Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Lady Windermere    08/12/2014    4 recensioni
-No, Mr Horace, non credo di aver mai raccolto delle rape in vita mia.-
Mr Goldwin sembrò assai stupito da tale affermazione –Mia cara, dovete assolutamente provarci! Potrei insegnarvelo io se mi permettete l’ardire di farlo.-
Scarlett sorrise amabilmente –Vi permetto tutto ciò che volete mio caro Mr Horace…-
Basta che non mi secchiate più in questo modo! concluse nella sua testa.
Il giovane pretendente arrossì –Beh…co-comunque n-non credo di es-esserne all’altezza.-
balbettò.
-Però potrei affidarvi al mio maestro di botanica, con lui sarete in buone mani…- continuò serio.
Lady Scarlett sbuffò di noia e annuì distrattamente.
Mr Horace prese erroneamente lo sbuffo per un sospiro e credette di essere gradito.
Ripartì all’attacco –E non dovreste fermarvi solo alle rape, ma potreste coltivare qualsiasi altro ortaggio voi desideriate. I cavoli, vi assicuro, danno molta soddisfazione…-
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo Due

 

 

 

Fiamme. Fiamme ovunque. Un odore metallico pervadeva la stanza.

Gli schiocchi e gli strepitii del fuoco si alternavano con il clangore sordo delle spade.

Un urlo risuonò nella notte.

Rosalba si svegliò di soprassalto. Ormai lo stesso incubo turbava le sue notti da quindici anni. Era quasi un’abitudine.

Troppi pensieri, troppe domande senza risposta l’assillavano. Chi era lei veramente? Perché viveva con i suoi zii? Dov’erano i suoi veri genitori? Perché non poteva visitare la Capitale?

A questo pensiero Rosalba fu presa da un cocente desiderio, una voglia disperata di poter fare le cose che normalmente facevano le altre ragazze: avere delle amiche, innamorarsi…

Rosalba non aveva mai parlato con nessuno all’infuori dei suoi zii, né  tanto meno aveva conosciuto qualcuno al punto di provare sentimenti profondi.

Non sono nemmeno mai andata a un ballo! riflettè sconcertata la giovane. Com’era possibile che svaghi comuni a qualsiasi altra ragazza fossero a lei preclusi?

Dopotutto ho quasi sedici anni si disse Rosalba. Le sarebbe piaciuto provare la sensazione di essere ammirata, contemplata, lodata mentre faceva il suo primo ingresso trionfale nella sala da ballo, come accadeva a tutte le ragazze che facevano il loro debutto in Società.

Le sarebbe piaciuto danzare, piroettare sulle note di un valzer, fremere al tocco di una mano che le cingeva la vita, abbandonare la testa su una spalla, completamente soggiogata dalla dolce musica. Le sarebbe piaciuto conversare amabilmente con duchesse, contesse, baronesse e amoreggiare elegantemente con rampolli delle più nobili casate di Enchantment.

In fin dei conti chi se lo merita più di me? pensò la giovane.

Avrebbe avuto successo, altrochè, sarebbe stata l’idolo di schiere di aitanti damerini incipriati, sarebbe salita all’apice della moda della Capitale, avrebbe fatto scalpore.

Alla sua prima Stagione avrebbe avuto almeno una dozzina di proposte di matrimonio, si sarebbe fatta desiderare e, infine, avrebbe ceduto alle pressanti richieste del più ricco, più bel principe della zona.

Il suo matrimonio sarebbe stato l’evento dell’anno, tutti vi avrebbero presenziato. Avrebbe ricevuto complimenti, congratulazioni, felicitazioni. Sarebbe divenuta una principessa.

Era questo infatti il suo sogno, la sua ambizione: diventare qualcuno, palesare al mondo la propria esistenza, dimostrare a sé stessa il proprio valore.

Purtroppo però la ragazza sapeva benissimo che nulla di quanto desiderava sarebbe diventato realtà se non fosse riuscita a evadere da quella gabbia invisibile che le avevano costruito attorno i suoi zii. O, meglio, presunti zii. Rosalba era abbastanza sicura che non avessero nemmeno una goccia del suo sangue.

La ragazza saltò giù da letto e si affacciò al balcone.

La foresta di Greenwood dominava tutta la vallata. Gli alberi si inerpicavano liberi occupando tutto lo spazio disponibile, si poteva intravedere tra le piante un piccolo sentiero sterrato che conduceva dritto dritto a Lonliness. Sul fondo vi era il Lightwater, il fiume che delimitava il confine tra Melancholy e Redstone, il regno confinante. Il nome del fiume era dovuto alle sue acque cristalline, quasi trasparenti. Si diceva che questa purezza fosse determinata da un incantesimo potentissimo, compiuto da una sirena in punto di morte. Si diceva che le sue acque avessero poteri  miracolosi e che una sola goccia bastasse per guarire da qualunque ferita.

Era quasi l’alba ormai e i primi raggi del sole cominciavano a spuntare all’orizzonte, rischiarando il paesaggio. Rosalba riuscì a scorgere allora le candide guglie del castello di Lonliness. La Capitale di Melancholy comprendeva infatti il palazzo del Reggente e i villaggi nei dintorni. Si diceva che il marmo per le sue pareti fosse stato portato direttamente da oltremare e che a costruirlo fossero stati i giganti. Tutto questo la ragazza lo aveva imparato dai suoi libri e dai racconti degli zii. Lei infatti non aveva mai varcato il confine della zona delimitata dalla foresta. Le era stato severamente proibito. Inoltre non poteva uscire di casa senza la scorta di uno dei tre fratelli Rosenoir.

Mentre era immersa nei suoi pensieri un uccellino si posò proprio vicino alla sua mano.

Quando lo notò si fermò ad osservarlo -Almeno tu puoi andare e venire quando vuoi, non è così piccolo ammasso di piume? A me questo è negato…-

 Presa da un sordo rancore rientrò in fretta nella sua stanza e chiuse rabbiosamente la  finestra del terrazzo. L’uccellino volò via spaventato.

Quando ritornò nel suo letto Rosalba aveva preso ormai una decisione: sarebbe scappata.

 

 

La mattina dopo la ragazza ebbe il tempo di riflettere sulla cosa. Non sarebbe stato affatto facile. Per niente. I suoi zii non la lasciavano sola un minuto. Avrebbe dovuto aspettare il buio per fuggire, ma anche questo le procurava non pochi problemi. Viaggiare di notte nella foresta di Greenwood e, per di più, completamente sola, non era proprio l’ideale per una giovane fanciulla. A quanto ne sapeva lei poteva esserci di tutto nascosto dietro gli alberi. Ma se voleva avere l’opportunità di vivere la sua vita, questa era l’unica speranza. Non poteva permettersi di fare la schizzinosa, anche se l’idea non le andava a genio.

Non le rimaneva che accontentarsi.

Si diresse verso la scrivania e, presa della carta da lettere, intinse la penna nell’inchiostro e cominciò a scrivere:

 

Cari zii,

mi sono purtroppo resa conto che non posso più vivere in questo modo, nella menzogna, nella continua ricerca di me stessa e delle mie origini.

Io voglio delle risposte, visto che voi non volete o non potete darmene, che mi permettano di trovare finalmente la mia identità.

Per questo motivo, mi accingo a fare un passo che non avrei mai pensato di dover compiere. E ne sono molto molto dispiaciuta, non osate pensare il contrario. Soprattutto perché dovrò rubarvi prendervi in prestito qualche corona per il viaggio. Senza rancore eh?

Prendetevi cura delle mie cose e non toccate niente in mia assenza, poiché sono quasi assolutamente certa che tornerò.

Quindi non preoccupatevi per me e state allegri.

À bientôt…

la vostra amatissima Rosalba.

 

Quando ebbe finito di scrivere mise la lettera in una busta, la sigillò e la depose nel cassetto della scrivania, pronta per essere utilizzata.

 

 

Mentre Rosalba meditava piani diabolici per fuggire di casa, altre persone, non meno importanti, in un altro luogo, si stavano lambiccando il cervello, avendo ottenuto però finora scarsi risultati rispetto alla nostra protagonista.

Alla riunione del Consiglio di Enchantment la parola “Continente” era all’ordine del giorno.

Il normale Consiglio riuniva Lord Drenlincourt, la Regina e i rappresentanti dei dodici regni della Confederazione. I loro illustri Reggenti presenziavano solamente alle sedute del Consiglio Speciale, convocato unicamente in gravi circostanze.

-Suggerisco di vagliare tutte le varie possibilità prima di prendere decisioni affrettate.- consigliò Mr Delacroix, uno dei più eminenti rappresentanti della Confederazione, delegato di Stratford.

-Purtroppo per noi, mio caro Roger, non abbiamo il tempo necessario per questa operazione – dichiarò Lord Drenlincourt –dobbiamo prendere una decisione. Immediatamente. Mr Goldwin non ci lascerà altro tempo per discutere.-

Un giovanissimo consigliere, venuto in rappresentanza di Blackpool, si schiarì la voce –Non penso che a Mr Goldwin convenga molto rinunciare alla nostra alleanza. Dopotutto è il suo paese nei guai, non il nostro.

E, a meno che non ci siano forme di vita umane nelle Lande Desolate, noi siamo gli unici a cui possa chiedere aiuto.-

Borbottii di assenso riempirono la stanza. Lord Lawrence Redford, portavoce di Redstone e unico erede della casata dei duchi di Redford, annuì col capo –Il ragazzo non ha tutti i torti, James. E comunque Mr Goldwin si è disinteressato a noi per tutto questo tempo, non vedo quindi perché noi dovremmo aiutarlo ora.-

Lord Drenlincourt ebbe un moto di stizza –Perché dovremmo aiutarlo? Beh voi che dite? Se il capo dello sviluppatissimo Continente vuole stringere un alleanza con il molto meno progredito Enchantment, allora vuol dire che sotto deve esserci qualcosa di grosso, di molto grosso. Qualcosa per cui le loro sole forze non bastano. E io non voglio immaginare le conseguenze per il nostro Paese se quel qualcosa si abbattesse su di noi.-

Sguardi allarmati percorsero i volti dei Consiglieri presenti.

-Non è detto che ci debba essere per forza qualche cosa di pericoloso in tutto questo, Drenlincourt.- intervenne seccamente Mr Ashley Dorlain, ambasciatore di Inverness.

-Ashley potvebbe avev vagione, James. Potvebbe esseve solo un inganno.- suggerì amabilmente il Marchese Raimond De Lavinelle, altro importante pilastro della nobiltà di Enchantment, nonostante il suo bizzarro difetto di pronuncia. Faceva le veci di Holyhead.

-Non siate assurdo, Raimond! Perché mai dovremmo trattarsi di un inganno? –ribattè il Presidente della Confederazione Magica.

Mr Dorlain gli gettò un’occhiata in tralice –E quale misteriosa e oscura minaccia dovrebbe preoccupare lo, come ha detto lei stesso, sviluppatissimo Continente?-

Lord Hamilton, delegato di Moodiness, rispose al suo posto –Beh, ci sono sempre i Ribelli del Nord…-

-Sciocchezze Robert!- tagliò corto Mr Dorlain –quella piccola manciata di ribelli impreparati non ha mai costituito una minaccia nemmeno per noi! E non credo che si siano spinti così lontano, oltremare. E con cosa ci sarebbero arrivati poi, con le zattere? O a cavallo di delfini magari?- la sua voce trasudava sarcasmo.

Il giovanissimo Consigliere soffocò una risatina.

Lord Hamilton gli scagliò un’occhiataccia –Visto che trovate la cosa molto divertente Lord Anthony Deveroux, perché non ci date qualche vostro prezioso consiglio?-

Il giovane arrossì e tacque.

-Smettetela Robert! Il ragazzo ha già espresso la propria opinione…- intervenne Mr Delacroix.

-Per l’appunto, interpellate chi non ha ancora preso posizione Hamilton…- confermò il Duca di Redford.

Mr Jules Branagh, rappresentante di Moonscape, lanciò uno sguardo alla sala –Beh, io non sono contrario all’alleanza; potrebbe risultare vantaggiosa per noi.-

Mr Lucas Ford, Mr Stephen Trintot e Lord Gerard Montmercy, rispettivamente dignitari di Greylight, Fairytown e Moonshine, approvarono.

Drenlincourt assentì - E voi, Xavier, approvate?- disse rivolgendosi al gentiluomo nascosto in fondo alla stanza.

Il Conte De Nantine, inviato di Moonlight, fece un cenno del capo in segno di affermazione.

-Beh direi che vince la maggioranza allora… -cominciò Lord Drenlincourt.

-Niente affatto Drenlincourt! Mancano ancora le opinioni di tre componenti del Consiglio…- ribattè Mr Dorlain.

Il Presidente gli rivolse un’occhiata scocciata –Sapete benissimo che quei tre non si sono mai fatti vivi a queste riunioni!-

-Questo non vuol dire che non possono esprimere la loro opinione in casi urgenti come questo…- replicò Ashley Dorlain.

Lord Drenlincourt stava per controbattere, quando un leggero tossicchiare fece sussultare tutti i presenti.

La Regina Clarisse, osservatrice silenziosa fino a quel momento, indirizzò uno sguardo ai Consiglieri -Ritengo- iniziò –ritengo che ogni componente del Consiglio debba pronunciare la propria opinione. Quindi prima di decidere aspetteremo i pareri di tutti, anche di quelli di voi che oggi sono assenti. Per ora giudico sciolta la seduta.-

Un mormorio attraversò la sala.

Mr Dorlain sbuffò -Certo che quei tre stramaledetti Rosenoir potrebbero anche farci l’onore della loro presenza qualche volta. Per quanto siano miei cari amici, non posso non giudicarli irrispettosi verso la Regina e verso il regno che rappresentano, Melancholy.-

Il Marchese De Lavinelle soggiunse –Beh, divei che lovo possono anche pevmettevselo…-

Mr Dorlain sbuffò di nuovo.

 

 

Faust prese in mano un pacchetto molto ingombrante e lo aprì. Ne tirò fuori un meraviglioso abito di taffettà color del mare in burrasca, a balze smerlate. La  scollatura era “a cuore” e piuttosto pronunciata, incorniciata da due balze di pizzo valenciennes. Il corpetto era impreziosito da perle, nastri di raso bianco e volants di pizzo.

In un altro pacchetto più piccolo vi era un diadema di diamanti e perle, splendente con la luce del sole che filtrava dalle finestre. Inoltre c’erano anche un paio di piccoli orecchini e  un bracciale, decorati con lo stesso motivo di diamanti e perle.

Dopo aver ammirato tutto ciò Soren fissò il fratello stupefatto –Ehm… Per caso c’è qualcosa che devi dirci?-

Faust divenne rosso d’ira –Ma cosa ti viene in mente? Evita di dire stupidaggini! Queste cose non sono certo per me!-

-E per chi allora?- intervenne Florence, ridacchiando per il malinteso.

Faust s’innervosì –Ma è possibile che solo io abbia una testa sulle spalle in questa casa?-

I due fratelli lo guardarono stupiti.

Il viso di Faust tendeva al viola -Pronto? C’è qualcuno? Fra meno di una settimana ci sarà il compleanno di Rosie! Sono sedici anni che vive con noi e voi non vi ricordate nemmeno il giorno del suo compleanno?-

Florence scosse la testa –Non è che non me lo ricordassi, è solo che…-

-Sì sì –tagliò corto Faust –comunque sia dobbiamo pur festeggiarla e quindi le ho comprato qualcosa.-

-E le hai preso tutto questo?- Soren era incredulo.

-Non avevo idea di cosa potesse piacerle e quindi ho comprato un po’ di tutto- spiegò Faust a mò di scusa –Adesso manca solo la torta…-

-Perché non hai acquistato anche quella?- chiese Florence.

-Beh, pensavo che sarebbe stato più carino se la facessimo noi…-

-Tu non dovresti pensare.- dichiarò Soren –Io la torta non la faccio.-

-Per favore…- supplicò Faust –Vi prego…-

Dopo svariate preghiere e implorazioni i due fratelli accettarono a malincuore.

-Ma se viene male dopo non lamentarti con me- lo avvisò Soren –Io non ho mai cucinato in tutta la mia vita. Ci sono i cuochi per questo.-

 

 

Rosalba era quasi sicura che nessuno avrebbe notato la sua fuga. Almeno per il momento.

Era rimasta nella sua stanza per tutta la giornata, non era nemmeno scesa per pranzare.

Solo Florence era salito a chiederle spiegazioni, ma lei aveva finto una leggera indisposizione e la cosa era finita lì.

Rosalba ne era consapevole: nel momento in cui avrebbero scoperto la sua fuga, per lei sarebbe stata la fine. Sarebbe rimasta in punizione per anni. La sua unica speranza era che se ne accorgessero dopo che aveva attraversato il Lightwater. Dopodichè non sarebbero più riusciti a trovarla. Avrebbero dovuto setacciare l’intero Enchantment.

La ragazza si alzò e cominciò a raccogliere le cose che le stavano più a cuore. Quasi si commosse nel riporre nella borsetta una sua fotografia insieme agli zii. Lei era al centro, splendente come sempre, Faust serissimo, Florence con un’espressione buffissima e Soren, malinconico e di profilo. Era l’unica foto in cui comparivano tutti loro, insieme. Sembravano così felici, sembravano… -Una famiglia- mormorò piano.

Rosalba ebbe un capogiro e dovette sedersi. Non era come aveva pensato. Non era affatto facile. Le si stringeva il cuore a doversi separare da loro, dall’unica famiglia che avesse mai avuto ma…doveva farlo. Doveva cercare la sua vera famiglia. Doveva capire perché l’avevano abbandonata, perché non erano lì insieme a lei.

Sua madre, suo padre, magari qualche fratello o sorella. Non poteva vivere nell’ignoranza. Doveva sapere.

Determinata a finire ciò che aveva iniziato prese il temperino e l’accendisigari che erano appartenuti a Florence e li infilò nella borsetta. Per ogni evenienza si disse. Prese poi un po’ di cibo che aveva avanzato dalla colazione, per non morire di fame. Infine ci mise tutti i suoi gioielli: una sottile catenella d’oro, due braccialetti, un paio di orecchini di zaffiri e un anello con diamante decorato col simbolo dei Rosenoir, una rosa nera. Glielo avevano fatto fare su commissione a un gioielliere di fiducia per il suo decimo compleanno.

-Da adesso anche tu puoi dire di essere una Rosenoir- le aveva detto Faust. Se lo mise al dito. Sebbene non lo portasse quasi mai, era troppo pesante per la sua manina delicata, non si sarebbe separata da quel gioiello per nulla al mondo. Era l’unico straccio di identità che aveva. Persino il suo nome poteva essere falso, per quanto ne sapeva.

Infine mise nella borsetta il denaro che aveva trovato nella stanza degli zii la mattina precedente, pressappoco trecento corone d’oro. Era una somma notevole, ma la ragazza sapeva che gli zii non ci avrebbero neppure fatto caso, vista la ricchezza smodata che possedevano.

Rosalba si sedette alla scrivania di mogano intarsiato e aprì l’ultimo cassetto: la lettera era lì. La prese e la depose proprio al centro dello scrittoio, bisognava essere ciechi per non vederla.

S’infilò i guanti  e gli stivaletti di pelle di daino, aprì la finestra e misurò ad occhio l’altezza. Saranno stati almeno dieci metri. Non poteva saltare, si sarebbe rotta qualche arto. E allora addio fuga. Però c’era un rampicante lì vicino che sembrava essere fatto apposta per il suo scopo. Rosalba sperò solo che riuscisse a reggere il suo peso.

Lanciando un’ultima occhiata alla stanza e rimpiangendo di non poter fare altro, mise le mani sul balcone e cominciò a scendere.

La pianta dondolava pericolosamente e Rosalba due o tre volte ebbe veramente paura di non farcela. Quando ormai mancavano solo pochi metri da terra, la ragazza inciampò e rimase bloccata a mezz’aria con la mano incastrata nel rampicante.

-Ma chi me l’ha fatto fare?- si domandò cercando inutilmente di liberarsi. Non le rimaneva altro da fare che lasciarsi cadere. Prese il temperino dalla borsetta, lo dicevo io che mi sarebbe servito!, e iniziò a tagliare la pianta. Quando vide che ormai la mano era libera, chiuse gli occhi e mollò la presa.

Cadde a terra con un tonfo, ma era incolume. A parte una leggera abrasione sul braccio sinistro, non riportava alcun danno. Raccolse temperino e borsetta e incominciò a correre, senza guardarsi indietro.

 

 

Due sole figure, oltre ai vari domestici, cameriere, valletti e maggiordomi, stavano camminando lungo il corridoio del Palazzo che portava dalla sala delle udienze agli appartamenti reali.

-Vostra Maestà, perdonate i miei modi bruschi, ma giudico inopportuno e imprudente rallentare i piani del Consiglio per attendere il parere di quei tre…-

La regina Clarisse scrollò leggermente le spalle –Mio caro Drenlincourt, so quanto vi stia a cuore il bene della Confederazione, ma credo di agire nella massima prudenza. Aspettare non farà certo male a Mr Goldwin e vorrei avere l’opinione di tutti i miei Consiglieri prima di decidere. Tutto qui, le pare azzardato forse?-

-Qualsiasi decisione prendiate siete sempre nel giusto. Mi rimetto interamente a voi, Vostra Altezza. –

James Drenlincourt cambiò discorso –Mr Goldwin ci ha fatto un’altra proposta. Non vorrebbe un’alleanza solo militare, ma un’unione che ci leghi indissolubilmente al suo paese. In poche parole Maestà, vorrebbe un’unione coniugale tra Mr Horace Goldwin e Sua Altezza Scarlett Mary Elizabeth, principessa ereditaria e duchessa di Greylight.-

-Un matrimonio? Tra l’erede di Mr Goldwin e mia figlia?- La Regina non riusciva a credere alle proprie orecchie.

-Esatto Maestà.-

-Ma Scarlett non vorrà mai un matrimonio combinato! Non sogna altro che l’amore…-

-Perdonate Maestà, ma sono convinto che Lady Scarlett saprà rinunziare a uno sciocco sogno adolescenziale per il bene del Regno di Enchantment…-

-Ne sono certa! Ma io non obbligherei mai mia figlia ad abbandonare tutto per sposare uno sconosciuto e vivere insieme a lui nel Continente, che nessuno di noi ha mai visitato peraltro.- La Regina si stava pericolosamente spazientendo.

Il presidente sembrò un po' innervosito –Vi prego di considerare che stiamo parlando della sicurezza del Paese, non di castelli in aria…-

La Regina lo squadrò con astio -E io vi prego di considerare, Lord Drenlincourt, che stiamo parlando di mia figlia, non di una qualunque ragazza di Enchantment!-

Drenlincourt fece un inchino –Vi prego di scusarmi, Vostra Maestà. Ho parlato senza riflettere.-

-Scuse accettate, Signor presidente.-

 -Chiedo formalmente il permesso di ritirarmi, Vostra Altezza.- Il tono di Drenlincourt sembrava sinceramente dispiaciuto.

-Permesso accordato.-

James Drenlincourt fece un altro inchino e si allontanò lungo il corridoio.

Quando la Regina giunse ai suoi appartamenti congedò le sue cameriere personali.

Aveva molto su cui pensare e non tutto le era congeniale. Soprattutto la storia del matrimonio combinato; non avrebbe mai potuto fare una cosa del genere, tantomeno alla sua unica figlia. Quello che era successo a lei le faceva da esempio: era stata costretta a sposare un uomo molto più vecchio e che non la amava, non era riuscita ad avere figli e si era infine rifugiata tra le braccia del suo amante, suo cognato. Aveva causato una guerra che aveva portato Enchantment alla rovina, aveva avuto una figlia che era scomparsa.

Fortunatamente sua sorella non aveva mai avuto alcun sospetto e quando era morta, stroncata in giovane età da una gravissima malattia, era morta col sorriso sulle labbra.

Dopodichè il Re, rimasto vedovo, l’aveva sposata. Ed era nata Scarlett.

Quello fu l’unico periodo veramente felice della sua vita, ma non durò a lungo. Ben presto il Re morì, e insieme a lui la Regina seppellì anche il suo cuore.

Non avrebbe mai costretto anche Scarlett ad accettare un simile destino. Non l’avrebbe mai forzata a vivere desiderando di morire, a provare tutto quello che aveva provato lei.

Aveva perso già una figlia, non ne avrebbe persa un’altra.

La Regina ebbe una stretta al cuore. La sua primogenita. Non aveva idea di dove fosse, di come si chiamasse… non so nemmeno se è viva o… A quel pensiero le salirono le lacrime agli occhi. Ma le ingoiò. Lei era la Regina, non poteva permettersi di avere crisi isteriche come una qualunque donnetta. Lei era una donna forte. Il passato era il passato, e, ora come ora, lei doveva pensare esclusivamente al presente.

Qualcuno bussò alla porta. La Regina tirò su il mento –Avanti.-

Una domestica con un plateau in mano fece capolino dalla soglia –Perdonatemi Vostra Maestà, ma Mr Drenlincourt mi ha chiesto di portarvi del tè. Ha detto di avervi vista molto scossa e che questo vi avrebbe tranquillizzata.-

Senza aspettare una risposta la domestica depose il vassoio sul tavolino, fece una riverenza e se ne andò.

La Regina sorrise ironicamente mentre si portava la tazzina alle labbra –Perfetto…adesso anche il signor Drenlincourt teme per la mia salute psicofisica.-

 

 

Florence era perplesso -Allora, qui c’è scritto che servono sei uova e trecento “g” di zucchero… Ma non spiega da nessuna parte cosa significhi esattamente questa “g”.-

Faust lo guardò disgustato –Grammi, vuol dire grammi, ignorante.-

-Ottimo, bastava dirlo. Quindi trecento grammi di zucchero e sei uova… dove le troviamo le uova?-

Faust schioccò le dita e quelle comparvero immediatamente.

-Ecco… benissimo… ora dice di rompere le uova in una ciotola e di aggiungerci lo zucchero. Soren, fallo tu…-

Soren lo guardò allibito –Ed esattamente come si rompe un uovo?-

-Beh, immagino tu debba… ecco… romperlo? Prova a sbatterlo sul tavolo…-

Soren eseguì e l’uovo si ruppe, facendo scivolare il tuorlo sul pavimento.

Faust provò per la prima volta nella sua vita, ma non certamente l’ultima, il cocente desiderio di uccidere qualcuno –Ma siete veramente due idioti!-

Prese le uova e le ruppe una ad una dentro la ciotola, davanti allo sguardo ammirato dei fratelli. Poi incorporò lo zucchero e cominciò a miscelare. 

Si rivolse a Florence –Adesso mescola. E non smettere finché non te lo dirò io.-

Mentre questi svolgeva l’ordine, egli amalgamò la farina, il lievito e il burro fuso.

Infine aggiunse il cioccolato e l’impasto divenne scuro.

-Ora questo lo mettiamo nel forno e voi me ne fate altri due, uno nero e uno bianco.-

Detto questo se ne andò, lasciando i due giovani sbalorditi.

-Ma diceva sul serio?- chiese Soren.

-Penso proprio di sì… su dai, rimbocchiamoci le maniche e dimostriamo a Mr Perfettino che non siamo due completi stupidi.-

Prese una ciotola vi mise uova, zucchero, farina e burro.

Mescolò e rimescolò, ma il suo impasto assumeva sempre più una consistenza granulosa e collosa; niente a che vedere con il composto del fratello.

Soren aveva un’aria nauseata -Sei sicuro che debba venire così? Non mi sembra molto invitante…-

-Ma certo! – disse Florence con convinzione.

Depose il tutto in una teglia e lo mise sul fuoco, come aveva fatto Faust.

Ne preparò un altro, a cui però aggiunse il cioccolato. Questa volta l’impasto sembrava così appetitoso che Soren arrivò addirittura ad assaggiarlo.

-Come ti sembra?- Florence sembrava fiducioso nelle sue abilità culinarie.

Dopo averlo provato Soren assunse un’espressione schifata e sputò la poltiglia addosso al fratello.

-Ma che diavolo ti prende?- inveì l’altro, cercando di ripulirsi.

-Cosa mi prende? Mi prende che fa schifo, ecco cosa. È assolutamente disgustoso! Ma ci hai messo il sale dentro?-

-Sale?- Florence assaggiò il composto- Oh diavolo… che abbia sbagliato barattolo?-

Subito dopo essersi reso conto dell’errore, una smorfia di terrore si impadronì del suo volto –è la fine. Faust ci ucciderà.-

-Ti ucciderà vuoi dire… io non ho fatto nulla.-

-Morirò- gemette il fratello.

Soren annusò l’aria -Ma cos’è questo odore? Sembra quasi che qualcosa si stia…-

Entrambi i fratelli si guardarono sgomenti –BRUCIANDO!- urlarono all’unisono.

Si precipitarono a togliere le teglie dal forno a legna, ma ormai i due impasti erano carbonizzati.

-Sono morto- si lamentò Florence in un tono che avrebbe fatto rabbrividire un morto.

In quel momento la porta si aprì –Ehilà! Sono tornato! Avete fatto quello che vi avevo chiesto?-

I due fratelli lanciarono un grido acuto. Soren si riprese per primo –Ehi Faust! Che dici andiamo a fare una passeggiata? Il sole è splendente, gli uccellini cantano…-

Faust lo guardò sbigottito -Ma ti sei completamente fuso il cervello? Sono le nove di sera, non c’è il sole e gli uccellini non cantano…-

Soren fece un sorriso palesemente falso -Ehm, sì! Lo so benissimo, era così per dire…-

-Cosa mi state nascondendo?- chiese Faust sospettoso –E perché Florence se ne sta lì in piedi imbambolato a fissarmi?-

Tentò di avvicinarsi, ma Soren gli bloccò  la strada –Ehm…ecco lui…lui…ti trova meraviglioso, e non riesce a staccarti gli occhi di dosso.- sputò tutto d’un fiato.

Faust lo guardò. Poi guardò il fratello –Mi stai prendendo in giro?-

-Nooo, io non… oserei mai!-

-Sarà meglio per te…-

In quel momento Florence cercò di riprendersi e sorrise a denti stretti a Faust.

-Mi trovi meraviglioso eh?- ripeté lui, si accostò al tavolo da lavoro e vide ciò che non avrebbe dovuto vedere.

-Voi! Voi! Siete due… Io dovrei… Trattenetemi, altrimenti…- proruppe infuriato –Tutto il mio lavoro distrutto e…e… cos’è questa schifezza?- chiese prendendo la ciotola con l’impasto crudo.

Florence iniziò –Ecco, io posso spiegarti tutto…-

-Non mi devi spigare proprio niente! Ho già capito: siete due imbecilli!- dicendo questo rovesciò l’intero contenuto della ciotola addosso a entrambi.

In seguito schioccò tre volte le dita e tre impasti già cotti comparvero all’improvviso.

-Tu- disse indicando Soren – prendimi la crema…-

Il fratello, ricoperto dalla poltiglia collosa, protestò –Ma a Rosie non piace la crema!-

Faust lo guardò sprezzante- Ah sì? E cosa le piace allora?-

-Il cioccolato! Quindi dobbiamo farcire la torta con quello…-

-Beh noi useremo la crema invece.- Faust fece per prendere la tazza, ma Soren glielo impedì.

-Cioccolato ho detto!- replicò tirando la tazza contenente la crema dalla sua parte.

-Crema!- sbraitò l’altro, tirando dalla parte opposta.

Vedendo i due fratelli contendersi furibondi una scodella di crema Florence riacquisì finalmente il completo dominio di sé.

-Se volete vado a chiedere direttamente a Rosie cosa preferisce…- propose mormorando.

-Vai!- gli urlarono entrambi all’unisono.

Florence si precipitò su per le scale, con i capelli ancora incrostati di impasto, e bussò alla stanza della ragazza.

-Rosie… Rosie, dimmi preferisci la crema o il cioccolato?-

Non udendo nessuna risposta bussò nuovamente- Rosie! Rosie, aprimi!-

Nemmeno un segno di vita giunse dalla camera –Rosie? Rosie, ci sei?-

Sempre più preoccupato aggiunse –Rosalba, apri subito questa dannata porta!-

Infine, con una spallata la buttò giù, ed entrò nella stanza.

Due minuti dopo Florence piombò al piano inferiore, agitato e confuso, con una lettera in mano.

-Cos’è successo adesso?- chiese Faust.

-Fratelli, abbiamo un problema: Rosalba è scappata!-

La ciotola cadde sul pavimento, rompendosi in mille pezzi.

 

 

Angolo dell’autrice: Ehilà! Chiedo umilmente perdono per l’immenso ritardo, ma ho avuto simulazione di terza prova e non ho proprio avuto tempo di aggiornare…so sorry…

Spero che questo capitolo vi piaccia! Mi raccomando fatemi sapere le vostre opinioni!

Colgo inoltre l’occasione di ringraziare Lilith in Capricorn e Fantasy Heart, per il loro sostegno…Grazie mille! :)

Al prossimo capitolo! Baci :*:*

Lady Windermere <3

  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Lady Windermere