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Autore: Mel_mel98    08/12/2014    1 recensioni
|Spoiler!| post Mockinjgay|
Quindici anni. Proprio così, quindici anni, una situazione familiare difficile e tutta la vita davanti.
Non si sente felice. E in realtà nemmeno triste. Solo... strano. C'è qualcosa che non va, qualcosa è cambiato e adesso tutto sembra più complicato.
Il piccolo viaggio di un ragazzo, alla ricerca di ciò che ha perso, o non ha mai avuto. Ciò che gli manca, per poter sorridere ancora.
{Partecipa al contest Pesca a Prompt di Ili91}
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Annie Cresta, Bimbo Cresta-Odair
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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«Every single time the wind blows
I see it in your face»

 

Si muove rapido e spedito, anche se la strada percorsa è tutt'altro che facile.
Il rischio di cadere e sbucciarsi un ginocchio su uno scoglio è altissimo. Un percorso abbandonato nel dimenticatoio di molti, lasciato ormai a morire da solo.
Si preoccupa di non inciampare su quei detriti che il mare ha lasciato con l'alta marea.
Dopo diversi minuti raggiunge il suo obiettivo, la sommità di quella singolare collina rocciosa. Si guarda un po' intorno, cercando di riprendere fiato.
Si abbottona il maglione che ha preso passando poco prima da casa e ripulisce quello che tiene in mano da alcune alghe ormai secche, che vi si sono impigliate durante la salita.
Si sofferma ad osservare il cielo, che piano piano si fa più scuro. Saranno pressappoco le cinque del pomeriggio.

Non può negarlo, nonostante sua madre glielo abbia sempre proibito, è stato quassù tantissime volte.
Ha sempre sentito una specie di attrazione per questo posto. Lo sente come solo suo, qualcosa di unico e speciale. Ma oggi sa di non essere solo.
Sposta la sua attenzione su una figura che gli dà le spalle e che probabilmente non si è accorta del suo arrivo. Senza probabilmente. È sicuro di non essere stato udito. Un po' per colpa del frastuono delle onde, un po' perché sa bene che lei viene qui per isolarsi dal mondo. Per fuggire dalla realtà. Per smettere di soffrire.
C'è chi usa i sedativi per questo. Lei preferisce il mare.

Gli ci è voluto un po' per accettarlo. Inizialmente l'aveva trovata una debolezza bella e buona. Ma dopo si era arreso all'evidenza: lei non poteva farne a meno.
E così aveva fatto finta di niente, aveva lasciato che le cose andassero come dovevano andare.
Dopotutto è pur sempre sua madre, e le vuole bene lo stesso.
Soprattutto in questo momento sembra capirla. Sembra capirla davvero.
Perché anche lui sente un dolore simile al suo, anche lui è qua per placare il rumore dei suoi pensieri.

Muove qualche passo in avanti.
La brezza le scompiglia i capelli, le sposta il vestito candido. Lei rimane immobile.
È come se avesse stretto un patto con il vento, pensa.
Lei gli dona sé stessa, lo lascia giocare con il suo corpo, come fosse una bambola. In cambio lui asciuga le sue lacrime.

Improvvisamente sente un moto di rabbia salire dalle profondità della sua anima. Non è arrabbiato verso Annie, ma verso sé stesso.
Perché si rende conto di aver premesso che una forza naturale prendesse il suo posto accanto a lei.
Capisce di averle tenuto il broncio per tutti questi anni senza una vera e propria ragione.

 

È vero, sua madre non ha mai provato a reagire. Si è sempre lasciata sopraffare dai suoi ricordi, troppo bui e tristi per la sua mente debole, e ha mollato tutto quanto. Lui invece non ha mai accettato la resa. Ha convinto sé stesso dell'inesistenza del dolore, ed è andato avanti.

Adesso un po' gli dispiace. Gli dispiace sul serio.
Quella sensazione straziante nel suo petto non fa che aumentare, ad ogni passo che muove verso di lei. Ma non tornerà indietro.
Sa che le risposte che cerca può averle solo da Annie.

Arriva finalmente al suo fianco, si siede e si ferma un attimo a guardarla.
È bella davvero, sua madre. Non è la prima volta che lo dice ma... è la prima volta che lo pensa sul serio.
È bella anche se ha gli occhi persi nel vuoto, pieni di lacrime. Anche se la sua bocca è pallida per il freddo e si muove impercettibilmente in un tremito continuo.

“Tieni mamma, mettiti la maglia che comincia a far fresco”- dice appoggiandole il maglione sulle spalle. Lei non risponde. Il ragazzo sospira, un'altra fitta lo colpisce dritto al cuore.

Forse è questo che gli manca. Gli manca il contatto umano, ma in particolare quello materno.
Gli mancano le carezze che lui stesso ha sempre rifiutato, gli manca una discussione ad alta voce riguardo ai voti sulla pagella.
Gli manca un bel pranzo di famiglia, con la tavola imbandita a festa.
Di tutto questo loro non hanno mai avuto niente. Si chiede perché. Ma non riesce a trovare una risposta decente.

“Che ci fai qui, Nicholas?”- a quelle parole il giovane sembra sorpreso e un po' emozionato.

“Mamma...”- mormora, guardandola negli occhi, come non faceva da tempo. Sul volto della donna si forma un piccolo sorriso. “Sei già venuto qui prima, vero?”- chiede semplicemente.

“Già... questo posto è interessante.”

“Lo penso anche io”- commenta lei, per poi tornare a fissare il mare.

Nicholas sembra indeciso sul da farsi. Non sa bene cosa dire.
È tanto tempo che non parla con la madre. Avrebbe mille domande, altrettante osservazioni. Un milione di cose da raccontare. Di quelle che non ha mai detto a nessuno. Che non aveva mai detto nemmeno a lei.
Ma adesso sente come un legame, qualcosa che lo avvicina. Qualcosa gli dice di fidarsi. Come lei si fida del vento che la consola.

 

“Mamma... cosa vedi quando guardi il mare? Cosa c'è laggiù all'orizzonte?”- domanda, senza aspettarsi una risposta. Ma così almeno adesso può dire di averci provato.

“Io vedo Finnick. Lo vedo per come me lo ricordo, ormai ne è passato di tempo. Vedo la sua risata, vedo il suo braccio teso dopo aver lanciato il tridente. La sua faccia sconvolta la prima volta che venne estratto il suo nome per gli Hunger Games.”- la voce di Annie sembra distante anni luce.

“Cos'altro ricordi di lui?”- chiede piano il figlio, quasi timido.

La donna si volta a guardarlo perplessa. “Nick, davvero vuoi che ti parli di Finnick?”- i suoi occhi brillano di una luce nuova, che quasi lo spaventa.

“Ehm... sì.”

Non sa spiegarsela neppure lui, questa sua improvvisa voglia di sapere. Eppure sente che fino a che non avrà scoperto qualcosa in più di quell'uomo non potrà placare quel dolore che sente dentro di sé.

“Ricordo quando mi invitò al nostro primo ballo, alla festa di paese. Di quando passammo tutto il pomeriggio immersi nell'acqua e ne uscimmo fuori simili a due prugne secche.”- adesso quasi ride e il ragazzo non riesce a crederci- “Ogni tanto ricordo del nostro matrimonio, ma è tutto un po' sfocato. So che nel distretto 13 avevano bisogno di pubblicità per dimostrare a Capitol City che stavamo tutti bene e che la vita continuava felice, così hanno ripreso l'evento con le telecamere. L'unico brandello di memoria che mi rimane intatto di quel periodo è quello che riguarda una notte, una soltanto. Quando Finnick mi disse che sarebbe partito con una squadra di tiratori scelti diretta a Capitol.”

Annie si interrompe, bloccata da mura invisibili di paura.

“Non è più tornato, vero?”

“No. Né lui né il suo corpo. Neppure l'estremo saluto ci è stato concesso.”- la donna piange, senza provare a trattenersi. E Nicholas capisce.
Trova la risposta in quegli occhi bagnati dai ricordi, colmi di una malinconia dal sapore agrodolce.
Capisce che cosa lo ha diviso da sua madre per tutto questo tempo.
Lui non ha mai accattato il dolore, in qualche modo si era sempre rifiutato di combattere. Lei invece non aveva mai nascosto il suo tormento.
Aveva affrontato quel mostro che aleggiava nei suoi incubi, e aveva perso.

Si stringe a lei e la abbraccia. La stinge più forte che può. Non vorrebbe piangere, non davanti a lei, che soffre già abbastanza. Eppure non ha idea di come fermare le lacrime che adesso gli rigano il viso.
“Va tutto bene, Nick. Tuo padre mi disse che certe volte le lacrime sono necessarie. Ed ho sempre pensato che avesse ragione”- sussurra ricambiando l'abbraccio.

“Mi manca”- ammette il ragazzo- “Mi manca anche se non l'ho mai conosciuto. È come se noi non fossimo niente, invisibili. La gente non fa altro che parlare di papà, del grande Finnick Odair, di come si senta la sua assenza qui. Ma noi? Cosa siamo noi?!”- il suo pianto scoppia in un grido.

“Ma tu l'hai conosciuto, Nick. Tu lo sai chi è, o era se preferisci, tuo padre. Tu ed io lo sappiamo. Non gli altri. Non le anziane del distretto, non la gente che ti guarda con pietà. Là fuori conoscono Finnick per quello che era di fronte alle telecamere. Ma noi, noi sappiamo chi era veramente.”

Annie si ferma ad accarezzare i capelli del figlio e lui la vede lottare contro i suoi stessi pensieri per restare con i piedi per terra.

“Lui non c'è più Nicholas, ma noi sì. Noi ci siamo. Ricordalo sempre.”

Rimane un attimo su quelle parole, semplici e genuine. Quello che ha appena sentito è il genere di storia che una madre racconta solo al suo bambino. Un bambino un po' cresciuto, ma pur sempre bambino.
Il sole comincia a calare, e si rende conto di aver passato la sua prima vera serata in riva al mare, assieme ad un genitore.

“Tu soffri a stare qui, vero? Voglio dire, presente, sveglia, nel mondo reale.”- chiede dopo un po'.

Annie sospira: “Non posso nascondere il fatto che ormai preferisca perdermi nei meandri della mia mente. Mi resta più semplice.”- ammette con una punta di vergogna.

“Allora grazie per essere tornata per me, mamma.”- dice il ragazzo- “Ma ti prego, non te ne andare. Mi rendo conto che in parte è colpa mia, ma per favore resta con me.”

“Perdonami per averti abbandonato”- risponde la madre con la voce tremante.

I due rimangono a fissarsi negli occhi. Si toccano con la fronte, come sigillo di un patto familiare.
Lei non si abbandonerà più ai ricordi, lui non avrà mai più la presunzione di essere immune al dolore.
Sente in quell'emozione che gli brucia nel petto il simbolo della sua esistenza, della sua vita. Qualsiasi cosa sia accaduta prima, qualsiasi cosa accada dopo. Nonostante tutto lui esiste. E questo, non è certo un caso.

Whatever happens here
We remain


 

Angolo dell'autrice
Salve a tutti!
Lo so che avevo promesso di pubblicare questa seconda parte in settimana... Ma come sempre mi succede quando dico così, mi ritrovo sommersa da impegni improrogabili! Scusatemi tanto davvero!
In ogni caso, sono conteta di aver trovato questo momento per postare l'aggiornamento e per accomodare la grafica della storia.
Direi che rispetto a prima è molto meno attaccata, prima a leggerla veniva la claustrofobia!
Adesso credo sia un po' più leggibile, ma in ogni caso aspetto un vostro responso ;)
Volevo farvi notare che le citazioni iniziali e finali di questa storia sono della canzone We remain di Christina Aguilera, direttamente da "Catching Fire"!
Bene, mi sembra di non aver dimenticato niente...
Ringrazio ovviamente chi ha recensito, è sempre un piacere sapere cosa vi passa per la testa! :)
A presto!
Mel

 

 
   
 
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