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Autore: Fable    07/12/2014    1 recensioni
La storia narra di una ragazza normale (Anna) che è scettica nel credere che la sua vita possa essere stravolta. Sarà un ragazzo misterioso (Erik) a cambiare tale situazione. Anna dovrà far fronte a molti ostacoli e a molte avventure. Dovrà proteggere con tutta se stessa, fino a spingersi oltre i suoi limiti per riuscirci, ciò che ama di più, ciò che ha di più caro. Riuscirà Anna ad accettare e a compiere il suo destino?
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~~Salve, sono Anna, una normale liceale, di un normale liceo, di un normale mondo. Ma le cose non rimangono mai uguali nella vita, mai. La ruota gira, diceva sempre mia madre ed io non le credevo. Mi sbagliavo, gira, eccome se gira. La mia ha girato così velocemente che mi ritrovo con il mal di testa. Ma questo è un altro discorso, la storia è molto lunga, prestate attenzione, voi che leggete e che il racconto sia piacevole.

Svegliarsi di mattina dovrebbe essere ogni volta un trauma per un adolescente, lo capivo. Ma io ero talmente abituata da non aver neanche più il pensiero di cambiare abitudine o solamente sperare in qualche cambiamento orario.
-Che sonno, voglio tornare a letto- disse Lara sbadigliando.
-Già- conferma Elisa. Poi si gira verso di me.
-Tu sembri dormire in piedi-
La guardo e sorrido.
-Anna, ma tu ogni volta non scendi all'ultima fermata dell'autobus? - mi domanda.
-Si- rispondo-scendo al capolinea- dissi sorridendo.
-Quindi ti svegli ancor prima di noi...- puntualizzò.
-Già, ma non mi da fastidio, ormai sono abituata- risposi.
-Beata te- mi rispose sbadigliando ancora una volta.
Lara ed Elisa continuarono a parlare ma io uscii dalla conversazione, sfruttando il finestrino. Mi girai e guardai fuori. La pioggia rendeva sempre tutto più cupo ma non mi dispiaceva, personalmente mi piaceva l'odore della pioggia in città soprattutto, copriva i suoi orrendi odori di spazzatura e fumo. Dopo circa un'altra mezz'ora finalmente intravidi la scuola. Era formata da più edifici tutti disposti sullo stesso piano, tutti dello stesso colore. L'autobus entrò proprio in mezzo al gruppo degli edifici per facilitarci l'entrata, infatti siamo riusciti tutti a non bagnarci fino alle mutande.
-Allora ci vediamo all'uscita, per l'autobus?- chiesi, rivolgendomi alle ragazze.
-Certo- risposero.
 Le salutai e andai verso l'aula di filosofia, era la prima materia del lunedì. Entrando cercai il mio solito posto vicino al termosifone e mi sedetti preparandomi per la lezione.
-Ehi- mi sentii chiamare.
Mi girai verso la voce e guardai il ragazzo di fronte a me.
-Mi presteresti il libro?- mi chiede.
Lo guardai.
- Perché me lo domandi, Leo? Lo dimentichi sempre- gli risposi.
In cambio lui sfoggiò il suo sorriso “sono il più figo del mondo e non mi puoi dire di no”.
-Ti prometto che la prossima volta lo porto- mi disse facendosi il segno della croce sul cuore. Peccato che lo faceva ogni sacrosanto giorno.
-Anche questo dici sempre- gli risposi facendomi scappare un sorriso. Con lui era impossibile non farlo. Non che mi piacesse, era il solito ragazzo che  credeva che tutte erano ai suoi piedi e poteva farne ciò che voleva, ma era gentile e simpatico e...beh ovviamente bello, non potevo negarlo.
Nel frattempo arrivò il professore e ci alzammo tutti per il saluto.
-Buongiorno ragazzi, comodi, comodi.- disse salutandoci.
Mi sedetti e diedi il libro a Leo, tanto a me non serviva, avevo i miei appunti che erano meglio.
La lezione si concentrò principalmente sul pensiero e la vita di Kant, su come e il perché ha scritto le sue opere e altro. Mi piaceva la filosofia, era una delle materie che ti permettere di ragionare. Finita l'ora, toccava alla matematica. Il suo padiglione si trovava dall'altro lato rispetto alla mia posizione, quindi dovevo sbrigarmi, i professori soprattutto quelli di matematica non sopportano i ritardatari e io non volevo accattivarmi di certo il professore soprattutto all'ultimo anno. La lezione trascorse veloce come la prima e così tutte quelle successive, anche se quella d'inglese è stata piuttosto pesante. Così in un batter d'occhio, la giornata finì e potei finalmente tornare a casa. Uscii dalla scuola e mi diressi verso il parcheggio per incontrare Elisa e Lara ma ancora non erano arrivate. Guardai il cielo, sicuramente si sarebbe messo a piovere a dirotto.
“meno male che ho l'ombrello” mi dissi.
Poi sentii la suoneria del mio cellulare squillare e vidi che era Lara.
-Pronto?- dissi.
-Ehi,ciao. Anna scusami ma andiamo a casa con Andy e Josh- mi disse.
Andy e Josh erano i ragazzi di Lara ed Elisa.
-Uhm...si va bene, allora a domani, ciao- le risposi.
Chiusi il cellulare e mi diressi verso la fermata che si trovava dall'altra parte della strada. Lara ed Elisa stavano con i propri fidanzati da due anni, quindi capitava molto spesso che non facevamo la strada di ritorno insieme. Molte volte provarono a cercarmi un ragazzo, come se io non ne fossi capace, ma io avevo sempre rifiutato. Non era il mio stile di vita, non potevo proprio permettermi di avere un ragazzo. Certo ero stata con qualcuno, era ovvio, ma con queste esperienze mi resi conto che non ne avevo bisogno...almeno per ora. Cercai un posto dove sedermi e possibilmente ripararmi. Camminai lungo il marciapiede che affiancava una villetta circondata da un recinto in pietra. Questo poteva benissimo essere usato come sedile, infatti non ero l'unica a pensarla così. C'erano una serie di ragazzi e ragazze appollaiati sul recinto. Erano di tutti tipi, darck, punk, con felpe larghe e cappelli penzolanti, con pantaloni larghi o stretti. Ognuno di questi formava un gruppo e parlottavano tra di loro, schiamazzando, ridendo o mimando qualche personaggio. Il mio obbiettivo era quello di sedermi, aspettare l'autobus e andarmene a casa. Quindi non badai ai ragazzi e alle ragazze già seduti e mi sedetti dove c'era spazio...ovvero poco prima della fine del muretto. Posai lo zaino e appoggiai la schiena...cavoli che stanchezza, la sentivo tutta sulle spalle. Presi un grande respiro, per schiarirmi le idee, e lo lasciai uscire rumorosamente. Mentre mi godevo la pace che ero riuscita a ottenere, sentii un fruscio. Mi girai verso il rumore alla mia sinistra e vidi che non ero del tutto sola. Un gatto con il pelo di un grigio fumo e gli occhi gialli mi fissava. Camminò lungo il muretto fino ad arrivare vicino a me, poi mi guardò di nuovo e si sedette su due zampe. Rimase in quella posizione per diversi minuti  anche quando ho provato a spaventarlo. Adesso si che la cosa era strana. Mi guardai intorno e vidi che alcuni ragazzi mi guardavano. Certo una scena così non si vedeva tutti i giorni, una ragazza che fissa un gatto che sembrava una statua. Di solito gli animali scappavano e io non ero mai stata né brava né paziente con loro, figuriamoci. Tentai nuovamente di toccarlo ma lui non si smuoveva da lì, allora continuai ad avvicinare la mia mano fino a sfiorare il suo pelo. Lo accarezzai e lui con la sua piccola testa paffuta, seguì i miei movimenti.
-Ti sto simpatica eh?- gli dissi. Beh, non c'era altra spiegazione.
Il gatto continuò ad apprezzare le mie carezze finché non si allontanò per scendere e dirigersi verso la fine del marciapiede. Lo seguii con lo sguardo e vidi che si stava avvicinando ad una figura che era appoggiata al tabellone dei orari. All'improvviso si fermò davanti a quella persona e alzò nuovamente la testa come aveva fatto con me però sta volta scappò miagolando. Rimasi sbalordita da quel comportamento. Alzai lo sguardo per vedere chi era e mi ritrovai a fissare un tizio al quanto inquietante. Aveva il cappuccio calato sul volto, ma riuscii ad intravederne le fattezze giovanili dell'adolescenza quando puntò i suoi occhi su di me. Erano glaciali e molto scuri, due pozzi senza fondo. Mi accorsi di star fissando troppo a lungo un ragazzo, così feci finta di niente e mi voltai osservando con attenzione il mio abbonamento dell'autobus. Che scena patetica, speravo che nessuno mi avesse vista. Dopo alcuni minuti arrivò finalmente l'autobus e feci di tutto per non voltarmi dalla parte del ragazzo strano. Mi sedetti in uno dei ultimi posti, quello vicino al finestrino e misi le cuffie. Dopo mezz'ora di strada intravidi l'angolo che girava per la via in cui abitavo e mi alzai per prepararmi a scendere. La cosa che odiavo dell'autobus era che le persone sembrava far di tutto per non farti passare. Cercai un varco in mezzo alla gente per svignarmela ma inavvertitamente spinsi un ragazzo che non aveva sentito per quattro volte il mio “permesso”. Però non pensai che quel ragazzo era molto irascibile. Mentre stavo camminando per andare verso l'uscita mi prese per un braccio e mi tirò verso di se.
-Ehi, ragazzina- mi disse- tu mi hai spinto- constatò.
Lo guardai prima in faccia, poi guardai la sua mano che teneva il mio braccio, e poi di nuovo in faccia. Sorrisi quando gli risposi:
-Oh, scusami ma vedi è questo quello che succede se per la quarta volta una persona ti dice permesso e tu non la fai comunque passare, facendo per giunta finta di essere sordo....o lo sei per davvero?- gli chiesi.
Il ragazzo mi guardò con occhi che facevano capire le sue intenzioni, e sapevo che non erano buone.
-Hai la lingua lunga- mi disse sputandomi quasi in faccia, talmente era vicino al mio viso.
Cercai di sottrarmi alla sua presa ma niente da fare, non voleva mollarmi.
-Scusami, ma dovrei scendere adesso, la mia fermata è questa- dissi strattonando ancora il braccio.
-Tu non vai da nessuna parte- mi rispose e rafforzò la presa fino a farmi scappare un gemito.
La gente cominciò a girarsi verso la nostra direzione, indicandoci e squadrandoci.
-Lasciami!- gridai per attirare l'attenzione.
-Alza la voce di nuovo e...- mentre diceva queste parole nel mio campo visivo entrò una mano che afferrò il collo del ragazzo. Quest'ultimo sgranò gli occhi per la sorpresa e immediatamente lasciò il mio braccio.
-Erik...- disse il ragazzo puntando lo sguardo alle mie spalle.
Sapevo chi era, sentivo la stessa sensazione di disagio che provai alla fermata. Il suo respiro mi solleticava l'orecchio e il suo petto aderiva alla mia schiena. Era piuttosto muscoloso il giovanotto, dovevo ammetterlo.
-Stai dando fastidio- rispose Eick con  voce bassa e minacciosa. Mi girai verso la sua direzioni e vidi il suo volto. Cavoli...non c'era da stupirsi se il deficiente-arrogante che avevo davanti era nervoso. Aveva un volto che intimoriva e metteva in soggezione, soprattutto gli occhi, neri come l'inchiostro e minacciosi come quelli di un predatore. Riuscii a spostarmi e a guadagnare l'uscita dall'autobus. Finalmente ero a terra, non ne potevo più. Ma che era preso a tutti? Soltanto quando l'autobus riprese a muoversi che mi accorsi che ero scesa un bel po' di fermate dopo rispetto a quella in cui dovevo scendere. Casa mia si trovava dove l'autobus faceva capolinea, ma quel ragazzo facendomi perdere tempo aveva fatto ricominciare il giro. Fantastico, adesso devo aspettare che l'autobus ritorni. Optai per ritornare a casa a piedi, avrei impiegato sicuramente meno tempo dell'autobus. Iniziai a camminare sempre con le cuffie alle orecchie e andando a tempo di musica, riuscii di nuovo a trovare tranquillità. Se la scuola fosse stata più vicina avrei volentieri fatto a meno dell'autobus. Mi piaceva camminare e godermi il tepore del sole sulla pelle e il dolce vento tra i capelli. Questo però si poteva fare sono in prossimità della città, nella periferia, in città con automobili, semafori, urla e gente che cammina freneticamente non si riesce mai a stare tranquilli, almeno per me era così. Continuai a camminare spensierata fino a quando non sentii una leggera pressione sulla spalla destra. Mi fermai e tolsi una delle due cuffie dall'orecchio per capire cosa stava succedendo. Voltandomi mi ritrovai il ragazzo misterioso che mi ha difesa sull'autobus.
-Scusami- mi disse-Non volevo spaventarti-
Ero sorpresa, chi avrebbe immaginato che sarebbe sceso con me, non l'avevo neanche visto.
-No, figurati- gli risposi con un sorriso.
-Grazie per poco fa, quel ragazzo doveva avere problemi...- dissi tanto per sdebitarmi.
-No avevi ragione, ho solo fatto quel che si doveva fare- mi disse.
Ah...va be.
-Beh, grazie di nuovo, ci si vede- dissi salutandolo.
Non volevo essere sgarbata ma ero in ritardo e di questo passo non sarei mai arrivata a casa.
-Ehi..- mi sentii chiamare.
Mi voltai riluttante, cos'altro voleva da me?
Lo guardai aspettando cosa volesse dirmi.
-Aspetta ti accompagno- disse.
Che? Per quale motivo?
-Non c'è ne bisogno...-dissi ma lui si oppose fermamente.
-Se sarei intervenuto prima tu saresti riuscita a scendere prima...quindi fai la brava e fatti accompagnare- disse.
Ooooook, ragazzo strano. Ci siamo capiti.
Lo guardai incredula e lui mi rispose facendomi l'occhiolino. Ignorandolo lo oltrepassai senza dagli troppa soddisfazione, mancavano si e ne un quarto d'ora a piedi da casa mia a dove mi trovavo. Quindici minuti...potevo farcela. Camminammo in silenzio, senza spiccicare una sola parola. Ogni tanto vedevo che si fermava, rimaneva immobile per alcuni minuti e poi riprendeva a camminare. Perché lo faceva? Per vedere se lo aspettavo? Assurdo, non era il tipo...credo. Dopo un'eternità finalmente vidi il portico di casa mia e mi fermai.
-Ok...ehm, sono arrivata , ancora grazie di tutto- gli dissi.
-Prego, Anna- rispose lui- ci vediamo-.
Con queste parole se ne andò e attraversato la strada, scomparse non appena svoltò l'angolo. Che tipo...ma tutti io li dovevo incontrare? Con le idee ancora confuse feci le scale e presi la chiave di scorta. Mia madre ancora non era arrivata, quindi toccava a me preparare la cena sta sera. Posai zaino e cappotto sul divano, accesi la TV per compagnia e andai in cucina. Aprendo il frigorifero vidi che mia madre sta mattina aveva preparato l'insalata e qualche panino. Misi a riscaldare quelli e a tavola misi l'insalata, dopo di che presi una padella per friggere qualche patatina e due hamburger. Coprii il tutto per non farlo raffreddare e andai a rilassarmi nel salotto, aspettando mia madre. Di solito non guardo la TV, ma sta sera c'era un vecchio film che guardavo da bambina, quindi prestai attenzione. Solo quando vidi i titoli di coda mi accorsi di una cosa...Erik come faceva a sapere il mio nome?

 

   
 
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