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Autore: Switch    03/12/2014    4 recensioni
Raccolta di OS ispirate dai nuovi comics IDW, un nuovo universo in cui spaziare.
I personaggi sviluppati saranno un po' tutti, i temi ispirati dalle nuove situazioni in cui si muovono.
Nuove storie, nuove sensazioni, ma i nostri mutanti preferiti di sempre.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incompiuta
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Il sibilo di una lama affilata e il dolore della morte che invadeva ogni cosa, fino a diventare solo gelido nulla avvolgente.

Buio, oscurità, oblio.


Aprì gli occhi, una bruma bianca ovunque, bianchi i muri, bianche le piattaforme, bianchi i camici delle persone che si muovevano in quell'ambiente asettico. Sentì l'odore di fieno sotto di sé e percepì i limiti fisici della teca di vetro nella quale si trovava.
Al di là era tutto enorme e distorto, confusionario.

Bene, vieni qua” tuonò la voce profonda di un uomo, allungando la mano verso di lui dall'apertura in alto.
Squittì spaventato e corse in circolo per sfuggirgli, ma non c'era via di fuga dalla teca, perciò finì per rannicchiarsi in un angolo, mentre quell'enorme arto si avvicinava, come artigli di falco su una preda.

Le dita si chiusero sul suo corpo e lo sollevarono in aria e il viso dell'uomo apparve nel suo campo visivo, gli spessi occhiali che riflettevano il suo muso da topo, gli occhietti neri spaventati.
“Ci vorrà un attimo” disse, avvicinando la pistola per le iniezioni che teneva nell'altra mano, il liquido trasparente che riempiva la fialetta che oscillava per le vibrazioni.

Il grosso ago scintillò nella luce fredda del laboratorio e poi lo trafisse, di colpo e dolorosamente, mentre un bruciore si diffondeva nel suo corpo. Finì in fretta, per fortuna.
La mano lo rimise nella teca. Appena toccò nuovamente il fieno sotto le zampe, corse via nell'angolo, a rannicchiarsi.

Sei stato bravo, Splinter” lo rassicurò la voce, allungandogli un seme di girasole.
Il topolino lo annusò titubante poi, accertato che non fosse una minaccia, lo afferrò coi denti e lo portò via, andando a sgranocchiarlo nel suo riparo.


Il fruscio del vento che spazzava l'erba verde e le fronde degli alberi nella collina, sfiorando con gentilezza la pelle.
Tutto il contrario delle corde che gli mordevano la carne dei polsi, strette tanto da solcarla, la pelle, per tenere fermi i suoi movimenti.

Traditore, è ora di morire” disse l'uomo con l'armatura giapponese, sfilando la Katana dal fodero con un sibilo minaccioso.
Oroku Saki, per undici stagioni ho reso onore all'ultimo desiderio di mia moglie e ho evitato di affrontarti per proteggere i nostri figli” iniziò a dirgli, sovrastato dalla sua figura in piedi con la spada puntata contro il collo.

Ma ora che sono morti, non sono legato a quella promessa. Sappi che” continuò, mentre l'uomo alzava la lama per colpirlo, “quando ci incontreremo di nuovo, ti distruggerò.”
Idiota, non ci incontreremo mai più” esclamò l'uomo, pronto a colpire.

Ma lui era pronto. Certo che si sarebbero incontrati ancora, parola d'onore di Hamato Yoshi.

Il sibilo di una lama affilata e il dolore della morte che invadeva ogni cosa, fino a diventare solo gelido nulla avvolgente.

Buio, oscurità, oblio.


Allora, come stai oggi, Splinter?” domandò l'uomo col camice bianco, prelevandolo per la consueta iniezione.
Il dolore era sopportabile, ormai. Erano già due settimane che ogni giorno subiva quel trattamento e se non ci si poteva certo abituare al dolore, perlomeno aveva capito che era temporaneo.
E non era l'unica cosa che aveva capito.

Aveva dei pensieri, pensieri profondi, che sapeva che non gli appartenevano, prima. Capiva le differenze tra sé e quegli umani, capiva cosa gli stessero facendo e capiva il loro linguaggio.
Era stato umano, una volta.

Sognava sempre da quando avevano iniziato a fargli quell'esperimento. Sognava di morire, in cima ad una collina, sotto un cielo terso.
Il suo esecutore aveva sterminato la sua famiglia e poi lo aveva ucciso e lui gli aveva giurato vendetta. Allora si era reincarnato per compierla? Ma era un topo, si era specchiato nel vetro della sua teca, come avrebbe potuto?

Aspettò che l'uomo col camice si allontanasse, poi con un balzo arrivò all'apertura e la aprì con facilità, sgusciando fuori velocemente.

Erano giorni che usciva da solo dalla sua gabbia per esplorare i dintorni, per familiarizzare con l'ambiente.
Stava cercando qualcosa, ma non sapeva ancora che cosa.


Il fruscio del vento che spazzava l'erba verde e le fronde degli alberi nella collina.

Il cielo terso si rifletteva negli occhi dei suoi figli, che lo guardavano con paura e rabbia, per ciò che li aspettava. Le braccia legate dietro la schiena, in ginocchio davanti ai loro nemici, i loro occhi erano tutti per lui. Il loro padre.

Toshio lo guardava con rassegnazione e rispetto, comunicandogli che sapeva non fosse colpa sua.
Riku sembrava più preoccupato per lui, che per sé stesso.
Sora aveva le sopracciglia aggrottate e la mascella contratta, deciso a non mostrare paura nemmeno in punto di morte.
Hoshi, invece, piangeva silenziosamente.1

Le lame calarono improvvise, spezzando le vite dei suoi figli, senza che potesse fare nulla. E il suo cuore si fermò in quell'esatto momento. Morì in quell'esatto momento, perciò non era più importante cosa gli avrebbe fatto Oroku Saki.
Era un uomo già morto, ormai.

Le sue ultime parole furono una promessa di vendetta, per la sua famiglia, prima che la lama calasse sulla sua testa, portandosi via ogni cosa, anche il dolore.

Buio, oscurità, oblio.


Gironzolava per il laboratorio, con la codina rosa che frusciava dietro di sé. Una donna col camice lo guardò per qualche istante, poi sorrise e gli aprì una porta che lui non poteva raggiungere.

Si erano abituati, ormai, al vederlo vagare per gli ambienti del laboratorio. All'inizio avevano gridato sorpresi. All'inizio c'era stato il panico ed era stato riportato nella sua teca con urgenza, rinforzata con un lucchetto perché non si ripetesse.
Ma lui aveva aperto ogni lucchetto e ogni serratura che avevano messo per impedirgli di uscire e invece di arrabbiarsi, le persone coi camici si erano entusiasmate per la sua manualità ed intelligenza.

E gli avevano concesso di muoversi liberamente, per controllare cosa facesse.
Non che facesse niente di particolare: esplorava, cercava di capire cosa cercassero di ottenere coi loro esperimenti, apprendeva sempre più concetti che gli erano estranei.

Entrò in una stanza in cui prima non era mai stato, lunga, spaziosa, lampade al neon al soffitto e tubi che spuntavano da qualche parte e correvano per i muri per sparire chissà dove.
C'era una teca come la sua, poggiata su un bancone in un angolo, e si avvicinò per vedere cosa contenesse. Le sue zampe erano agili e scattanti e con un solo balzo riuscì a raggiungerla, bilanciandosi con la coda per la parabola del salto.

Atterrò con leggiadria e osservò attentamente all'interno della teca, curioso. In un primo istante vide solo il suo riverbero, perciò si avvicinò ancora un po', appoggiando il muso nero al suo riflesso.

Quattro piccole tartarughine stavano placidamente pensando ognuna ai fatti propri. Mangiavano lattuga, riposavano su un sasso, fissavano il vuoto.
Quattro innocue, piccole tartarughine, col guscetto verde scuro.

Oh, ecco dov'eri, Splinter. Sei venuto a vedere i nostri nuovi ospiti?” disse la voce di una donna, avvicinandosi alla teca su cui lui aveva poggiato una zampina.

Un brusco respiro. Un urlo.
“Chet! Vieni qui, corri!” gridò la donna sotto shock a qualcuno, avvicinandosi per osservarlo meglio.

Forse era davvero strano vedere un topo piangere, in fin dei conti. Tanto da dover chiamare il capo del suo reparto perché vi assistesse.
Ma Splinter non se ne curava. Con la mano premuta contro il vetro della teca come se volesse essere inghiottito dentro, guardava i suoi quattro figli, restituitigli in forma di tartarughe.

Toshio, Riku, Sora, Hoshi. E lui, Yoshi.

La famiglia Hamato era di nuovo unita.


Anche se non per molto.

Aveva perso Sora. Aveva smarrito Sora. Lo aveva abbandonato.

Sora.


Sensei, stai bene?” si fece strada una voce gentile, destandolo dalla sua meditazione.
Il maestro si riscosse e aprì gli occhi sul suo figlio maggiore. Un tempo forse era stato Toshio, ma ora era Leonardo.

Gli sorrise e lo invitò a sedersi per meditare con lui. La tartaruga mutante non se lo fece ripetere ancora e si inginocchiò di fronte.
“Stavi mormorando sotto voce, padre. Qualcosa ti turba?” domandò con riguardo, sperando di non essere inopportuno.
“Stavo ricordando. Cose del passato che non ci può più toccare e cose di un passato che ancora ci sfiora” rispose Splinter, enigmatico.

Leonardo capì che era il suo modo per discutere senza svelarsi mai davvero, per indurre il suo ascoltatore ad arrivare alla verità con le sue forze.
“Stiamo per uscire per le ricerche, sensei. Vieni con noi?” propose per distoglierlo dai suoi pensieri, che sembravano averlo rabbuiato.

Il maestro afferrò il bastone appoggiato per terra al suo fianco e lo usò per tirarsi su.
“Buona idea, ho proprio voglia di rivedere il cielo2” rispose raggiungendo i suoi figli, Riku, che ora era Donatello e Hoshi, che pure chiamandosi Michelangelo, non aveva perso un dettaglio del suo carattere spensierato.

Tutti insieme fuori, a cercare Sora.
Raphael.

Per poter essere di nuovo una famiglia.



1: i nomi dei figli non sono mai scritti nei comics, non sono canon. Sono nomi che io ho dato loro per esigenza di trama. Tre di questi nomi li ho presi dalla mia serie Heart's mutation, appariranno nel futuro.


2: Sora, il nome che ho usato per Raphael, vuol dire cielo. Perciò il cercare il cielo o il voler vedere il cielo, ha un doppio significato, per Splinter. Vuole vedere suo figlio.



Note:

Buona sera!

Sono felice di poter pubblicare la seconda OS, perché oggi sono arrivata al sesto comics e ne ho buttato giù una nuova, di getto. Son cose che rendono felici!

Grazie per aver letto la prima, grazie per la fiducia! Spero di riuscire a mantenere le aspettative.

Questa OS è su Splinter/Hamato Yoshi, nel periodo in cui era ancora un topo, nel laboratorio della Stock Gen, prima ancora che mutassero, quindi. Una doppia narrazione, passato e presente, che si uniscono nella mente di questo uomo, che uomo più non è. Il discorso nella parte in corsivo tra Oroku e Yoshi è presa dal comics 3. 

A prestissimo, un grande abbraccio

*Spoiler *

(Per chi non avesse letto il comics, Splinter e le quattro turtles sono le reincarnazioni di Hamato Yoshi e i suoi figli, uccisi nel Giappone feudale da Oroku Saki.)

  
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