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Autore: Aleu    06/12/2014    1 recensioni
Sappiamo che Harry inizia a considerare l'idea di essere un mago nel momento in cui Hagrid gli domanda se non gli fosse mai capitato di "far succedere qualcosa" quand'era stanco o arrabbiato.
Ricordiamo di un orribile taglio di capelli che riesce a sistemare facendoli "magicamente" ricrescere, vero?
Ma come siamo arrivati a quel drastico taglio?
"«Vernon, guarda! Guarda come si gratta!» Petunia lancia un acuto indicando la mia mano poggiata sulla testa per dar sollievo alla botta presa. «Potrebbe avere… i pidocchi!» continua rabbrividendo e portandosi una mano al cuore."
Genere: Commedia, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Famiglia Dursley, Harry Potter
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Durante l'infanzia di Harry
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«Lunghi, disordinati e sporchi!» sputa tra i denti zia Petunia mentre mi guarda accigliata, come se fosse costretta ad osservare da vicino un grosso e virulento bubbone dalle cui piaghe spuntano incolti peli dalla misura spropositata.
Gli occhi degli altri saettano critici sulla mia chioma ribelle e, scansionandomi dall’alto in basso arricciando il naso e assottigliando lo sguardo con aria disgustata, borbottano frasi d’assenso e scuotono indignati la testa.
Dudley approfitta del nuovo, e neanche tanto sporadico, momento di distrazione post improperio ai danni del sottoscritto, per lanciarmi addosso il tappo della bottiglia, involato dalla sua catapulta fai-da-te resa letale dall’ottimo uso del cucchiaio d’argento combinato alla sua innata mira nel centrare i suoi bersagli ai punti più congeniali.
«Ohi…» lamento non appena lo pseudo proiettile mi colpisce sulla cicatrice arrossandomi la fronte e, portando la mano vicino l’attaccatura dei capelli inizio a massaggiare la zona lesa scoccando uno sguardo infuriato al mio aguzzino che ride soddisfatto.
Il gemito riporta l’attenzione degli zii su di me che, avendo preferito ignorare l’attacco del loro piccino, tornano a squadrarmi sprezzanti.
«Vernon, guarda! Guarda come si gratta!» Petunia lancia un acuto indicando la mia mano poggiata sulla testa per dar sollievo alla botta presa. «Potrebbe avere… i pidocchi!» continua rabbrividendo e portandosi una mano al cuore.
Zio Vernon sgrana gli occhi, afferra il giornale sulla mensola affianco al tavolo da pranzo intorno al quale siamo seduti e mi colpisce forte il braccio con lo stesso trattamento che riserva alle mosche in estate che ronzano attorno alla sua coppa di gelato.
«Via ragazzo! Va' via! Allontanati da noi!» poi, rivolgendosi alla moglie «Dobbiamo evitare che ci stia attorno, Petunia. Non vorrai che ci infesti tutti! Senza ricordare, poi, che questa settimana Dudley ha il torneo di pugilato! Che figura faremmo se questo qui gli attaccasse i pidocchi?» dice facendo impallidire la moglie e regalando uno sguardo pieno di attenzioni al figlio che, nascondendo le labbra dietro al tovagliolo e fingendosi orripilato, mi lancia uno sguardo gaglioffo.
Con un altro gesto stizzito e giornale alla mano, lo zio mi costringe ad alzarmi.
Faccio due passi indietro e poi butto fuori l’aria dai polmoni con foga: «Io non ho i pidocchi!».
«Ah no?» freme sdegnosa la madre del mio tormentatore. «Non mi stupirei se in quei “capelli” ci fosse anche qualcosa in più!  Sembrano i peli di una pantegana di fogna... magari sono portatori delle stesse malattie!».
«Non ho i capelli di un topo! E’ solo che… non stanno giù» borbotto imbronciato.
«Disordinati ed incolti! Il disordine porta sempre qualcosa di male!» enuncia supponente e retorico lo zio.
Furioso e con le guance accaldate, porto istintivamente la mano ad abbassare i miei crini, ribelli sì, ma sicuramente privi di pidocchi. Non che ci fosse qualcosa di cui stupirsi se la mia testa fosse veramente abitata da quelle creaturine fastidiose visto che passo la maggior parte del tempo in un sottoscala polveroso e angusto (di questo i “lor signori” non se ne preoccupano), però devo assolutamente trovarmi in disaccordo. Io non ho alcun prurito! Se li avessi a quest’ora starei già impazzendo per il pizzicore!
«Mamma… non voglio prendere i pidocchi!» sussurra Dudley tremante spalancando gli occhi. 
Zia Petunia si alza subito dalla sua sedia fiondandosi su Dudley. Gli passa un braccio intorno alle spalle mentre con l’altro va a circondargli la testa alternando le sue carezze a baci melensi.
«No no, Diddino, no… non ti preoccupare. Ci pensa la mammina a sistemare tutto…».
La scena non fa altro che farmi infuriare di più. Possibile che siano così tonti?
«Io non ho i pidocchi!» torno a ripetere con più enfasi ma nessuno mi dà ascolto.
«Ci mancava solo questo sciagurato ragazzo a rovinarmi la giornata! La Grunnings viene quotata in ribasso, la macchina del montaggio è guasta e in casa rischiamo tutti una “pidocchite”!!!»
Dudley balbetta con finto terrore qualcosa su di una possibile perdita al torneo, la zia lo consola cantilenante mentre il grande uomo d’affari brontola sputacchiando di qua e di là.
Patetici. Sono patetici. 
Per un attimo mi viene in mente che in tutto quel trambusto potrei svicolare inosservato e rifugiarmi nel mio stanzino, ma la prospettiva di come mi guarderebbero e di cosa sarei costretto a subire se, una volta uscito dal mio sudicio nascondiglio, si accorgessero dell'altra polvere tra i miei capelli, già per loro indisponenti, stronca sul nascere tutte le mie iniziative di fuga.
«Oh, insomma dateci un taglio!» farfuglio frustrato.
In un attimo vedo la figura china di mia zia irrigidirsi. Tra gli uggiolii di Dudley e le incessanti lamentele di zio Vernon, il suo volto s’illumina e, mentre le sue pupille si dilatano e la bocca va a formare un perfetto ovale mettendo in risalto la sua dentatura cavallina, smette di coccolare il suo pargolo amato, stringendo i pugni ed alzandoli a mezz’aria, nella tipica posizione di chi, appena elettrizzato dall’idea che gli è baluginata in mente, cerca di afferrare e concretizzare al meglio quel lampo di genio.
«Vernon…» sussurra in tralice, con lo sguardo ancora perso nel vuoto.
Il consorte però, già di per sé lievemente duro d’orecchio, non dà segni d’aver udito il richiamo della sua metà, perso in troppe lagne.
«Vernon!» lo riscuote zia Petunia ricevendo finalmente un borbottio d’assenso.
Un silenzio carico d’attesa si dilaga nella stanza, gli occhi di tutti puntati sull’allampanata donna che ora mi guarda fisso le ciocche, a suo dire, “selvagge”.
«Diamoci un taglio, Vernon… un taglio netto» soffia scandendo accuratamente le sillabe.
La mia reazione è immediata, sfreccio veloce non appena colgo l’allusione che si mal celava dietro quelle parole sibilate. 
Dopo neanche qualche nanosecondo sento l’ordine perentorio della zia.
«Fermalo!» urla acuta.
Aggiro la penisola della cucina e mi preparo a saltare in lungo per non ruzzolare nello skateboard di Dudley lasciato lì nel bel mezzo della mia traiettoria quasi per uno strano scherzo del Destino a cui, molto probabilmente, non deve far impazzire la mia chioma corvina e, legato a mia zia dall’odio verso questi poveri capelli, tenta di bloccare la fuga, ma viene miseramente deluso dalla mia prontezza di riflessi: essere una tra le vittime preferita del tuo grasso grosso cugino, per fortuna , ha almeno un lato positivo.
Non posso rintanarmi nello stanzino con lo zio alle calcagna altrimenti finirà per l’afferrarmi per il bavero non appena mi fermerò ad aprirne la porta, così filo di volata oltre la mia tana, sperando di distanziarlo sulle scale.
Sento la mano di zio Vernon sfiorarmi la nuca quando giro l’angolo ma, non dandomi per vinto, sforzo allo stremo le gambe nell’ultimo sprint finale che mi vede impegnato a saltare i gradini di gran carriera. Sento il cuore galoppare furioso nel petto e, con un ultimo balzo, mi ritrovo alla fine della scala mentre noto con la coda dell’occhio, sempre continuando a correre, che lo zio sta annaspando all’incirca sette gradini dietro di me, incominciando a sentire il peso del bacon e dello sciroppo d’acero sui suoi pancake.
Pregustando il sapore della tranquillità, almeno apparente, e deciso più che mai a salvare i miei crini dalla furia di spazzola e forbici ed improbabili trattamenti all’aceto contro i pidocchi, mi slancio repentino verso il bagno, contando di rinchiudermi lì dentro per almeno i prossimi dieci anni.
Ma, ahimè, non ho fatto i conti con Colui che, beffardo com’è, non poteva di certo rinunciare ad una bella rivincita dopo la sua umiliazione da parte del sottoscritto.
Quando i miei piedi inciampano nel laccio delle scarpe troppo grandi per loro, non riesco a pensare ad altro se non all’ingiustizia che, troppo spesso, si presenta gagliarda alla mia porta, senza curarsi nemmeno di bussare o di mandarmi un avvisaglia di… ehm, credo basterebbero anche pochi secondi. 
È incredibile. Sembra quasi che sia designato a subire le angherie degli altri. 
Mentre lo zio mi solleva di peso prendendomi per un orecchio mi sento tanto vicino ai pesci intrappolati nelle reti dei pescatori perché, per quanto mi dibatta, c’è sempre qualcosa che va al di là del mio potere ed infine sono destinato a boccheggiare in quelle trame. 
“Diamine… e cosa sono? Una specie di Prescelto del Destino Avverso?” mi ritrovo o rimuginare cercando d’ignorare il dolore della mia cartilagine che rischia di spezzarsi sotto quella forte presa.
«Oh ragazzaccio! Una disgrazia! Sei una disgrazia! I tuoi genitori hanno deciso di tirare le cuoia senza preoccuparsi neanche di come sarebbe stato per noi allevarti… inaudito! Oh, ma adesso vedrai, queste specie di…. di corde rizzute che hai al posto dei capelli spariranno!» urla fuori di sé lo zio.
«Vernon, l'hai preso? L'hai preso?» chiede eccitata zia Petunia, mentre sento che già ha iniziato ad armeggiare con quella grottesca credenza di mogano, in soggiorno, sbattendo i cassetti in uno strano tramestio che a me, ormai tra le grinfie di quello che mi sembra un boia, pare tanto un motivo di morte.
«Sì, Petunia, mia cara!» annaspa lui di rimando, gli occhi sgranati per l'estasi.
E, mentre vengo trascinato in soggiorno, tra le lamentele ed ansimi di dolore, sento l'inconfondibile vocione di Dudley slanciarsi in una risata invidiabile ai migliori gorgheggiatori, che va a toccare le gradazioni più basse, per poi ritrovare respiro ed impennarsi fin agli acuti più appassionati del pentagramma e mi riprometto, con le lacrime che ormai scivolano sulle guance per l'assurdo bruciore all'orecchio, che un giorno, presto o tardi, prenderò la mia rivincita.
La zia Petunia, mi attende vicino al divano, dà le spalle alla credenza sproporzionata e le sue mani sono ferme dietro la schiena. 
Ed è quando zio Vernon inizia a tirare in basso, per farmi affondare nel divano, che noto la folle espressione di riscatto dipinta su quel volto cavallino ebbro d'ardore ed allora le vedo, un paio di forbici lunghe e lucenti, che si riflettono sulla superficie di mogano, lustra e splendente per le maniacali cure a cui è sottoposta. 
Faccio solo in tempo a boccheggiare qualcosa che dovrebbe essere un “No”, che zia Petunia porta le forbici all'altezza del petto e, se non sapessi per certo che la magia non esiste, giurerei che stia quasi per librarsi dalla soddisfazione quando avanza verso di me scandendo venefica:
«Diamoci un taglio, Harry».




NDA: Salve, popolo di Efp! ^^
Voglio solo ringraziare chi leggerà la storia, non ho nient'altro da dire a parte che, com'è ovvio, è interamente frutto della mia immaginazione. O meglio, dell'immaginazione della "me nel 2011", perchè, sì, la sua stesura risale a quella data e pensavo che ormai non l'avrei mai pubblicata! XD

Ja ne!

 
  
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