti e con la metà dei soldi nel portafoglio. Spalancai la porta d’ingresso e mi fiondai sul letto ancora vestito. In tutta la giornata mi alzai solo per mangiare e avevo dormito si e no 12 ore. Non mi sentivo così riposato da anni.

“Pronto” risposi al telefono mentre, davanti allo specchio, cercavo di sistemare un riccio ribelle.
“Harry sei già uscito?”
“Ciao Niall” dissi allegro “no, perché?” chiesi curioso.
“Allora preparati che tra 15 minuti sono lì, ti do uno strappo io, devo aiutare mio zio con del lavoro.”
“Grazie, ma non ce n’è bisogno! Non devi disturbarti, posso prendere il pullman” la sua estrema gentilezza mi metteva in imbarazzo.
“Non dire cazzate Harry, so quanto odi i mezzi pubblici. Non fare storie e accetta prima che cambi idea” disse il biondo ridendo.
“Va bene, grazie” cedetti. In macchina gli raccontai l’accaduto con la donna delle pulizie e come previsto rise così di gusto che quando arrivammo a destinazione non l’aveva ancora smessa. In effetti a raccontarlo faceva ridere ma a viverla non era stato così divertente.

Erano le 8.30 ed eravamo appena arrivati alla prigione.
“Grazie ancora del passaggio” mi rivolsi a Niall mentre stavamo varcando la porta. Penso di non aver mai detto la parola ‘grazie’ tante volte quanto questi ultimi due giorni.
“Figurati Harry, a dopo” si affrettò a dire, salì le scale e sparì dalla mia vista.
Mi sedetti alla scrivania come sempre e accesi il computer, davanti al quale passai quasi tutta la mattina. Avevo accumulato anche il lavoro del giorno prima quindi non avrei finito tanto presto.

Guadai l’orologio. Erano le 11.45. Andai a prendere un caffè come la solito e restai fuori pochi minuti a prendere aria. Rientrai e annoiato mi risedetti sulla sedia. Ma non avevo proprio voglia di continuare col lavoro. Non so per quale strano motivo decisi di fare un’altra visita al ragazzo, a Louis.
Mi fermai davanti alla sua cella. Era sdraiato sul letto mentre giocherellava con la manica della felpa e non riuscivo a vedergli il viso. Restai lì in piedi a pensare al saluto migliore. ‘Hey’, no troppa confidenza. ‘Buongiorno’, assolutamente no, troppo formale. Optai per saluto più adatto.
In quel momento rivalutai l’idea di parlare con lui, dopo l’accaduto di due giorni fa. Magari pensava fossi una specie di stalker o peggio che fossi gay e cotto di lui. -No, adesso vado via e faccio finta di niente, non voglio fare altre figuracce- pensato questo mi girai e feci per andarmene ma qualcosa mi bloccò. Era il ricordo dei suoi occhi che volevo vedere solo un’altra volta. Infondo cosa c’era di male nel salutarlo? ‘Abitava’ qui e io qui ci lavoravo, era solo cortesia e nonostante sapevo che non lo era cercai di autoconvincermi. –No avanti. Non essere codardo e poi cosa vuoi che sia, è una persona normale, beh non proprio- pensai. Ok avevo deciso, avrei fatto finta di passare di lì per caso e… ma chi voglio prendere in giro, nessuno si metteva a passeggiare per il corridoio per piacere. Ok allora l’avrei salutato, con (no-chalance?) e basta. Finalmente smisi pensare e deglutii.
“Ciao” dissi titubante, non era proprio con il tono che mi ero prefissato ma lasciai stare e mi focalizzai su di lui, non sapevo come avrebbe reagito dopo l’ultima volta. Lui sembrò sorpreso di sentire la mia voce, o forse di sentire una voce e basta perché sembrò riconoscermi solo quando si voltò. Si mise seduto e si schiarì la voce.
“Ciao riccio” sorrise. –Riccio? Non si ricordava neanche il mio nome?- ok questo mi aveva infastidito ma almeno aveva sorriso, era un buon segno, no?
Non dissi più niente aspettando che fosse lui a dire qualcos’altro ma passarono diversi minuti e ancora niente. Il silenzio totale e lui continuava a osservarmi aspettando che dicessi io qualcosa. Sospirai rassegnato.
“Come stai?” mi sentì la persona più banale della storia.
“Oh, bene. E adesso scommetto che mi chiederai cosa ne penso del tempo” rise divertito. Arrossii e abbassai lo sguardo. –Cosa si aspettava che dicessi? Non lo conoscevo neanche!- mi aveva fatto rimenare male per la seconda volta o forse ero io che non capivo il suo senso dell’umorismo. Lui sembrò notare la mia delusione e si fece subito serio.
“Scusa, non volevo offenderti” disse “sai se l’unica persona che mi ha parlato da quando sono qui” fece un sorriso malinconico e guardandomi negli occhi “non ho più dimestichezza nella conversazione” cercò di ironizzare forzando un sorriso.
Adesso era triste e non sapevo come rimediare. Beh infondo aveva fatto tutto da solo, no? Ma in qualche modo mi sentivo in colpa e volevo rimediare.
“Allora” cominciai “hai visto che bella giornata” dissi indicando la finestra difronte a me. Si voltò istintivamente verso questa e dopo essersi rivoltato verso di me mi regalò un grande sorriso che mi fece sciogliere.
Ce l’avevo fatta a strappargli di nuovo un sorriso e non potei fare a meno di chiedermi come potesse essere così bello e quando sorrideva lo era ancora di più. Gli restituii il sorriso.
“Sai che sei più bello quando sorridi” le parole uscirono di getto dalla mia bocca senza interpellare la ragione e quando mi resi conto che non l’avevo solo pensato avvertii il desiderio di prendere una pala e sotterrarmi all’istante.
Considerai anche l’idea di scappare e non farmi più vedere da lui ma era un’idea stupida e di stupidaggini ne avevo già fatte abbastanza quel giorno così optai per rimanere lì e sperare che non ci avesse fatto troppo caso. Invece no, l’aveva notato e sembrava parecchio stupito. Il sorriso scomparì per lasciare il posto a un’espressione seria. Impallidii e il calore invase il mio corpo e le mie guance.
Ma prima che potessi cambiare argomento per rimediare a quella frase azzardata parlò di nuovo.
“Grazie” disse con un sorriso più dolce di quello precedente e che mi fece confermare le parole che avevo pronunciato un attimo fa.
Detto questo si alzò e mi si avvicinò cogliendomi di sorpresa, si sedette accanto alle sbarre e con la schiena contro il muro. Continuava a fissarmi dal basso finché non ruppe il silenzio.
“Siediti” disse con un filo di voce e appoggiò la mano sul pavimento al di là delle sbarre. Obbedì e mi sedetti accanto a lui. Averlo così vicino rendeva il mio battito ancora più irregolare. Restammo così per diversi minuti, uno accanto all’altro e a fissare il vuoto e notai che le sue gambe finivano un bel po’ prima delle mie e non potei fare a meno di sorridere. L’ultima volta non avevo fatto caso che era più basso di me, e non di poco!
Poi d’un tratto si mosse, probabilmente per mettersi più comodo e quando fece leva sulle braccia per sollevarsi le nostre mani si sfiorarono per un attimo. Un brivido mi percorse tutto il corpo, diedi la colpa alla mano fredda di Louis ma in realtà sapevo che anche se fossero state calde avrei provato lo stesso. Al contatto ritirai la mano di scatto come se fossi appena stato scottato. Lui se ne accorse e con la coda dell’occhio notai che aveva abbassato lo sguardo, in un attimo si alzò e tornò a sdraiarsi.
Rimasi lì seduto come uno stupido prima di realizzare che avevo appena commesso uno sbaglio ma avevo agito senza pensare. Mi alzai anch’io e gli diedi un ultimo sguardo prima di capire che non gradiva più la mia presenza. Tornai a lunghe falcate alla scrivania e guardai l’ora. Erano le 13.15.
Tra 15 minuti era ora di pranzo e l’avrei rivisto in mensa. 

*Angolo autrice*: Ecco il 5 capitolo. Ho cercato di farlo più lungo degli altri e sono abbastanza soddisfatta. Grazie a chi sta seguendo la storia e sarò felice se metterete recensioni :D. A presto :)

 
   
 
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