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Autore: vegeta4e    02/12/2014    3 recensioni
Haytham e Connor sono alla ricerca di B. Church, colpevole di aver tradito l'Ordine Templare e di aver sottratto a Washington i rifornimenti destinati all'Esercito Continentale. Il birrificio di New York è palesemente abbandonato e questo piccolo dettaglio obbligherà padre e figlio a collaborare, costringendo il Gran Maestro a lavorare separatamente sia con Charles sia con il figlio. Successivamente Haytham li convincerà a cooperare, tentando di metter da parte l'odio tra Assassini e Templari per raggiungere uno scopo più grande, desiderato da entrambe le fazioni: vincere la guerra contro gli Inglesi.
Ma non sarà questo l'unico intoppo. Torneranno vecchie conoscenze, vecchi problemi che H. Kenway credeva di essersi lasciato alle spalle. A cosa dare la precedenza? Ad una richiesta d'aiuto o a Washington che, battaglia dopo battaglia, sta perdendo sempre più terreno?
Questi eventi coinvolgeranno anche Connor e Charles Lee, nel bene e nel male.
Dal testo:
Charles e Connor entrarono nella sala, notandomi assente e pensieroso.
«Signore? Che succede?» Sospirai nuovamente, premendomi due dita alla base del naso.
«Temo di dovervi lasciare soli nelle prossime missioni. Devo tornare in Europa» annunciai tornando in posizione eretta per darmi un contegno.
Genere: Avventura, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Charles Lee, Connor Kenway, Haytham Kenway, Jenny Kenway
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Capitolo 20

 

Avevo sborsato novanta sterline tra ingaggio, vestiti nuovi e pistola. Il tizio che avevo scelto per l'attentato al nostro caro George corrispondeva al tipo di uomo che serviva a me. Dall'aspetto non sospetto -solo una volta sbarbato e ripulito-, agile e sveglio. Era un certo Robert Carter, avevo sentito parlare bene di lui, da quelli dell'ambiente, ovvio.

Avevamo appuntamento davanti al palazzo in cui si sarebbe tenuto il Congresso Continentale, accompagnato da me e Charles non avrebbe dovuto aver problemi ad entrare.

Il dondolio della carrozza mi stava quasi facendo assopire, quindi mi misi in posizione eretta per non addormentarmi. Guardai Charles con la coda dell'occhio, notando che fissava con aria assente fuori dal finestrino.

«Agitato?» Risi per alleggerire la tensione. Non rispose. «Che diavolo, nemmeno stessi per scopare la prima volta» lo vidi serrare la mascella.

«Spero solo vada tutto secondo il piano» si degnò di voltarsi, lo sguardo serio e il volto teso. «Insomma, con vostro figlio tra i presenti…»

«Andrà bene» tagliai corto «Connor non prevede il futuro, magari cercherà di fare qualcosa, ma non credo riuscirà a salvare ancora il culo a George» lo dissi più per convincere me stesso, in realtà.

La carrozza frenò di colpo, prendendo in pieno una buca e sballottandoci sul sedile. Non attesi che il cocchiere mi aprisse la portiera, quindi scesi seguito da Charles.

«Come avete detto che si chiama?»

«Robert» risposi guardandomi intorno. Gli avevo comprato una camicia blu, ma in mezzo a quella marea di gente mi sarebbe stato difficile trovare persino Connor e la sua tunica luminosa.

«Non vedo vostro figlio»

«Se Dio vuole» prima o poi il Signore mi avrebbe lasciato un giorno senza quella piattola, no? «Ho visto Robert, seguimi» allungai il passo fino ad affiancare il mio mercenario. Sussultò quando gli posai una mano sulla spalla.

«Eccovi, finalmente. Credevo aveste cambiato idea, qui è pieno di guardie, cristo» gli afferrai un braccio e lo portai con forza verso il portone spalancato, sorvegliato da due uomini in divisa posti ai lati dell’entrata.

«Evita questi discorsi qui, imbecille» sibilai a denti serrati. Superammo  i due uomini armati senza difficoltà, non una domanda, non uno sguardo sospetto. Ma cosa ci si poteva aspettare dai protettori di George? O forse mi sottovalutavano?

Charles mi affiancò, allentandosi il colletto con due dita.

«Calmati, così peggiori solo la situazione»

«Voi dite? A me sembra già critica» mi calmai. Potevo capire in parte come si sentiva, se fosse successo qualcosa a Washington sarebbe stato il primo sospettato, ne ero consapevole, ma che altro avremmo dovuto fare? Lasciare il Continentale allo sbaraglio? Permettere che perdessimo la guerra? E per cosa, poi?, per l’ipotesi che incolpassero Charles? Lo guardai con la coda dell’occhio. Stava sudando freddo, anche se tentava di mostrarsi calmo.

Girammo a sinistra, entrando nella prima stanza del corridoio, trovandoci nella sala che avrebbe accolto il nostro onorevole comandante in capo. Diedi una rapida occhiata, contando una trentina di tavoli.

«Siediti lì» dissi a Robert dopo avergli dato una pacca sulla schiena, poi feci cenno a Charles di seguirmi ad un altro tavolo. Non potevamo correre il rischio che associassero l’attentato a noi, non sia mai.

Ne occupammo uno sulla destra, uno dei pochi liberi, non che avessimo molta scelta. Charles si sedette di fronte a me, dando la schiena a… mio figlio.

Feci una smorfia. «C’è anche Connor, non voltarti, per carità di Dio» sbuffò, appoggiandosi allo schienale imbottito. «E Adams è con lui»

Ridacchiò «Vanno in giro insieme come due sposini» sorrisi anche io, fissando la nuca di Connor e provando ad immaginare, solo per un attimo, a che sarebbe successo se non fosse stato così cocciuto. Forse se non ci fosse stato Achille di mezzo avrei avuto la strada spianata, ma quando mai un Kenway ha la vita facile, mh? Mai.

«A cosa sta pensando, Signore? Washington è arrivato» mi destai, volgendo lo sguardo verso il fondo della sala.

Ed eccolo lì, davanti a tutti noi, orgoglioso della divisa del Continentale immacolata. Ovvio, no? Lui non andava a morire, non imbracciava fucili, non seguiva i suoi uomini verso la gloria o la morte, no. Non conosceva l'ansia della battaglia, il fiato della morte sul collo, il senso di colpa per aver ucciso un tuo probabile assassino. Non sapeva nulla di tutto questo, eppure si atteggiava da grand'uomo, da comandante valoroso, da eroe.

Lui preferiva starsene al riparo nella sua tenda, da buon coniglio.

«Signori» ci scrutò con quei suoi occhietti da roditore «Intanto vi ringrazio per essere qui quest'oggi» oh, sì, che fantasia. «So bene cosa vi aspettate di sentire. Dati i risultati abbastanza scarsi, crederete che voglia ritirarmi, o sbaglio?»

Charles tamburellò le dita sul tavolo «Sarebbe l'ora, vecchio» borbottò.

«Ma così sarebbe troppo facile, amici. Chiunque sarebbe bravo a lavarsene le mani e lasciare il suo successore nei guai, ma non io. Io ho un onore, Signori miei.» Oh, sì, lo stesso onore di una puttana a gambe aperte.

«Quante stronzate. E la gente gli crede pure» ringhiò Charles.

«Calmo. È solo un buon oratore, sa tenere la folla»

«Dalla mia ho uomini forti, pieni di coraggio e valori. Vinceremo la guerra, questa è una promessa. Vi garantisco che le cose miglioreranno» lanciai uno sguardo a Connor. Le mani giunte sul tavolo, il cappuccio tirato giù e il volto teso. Sembrava dubitasse delle parole di George, come fossero le solite promesse fatte da un bambino capriccioso e bugiardo. Che capisse, diavolo. Ci speravo, era ancora recuperabile. Cacciai un colpo di tosse e, come avevamo pianificato, Robert si alzò lentamente.

«Permettetemi, Signori, di ringraziare a nome di tutti il nostro Comandante in capo» sorrise folle, estraendo la pistola. «Lunga vita a George Washington!» I presenti sbiancarono, qualcuno urlò, Sam Adams rimase pietrificato, l'unico lucido fu Connor, che in un secondo scattò verso il mio uomo, colpendogli il braccio e deviando il colpo appena sparato.

«Cristo!» Charles sbarrò gli occhi, io serrai la mascella mentre George cadde all'indietro tenendosi il braccio ferito.

Mi alzai, imitato da Lee che, profondamente dispiaciuto per Washington, si precipitò a vedere se fosse in pericolo di vita. Non fece in tempo a raggiungerlo che Robert Carter era già morto sotto la lama celata di Connor.

Strinsi i pugni. Non potevo di certo andare lì e dargli una sberla per avermi fatto buttare novanta sterline, no? Dio, figliolo, prima di uccidere uno dei miei, fammi un fischio.

Gli afferrai un braccio «Fermo, non peggiorare le cose. Rischieresti di scatenare il panico» si strattono, come se il mio solo contatto lo infettasse.

«Sei stato tu, vero?»

«Cosa?» I suoi occhi accusatori tentavano di leggere i miei, ma confidavo ancora nel mio autocontrollo «Credi davvero che sia io l’artefice di questa pagliacciata? Suvvia, mi sottovaluti. Io non avrei certamente fallito» continuò a fissarmi dubbioso, quindi giunsi le mani dietro la schiena. «Non starò qui a pregarti di credermi, ho altro da fare, e visto che il caro George ha fallito anche qui, beh, ci si vede» lanciai un’occhiata a Charles, ancora inginocchiato vicino a Washington, e gli feci cenno di andare.

 

***

Seguii Haytham verso l'uscita tentando di scansare la calca in corridoio. Avevo i nervi tesi, l'indiano era riuscito a salvare Washington, che se l'era cavata solo con una ferita sul braccio, e ad uccidere Robert.

Questa Haytham non gliel'avrebbe perdonata. Avevo serie difficoltà a capire la logica del ragazzo: si affaccendava tanto per proteggere l’assassino della sua gente e che stava mandando a puttane l’indipendenza delle colonie.

«Ehi» mi sentii afferrare il braccio destro con forza. Mi voltai, trovandomi davanti un mio collega «Ci sei anche tu, Charles» Artemas Ward serrò ancora di più la presa.

«Certo, Artemas. Perché non dovrei?» Mi divincolai con un leggero strattone. Mi fissò serio, indagatore, come se attribuire a me il fatto che era appena successo fosse spontaneo. Beh, non aveva tutti i torti.

«Stai attento a quello che fai, Lee. Potresti pentirtene» lanciai uno sguardo ad Haytham, bloccato dalla massa di gente qualche metro più avanti.

Sbottai «Che cazzo vuoi da me, eh? Non ho motivo di stare attento» divenni serio anche io. Un peso nel petto mi fece inspirare a fatica. Che sapesse?

«Ti ho visto qualche sera fa» ghignò, gelandomi il sangue. «Non fare casini di nessun tipo, non vorrei che la tua amica si facesse male» lo afferrai per il bavero della giacca, placando a fatica un'ira montata di colpo.

«Non osare.» Replicai «Avvicinati a lei e sei un pezzo di carne morta. Mi sono spiegato?» Tremavo di rabbia. Non doveva. Non doveva nemmeno avvicinarsi a Jennifer. Punto. Credeva che non avessi il fegato di ucciderlo solo perché era un mio pari? Non mi conosceva, allora. Non mi conosceva per un cazzo.

«Perché ti allarmi tanto? Hai la coscienza sporca?» Sorrise di nuovo.

«Charles?» Non mi voltai verso Haytham che mi chiamava, preferendo di gran lunga continuare a fissare con sdegno e superiorità quel coglione su due piedi «Andiamo.» Continuò.

«Tra i due, devi stare attento tu. Avvicinati e sei morto, spero di non dover avere un altro cadavere tra i piedi.» Lo mollai malamente senza staccargli gli occhi di dosso.

 

 

Intanto mi scuso per il ritardo *si sotterra*, ma ieri sono stata senza wifi tutto il giorno, quindi non ho aggiornato per motivi di forza maggiore, ewe.

Cooomunque, il vecchio George se la cava sempre, tzè.

Per chi non sapesse chi è Artemas Ward, fu un generale statunitense dello stesso grado militare di Charles che Washington scelse come suoi sottoposti –insieme a Philip Schuyler e Israel Putnam-.

Va beh, la smetto, lol. Grazie a chi legge, segue, preferisce e, soprattutto, recensisce :3

A lunedì.

 

   
 
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