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Autore: FeLisbon    08/12/2014    4 recensioni
Chi non ricorda le parole che Jane usa per descrivere la sua donna ideale? (3x19)
E chi non ha sempre pensato a Lisbon nell'ascoltare quella descrizione?
Ecco, ora che si sono finalmente trovati, tutto sembra essere al posto giusto e Teresa sembra avere tutto ciò che Patrick ha sempre cercato. Ma questo può bastare?
I due partner sono alle prese con un nuovo caso, che tirerà fuori il meglio ed il peggio di loro..
Sulle orme di queste parole, vi auguro una buona lettura.
Genere: Azione, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Patrick Jane, Teresa Lisbon, Un po' tutti | Coppie: Jane/Lisbon
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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SOMEONE AT PEACE WITH THEMSELVES

 

La notizia arrivò improvvisa e gradita come una ventata di aria fresca: avevano trovato e fermato Peter Walsh ad un posto di blocco al confine con il Messico. Lo stavano portando alla sede dell'FBI.
Lisbon tentava di non dare a vedere il suo stato d'animo, ma Jane riconobbe in fretta il sentimento di speranza che provava. Lui invece non riusciva a gioire: aveva la netta sensazione che quel ragazzo sarebbe stato loro inutile e che stessero solamente girando a vuoto.

Tirò fuori dalla tasca della giacca la fotografia di Carol – ormai tutta spiegazzata – e si perse di nuovo nei suoi occhi. Ricordò l'ultima volta che aveva potuto guardarli dal vivo e quasi si commosse.
Era solamente una bambina, ma era così intelligente! Ogni volta che faceva sparire la monetina fra le mani e la faceva ricomparire da dietro il suo orecchio Charlotte non rideva di gusto come tutti gli altri suoi coetanei, non rimaneva sbalordita. Sorrideva debolmente poi chiedeva al suo papà di rifarlo un'altra volta. E poi ancora. E ancora. Guardava con attenzione, con la fronte corrucciata e gli splendidi occhi azzurri ridotti a due sottili fessure. Tentava di capire il trucco. Il resto del mondo spariva e tutta la sua concentrazione si focalizzava sui movimenti del padre.
Quando infine si accorgeva di non saper risolvere quell'enigma non si arrabbiava: spalancava gli occhi e li puntava in quelli di lui, e con la voce piena di emozione affermava “Un giorno saprò farlo anche io papà.”
“Jane!” quella voce baritonale lo riscosse dal suo viaggio nel passato. Si accorse di essere fermo, in piedi in mezzo al corridoio. Da quanto tempo stava lì così?
“Va tutto bene? Cosa fai lì impalato? Sono arrivati gli agenti con Walsh. Lo stiamo per interrogare.”
“Ah, ottima notizia.” e sorrise pacifico per cancellare dalla mente di Abbott qualsiasi genere di preoccupazione riguardante lui. Lo seguì nella stanza adiacente a quella degli interrogatori da cui potevano osservare il sospettato senza essere visti.
“Lisbon il tuo fidanzato è strano. Se stesse progettando qualche stupidaggine delle sue voglio sperare che mi avvertirai.”
Teresa annuì e si volse con aria interrogativa verso Patrick, come a chiedergli spiegazioni. Lui assunse un'espressione furbesca e divertita e non disse niente. Preferiva che tutti pensassero che stesse combinando qualche pasticcio piuttosto che attribuissero la sua “stranezza” ad un coinvolgimento personale. Tutti tranne Lisbon ovviamente, che già sapeva e aveva capito. Quando la bella l'agente uscì dalla stanza per raggiungere Cho dall'altra parte del vetro, passò accanto al suo consulente gli sfiorò la schiena con la mano, sperando che il suo capo non lo notasse: odiava mostrarsi in atteggiamenti intimi in pubblico! E per una come lei anche una semplice carezza innocente era da classificarsi sotto i “comportamenti inadeguati” sul lavoro.
Cho cominciò l'interrogatorio, mentre Lisbon si sedeva al suo fianco.
“Immagino che tu sappia perché sei qui.”
Il ragazzo appariva piuttosto agitato e scosso.
“Carol Holland, ti dice qualcosa questo nome?”
“S...si...è la figlia del senatore Holland.”
“Ed è anche la ragazza con cui sei andato via da una festa tre giorni fa.”
Peter spalancò gli occhi, era sorpreso, ma neanche Jane riusciva a capire per che cosa. Rimase in silenzio per qualche secondo poi annuì arrendevolmente.
“Si, è venuta a casa mia quella sera. Ma solo qualche ora dopo l'ho riaccompagnata a casa. Era ubriaca e non volevo...insomma...è la figlia di un senatore, se avessi...approfittato della situazione sarebbe finita male, capite?”
Tentò di fare un piccolo sorriso sperando in una qualche complicità da parte dell'agente, ma Cho rimase impassibile, serio, fissandolo negli occhi.
“Quindi se non fosse stata la figlia di un senatore avresti approfittato di lei, ma essendo una ragazza importante sei stato un gentiluomo e l'hai riportata a casa.”
“Si! Cioè, no... Sono un bravo ragazzo, non ho mai fatto del male a nessuna, tanto meno a Carol Holland. L'ho riaccompagna a casa! Giuro! Suo zio può confermarlo.”
Lisbon alzò lo sguardo e lo puntò sul ragazzo apparentemente spaventato che aveva di fronte.
“Di chi parli?”
Adesso si che era sorpreso. I suoi occhi erano fissi e non si mosse di un millimetro.
Nell'altra stanza Jane sbuffò e assunse un'espressione seccata. Quando Abbott gli chiese le ragioni lui affermò che il ragazzo stava dicendo la verità, era palese.
“Ne sei sicuro Jane? Andrew Holland non ci ha detto di avere un fratello, né un cognato. Come potrebbe essere la verità?”
“Lo è. Non ha modificato la sua posizione sulla seggiola, non ha abbassato lo sguardo neanche un secondo, le sue palpebre non sbattono rapidamente e la sua sorpresa è autentica. L'ha riaccompagnata a casa. Ma se può interessarti ha mentito quando ha detto di essere un bravo ragazzo.”
Nel frattempo Walsh stava spiegando come quella sera aveva fatto salire Carol nella sua auto e l'aveva fatta sdraiare sui sedili posteriori per poi guidare fino a casa sua. Dopo averla fatta scendere l'aveva sorretta: era proprio conciata male. Mentre attraversavano il vialetto che conduceva al grande portone un uomo l'aveva salutata e si era avvicinato a loro. Carol non aveva risposto, ma aveva smesso di parlare del tutto da quando erano partiti! L'uomo si presentò come John Holland e disse che avrebbe accompagnato lui sua nipote in casa.
“Insomma, cosa potevo fare? Non volevo cacciarmi nei casini, così ho annuito e me la sono filata!”
Jane ripercorse mentalmente la lista dei nomi che Lisbon gli aveva procurato il giorno prima, John Holland non c'era. I casi erano due: o l'uomo incontrato da Peter aveva dato un nome falso oppure il senatore aveva omesso per qualche ragione una persona fondamentale dal suo elenco.
“Abbott devo parlare con Holland.”
L'agente rimase a fissarlo sbalordito. Si aspettava davvero che il senatore avrebbe acconsentito ad un altro incontro vista la conclusione turbolenta dell'ultimo?
“Scordatelo Jane. Se devi fargli qualche domanda sarò lieto di fare da tramite, ma non ti permetterò di mettere nuovamente tutta la squadra in pericolo perché hai voglia di giocare con una figura così importante come quella di Holland.”
Patrick stava già per ribattere irritato, ma una telefonata interruppe la discussione in corso. Il capo rispose con tono formale al cellulare e uscì dalla stanza per poter continuare la conversazione nel suo ufficio.
Cho e Lisbon raggiunsero Jane e gli chiesero cosa ne pensasse. Mentre il consulente li rendeva partecipi delle sue conclusioni, uno strano presentimento cominciò a farsi strada nel suo stomaco: lo sentiva attorcigliarsi lentamente ma inesorabilmente e non se ne spiegava la ragione.
Poi Dennis tornò nella stanza e in un attimo fu tutto chiaro.

Era morta.

Non ci fu neanche bisogno di ascoltare le parole dell'uomo. Aveva la fronte corrucciata ed uno sguardo serio, dispiaciuto. Era un'espressione inconfondibile.
Abbott diede la notizia a gli altri presenti nella stanza che non erano in grado di leggere la mente come Patrick; quest'ultimo non sentì la sua voce: era sprofondato nel buio dei suoi pensieri.

Era accaduto di nuovo. Ancora, come allora, non era stato capace di salvarla. Charlotte non c'era più, qualcuno aveva spento la sua giovane vita con brutale violenza. E non c'era più neanche Carol, per lo stesso motivo. Jane non era riuscito a salvarle, le aveva perse entrambe. Non era stato abbastanza abile, intelligente, acuto da risolvere il mistero che stava dietro a quella scomparsa ed ora era tutto finito. Quegli occhi azzurro cielo avevano ancora tanto da guardare, ma non lo avrebbero più fatto, perché qualcuno li aveva chiusi per sempre e lui, Patrick Jane non aveva fatto niente per impedirlo. Erano scomparse. Quelle due giovani fanciulle non sarebbero più ritornate dalle loro famiglie.
L'oscurità lo avvolse.
Avrebbe dovuto aspettarselo, era la conclusione più probabile per quella situazione. Ma quando c'erano di mezzo i suoi sentimenti non riusciva mai a considerare le scarse percentuali di successo con razionalità. Ci aveva sperato. Come uno sciocco aveva sul serio sperato di ritrovare Carol viva e di poterla riportare dai suoi genitori. Per qualche secondo aveva persino pensato che salvando lei avrebbe rimediato al danno fatto molti anni prima, sarebbe stato un po' come salvare la sua piccola Charlotte. Ma aveva fallito. Di nuovo. Come si poteva fare i conti con tutto ciò? Come si poteva tornare a casa, tornare alla vita di sempre, sapendo di non essere riusciti a salvare una ragazza in pericolo?
Il coroner aveva detto che l'ora del decesso si aggirava intorno alle dieci di quella stessa mattina. Era ancora viva quando avevano cominciato le indagini. Se fossero stati più bravi, più rapidi avrebbero davvero potuto salvarla. Patrick avrebbe dovuto salvarla.

Era sul suo divano, immobile. Fingeva di dormire per non essere disturbato, mentre intorno a lui il mondo continuava a girare: i suoi colleghi cominciarono immediatamente le ricerche per trovare questo “John Holland” o chiunque fosse. Non si fermarono un secondo, continuarono imperterriti a lavorare.
Lisbon era preoccupata. Ogni tanto passava davanti al suo partner e controllava il suo stato. Era pessimo, e lei non sapeva come gestire la situazione. Avrebbe voluto andare a svegliarlo e obbligarlo a collaborare con loro per trovare il colpevole, e in passato l'avrebbe fatto! Ma ora era diverso. Patrick si era aperto con lei e l'aveva resa partecipe di tutto. Non poteva fingere di non sapere quanto Carol significasse per lui, non poteva chiedergli di riprendersi in fretta e di aiutarli. Avrebbe dovuto, ma non ne aveva la forza. Così le ore passarono, senza che Teresa riuscisse ad interagire con lui. Si buttò anima e corpo nelle indagini: era il suo modo di reagire alla brutta notizia.
Quando finalmente Jane si decise a riaprire gli occhi il cielo si era già fatto buio, e anche l'ufficio cominciava ad essere immerso nella penombra, segno che la maggior parte degli agenti erano già tornata a casa. Si guardò intorno, il piano era deserto. Anche la scrivania che si trovava a pochi passi da lui era disabitata, Lisbon non era lì. Per un attimo rimase interdetto, ma solo per un attimo: sapeva esattamente dove avrebbe potuto trovare la sua compagna.

Patrick aprì lentamente il pesante portone di legno ed un penetrante odore di incenso lo travolse. Regnava il silenzio. Una moltitudine di candele poste nelle navate laterali illuminavano debolmente l'interno della piccola chiesetta. Tentando di non fare rumore si avvicinò all'unica persona presente. Lisbon era seduta in una delle prime panche, con lo sguardo leggermente rivolto verso l'alto. Pregava. Vedendola così lui non poté fare a meno di sorridere debolmente, ricordando una stessa situazione che avevano vissuto tanti anni prima. Com'erano lontani quei tempi, e quanto l'aveva fatta soffrire! In cuor suo si ripromise per l'ennesima volta che avrebbe fatto di tutto per non farla star male mai più, ma nell'atmosfera di quella chiesa silenziosa la promessa fatta a se stesso gli sembrò ancora più importante e vera del solito.
Si sedette nella fila appena dietro di lei, poi appoggiò i gomiti allo schienale della panca davanti, con il viso vicino alla spalla di Lisbon.
“Sapevo che ti avrei trovata qui.”
Stava ancora malissimo, ma adesso che era così vicino alla sua Teresa sentiva di poter tirare un sospiro di sollievo da tutti i suoi tormenti.
“Speravo che venissi.” si voltò appena un poco verso di lui per sorridergli.
“Come fai a stare bene? Ad essere così tranquilla?”
“Lo sai come.”
“Già, la tua fede...”
“Patrick, Carol adesso sta bene...e anche Charlotte, e...e tutti gli altri. Io ne sono sicura.”
“Vorrei poterci credere Teresa, vorrei trovare quella pace interiore che tu hai e che tanto amo di te.”
Lisbon sorrise e gli occhi le si inumidirono. Si ricordò di un video visto tanti anni prima, in cui Jane descriveva la sua donna ideale e diceva che avrebbe dovuto essere in pace con se stessa. Ed ora lui era lì, di fianco a lei e diceva di amarla.
“Lo so, un giorno forse troverai anche tu la tua pace e potrai finalmente credere che i tuoi cari stanno bene... E fino ad allora crederò io per entrambi.”
Jane sapeva che non avrebbe mai avuto la fede che animava la sua partner, ma per la prima volta non riuscì a negare del tutto quell'ipotesi, e si lasciò andare, solo per qualche secondo, alla speranza di trovare un giorno quella pace vera.
Appoggiò la testa sulla spalla di lei e rimase così, a lungo.
“Ti amo Teresa.”












-Angolo dell'autrice-
Visto che è festa, pubblico con un girono d'anticipo =)
Spero davvero che questo capitolo vi piaccia, personalmente è, fin ora, il mio preferito. E' stato per me molto importante scriverlo e condividerlo con voi, quindi spero che abbiate voglia di lasciare un vostro commento e di farmi sapere se vi è piaciuto (o di lasciarmi eventuali critiche costruttive, che sono sempre ben accette!)
Come sempre spero di aggiornare tra 7-10 giorni.
Ps: chi indovina il prossimo titolo? =D

 
   
 
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