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Autore: CassandraBlackZone    05/12/2014    1 recensioni
Paura? No, lei non aveva affatto paura. Ed era proprio questo quel qualcosa in più.
Correre per lei non era mai stato un modo per scappare, anzi: correre per lei era l’unico modo per superare la monotonia e anche se stancante, era lo svago che più la soddisfaceva. Persino più del contare le statue del Duomo.
Emily amava correre. Da sempre.
Genere: Avventura, Fluff, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Doctor - 11, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Dio solo sapeva quanto Emi fosse preoccupata per il Dottore. Prima ancora che i suoi occhi raggiungessero l'altezza della terra, vide il suo amico alieno buttarsi letteralmente sui piccoli batheri e, di conseguenza, nella temibile e mortale Neve Nera.
Una sola inalazione, e sei spacciato. Una definizione semplice e chiara, che ripetuta nella sua testa atterriva notevolmente l'umana.
Nel tempo trascorso con il Signore del Tempo, Emi aveva avuto l'occasione di leggere alcuni testi riguardanti il suo popolo, che sottolineavano la loro straordinaria capacità di espellere veleni e quant'altro, persino le radiazioni. A rigor di logica, pensò lei, il Dottore dovrebbe dunque riuscire a sopravvivere anche al gas solido tanto letale su Teràbithia.
Intanto la giovane madre, con gli occhi ormai colorati di un grigio spento, si lasciò cadere sulle braccia dei suoi coetanei amareggiati quanto lei per la perdita, incapace di esprimere la sua disperazione se non con lo sguardo perso nel vuoto.
Emi scuoteva più volte la testa, la mano stretta a quella di Mar e gli occhi umidi, ma ancora colmi di speranza. Non poteva crederci. Lui non poteva morire in quel modo, e soprattutto…  non lì.
“Emi” la chiamò più volte l’amico sconvolto “Emi… è morto?”
“No,” rispose lei schietta senza guardarlo“non è morto.”
“Ma la Neve Nera li ha inghiottiti. Lui… noi… non torneremo mai più indietro…”
“Lui arriverà!” gli ringhiò la mora a denti stretti e con gli occhi che imploravano pietà. Jeremy non era l’unico ad essere spaventato all’idea di restare intrappolati su un pianeta distante anni luce, ma soprattutto lontano dai propri amici, dalla propria famiglia, anche Emi era preoccupata per Cristian, Mrs. Alba, Anna e suo padre.
Arrivati a venti metri di profondità, Emi alzò la testa sul cielo ormai prossimo al nero. La cupola ramificata e verdeggiante stava per essere ricoperta del tutto dall'aerogel, e una spessa lastra di resina batheriana era pronta a coprire la voragine sul terreno.
Venticinque metri.
Emi era sul punto di arrendersi all'evidenza, ma come abbassò lo sguardo, subito lo rialzò avendo sentito una voce a lei familiare. Fu consolante il fatto che non era l'unica ad averla sentita, sicché lo stesso Jeremy e l'intero villaggio bathero sollevarono la testa.
"FATE LARGO, GENTE!" urlò il gallifreyano, prima di saltare in tempo per la definitiva chiusura della lastra protettiva.
Gli occhi di Emi si illuminarono, vedendo il Dottore arrivare in picchiata con i piccoli batheri attaccati alle sue gambe. Era vivo!
“Dottore!” lo chiamò Emi più felice che mai. “Sei vivo!”
“NON MI PARE UN BUON MOMENTO, EMI! SPOSTATEVI!”
“Indietro! Tutti indietro!” ordinò la ragazza allargando le braccia.
“Ma si schianteranno!” l’ammonì Jeremy con le mani fra i capelli.
A dieci metri di distanza, il Dottore sventolò più che poteva una mano verso Emi, lottando con il vento “EMI! QUANDO VUOI!”
La ragazza annuì e si affrettò a tirare fuori dalla tasca dei pantaloni un piccolo cubo nero grande quanto una gomma da cancellare “Questa è un’altra lezione per te, Jeremy,” lo pose velocemente sulla piastra, “ che col Dottore devi essere sempre pronto ad ogni evenienza.”
Cinque. Quattro. Tre. Due. All’ultimo metro, il piccolo oggetto avvertì la presenza dei tre alieni illuminandosi di azzurro e come in un arresto momentum, i tre alieni di fermarono a mezz’aria, tra una folla ammutolita e stupita.
Ripreso a respirare, il Dottore cercò di rialzarsi in piedi nonostante la forza di gravità gli impedisse di fare qualsiasi movimento, peggio di una balena spiaggiata “Ehm… Emi. Potresti tirarmi su da dietro?”
“S-sì, certo.” Ritornata alla realtà, Emi girò intorno al campo gravitazionale e tirò di peso dal colletto l’amico senza alcuna difficoltà. Subito dopo il piccolo cubo disattivò il campo al loro allontanamento.
“Sapevo che non saresti morto” gli sorrise l’umana “Lo sapevo.”
“Oh, andiamo Emi! Chiunque avrebbe pensato che sarei morto. Persino testa-di-cocco.”
“Testa-di-… ehi!” gli urlò da dietro il biondo “E la testa-a-caschetto dov’è finita?!”
“Vedi che ti piace di più, eh? Avevo ragione! Mi devi dieci euro, Emi.”
“Erano cinque.”
“Fa lo stesso.”
“Voi… voi due mi farete uscire pazzo! Siete impossibili!”
“Kaja! Bartha!”
Mentre gli stranieri venuti dal cielo ridevano fra loro, Mika, la giovane madre disperata, si fece largo tra i suoi coetanei per arrivare al centro della piattaforma. I suoi occhi pulsavano di un rosa acceso, segno della speranza.
Al suono della sua voce, i piccoli batheri si liberarono dalle pesanti maschere antigas e si lanciarono su di lei, urlando in coro “Dabic!”
Lacrime e risate, un vero e proprio cocktail di emozioni, che emozionano sempre il Dottore non appena aveva l’occasione di assistere ad immagini così splendide.
Cofay! Grazie! Grazie tante!” diceva l’aliena senza riuscire a smettere di ridere e piangere.
Non è nulla” rispose il Dottore con l’incomprensibile dialetto antico batheriano. Perché il TARDIS non riusciva a tradurlo? “ chiunque l’avrebbe fatto” accarezzò le morbide treccine dei bambini da lui salvati.
“Sei stato davvero molto coraggioso, straniero” si complimentò con il Signore del Tempo un bathero vicino a lui.
“Oh… grazie”
“Davvero bravo!” commentò un bambino.
“Troppo gentile.”
Un leggero boato sotto i piedi, indicò il loro arrivo alla città sotterranea di emergenza. Emi alzò per l’ultima volta la testa verso la copertura in resina, o almeno così voleva. Se non fosse stato per le luci laterali della galleria, non sarebbe riuscita a riconoscere la fessura da cui erano partiti, che a quell’altezza il suo diametro pareva largo tanto quanto una falange. Erano scesi davvero molto in basso.
“Bene, tutto è andato come previsto”  la voce di Gemo attirò l’attenzione di tutti. Grema gli si avvicinò stampandogli un bacio veloce sulle labbra “Come prestabilito, ogni famiglia andrà alla capanna assegnatogli giorni fa, le provviste sono già presenti in ognuna. È stata una giornata molto dura, ma ce l’abbiamo fatto” il capo villaggio si rivolse al Dottore con una mano tesa. Quest’ultimo si indicò e camminò goffamente verso di lui “e tutto questo, lo dobbiamo a lui! Il Dottore! Cofay!”
Cofay!” urló e applaudì l’intero villaggio bathero.
“Oh, ma io… non ho fatto niente.”
“Sei modesto, amico mio! Non solo hai salvato mio figlio da morte certa, ma anche l’intero villaggio! Sei un eroe! Un eroe!”
Pian piano il Dottore fece sciogliere quel sorriso che era riuscito a mantenere per tutto quel tempo. Gli zigomi si abbassarono, e lati dalla bocca si appiattirono “No” disse semplicemente abbassando lo sguardo “io non sono un eroe.”
“Sarai stanco, Dottore. Oggi sarai ospite assieme ai tuoi amici nella mia capanna! C’è posto a sufficienza!”
“Fammi indovinare,” rifletté Jeremy con Emi “ Se villaggio è uguale a grande metropoli… Scommetto che per capanna lui intende…”
“Sì” lo assecondò Emi annuendo “Direi proprio di sì.”
 
In mezzo a tutto quel blu, azzurro, poster, agli occhi di Hana, di insulsi esseri in costume da bagno e libri antiquati, la ragazzina non riusciva a comprendere lo stile di vita della suddetta Emily Creek.
Da quello che riuscì a farsi dire dal padre, lei se la immaginò una ragazza tutta pepe, alle prese con svariate amicizie, ma aveva giudicato troppo presto.
“E’ incredibile, non trovi Christopher? Questa ragazza non ha minimamente una vita sociale” si avvicinò alle medaglie nascoste sulla scrivania, tutte d’oro da primo posto nelle staffette, velocità e mezzofondo.
Hana allargò un sorriso nostalgico, mentre con un indice accarezzava il rilievo delle gambe dell’atleta inciso su una delle medaglie. “Quasi mi ricorda me. Prima che perdessi l’uso delle gambe, ovvio.”
“Signorina.”
“Dimmi, caro Chris.”
“Non rilevo nulla di anomalo in questa stanza.”
“Nulla nulla?” disse con un tono infantile.
“Affermativo.”
“E ALLORA COSA CI FACCIAMO ANCORA QUI!”
Un attacco d’ ira improvviso. Succedeva spesso, era un problema che si portava da molto. Da quando era nata. Solitamente Hana scaricava la sua rabbia sui suoi androidi, prima di Christopher ne aveva distrutti a migliaia, ma questa volta si limitò a stringere con forza la medaglia che aveva in mano fino a che quest’ultima non diventò rossa “Oh accidenti” la lasciò cadere a terra.
“Qualcosa non va, signorina?” chiese nella sua impassibilità l’androide.
Hana si limitò a fissare il pezzo di ferro color oro caduto sul morbido tappeto shaggy blu. Blu. Era un colore che le ricordava vagamente qualcosa che in quel momento non riusciva a ricordare “Sì, Chris” rispose alla fine “C’è qualcosa che non va.”
“E sarebbe?”
La ragazzina si girò verso il suo maggiordomo di latta “Non ti ho ancora ucciso. Strano, eh?” ridacchiò.
“Io lo chiamerei un miglioramento, signorina.”
“Oh, hai ragione! Che sciocchina che sono! Deve essere così! Tutto questo blu mi rilassa! Credo che si il mio colore!” alzate le braccia, Hana iniziò a ridere come non aveva mai fatto prima “Chris! Ricordami di far cambiare la carta da parati della mia stanza! Voglio questo stesso colore!”
Christopher fece un profondo inchino “Come vuole lei, signorina.”
“Ah, è un'altra cosa.”
“Mi dica pure.”
“Ricordami anche di… far uccidere l’idiota che ha messo la mia vecchia carta da parati.
 
Come per le abitazioni in superficie, le capanne costruite per l’arrivo trentacinquennale  della Neve Nera erano strutture ovali alte la metà, racchiuse non più in una cupola di arbusti, ma di solidi rami fatti di quarzo rosa alti una decina di metri , che aiutarono i batheri a dimenticare l’accaduto, rilassandosi anche sul morbido muschio bathero. Gli stessi Emi e Jeremy rimasero esterrefatti da quella meraviglia, come se all’improvviso si trovassero in un ambiente fiabesco.
Ogni bathero raggiungeva la propria capanna con le iridi completamente dorati, felici più che mai di essere riusciti a sopravvivere.
“Caspita” iniziò a commentare Jeremy “Questo pianeta mi stupisce sempre di più. Come diamine hanno fatto a costruire un’intera città?”
“E’ stato il dio Teràbithia” gli rispose girandosi Gemo.
“Il… pianeta?”
“E’ stato lui stesso a creare questa immensa cupola. Così come anche le cupole della superficie.”
“Ma perché ogni trentacinque anni avviene questo fenomeno?” chiese Emi con lo sguardo ancora perso nel quarzo.
“Madre Natura non sempre è contenta. Fortunatamente non lo è una volta all’anno.”
“Ma è mai successo che accadesse un giorno prima?”
Il bathero scosse la testa alquanto deluso “per parecchie generazioni non è mai successo.”
“Dottore tu cosa ne pensi?”
In attesa di una risposta, la ragazza si aggrappò al braccio del Signore del Tempo. Quest’ultimo sembrò non averla sentita, quasi ignorata, poiché i suoi occhi erano impegnati a guardare il muschio viola sotto i suoi piedi. Era evidente ad Emi che c’era qualcosa che lo disturbava parecchio, lo poteva dedurre dalla fronte aggrottata, dalle nude sopracciglia contorte e dal suo sfregarsi nervosamente il mento più volte.
“Dottore?”
Al richiamo l’alieno andò sull’attenti, farfugliando tra sé a sé parole incomprensibili.
“Va tutto bene, Dottore?”
“Cosa? Eh? Dici a me? Sì, sì! Tutto bene! Sto bene.”
“Sarà il caso di fare un controllo generale, Dottore” gli consigliò Grema con un sorriso e gli occhi color verde-acqua: pura sincerità “dopotutto è stato esposto al gas. Non era coperto come i bambini. Non che non mi fidi delle sue parole, ma…”
“Oh, certo! Nessun problema. Sono disposto a fare ogni tipo controllo” acconsentì il gallifreyano.
I due alieni presero un’altra strada verso l’unico edificio dalla forma rettangolare, ma con gli spigoli smussati.
Jeremy, che era rimasto dietro ad Emi e al Dottore, notò subito la preoccupazione dell’amica per l’alieno. D’impulso strinse con forza i pugni.
“Non devi preoccuparti” Mar gli mise amichevolmente una mano sulla spalla “Non devi essere geloso di lui.”
Il ragazzo aprì la bocca, ma senza riuscire a dire nulla. Cercò attraverso i gesti di fargli capire che si sbagliava, ma era palese e troppo trasparente.
“Come… come hai fatto? Leggi nel pensiero?” cercò di giustificarsi il biondo.
“Qualcosa del genere, sì. Ogni bathero ha una qualche capacità particolare, la mia leggere la mente attraverso l’espressione.”
Incredibile, pensò l'umano, mi sono salvato. “Lo vedo. Cambiate colore a seconda delle vostre emozioni.”
“E’ il prezzo da pagare per queste stesse capacità. Le nostre emozioni sono nude agli occhi degli altri, ma in compenso non siamo in grado di fare altre cose senza che quegli altri possano vedere.”
“Quindi…. Tu capisci i sentimenti delle persone. Tuo padre?”
“Ha un innato senso dell’orientamento. Gli basta fare una volta il percorso, anche quello di un labirinto, per poi  ripercorrerlo anche a distanza di anni.”
“Oh, caspita! Ma è fantastico.”
“Mia madre invece è una veggente.”
“Sul serio?”
“Sì. Tornando al discorso di prima. Lei è molto importante per te, vero?”
Jeremy si portò una mano alla nuca imbarazzato, cercando invano di non fissare Emi “Beh… ecco io…”
“Non c’è bisogno di vergognarsi, sai? L’amore è una cosa normalissima, no?”
“A-amore? O-ora… non esageriamo però!”
“Caro amico umano, capisco cosa ti affligge. E’ il passato che ti tormenta, ho forse ragione?”
Titubante annuì.
“Ci avrei giurato.”
Non solo il passato lo tormentava, ma anche le sue innumerevoli domande, le stesse che aveva formulato assieme ad Anna prima che decidesse di partire assieme al Dottore e ad Emi. I due avevano cercato ogni giorno ogni possibile spiegazione. Avevano girato per Milano tra i luoghi da lei frequentati, senza però trovare una risposta che li soddisfaceste. Sulla lista si aggiunse anche una domanda insolita, se non anche inquietante: chi è veramente?
“Avevo sempre pensato che fosse diversa. Se ne stava per conto suo, lontano da tutti. La prima volta, alle elementari, non ci facevo molto caso, ma un giorno mi guardò negli occhi e…”
“… hai iniziato a rincorrerla.”
Per un attimo Jeremy ebbe i brividi per lo strabiliante tempismo di Mar “Esatto…”
“Ci sono ancora dubbi che non ti sono chiari, ma sono certo che arriverà il momento in cui tutte le domande avranno una risposta.”
“Lo spero” ridacchiò nervoso l’umano.
“Guarda. Siamo arrivati alla capanna.”
 
 
ANGOLO DELL’AUTRICE:
Help…  I need help… la scuola mi sta letteralmente succhiando l’anima… o magari… non ce l’ho già più… sono in straritardo… per quale assurdo motivo mi è venuto in mente di mandare avanti tre storie diverse? Help… ma… the show must go on, giusto?
Ce la farò!! Spero…
 
Cassandra
   
 
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