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Autore: Anonimadaicapellibiondi    08/12/2014    1 recensioni
Amber era uscita dal tunnel, era cambiata. Ma nessuno se ne era accorto, aveva perso tutto ciò che amava per colpa dell'eroina. Ma voleva ricominciare e la sua città non glielo permetteva. Così prende un aereo per Parigi. Una decisione che le ha cambiato la vita. Una decisione presa perchè vuole tornare ad essere felice, vuole tornare ad essere forte. Più forte di prima.
Genere: Mistero, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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cap22

Mentre la donna si allontanava, sentii gli occhi di tutti i miei amici guardare me. Aspettavano tutti una mia reazione. L'aspettavo anch'io. Amber, ma in che casino ti sei cacciata?

Cercai di rimanere lucida ma l'ansia mi stava facendo crollare. Iniziai ad avere caldo, il mio cuore batteva a ritmo sempre più accelerato e il mal di testa si faceva sempre più fastidioso.

Leo si avvicinò a me e mi prese la mano -Andrà tutto bene, te l'ho promesso-

Io abbozzai un sorriso ma ero davvero preoccupata. In quel momento mi resi conto di quanto fosse facile sprofondare e che bastasse così poco per distruggermi.

Amelie, notata la mia ennesima faccia triste, venne ad abbracciarmi. Mi stampò un bacio sulla guancia. Mi offrì un cioccolatino -ti ricordi queste delizie?-

-già... ne eravamo ghiotte da piccole... cavolo quanto tempo è passato- sorrisi al ricordo riaffiorato mettendo in bocca quel quadratino dolce. Si chiamava "Luna" ed io e Amelie ne mangiavamo uno al giorno: era per noi un vero e proprio rito. Il gusto di quel cioccolatino mi riportò alla mente la casa di Amelie, i nostri momenti passati insieme quando eravamo piccole e tutte le passeggiate fatte con lei per i boschi. Quel dolce quadratino mi calmò. Ma come faceva Amelie, ad essere sempre così speciale? A sapere sempre ciò di cui avevo bisogno? Vorrei proprio essere come lei: così perfetta, dolce, gentile, disponibile. Invece io ero solo un disastro, nella mia mente c'era una continua guerra. Disordinata, impaziente, impulsiva e talvolta cattiva. Soprattutto con me stessa. Ma forse era proprio per questo che io e Amelie eravamo così tanto legate. "Gli opposti si attraggono", dicono alcuni, magari è proprio così. Io e lei ci completiamo.

Finalmente la donna tornò, insieme però ad un medico. Scoprimmo poi essere il dottore che seguiva mia madre. Di lui non sapevamo nulla.

-Salve, sono Amber Tallish e sono la figlia di Monica Tallish... - non riuscii a finire la frase che venni interrotta dal medico.

-Mi dispiace, sua madre non è qui signorina Tallish... non posso darle ulteriori informazioni. La signora ha espressamente richiesto di non dare notizie della sua partenza a nessuno ed io devo seguire la sua volontà- disse sconfortato, probabilmente quell'uomo mi capiva ed era tremendamente mortificato per non poter far nulla ma decisi di non arrendermi. Mia madre andava trovata.

-La prego! E' importante! Sono sua figlia... mi ha scritto una lettera e la prego... non mi neghi il dolore che mia madre sta provando... sono giovane e non merito tutto questo- dissi tra le lacrime, non riuscivo più a controllare le mie emozioni. La delusione era troppa, mischiata alla rabbia e alla paura che forse era già troppo tardi.

Il dottore sospirò, chiuse gli occhi e guardò la donna che gli fece un cenno. Non sapevo decifrare quel loro linguaggio così mi limitai ad attendere che quell'uomo parlasse. Avevo bisogno di informazioni e non poteva non darmele. Ero tutto ciò che restava di Monica Tallish.

-Sua madre mi ha parlato molto di lei, signorina Tallish. So la sua storia, so di suo padre. Conosco le sue sofferenze, la capisco-

-E allora la prego... non mi faccia soffrire di nuovo. Io posso aiutare mia madre- dissi singhiozzando

-Signorina Tallish... mi segua- mi fece un cenno e mi accompagnò nel suo ufficio. Amelie, Leo e Dylan fecero per seguirmi ma la donna li fermò. Sospirai pensando che era meglio così. Dovevo saperlo prima io, se fosse stato così grave, perchè non potevo permettere alle persone che amavo di più di sentire le parole crude della medicina. Avrei spiegato loro in parole più "dolci".

-Si accomodi...- disse il dottore indicandomi una sedia

-Allora? La prego... ho bisogno di informazioni- il mio cuore batteva a mille e le mie mani tremavano. Avevo paura delle cartelline poste sulla scrivania dal medico. Erano molto simili a quelle della mia prima notte all'ospedale quando venni ricoverata per overdose. Di quella notte avevo solo scene in bianco e nero. Mia madre che gridava, gli infermieri accanto a me ed io che non sentivo più nulla. Credevo davvero di essere morta, quella volta. Non ricordavo più il mio nome, non ero capace a parlare. Non provavo sentimenti, era troppo difficile e stancante per il mio cervello. Ogni tanto mi capitava ancora di fare incubi riguardo quella notte ma perfortuna, da quando dormivo nella stanza di Amelie, lei c'era sempre per calmarmi. Mi svegliavo di soprassalto, sudata e talvolta tremante. Lei mi teneva stretta a sè e mi consolava. Ed io mi sentivo più forte.

-Signorina Tallish...- mi richiamò il medico appoggiando le mani sulle scrivania

Io abbassai gli occhi, non sapevo che dire. Avevo la gola secca per l'agitazione e esortai il dottore a continuare.

-Sua madre la conosco da molto tempo... è una brava persona... quando è stata ricoverata qui mi ha parlato molto di Lei. So che entrambe avete sofferto molto e mi diceva spesso quanto sentiva la sua mancanza. Ecco non è facile la mia professione quando ci sono situazioni famigliari di questo genere-

-La prego... venga al dunque- lo incalzai. Ero troppo tesa per seguire un discorso così

-Certo mi scusi... so che è molto tesa e sta vivendo un brutto momento. Allora le dico come stanno le cose: sua madre è molto malata-

-Questo già lo so- dissi seria

-La dipendenza dall'alcool ha portato molte conseguenze tra cui la cirrosi... è una malattia degenerativa e non si puo' curare...per questo avevamo prescritto dei farmaci e preso in considerazione l'idea del trapianto ma sua madre aveva rifiutato tutto ciò- il dottore iniziò a mostrarmi alcune carte riguardanti la malattia di mia madre e alcune sue visite. Mi aveva riempita di bugie, perchè doveva tenermi nascosto tutto questo? La capivo, sapevo che significava soffrire ma non riuscivo a spiegarmi perchè avesse negato l'appoggio e l'aiuto di chi le voleva bene e la possibilità di migliorare il suo stato di salute.

-Rifiutato?!- dissi incredula

-Già... non riusciamo a spiegarci il perchè, sebbene siamo a conoscenza dei rischi che avrebbe portato l'intervento del trapianto... avremmo potuto capire la paura... ma la signora Tallish non era spaventata era... potrei dire... piuttosto convinta che fosse sbagliato cercare di rallentare l'evoluzione della cirrosi e quindi lasciare tutto così come stava andando- disse il medico

Non capivo. Era tutto così dannatamente orribile. Era come se mia madre volesse morire.

-E non avete fatto nulla per farle cambiare idea?-

-Mi creda... abbiamo provato di tutto... abbiamo chiamato anche uno psicologo... ma niente da fare. So che sembra assurdo e in trent'anni di carriera ho incontrato poche persone come sua madre. Testarde e diffidenti riguardo la medicina. La signora Monica aveva dei momenti in cui si sentiva molto meglio, alcune cure le faceva... diceva che lo faceva per lei signorina Amber- abbozzò un sorriso cercando il mio sguardo ma io tenevo gli occhi bassi per controllare le emozioni. Un anno fa non mi sarei mai aspettata di vivere una situazione del genere.

-E poi? Cos'è successo dottore? Perchè non è più qui?-

L uomo sospirò ancora in dubbio se essere sincero o mantenere il segreto. Poi però incrociando il suo sguardo gli pregai di nuovo di rispondermi, di dire la verità.

-E poi un giorno ricevemmo una telefonata. Avevamo mandato a casa sua madre perchè la sua condizione stava migliorando e non necessitava più di stare in ospedale. Ci chiamò dicendo di essere stanca di "trafficare" se così possiamo dire... con l'ambiente dell'ospedale e così, nacque un grande dibattito in quanto io e altri miei colleghi ci eravamo opposti a questa scelta- disse indicando di nuovo le cartelle e con uno sguardo triste

-E che conseguenze ha portato?-

-C'è stato un gran caos... molta burocrazia... avvocati... ma alla fine purtroppo sua madre ha ottenuto ciò che voleva... uscire dall'ambiente ospedaliero-

-Ma quando sono tornata in America mia madre andava a delle visite-

-Certo, avevamo fatto un patto con la signora Tallish... non le avevamo dato l'obbligo di rimanere in ospedale ma doveva fare alcune visite periodiche-

-E cosa mi saprebbe dire della sua scomparsa? E' davvero importante dottore che lei sia sincero con me- poggiai le mani sul tavolo ancora tremanti per l'agitazione

-Certo... ha ragione signorina Tallish... dirò come stanno le cose...la notte della scomparsa di sua madre lei ci telefonò- sospirò il medico abbasso gli occhi cercando la forza per parlare, poi continuò

-Disse di voler partire. Non riusciva più a mentire con lei, signorina Tallish-

-Vi ha detto dove andava?-

-Un'amica... ci disse solo "un'amica"- disse ed una lacrima rigò la sua guancia.

Non avevo bisogno di altre informazioni. Sapevo chi era "un'amica" e senza dire nulla, presi la mia borsa e corsi da Leo, Amelie e Dylan.

Vinceremo contro tutti e resteremo in piedi
—  Guerriero, Marco Mengoni

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