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Autore: Artemisia98    07/12/2014    0 recensioni
...La strega sorrise e si avviò fiduciosa.
Poco dopo, qualcuno busso alla porta, gridando:
“Aprite, cari piccini; c'è qui la vostra mamma, che vi ha portato una cioccorana ciascuno”.
Ma dalla voce rauca i maghetti capirono che era il lupo mannaro...
Ecco una rivisitazione delle solite e noiose favole babbane, con personaggi decisamente più interessanti ed un pizzico di magia!
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
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Calderentola

~Andromeda, Bellatrix, Narcissa.

 

La moglie di un ricco mago si ammalò, e quando senti avvicinarsi la fine chiamò al capezzale la sua unica figlioletta dicendole: "Bimba mia, si sempre docile e buona, così il buon Dio ti aiuterà e io ti guarderò dal Cielo e ti sarò vicina".
Poi chiuse gli occhi e morì.
La piccola strega andava ogni giorno sulla tomba della madre, piangeva ed era sempre docile e buona.
Quando venne l'inverno la neve ricoprì la tomba con il suo bianco drappo, e quando il sole di primavera l'ebbe sciolto, il padre della bimba prese moglie di nuovo.
La donna era una brutta megera e aveva portato in casa due figlie, belle e bianche di viso, ma brutte e nere di cuore.
Cominciarono tristi giorni per la povera bambina.
"Quella stupida oca" dicevano "perchè sta in salotto con noi? Chi mangia il pane deve guadagnarselo: fuori sguattera!"
Le tolsero i suoi bei vestiti, le fecero indossare un vecchio abito grigio sformato e le diedero un paio di vecchi stivali con la punta tutti rappezzati.
"Guardate la principessa com'è agghindata!" esclamavano ridendo e la condussero in cucina. Là dovette lavorare da mattina a sera. Alzarsi all'alba, portare l'acqua, accendere il fuoco, preparepozioni per le sorellastre e lavare tutte le ampolle presenti nella cucina.
Per giunta le sorelle glie ne facevano di tutti colori, la prendevano in giro, le versavano crini di unicorno nella cenere ed ella dovette raccoglierli uno a uno. La sera, dopo tante fatiche, non andava a letto ma si coricava nel grosso calderone, accanto al focolare. E poiché era sempre sporca e impolverata, la chiamavano Calderentola.
Una volta il padre prima di andare alla fiera, chiese alle due figliastre che cosa dovesse portare loro.
"Bei vestiti" dille la prima.
"Perle gemme" disse la seconda.
"E tu, Calderentola" egli chiese "che vuoi?".
"Babbo, il primo rametto che vi urta il cappello sulla via del ritorno coglietelo per me".
Egli comprò bei vestiti, perle gemme per le due figliastre e sulla via del ritorno, mentre volava con la scopa per un verde boschetto, un ramo di salice lo sfiorò e gli fece cadere il cappello. Allora egli colse il rametto e lo portò con sè.
Giunto a casa, diede alle figliastre quel che avevano desiderato e il ramo di salice a Calderentola.
Calderentola lo ringraziò, andò sulla tomba della madre, piantò il rametto e pianse tanto che le lacrime vi caddero sopra e lo annaffiarono.
Il ramo crebbe e divenne una bella pianta. Calderentola ci andava tre volte al giorno, piangeva e pregava e ogni volta si posava sulla pianta un gufo bruno che, se ella esprimeva un desiderio, le donava quel che aveva desiderato.
Ora avvenne che il re diede una festa che doveva durare tre giorni e invitò tutte le ragazze del paese, perchè il principe potesse scegliersi una sposa.
Le due sorellastre quando seppero che dovevano partecipare anche loro, chiamarono Calderentola e dissero: "Pettinaci, lucida gli stivali e assicura le fibie: andiamo alla festa al castello del re".
Calderentola ubbidì, ma piangeva, perchè anche lei sarebbe andata volentieri al ballo e pregò la matrigna di accordarle il permesso.
"Tu, Calderentola" esclamò quella "sei così sporca e impolverata e vuoi andare alla festa? Non hai nè vestiti nè mantelli e vuoi danzare?"
Ma cenerentola insisteva e la megera finì col dire: "Ti ho versato nella cenere un piatto di semi di tentacula velenosa; se in due ore le raccoglierai tutte andrai anche tu".
La fanciulla andò nell'orto dietro casa: "Civette mie, e voi barbagianni e voi gufi tutti del cielo, venite e aiutatemi a raccogliere i semi:
     i buoni nel pentolino
     i cattivi nel gozzino".
Allora dalla finestra della fucina entrarono due civette bianche, poi i barbagianni e infine, frullando e svolazzando, entrarono tutti i gufi del cielo, che si posarono intorno alla cenere.
Le civette, accennando un si  con le testine, iniziarono a beccare i semi pic, pic, pic, pic, e così fecero anche gli altri uccellini pic, pic, pic, pic, e raccolsero tutti i grani buoni nel piatto.
Non passò un'ora che avevano gia tutti finito e volarono tutti via. Allora la streghetta, tutta contenta, portò il piatto alla megera e credeva di poter andare alla festa anche lei.
Ma la matrigna disse: "No, Calderentola; non hai vestiti e non sai ballare, saresti soltanto derisa".
Calderentola si mise a piangere e la matrigna disse: "Se in un'ora riesci a raccogliere dalla cenere due piatti pieni di semi, verrai anche tu".
E pensava: "Non ci riuscirai mai".
Quando la matrigna ebbe versatovi due piatti di semi di tentacula nella cenere, la fanciulla andò nell'orto dietro casa e gridò: "Civette mie, e voi barbagianni, e voi gufi tutti del cielo, venite e aiutatemi a raccogliere i semi:
     i buoni nel pentolino
     i cattivi nel gozzino".
Allora dalla finestra della cucina entrarono due civette bianche, poi i barbagianni e infine, frullando e svolazzando, entrarono tutti gli gufi del cielo, che si posarono intorno alla cenere.
Le civette, accennando un si con le testine, iniziarono a beccare i semi pic, pic, pic, pic e così fecero anche gli altri uccellini pic, pic, pic, pic e raccolsero tutti i grani buoni nel piatto.
E non passò mezz'ora che avevano già finito e volarono via.
Allora la fanciulla, tutta contenta, portò i piatti alla megera e credeva di poter andare alla festa anche lei.
Ma la megera disse: "È inutile: tu non vieni, perchè non hai vestiti e non sai ballare; dovremmo vergognarci di te".
Le voltò le spalle e se ne andò in fretta con quelle due figlie superbe.
Rimasta sola, Calderentola andò sulla tomba della madre e gridò:
    "Piantina, scuotiti, scrollati
     d'oro e d'argento coprimi".
Allora il gufo le gettò un abito d'oro e d'argento  e stivali trapunti d'argento e un lungo mantello di seta blu notte. In fretta ella indossò l'abito e andò alla festa. Ma le sorelle e la megera non la riconobbero e credevano fosse una principessa sconosciuta, tant'era bella nell'abito d'oro.
A Calderentola non pensavano affatto e credevano se ne stesse a casa nel sudiciume a raccogliere i semi dalla cenere.
Il principe le venne incontro, la prese per mano e ballò con lei.
E non volle ballare con nessun'altra; non le lasciò mai la mano e se un altro la invitava a ballare diceva: "Questa è la mia strega".
Calderentola danzò fino a sera, poi volle andare a casa. Ma il principe disse: "Vengo ad accompagnarti", perchè voleva vedere da dove venisse la bella fanciulla. Ma ella scappò e balzò nella guferia.
Il principe aspettò che tornasse il padre e gli disse che la bella fanciulla era saltata nella guferia.
Il vecchio penso: "Che sia Calderentola?"" e si fece portare un piccone e un accetta per buttare giù la guferia; ma dentro non c'era nessuno.
Quando tornaromo a casa, Calderentola era rannicchiata nel calderone nelle sue vesti sporche e un lumino ad olio ardeva a stento nel focolare.
Da un'apertura posteriore ella era saltata prontamente fuori dalla guferia ed era corsa sotto il salice. Là si era tolta le belle vesti e le aveva disposte sulla tomba, il gufo le aveva riprese ed ella, indossato il suo abito grigio, si era coricata sulla cenere, in cucina.
Il giorno dopo, quando ricominciò la festa la festa e i genitori e le sorellastre erano dinuovo usciti, Calderentola andò sotto il nocciolo e gridò:
    "Piantina, scuotiti, scrollati
     d'oro e d'argento coprimi".
Allora il gufo le getto un abito ancor più superbo del primo.
E quando, così abbigliata, comparve alla festa, tutti si meravigliarono della sua bellezza.
Ma il principe che l'aveva aspettata, la prese per mano e ballò soltanto con lei. Quando la invitavano gli altri, diceva: "Questa è la mia strega".
La sera ella se ne andò e il principe la seguì per vedere dove entrasse; ma ella fuggì d'un balzo nell'orto dietro casa.
Là c'era un albero alto da cui pendevano magnifiche arance. Calderentola si arrampicò fra i rami, svelta come uno nargillo e il principe capì dove fosse sparita.
Ma aspettò che arrivasse il padre e gli disse: "La streghetta forestiera mi è scappata e credo si sia arrampicata sull'arancio".
Il padre pensò: "Che sia Cenerentola?" si fece portare l'ascia e abbattè l'albero, ma sopra non c'era nessuno.
E quando entrarono in cucina, Cenerentola era rannicchiata nel calderone come al solito: era saltata giù dall'altra parte dell'albero, aveva riportato le belle vesti al gufo sul salice e indossato il suo abito grigio.
Il terzo giorno, quando i genitori e le sorelle se ne furono andati , Calderentola tornò sulla tomba di sua madre e disse alla pianticella:
    "Piantina, scuotiti, scrollati
     d'oro e d'argento coprimi".
E il gufo le gettò un abito sfarzoso e rilucente come non ne aveva ancora avuti; e gli stivali e il mantello erano tutti d'oro. Quando ella comparve a corte con quell'abito, non ebbero più parole per la meraviglia.
Il principe ballò soltanto con lei e se qualcuno la invitava egli diceva: "Questa è la mia strega".
Quando fu sera, Calderentola se ne andò e il principe volle accompagnarla, ma ella fuggì così rapida che non riuscì a seguirla.
Il principe tuttavia era ricorso a un'astuzia e aveva fatto spalmare tutto il corrimano della scala di pece: quando la fanciulla corse via la sua bacchetta che teneva sempre in mano vi rimase appiccicata. Il principe la raccolse: era piccola, leggera e di legno chiaro.
La mattina dopo andò dal padre di Calderentola e disse: "Sarà mia sposa soltanto colei che potrà usare questa bacchetta".
Allora le due sorelle si rallegrano, perchè pensavano entrambe di poterla utilizzare. La maggiore andò con la bacchetta in camera sua e volle provarla davanti a sua madre. Ma la bacchetta aveva un impugnatura troppo piccola per la sua mano. Allora la madre le porse un coltello e disse: "Tagliati un dito; quando sarai regina, non avrai più bisogno di usare le mani per lavorare".
La fanciulla si tagliò il dito, infilo i guanti, contenne il dolore e andò dal principe. Egli la mise sul manico di scopa come sua sposa e partì con lei.
Ma dovevano passare davanti alla tomba; due civette, posate sul salice gridarono:
    "Volgiti, volgiti, guarda:
     c'è sangue nel guanto.
     Strettina è la bacchettina.
     La vera sposa è ancor nella casetta".
Allora egli le guardò il guanto e ne vide sgorgare il sangue. Voltò il cavallo, riportò a casa la falsa strega e disse che l'altra sorella provasse a usare la bacchetta.
Essa andò nella sua camera e riuscì facilmente a prendere la bacchetta, ma il polso era troppo grosso e vi picchiava contro. Allora la madre le porse un coltello e disse: "Tagliati un pezzo di polso; quando sarai regina non avrai bisogno di usare le mani per lavorare". La fanciulla si tagliò un pezzo di polso, infilò il guanto, contenne il dolore e andò dal principe.
E questi la mise sul cavallo e la portò con se.
Quando passarono accanto al salice, le due civette gridarono:
    "Volgiti, volgiti, guarda:
     c'è sangue nel guanto.
     Strettina è la bacchettina.
     La vera sposa è ancor nella casetta".
Egli le guardò la mano e vide sgorgare il sangue dal guanto, sprizzando purpureo sulla manica bianca del vestito. Allora voltò il cavallo e riportò a casa anche la seconda sorella.
"Neppur questa è la vera," disse "non avete altre figlie?".
"No" disse l'uomo "c'è soltanto la piccola e misera Calderentola, della moglie che mi è morta: è impossibile che sia la sposa".
Ma egli lo volle assolutamente e dovettero chiamare Calderentola.
Ella prima si lavò ben bene le mani e il volto, poi si chinò davanti al principe, che le porse la piccola bacchetta.
Allora ella si mise a sedere sullo sgabello, prese la bacchetta che entrava pennello nella sua mano, la agitò impercettibilmente e da questa uscì una fila di scintille bianche e dorate.
Quando si alzò, il principe la guardò in viso, riconobbe la bella strega con cui aveva danzato e gridò: "Questa è la vera sposa!".
La megera e le due sorellastre si spaventarono e impallidirono dall'ira, ma egli mise Calderentola sul manico di scopa e se ne andò con lei.
Quando passarono accanto al salice, le due civette bianche gridarono:
    "Volgiti, volgiti, guarda:
     non c'è sangue nel guanto
     la bacchetta non è troppo piccina.
     porti a casa la vera sposina.
E poi volando si posarono sulle spalle di Calderentola e li rimasero, l'una a destra, l'altra a sinistra.
Quando stavano per essere celebrate le nozze,  arrivarono le sorellastre, che volevano ingraziarsi Carderentola e partecipare alla sua fortuna.
Mentre gli sposi andavano in chiesa con la sorellastra maggiore a destra e quella minore a sinistra di Calderentola, le civette cavarono un occhio a ciascuna.
Poi, all'uscita la maggiore era a sinistra e la minore a destra e le civette cavarono l'oro l'altro occhio.
Così furono punite per tutta la vita, perchè erano state false e malvagie.
La cerimonia si svolse nella chiesa del castello e il principe visse Sempre felice con Carderentola.


Angolo autrice:
La prima cosa che devo dire è: scusa!
A tutti coloro che aspettavano la pubblicazione del nuovo capitolo. Mi dispiace davvero tantissimo, mi avevo promesso che avrei pubblicato tutte le settimane me nell'ultimo periodo a scuola ci hanno riempiti di verifiche; questa settimana appena passata per esempio l'ho trascorsa studiando storia dell'arte e la prossima ho la verifica sulla Divina Commedia.
Spero di riuscire al più presto ad aggiornare con le nuove storie ed a pubblicare altre due ff che sto scrivendo.
Spero che la fiaba di Calderentola vi sia piaciuta, per favore commentate, potete anche insultarmi perchè non ho mantenuto la promessa se volete!
Un bacio a tutti,
Artemisia♡

P.S.
Se vi chiedono perchè Dante ha scritto la Commedia, voi rispondete che l'ha scritta perchè Beatrice l'ha friendzonizato!!!!!

 

   
 
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