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Autore: Nina Ninetta    03/12/2014    1 recensioni
*IN FASE DI EDITING*
L'avventura di tre giovani amiche - Teddy, Morena e Grimilde - si svolge in soli due giorni: un week end speciale che decidono di trascorrere in un resort per festeggiare l'addio al nubilato di Teddy, inconsapevoli che qui incontreranno i fantasmi del loro passato, con cui saranno costrette a confrontarsi, senza poter più rimandare.
PS. Il titolo è tratto dalla canzone "Per Sempre" di Nina Zilli.
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 15


 
Ovviamente l’articolo che le serviva era in cima allo scaffale.
Morena lesse per l’ennesima volta l’ingrediente riportato nella ricetta di quel rustico e sospirò: non c’erano dubbi, era quello all’ultimo piano della mensola.
Si guardò attorno con circospezione, il supermarket era perlopiù deserto. Quasi sicuramente la maggior parte delle persone erano rinchiuse in casa a cucinare o erano spaparanzati davanti al fuoco nelle abitazioni dei parenti che erano andati a far visita in occasione delle feste natalizie. Perfino Teddy e Grimilde erano scomparse nei labirintici corridoi del negozio. Sospirò ancora e allungò il braccio, alzandosi sulle punte. Con le dita riusciva solo a sfiorare la superficie di vetro del vasetto, senza tuttavia trovare un appiglio per afferrarlo.
«Dai, dai!» bisbigliò a denti stretti, maledicendo la sua piccola statura, quando una mano, che era grossa il doppio della sua, ma di una tonalità minore di abbronzatura, afferrò la boccetta di sottoaceti e gliela porse.
Morena alzò due occhietti marroni e confusi su Carlo, ringraziandolo con un filo di voce, mentre riponeva nel carrello della spesa il vasetto di vetro. Insieme proseguirono lungo la corsia del supermercato, camminando fianco a fianco.
«Credo di doverti delle scuse per …» iniziò lui schiarendosi la gola e fissando le mattonelle lucide che si susseguivano sotto le suole delle sue scarpe, passo dopo passo
« … per il bacio?» continuò per lui Morena e il ragazzo alzò gli occhi su di lei, accorgendosi che lo stava guardando senza timore.
Nicolas aveva avuto ragione, scusarsi con lei era una pessima idea, lo avrebbe fatto sentire piccolo piccolo, ed era proprio quello che stava accadendo
«Piuttosto dovresti scusarti per il fatto che eri ubriaco fradicio. Ti avevo scambiato per un barbone»
Carlo la fissò sgomento, poi scoppiò in una risata fragorosa. Un barbone: mai nessuno lo aveva definito in quel modo.
 
Grimilde diede un paio di colpetti con il gomito a Teddy per attirare la sua attenzione e quando questa si fu voltata seguì lo sguardo della biondina, scorgendo Morena spingere il carrello e Carlo al suo fianco. Sembravano divertirsi.
«Che succede?» chiese la ragazza bionda, assottigliando gli occhi come se potesse così scorgere fin dentro le menti di quei due ragazzi e leggerne i pensieri
«Ieri l’ha baciata, sebbene fosse ubriaco e non si reggeva in piedi» spiegò velocemente Teddy e Grimilde sgranò gli occhi, mettendo in risalto l’azzurro delle pupille
«La nostra Morena sta recuperando il tempo perduto» sghignazzò poi, alludendo al fatto che aveva avuto un unico ragazzo nel corso della sua giovane vita. Diego Torres era stato solo il secondo.
«Smettila!» la rimproverò Teddy, tuttavia divertita da quell’affermazione. Inconsciamente presero a pedinare la sua amica e l’ultimo arrivato
«Quindi con Diego è davvero finita?»
«Hanno un figlio, non potranno mai chiudere definitivamente» rifletté Teddy che poi sospirò angosciata per quella difficile realtà che la sua amica bruna avrebbe dovuto affrontare. Prima o poi.
Grimilde guardò Morena a diversi metri di distanza da lei, di tanto in tanto sorrideva di rimando a Carlo:
«Certo che è brutto forte!» esclamò all’improvviso e Teddy le lanciò un’occhiataccia, infine scoppiarono a ridere all’unisono.
 
Carlo si era alquanto indispettito all’affermazione, che era stato quasi un imperativo, di Nicolas Antonio, il quale gli aveva detto – e non chiesto! – di fare da autista alle tre ragazze. Se, come aveva intuito durante le poche ore che aveva trascorso in loro compagnia, Teddy e Grimilde erano le compagne rispettivamente di Romero e Martinez, perché toccava a lui scortarle, che tra l’altro non le conosceva neanche?
All’andata nell’abitacolo della macchina aveva aleggiato un imbarazzante silenzio. Morena si era fiondata nei sedili posteriori e la biondina l’aveva seguita a ruota, era dunque toccato a Teddy occupare il posto accanto a quello del guidatore, e benché lei e Carlo avessero già scambiato qualche battuta in mattinata, la ragazza aveva fissato le strade deserte e grigie del capoluogo piemontese per tutto il tragitto.
L’unica cosa che avevano udito era stata la voce allegra e vivace di Grimilde che gli rivolgeva domande personali, prima di iniziare la classica tiritera sul suo sogno nel cassetto di vedere un giorno l’Irlanda, paese d’origine di sua madre.
Carlo si era incollerito con Nicolas per aver mandato lui a fare la spesa con quelle tre sconosciute, ma ora che Grimilde cambiava stazione radio in continuazione grazie al telecomando e Teddy che non smetteva di dirle di finirla con quell’aggeggio o glielo avrebbe buttato dal finestrino, mentre Morena se la rideva sedutale accanto, era contento di trovarsi lì.
 
La prima cosa che videro appena rientrarono in casa fu il piccolo Martin che armeggiava con un libro, circondato da pezzi di carta da regalo e qualche fiocco gettato qua e là intorno a lui.
Morena lo raccolse da terra come se fosse stato un bambolotto, strappandogli di mano quello che invece lui stringeva con tanto ardore, lanciando poi uno sguardo truce in direzione dei due pallavolisti della federazione, ancora intenti a sfidarsi alla Play Station.
Grimilde le si avvicinò, sospirando quando vide il libro, con uno strappo sulla copertina, che teneva Morena:
«Questo è il tuo regalo» disse e la ragazza scura lo studiò meglio. Era l’ultimo romanzo della sua scrittrice cilena preferita, Isabel Allende. D’istinto si aggrappò a Grimilde ringraziandola, in un abbraccio un po’ goffo.
Teddy invece fissò a lungo il suo dono di Natale da parte della biondina: un dizionario Spagnolo – Italiano e Italiano – Spagnolo. Quando alzò su di lei un’espressione interrogativa, Grimilde le strizzò l’occhio e ridacchiò insieme a Morena.
Teddy tornò a guardare il disegno sulla copertina di quel librone di migliaia di pagine. La pagina era stata divisa in due, da una parte spiccava il Palacio de la Moneda di Santiago, dall’altra il Colosseo di Roma. Di soppiatto guardò Nicolas, completamente assorto nella partita in corso contro Alex, inconsapevole di quello che stava accadendo alle sue spalle. Si affrettò a nascondere quell’oggetto che avrebbe potuto dar vita ad un argomento spiacevole che non intendeva affrontare il 24 dicembre, a poche ore dal Natale.
 
La cena fu lunga e abbondante.
Avevano tutti l’aria un po’ assonnata, un po’ perché quelli erano stati giorni difficili, in cui a ciascuno era toccato far fronte ai propri dilemmi, un po’ per l’abbuffata e per il vino che avevano bevuto, fatta eccezione per Carlo, il quale aveva preferito l’acqua gassata all’alcool. Morena gli era parsa soddisfatta di quella scelta, non che gli importasse di quello che una sconosciuta pensava di lui, ma gli sembrava una persona a cui era meglio dare ascolto. La prima impressione che aveva avuto quella mattina, vedendola immobile sulla rampa delle scale, con addosso una tuta a mo’ di pigiama, era stata l’immagine sbiadita di sua moglie. I capelli lunghi e ondulati, il viso tondo, le ciglia folte, le curve pronunciate, poi si era reso conto che era lontana anni luce dalla donna che aveva sposato. La carnagione di Morena era più bruna, gli occhi avevano un taglio e un colore diversi, era più bassa e, soprattutto, sembrava più forte. Le leggeva un dolore acuto dietro quegli occhi castani, eppure manteneva la sua compostezza, sorridendo al figlio, rimproverando Grimilde con lo sguardo quando diceva qualcosa di poco consono, rivolgendo a lui un sorriso o chiedendogli se voleva un altro po’ di questo o di quello.
Si, ma in tutto ciò, il padre di quel bambino dov’era?
 
Nicolas Antonio Romero si congedò dai suoi amici in silenzio.
Proprio come aveva sospettato, trovò Teddy in piedi sotto i rami rinsecchiti di un pesco, una sigaretta fra le dita e il naso all’insù. Persa nei suoi pensieri, nelle sue paure, nelle sue ansie. Le si avvicinò senza fretta, perché lei era lì e non sarebbe andata da nessuna parte. Questa volta sarebbe rimasta con lui, lo sentiva.
Le circondò la vita con le braccia, scostandole l’ingombrante e morbida sciarpa per posarle un baciò sul collo. Teddy chiuse gli occhi e si lasciò scaldare il sangue nelle vene da quel lieve tocco, dalla sensazione dei suoi palmi tiepidi sui fianchi.
Come avrebbe fatto questa volta a dirgli addio? Come avrebbe potuto allontanarsi da lui e riprendere la quotidianità in sua assenza? Come e dove avrebbe trovato il coraggio per dirglielo?
Inspirò un ultimissimo tiro dalla sigaretta e poi gettò il mozzicone nella neve, dove si spense con uno sfrigolio. Si girò a guardarlo negli occhi, carezzandogli la base della nuca con le dita sottili, sciogliendosi nel suo abbraccio e perdendosi nel profondo di quegli occhi gentili, seppur scuri. Avvertì le lacrime bruciare dal fondo della gola e si costrinse a calare le palpebre:
«Tutto bene?» le chiese lui con un filo di voce, attento a non far evaporare quella sensazione di benessere e lei annuì, incapace di parlare.
Nicolas le sfiorò i capelli con il dorso della mano, scendendo fino alla guancia e alle labbra, solo allora, scossa da una serie involontaria di brividi lungo il corpo, Teddy riaprì gli occhi per perdersi completamente nei suoi e nel bacio che l’avvolse come un caldo bagno terapeutico. Era dolce, quel bacio, lento e maledettamente sensuale.
Come avrebbe fatto a dirgli che sarebbe tornata in Cile di lì a qualche giorno?
 
I fuochi d’artificio iniziarono a mezzanotte in punto.
Grimilde li guardò affascinata, mentre il riverbero dei colori si specchiava nei suoi occhi azzurri. Martinez le era di fianco, incapace di distogliere lo sguardo da quello spettacolo con i capelli biondi e le mani strette in preghiera, mentre la miriade di tonalità le coloravano quei lunghi e setosi fili d’angelo.
Improvvisamente seppe che non avrebbe potuto vivere senza quella creatura eterea al suo fianco, seppe che era tutto ciò che aveva sempre voluto e cercato. Si strinse a lei, sciogliendole le mani con le proprie per posarle sui suoi piccoli seni, tenendo le braccia di entrambi incrociate.
Sentiva il battito regolare del cuore di Grimilde, quello stesso cuore che aveva smesso di vivere, ma che lui aveva riportato in vita con accanimento. Le lasciò un lungo bacio sulla guancia prima di avvicinare le labbra al suo orecchio sinistro e sussurrarle, fra i boati dei fuochi artificiali:
«Molla tutto e vieni a vivere in Spagna con me, bionda!»
L’entusiasmo per lo show pirotecnico scemò dal volto pallido di Grimilde, la quale si voltò a guardare il ragazzo alle sue spalle che teneva quel classico sorrisino di scherno un po’ storto.
 
Morena corse fuori dalla casa non appena fu certa che Martin era caduto in un sonno profondo. Lo spettacolo era già iniziato e osservando il giardino immacolato dalla neve vide Alexander Martinez stretto alla biondina, Nicolas Romero e Teddy presi più dalle loro bocche che dai colori che si alternavano in piogge di stelle nel cielo buio. Infine vide Carlo, solo e con le braccia conserte, gli si avvicinò scambiandosi un sorriso.
La ragazza si strinse nel suo stesso abbraccio, rabbrividendo. Per la fretta di non perdersi i fuochi d’artificio, aveva dimenticato di indossare il giubbino. Il ragazzo si voltò a guardarla e lei abbozzò un sorrisetto debole:
«Non credevo facesse così freddo» biascicò con la voce tremolante, ma quando lui si spogliò del proprio giubbotto lei scosse le mani intuendo le intenzioni, dicendogli che non le serviva, che stava bene, che tra poco le sarebbe passato quel fremito.
Tuttavia il calore dell’indumento che Carlo le adagiò sulle spalle come un mantello la circondò, facendola arrossire. A voce bassa lo ringraziò, mentre nella sua mente prendeva forma un unico nome.
Diego.
Avrebbe dovuto assistere a quell’esplosione di luci accanto all’uomo che amava e con il quale aveva condiviso la gioia immensa di un figlio, e non con un perfetto estraneo.
Senza riuscire a controllare il suo corpo, né la sua mente, Morena fece un piccolo passo in direzione di Carlo, fino a che le loro spalle si toccarono, ma non osò alzare lo sguardo sul suo viso, tuttavia obbligata a farlo quando questo le prese il mento fra le dita, sollevandolo.
Gli occhi di lui erano scuri, più scuri di quelli di Torres, si ritrovò a pensare a suo malgrado, mentre quelle labbra che aveva già baciato poco più di 24 ore prima, si accostavano sempre di più alle sue, diminuendo lo spazio che le divideva. Lentamente chiuse gli occhi e il volto di Diego le comparve davanti così nitido da sembrare di poterlo sfiorare.
L’unica cosa che sfiorò invece fu la bocca di Carlo e le emozioni che provò furono così tante e così contrastanti fra loro che le parve di udire la voce del cileno che le urlava di non farlo, di non baciarlo. Quel timbro chiaro e forte risuonò nella sua testa, più alto dei botti di Natale, così vero, così reale.
Morena aprì gli occhi di scatto un attimo prima di veder una figura grossa e scura piombare addosso a Carlo, trascinando anche lei nella neve.
«Non la toccare, cabron!» esclamò Torres sferrando un pugno sul naso di Carlo, il quale preso alla sprovvista e dal freddo della neve che gli stava inzuppando velocemente gli abiti, non poté difendersi. Il naso prese a sanguinare quasi subito.
Il giubbotto che il ragazzo le aveva gentilmente riposto sulle spalle per ripararla dal freddo cadde all’indietro quando Morena si fiondò su Diego per tirarlo via dal mal capitato, ma solo l’intervento provvidenziale di Romero e Martinez riuscì ad allontanare un inferocito compagno di squadra. Teddy e Grimilde assisterono impassibili alla scena, confuse e inermi.
Morena si chinò su Carlo per aiutarlo a mettersi seduto, tamponando il sangue che sgorgava dalle narici con il polsino di lana della sua stessa maglia:
«Oddio! Mi dispiace!» bisbigliava come un mantra «Mi dispiace tanto!»
Diego Torres lottò contro i suoi stessi amici per liberarsi dalla loro morsa e quando ci riuscì si inginocchiò di fronte alla ragazza bruna, fino a toccare con la fronte il gelido e ghiacciato sentiero del giardino di casa Romero. Morena lo fissò sbalordita:
«Perdoname, mì amor!» le disse sull’orlo delle lacrime «Perdoname
 
 
 
 
 
 
  
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