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Autore: imnotadirectioner    07/12/2014    2 recensioni
- all I need's a whisper in a world that only shouts.
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In fondo Dillon non ha mai avuto nulla, quindi non è che gli rimanga molto da perdere.
[...]
E poi è arrivata Gemma e Dillon la vuole, dannazione. La vuole come non ha mai voluto nient’altro.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Dillon si sciacqua la bocca dopo aver vomitato per la terza volta di fila. Fissa il proprio riflesso nello specchio; osserva le occhiaie, i capelli disordinati e il colorito ancora più pallido del solito: sta da schifo. Tremando infreddolito torna a letto e si ficca sotto le coperte. È da ieri pomeriggio che non sta bene, ha lavorato comunque, ma stamattina ha dovuto darsi malato; si è beccato un maledettissimo virus e ha vomitato a intervalli regolari tutta notte.
Il campanello suona e lui mugugna qualcosa, rigirandosi nel piumone: chiunque sia dovrà andarsene perché lui non ha intenzione di muoversi da...
Il telefono vibra, un solo messaggio:

Aprimi, idiota.

E Dillon si sorprende di quanto i suoi riflessi siano pronti e veloci anche con la febbre a 38.
Si catapulta al piano di sotto – rischiando di scivolare sulle scale perché non è proprio fermo sulle gambe deboli – e spalanca la porta con un sorriso.

Gemma si toglie il cappotto verde militare e lo appende all’ingresso, si sfila le scarpe, lo abbraccia stretto e Dillon sta improvvisamente meglio.
Si fa cullare tra le sue braccia e respira l’odore del suo shampoo misto a pioggia e fumo, le sfiora la schiena e non mi lasciare, non mi lasciare...
“Non dovresti abbracciarmi – le dice invece – non vorrei attaccarti qualcosa.”
Ma lei scrolla le spalle. “Le bimbe hanno già avuto il virus e sono stata con loro tutto il tempo, direi che ormai mi sono fatta gli anticorpi.”
Poi Dillon la lascia andare anche se non vorrebbe, anche se si è accorto che ora che Gemma è sempre più vicina, lui vorrebbe averla vicina anche in un altro modo e ogni occasione è buona per toccarla, per sentirla ancora lì.
“Ti ho portato della zuppa” dice lei, mentre si fa strada verso la cucina e sfila un tupperware dalla borsa.
“Non c’era bisogno, davvero” perché Dillon fa ancora un po’ fatica ad accettare l’aiuto degli altri, però poi sorride e si arrende, ché in presenza di Gemma non riesce a fare altro.
E lei sorride di rimando scrollando le spalle, come se sapesse esattamente cosa gli sta passando per la testa e fosse soddisfatta della propria silenziosa vittoria. Gli parla tranquilla di cose inutili – hanno chiuso la strada su Tuffley Lane per dei lavori, i nonni delle bimbe verranno in visita il prossimo weekend, c’è un cappotto rosso da Primark su cui lei ha messo gli occhi e pensa di comprarlo anche se lo sa che dovrebbe risparmiare... – e mentre Gemma parla Dillon la guarda, appoggiato allo stipite della porta. Si muove con una tranquillità impressionante in mezzo alla cucina disordinata – apre i cassetti, trova una ciotola pulita, scalda la zuppa nel microonde – sembra quasi che abbia sempre vissuto lì tanto va a colpo sicuro e Dillon si ritrova a sorridere, rendendosi conto di non stare più ascoltando da un pezzo, occupato com’era ad osservarla.
“Forza – gli sta dicendo, la ciotola fumante di zuppa tra le mani – sul divano.”
“Non c’è davvero bisogno che tu...”
“Non c’è bisogno ma lo faccio lo stesso” ribatte lei, ed è inutile tentare di contraddirla.
Dillon esegue gli ordini, si va a sedere in salotto su uno dei divani marroni in pelle e accende la tv. “Che ti va di guardare?”
“Quello che vuoi – risponde Gemma noncurante – Vado un attimo in bagno e tu farai meglio a far sparire quella zuppa prima del mio ritorno, intesi?”
“Sissignore” scatta lui, accennando un saluto militare. Poi si rilassa contro lo schienale e dà un primo assaggio: è buonissima, saporita e bollente, esattamente quello che ci voleva.
Dillon mangia e fa zapping, cercando qualcosa di decente e quando Gemma torna al piano di sotto lui non ha ancora trovato nulla, ma ha completamente ripulito la ciotola.
“Bravo ragazzo – scherza lei – Ora qui sotto, forza.”
“Ma cosa...?”
“Sì, ho preso il piumone da camera tua; devi stare al caldo, su” dice sbrigativa, levandogli la ciotola dalle mani e buttandogli addosso il piumone blu.
“Ma come facevi a sapere quale...?”
Lei sbuffa. “Ho aperto tutte le porte finché non l’ho trovata. No, non ti preoccupare – aggiunge poi, perché Dillon l’ha fissata terrorizzato – Credo che tua madre stia dormendo, non mi ha sentita.”
Lui riprende a respirare cercando di calmarsi: lei non ha visto mamma, mamma non ha visto lei, va tutto bene, tutto bene...
“E comunque dovresti stare tranquillo, è poi solo un essere umano, mica un mostro...”
“Non ne sono così sicuro” borbotta lui, mentre Gemma gli si siede di fianco.
Lei ignora l’ultimo commento e tenta di avvolgerlo nel piumone, nonostante i lamenti di lui.
“E dai, non...”
“Se dici un’altra volta ‘non c’è bisogno’ giuro che ti spacco qualcosa in testa.”
E Dillon sta zitto, reprime l’istinto di scappare e si concentra sulle mani di Gemma che gli stanno sfiorando il viso.
“Dio mio, sei bollente – commenta lei, guardandolo preoccupata – sei più bianco di un lenzuolo e guarda che occhiaie!, hai un aspetto da schifo.”
“Grazie” sbuffa Dillon sarcastico ma smette subito di ridacchiare e trattiene il respiro. Gemma gli passa lentamente una mano tra i capelli e dietro il collo e va a fermarsi sulla sua guancia.
“Stai bene?” domanda sottovoce, incerta, quasi spaventata di aver attraversato una linea di confine che avrebbe invece dovuto rispettare.
Dillon non riesce a parlare, non riesce nemmeno a respirare in questo momento. Annuisce una sola volta e resta ad occhi chiusi a godersi quel tocco. È qualcosa di profondamente diverso da quello a cui è abituato. Non è eccitante in modo sessuale, non sono le pacche dolorose con Thomas, non sono delle nocche stampate sullo zigomo. È solo una mano leggera e delicata, ed è qualcosa che Dillon sa di aver provato da qualche parte a un certo punto della sua vita; forse quando era ancora piccolo e sua madre era una madre per davvero, forse sua nonna che è morta quando lui aveva 5 anni, forse se lo sta immaginando, ma riapre di scatto gli occhi perché Gemma non lo sta più toccando. Le chiede silenziosamente spiegazioni, perché ancora non riesce a spiccicare parola, ha un nodo in gola enorme e si rende conto inorridito di avere voglia di piangere.
“Scusa – mormora lei, gli occhi bassi – Se ti dà fastidio...”
“No – è una risposta secca e categorica, perché la voglia di risentire quelle mani sulla pelle supera di gran lunga la sua temporanea paralisi mentale – No. Solo... Non smettere. È... bello.”
Gemma annuisce, prende un gran respiro per farsi coraggio e si avvicina un po’ di più a lui, cercando di non far vedere quanto le stanno tremando le mani, i pensieri e il cuore. Riprende a sfiorarlo senza fretta, godendosi ogni centimetro di pelle, ben consapevole di che gran traguardo ha raggiunto, tanto che avrebbe voglia di mettersi ad urlare per la gioia, perché lui la sta finalmente lasciando entrare sul serio... traccia attenta il suo profilo, annega nell’azzurro gelido dei suoi occhi e si ferma ad osservare le sue labbra mentre ne segue il contorno rapita.
All’improvviso l’atmosfera è diversa, qualcosa nell’aria è cambiato ed entrambi diventano consapevoli di cosa sta per succedere. Il cuore di Dillon sembra scoppiare, Gemma non ha ancora smesso un attimo di tremare – come se fosse lei quella con l’influenza –, le sue mani si spostano verso il basso e gli sfiorano il collo, ma stavolta è un tocco differente, più deciso e meno delicato, Dillon smette di nuovo di respirare e lei si avvicina ancora un po’...
Poi un tonfo dal piano di sopra li fa sobbalzare e tornare bruscamente alla realtà.

Gemma è delusa e forse un po’ in imbarazzo, per Dillon è come ricevere una doccia gelata. Si sente strano, ha quasi le vertigini, il cuore gli batte ancora furioso anche se sembra essere sprofondato di qualche centimetro, e avverte chiaramente la rabbia che monta da dentro. Sua madre non riesce a fare qualcosa di buono per lui nemmeno quando non è presente; da non crederci.
Per un attimo si chiede preoccupato se scenderà, rovinandogli completamente l’attimo, il pomeriggio e la vita intera; poi però si rassicura. Non ha motivo di andare in salotto, probabilmente si è solo rigirata nel letto facendo cadere un bicchiere o dio solo sa cos’altro. Nonostante ciò è troppo tardi, Dillon ormai è arrabbiato e porca puttana!, per una sola volta in cui lui stava davvero bene – più che bene, era sereno – una sola schifida volta...
“Ti va di ridere guardando il Jeremy Kyle Show?”
Lui la fissa e – dannazione!, perché diavolo deve sempre sorridere come un’idiota quando lo fa? – annuisce prendendo un respiro profondo. Gemma è lì e non c’è motivo di restare arrabbiati.

Ridacchiano come due idioti all’ennesima ragazza incinta che non sa chi è il padre, Dillon rabbrividisce per l’ennesima volta e Gemma lo guarda intenerita. Gli fa segno di poggiare la testa sulle sue ginocchia e lui esita qualche secondo ma poi cede, che tanto è troppo tardi per fingere di non averne bisogno. Si sdraia, avvolto nel piumone come un burrito gigante, ascolta la voce di lei fare dei commenti sarcastici sulla gente problematica ospite di Jeremy Kyle, e poi sussulta ancora quando avverte la sua mano tra i capelli. Gemma lo accarezza piano, con attenzione, come si fa con le cose fragili e preziose e Dillon respira a fondo, tranquillo come non si è mai sentito in una vita intera. Chiude gli occhi e la lascia fare, che per la prima volta si sente davvero al sicuro in compagnia di qualcuno.


Quando si sveglia passa diversi secondi a occhi chiusi, facendo finta di esser ancora addormentato. Ci sono un paio di cose che non tornano.
Primo: si sente molto meglio, anzi ha addirittura caldo, il piumone sembra soffocarlo e sta iniziando a sudare.
Secondo: ha – crede – un panno bagnato sulla fronte ed è abbastanza sicuro di non esserselo messo da solo. Poi si ricorda di Gemma e sorride un poco.
Terzo: il Jeremy Kyle Show è finito – non sa da quanto, ha perso completamente la cognizione del tempo – e qualcuno deve aver cambiato e messo su un canale di musica anni ’80.
Quarto: sua madre è in salotto e gli sta parlando. Dillon si chiede quanto dev’essere ubriaca per non accorgersi che lui sta dormendo e lei sta parlando da sola. Non vuole aprire gli occhi, non vuole affrontarla. Stava così bene...

“...E quindi, tesoro, se ti vuoi fare le unghie è da Alice che devi andare – sta blaterando la donna – Sì, è un po’ snob, solo perché il suo secondo marito gestisce un pub a Bristol e allora si crede di aver fatto i gran soldi... Ma sulle unghie non la batte nessuno. Fammi vedere le tue, tesoro... Ma che carine, adoro quel colore; e te le sei fatta da sola?”

E’ come se un macigno enorme e pesantissimo si fosse appena scagliato sullo stomaco di Dillon, mozzandogli il respiro. Sua madre non sta parlando con lui. E ora che fa mente locale non si ricorda che Gemma abbia mai lasciato casa sua. E sicuramente non si sta parlando delle unghie di Dillon in questo momento.
Apre gli occhi e si tira su a sedere di scatto, talmente veloce da spaventare le due donne di fianco a lui.
Gemma è ancora al suo posto sul divano; sua madre è sulla poltrona lì di fronte, un maglione verde scuro infilato sopra la maglietta sporca del pigiama, il trucco appena rifatto, una sigaretta in bocca e il posacenere stracolmo in mano.
Non sta succedendo davvero...
“Dillon, amore mio! – trilla sua madre, estasiata dalla sua presenza, come se non avesse fatto altro che vegliarlo tutto il tempo aspettando il suo risveglio – Finalmente! Ti sei fatto una bella dormita, eh?”
Dillon è furioso; la odia, la odia con tutto se stesso, vuole solo alzarsi in piedi e ribaltarle il tavolino da caffè in faccia, e sta per farlo, calcia via il piumone ed è già quasi in piedi quando lo sguardo gli cade su Gemma. Lei lo fissa con gli occhi sgranati, spaventata almeno quanto lui, confusa e senza la minima idea di come gestire la situazione.
Dillon si blocca e con uno sforzo si rimette a sedere.
Ok, è un gran bel casino.
Lui dormiva e sua madre è scesa trovando Gemma lì da sola, ha cominciato a parlarle e dio solo sa quali stronzate ha detto, quanto si è resa ridicola e le balle che si è inventata.
Ora la priorità è far uscire quella povera ragazza di lì, allontanarla da sua madre e da tutti i guai che da sempre attira ovunque vada e qualunque cosa faccia...
“Stai bene?” domanda Gemma, studiandolo attentamente e non sa bene se si sta riferendo alla febbre o alla presenza di sua madre. Non ha idea di come lui possa reagire ma ha un bruttissimo presentimento.
Dillon la guarda impotente, vorrebbe dirle un sacco di cose, urlarle di uscire, di scappare, che non lo vede che casino è la sua vita?; ma non ce la fa, non ce la fa, perché di nuovo ha un groppo in gola e parlare gli risulta molto difficile.
“Certo che sta bene – esclama sua madre, su di giri – Il mio ragazzo è grande e forte, anche da piccolo si ammalava pochissimo... Ma, amore della mamma, avresti dovuto dirmi che non ti sentivi bene, la tua fidanzata mi ha detto che hai avuto nausea e febbre, e...”
“Non sono la sua fidanzata...”
“Ah, no? Mmm, a giudicare da come lo fissavi tutta presa quando sono scesa di sotto, secondo me ti piace...”
“Io...”
“Ora basta.”
“... Non c’è niente di cui vergognarsi, cara, mio figlio è un bel ragazzo, non credi? E poi è forte, maturo, molto responsabile... E intelligente!, ti ha raccontato che alle elementari le maestre dicevano che aveva ottime potenzialità...”
“Mamma, ho detto basta.”
“Purtroppo non ho mai avuto le possibilità di farlo studiare come si deve perché quel bastardo – scusami il francesismo, tesoro – quel bastardo di suo padre ci ha lasciati anni fa ed è sparito nel nulla... Quel figlio di...”
Chiudi – quella – cazzo – di – bocca!”
Dillon non si ricorda di essersi alzato in piedi e nemmeno di essere arrivato così vicino a sua madre, che ora squittisce terrorizzata sulla poltrona, il posacenere fino a terra e i mozziconi sparsi su tutta la moquette.
“Dillon...” tenta Gemma, ma lui non la sente, è infuriato, ha talmente tanta rabbia dentro che gli sembra che presto esploderà facendo a pezzi qualcosa – o qualcuno –.
“Perché sei scesa qui, eh? Ti sei stancata di marcire tutto il giorno in quella stanza di merda? Hai pensato di venire a fare conversazione? Cristo santo, guarda in che stato sei!, mi fai schifo...”
Sua madre piange come una disperata adesso, coprendosi il viso con le mani e mugugnando qualche frase senza senso. Gemma è pietrificata sul divano, non ha mai avuto così tanta paura in vita sua, eppure chiama ancora invano il nome di Dillon, cercando di far finire questo incubo.
“...Non ne posso più dei tuoi casini – sta urlando lui – Non ne voglio più sapere un cazzo di te, perché ogni volta –ogni fottuta volta– in cui io cerco di mettere a posto le cose e avere una vita quanto meno decente, tu ti metti in mezzo e mandi tutto a puttane! Ne ho abbastanza...”
“Dillon...”
“... Di te, della tua depressione e del tuo alcolismo di merda che mi ha rovinato la vita!”
“Amore mio non dire così – singhiozza sua madre – Io ti amo più della...”
“Stronzate! – ruggisce lui – Tutte stronzate, sempre e solo stronzate...”
“Dillon.”
“Avrei dovuto lasciarti morire, tutte quelle volte che hai cercato di ammazzarti, avrei dovuto lasciarti fare...”
Dillon, cazzo!”
E Dillon finalmente la sente e si volta a guardarla, ancora furioso. Gemma sussulta spaventata davanti a quegli occhi così diversi da quelli a cui è abituata, così arrabbiati e pieni di odio da sembrare quelli di un pazzo maniaco. Si è alzata in piedi e avvicinata a lui, che non importa quanta paura si sente addosso, l’idea che lui possa perdere del tutto il controllo e fare qualcosa a sua madre la terrorizza ancora di più, tanto da spingerla ad intervenire quando di solito sarebbe già scappata da un bel pezzo.
Dillon sbatte le palpebre e in un attimo torna alla realtà. È ancora arrabbiato ma ora con se stesso: ha appena dato spettacolo con una delle peggiori scenate mai fatte a sua madre e l’ha fatto davanti a Gemma. Gemma con cui andava tutto così meravigliosamente bene e che invece adesso lo guarda come se non lo riconoscesse. Respira cercando di calmarsi, ma tutto ciò a cui riesce a pensare è che l’ha persa. L’ha irrimediabilmente persa, perché conosce bene la paura nel suo sguardo, è la stessa di chi ha visto il lato più oscuro di Dillon per poi scappare a gambe levate.
“Andiamocene” dice all’improvviso.
Gemma lo fissa sempre più confusa.
“Andiamo via” ripete lui. “Ti prego. Sono calmo, te lo giuro – aggiunge, sperando di riuscire a rassicurarla almeno un po’ – Prometto che non darò di matto, ma ho bisogno che io e te usciamo di qui.”
Gemma annuisce in silenzio, poi si volta verso la donna in singhiozzi raggomitolata sulla poltrona lì vicino.
“Arrivederci, Kayleigh.”
Lei la ignora, troppo occupata a pregare Dillon di tornare indietro, di ascoltare, che non succederà più, lo promette...

Una volta fuori Dillon non ha il coraggio di guardare Gemma negli occhi. Si è davvero calmato e la vergogna ha preso il posto della rabbia. Fa dei cenni vaghi facendole capire di dirigersi verso il parco lì di fronte. Sente gli occhi di lei addosso e di nuovo vorrebbe scappare lontano. Non lo fa però, non può. Prima deve spiegarle e anche se oramai l’ha persa per sempre vuole provare a farle capire quanto gli dispiace.
“Sei... – Gemma si schiarisce la voce – Sei sicuro che sia saggio, ehm, lasciarla sola?”
Dillon scrolla le spalle e si siede sulla prima panchina disponibile. Gemma lo imita e gli passa una sigaretta prima di accendersene una per sé.
Lui ancora non parla, quindi si decide a farlo lei. “Senti, mi dispiace. Lei ha finito le sigarette ed è scesa per chiederti di andare a comprarle, ma tu dormivi e ha trovato me e ci siamo messe a parlare, e... – Gemma parla veloce, le parole che si rincorrono e si accavallano nella fretta di spiegare, di mettere le cose a posto – Ti si è alzata la febbre ma non ti sei svegliato e allora ti ho lasciato dormire, e credevo che lei se ne andasse una volta avuta la sigaretta, ma ha pensato che io fossi la tua... bè insomma la tua ragazza, e allora ha voluto sapere il mio nome e chi sono, e...”
Dillon finalmente la guarda e la voce le muore in gola. L’azzurro ghiaccio è cambiato ancora, ora è un oceano di dolore e c’è qualcosa lì in fondo che sembra proprio una speranza andata in pezzi, ed è uno sguardo talmente sconvolgente che Gemma ammutolisce e si aggrappa con forza al metallo freddo della panchina per non cadere sotto tutto il peso di quello che sta succedendo.
Quando Dillon parla lo fa con una voce talmente calma e controllata da sembrare totalmente un’altra persona.
“Quello che è successo lì dentro non avresti dovuto vederlo. Ti giuro che non sono un pazzo, di solito non perdo il controllo in quel modo e sicuramente, per nessuna ragione al mondo, avrei dovuto perderlo proprio di fronte a te. Ma è successo e io non so come farti capire che mi dispiace. Mi dispiace averti spaventata, mi dispiace aver rovinato tutto. Mi dispiace averti rubato del tempo e mi dispiace per quello che sarebbe potuto... Bè, per qualsiasi rapporto ci fosse tra di noi. Non ti preoccupare se vuoi ancora uscire con il gruppo, tanto non credo che io... Voglio dire che non devi farti problemi, loro non sono come me, sono a posto, e...”
“Dillon – lo interrompe Gemma – Cosa mi stai dicendo?”
“Ti sto dicendo che prometto di sparire. Non ti disturberò più e, anzi se vuoi cancello subito il tuo numero così sei sicura che...”
“Perché?”
Dillon la guarda sorpreso. Che razza di domanda è ‘perché’?
“C’eri anche tu lì dentro con me o me lo sono immaginato?” domanda retorico.
“Certo che c’ero – replica Gemma stizzita – E se proprio lo vuoi sapere mi hai spaventata a morte...”
“E allora che ci fai ancora qui? – chiede testardo – Perché non te ne vai?”
Gemma sorride. “Mi pare che abbiamo già avuto questa conversazione.”
“No – esclama Dillon – No, non ridere. Sono serio, cazzo. Ho sbagliato, non avrei dovuto raccontarti tutto, farti venire a casa...”
“Ma perché...?”
“Perché non è un cazzo di scherzo, va bene? Questa è davvero la mia vita ed è uno schifo! Quindi piantala di giocare alla crocerossina e vattene!”
“Scusami tanto – e ora è il turno di Gemma di urlare – Mi è permesso decidere per me stessa o hai già pensato tu a tutto quanto?”
Dillon la guarda spiazzato ed è più confuso che mai. Che sta succedendo?
“Sì, la tua vita fa schifo, questo mi era chiaro già da un po’. Quello che non capisco è perché continui a spingermi via, come se fosse mia la colpa dei tuoi problemi...”
“Non è per quello che ti allontano!”
“E allora perché?”
“Perché... perché...” ma Dillon esita, forse non è così sicuro della propria risposta. “Perché tu vuoi rimanere, allora? – riprende poi – Perché non puoi semplicemente lasciarmi perde...”
Ma l’attimo dopo la bocca di Gemma è sulla sua e bacia via ogni protesta.
Ci sono due secondi netti duranti i quali il corpo di Dillon non recepisce nulla di ciò che gli sta accadendo, dopodiché esplode tutto insieme. Vorrebbe staccarsi e ricominciare a gridare se per caso è impazzita, ma il cuore sembra volergli uscire dal petto tanto batte forte e il suo stomaco è tutto attorcigliato e non si è mai sentito vivo come in questo momento e forse non si ricorda più perché era arrabbiato né ha capito perché Gemma lo stia baciando, ma fintantoché continua a farlo non gli interessa più di tanto.
E’ lei a staccarsi dopo un tempo indefinito. Resta fronte contro fronte con lui e ancora non ci crede che l’ha fatto davvero.
“Per questo – dice poi, rispondendo alla domanda di Dillon – Perché non so come mai, ma ogni volta che ti vedo è questo che farei. E prima che tu ricominci a urlarmi addosso quanto tutto ciò sia una pessima idea, sappi che lo so già. Mi sono detta e ridetta che non sei il mio tipo e che dovrei starti alla larga, mi sono già fatta almeno una dozzina di ramanzine nella mia testa. Eppure eccomi qua.”
Dillon respira forte e non riesce ad abbandonare il marrone scuro di quegli occhi, ha paura che se lo fa poi non ci troverà mai più tutte le cose che ci sta leggendo adesso. Perché Gemma è sincera, non è sicuramente saggia o furba, ma è sincera e vuole davvero restare per qualche motivo oscuro persino a lei. E Dillon si sta prendendo tutto il tempo che gli serve per assimilare questa notizia perché è l’ultima cosa al mondo che si sarebbe aspettato e non ci è abituato.
“Non ti sto promettendo amore eterno – continua lei – Ti sto solo dicendo che... insomma, ci voglio provare... se, se per te è ok.”
Dillon la guarda e non c’è bisogno di articolare la domanda.
“Sì, mi hai fatto paura oggi. Tanta, a dire il vero. Però sono ancora qui, ti basta per adesso?”
E Dillon la bacia di nuovo, un po’ perché fosse per lui lo farebbe tutto il tempo, un po’ perché sente di nuovo il bisogno di piangere e deve tenersi occupato facendo altro.
E insomma lei non se ne va. Anche se ha paura, lei resta lì. E Dillon ride tra un bacio e l’altro, ride perché Gemma arrossisce e lo guarda con un sorriso timido, ride ché è novembre e lui non si è nemmeno preso il cappotto eppure in questo momento sente caldo dappertutto, ride ché si sente più leggero di una piuma e non sa se è l’influenza o sta semplicemente impazzendo; ride ché Gemma è meravigliosa e lui ha di nuovo una speranza.




Salve a tutti (?)
il capitolo è giusto un filino  lungo e mi scuso per questo. Avevo pensato di tagliarlo in due parti ma alla fine l'ho postato così, semplicemente non volevo dividerlo. Spero di non aver fatto una cavolata, fatemi sapere che ne pensate!
xxx
   
 
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