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Autore: Amantide    09/12/2014    3 recensioni
Una FF ambientata tra il secondo e il terzo libro, in cui Annabeth e Percy saranno alle prese con qualcosa di più insidioso dei soliti mostri con cui li abbiamo visti combattere... i loro sentimenti.
Come se questo non bastasse a complicare la situazione ci sarà la profezia che l'Oracolo ha pronunciato per Annabeth tanti anni prima. La perseveranza di Annabeth e il coraggio di Percy li porteranno alla ricerca della verità che si rivelerà assai diversa da come se la immaginavano.
Dal testo:
"Mia madre ha fatto centro. Il problema è che non è mia mamma ad avere una cotta per Annabeth, sono io. E io, nonostante le nostre avventure insieme, non penso di aver mai fatto colpo su di lei."
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annabeth Chase, Percy Jackson, Percy/Annabeth
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Angolo dell'autrice: Ciao a tutti! Sono lieta di pubblicare il terzo capitolo. Finalmente si entra nel vivo della storia. Sono proprio curiosa di sapere cosa ne pensate... a me piace molto. Spero che lo troverete divertente e appassionante. Vi avverto che questo è solo un assaggio di quello che succederà nei prossimi capitoli, spero che continuerete a seguirmi! Forza, forza, vi aspetto con i commenti!!! Buona lettura!
Ringrazio di cuore tutti coloro che si sono espressi nei precedenti capitoli e che spero lo faranno ancora!





 
La pazzia dei figlia di Ares

La mia seconda notte al campo non fu migliore della prima. Cominciavo a detestare la solitudine della casa numero tre. Sarò anche il figlio di uno dei tre pezzi grossi, ma sono comunque un ragazzo e vorrei poter passare le serate facendo tardi chiacchierando con i miei coetanei invece che passarle a rimirare il soffitto ascoltando il rumore dell’acqua in sottofondo. Non fraintendetemi, amo questa casa e apprezzo il fatto che mio padre l’abbia costruita per me, sono le regole del campo che non mi vanno a genio. Questo maledetto coprifuoco mi costringe a stare segregato in casa dopo le ventitré, e io vi garantisco che è una noia mortale. Penso a tutti gli altri ragazzi del campo che in questo momento staranno facendo festa con i loro fratelli. Tyson non mi è mai mancato così tanto. I discorsi con lui non erano certo stimolanti, ma se non altro era di compagnia. Mi stendo sul letto indeciso sul da farsi ma non resisto più di dieci minuti. Scatto in piedi come se fossi caricato a molla, indosso le scarpe ed esco di casa. Al diavolo il coprifuoco. Io sono Percy Jackson e sono impertinente di natura, le regole non sono mai state un problema per me e non lo saranno nemmeno stasera. Attraverso il bosco a passo svelto. Dubito che ci sia qualcuno di guardia ma, nel dubbio, cerco di essere il più silenzioso possibile. Mi avvicino di soppiatto alle case dedicate agli altri Dei. Come immaginavo le luci sono ancora tutte accese. Dalle finestre scorgo le sagome degli altri semidei e ascolto le loro risate che filtrano dalle abitazioni. D’un tratto mi sento stupido. Di preciso cosa sono uscito a fare? A vedere gli altri che si divertono? Non posso certo bussare alla casa dei figli di Apollo e chiedere di poter fare baldoria con loro. E tanto meno posso presentarmi a casa di Annabeth e chiederle di fare due passi. Senza contare il fatto che, dopo la serie di figuracce che ho collezionato nelle ultime ore, sarei fortunato se lei non mi lanciasse un coltello in fronte.
Improvvisamente sento un fruscio alle mie spalle. Mi volto e vedo Talia appoggiata ad un albero poco distante. Lei fa un cenno con la mano in segno di saluto e io ne approfitto per avvicinarmi.
“Ciao Percy.” Dice mentre scorgo il suo sorriso nella penombra.
“Talia!” Bisbiglio sottovoce. “Che ci fai qui?” Domando curioso mentre mi assicuro che non ci stia vedendo nessuno.
“La stessa cosa che fai tu suppongo.” Dice guardandosi le unghie un po’ annoiata. “Pensi di essere l’unico a rompersi nella sua super-villa?”
Talia ha perfettamente ragione. Non avevo mai pensato al fatto che lei ed io siamo nella medesima situazione. Anche lei non ha fratelli e si trova segregata in una reggia dalle ventitré in poi.
“È insopportabile, non trovi?”
“Si, lo è!” Dico sedendomi ai piedi dell’albero. “All’idea di passare tutta l’estate così mi viene la nausea! Che mi diano un’impresa!”
“Visto com’è andato il tuo ultimo combattimento, direi che prima di un’impresa ti serve parecchio allenamento!” Mi dice con una mezza risata.
“Ma cos’è?” Sbotto toccato sul vivo. “Grover l’ha detto a tutti?”
Talia ride. “Dai Percy! Non te la prendere. Mi hanno detto delle tue imprese passate. So quanto vali!”
Quella frase mi rasserena. A quanto pare, ai suoi occhi, non sono lo zimbello di tutto il campo.
Passeggio con Talia ai margini del bosco, parlare con lei mi fa sentire meglio. Le nostre storie sono simili, nessuno può capirmi come lei. Certo, lei ha passato parte dell’infanzia trasformata in un albero e questa è un’esperienza che non le invidio per niente.
Senza rendercene conto ci ritroviamo nei pressi della casa numero sei e proprio in quel momento vedo Annabeth dalla finestra. È di profilo e la vedo sciogliersi la treccia e pettinarsi i lunghi capelli biondi. Cerco di non fare notare a Talia che la sto osservando. Non posso fare a meno di ripensare a quanto stava per accadere sul molo.  
“Forse è ora di tornare verso le nostre case. Domani ci tocca una doppia sessione di allenamento.”
Distolgo lo sguardo dalla finestra di Annabeth e annuisco. Se non altro non ho passato la serata da solo.
Saluto Talia e mi avvio verso casa. Appena rientro mi cambio e crollo sul letto, se non altro adesso sono stanco. Chiudo gli occhi pensando all’indomani, le doppie sessioni di allenamento di Chirone sono famose per essere massacranti. Domani sarà una giornata tosta, ne sono più che certo.
 
La mattina mi sveglio prima che il corno risuoni nella vallata. Non so come sia possibile, ma sono più riposato del solito. Ho voglia di mettermi alla prova e dimostrare a tutti quello che valgo. Arrivato alla Casa Grande mi servo un bicchiere di nettare mentre Grover viene a darmi il buongiorno tutto sorridente.
“Buongiorno figlio di Poseidone!” Dice sgranocchiando una mela con gusto. Lo saluto con un cenno del capo. Sono ancora incavolato nero per il pasticcio in cui mi ha cacciato. In quel momento passa Annabeth, la vedo servirsi del nettare e avviarsi verso il campo di allenamento. Starmene qui seduto a guardarla non risolverà la situazione. Faccio un bel sospiro mentre mi alzo per raggiungerla.
“Ciao Annabeth!” Dico sorprendendola alle spalle. “ Dopo quello che mi hai fatto ieri mattina non ti aspetterai che io non voglia riscattarmi!”
Lei indossa l’armatura in silenzio e io decido di imitarla. Afferra un elmo e una spada ed esce nell’arena in cui solo ventiquattro ore prima mi ha fatto a pezzi.
“Allora?” Domando a disagio. “Che ne dici?”
Annabeth sembra decisa ad ignorarmi e non credo che sia una buona cosa. Continuo a seguirla. È diretta fuori dall’arena. Raggiungiamo la vallata che si estende tra i campi di fragole ed è proprio quando sto per tornare sui miei passi che lei parte alla carica con la spada sguainata. Schivo il suo primo attacco e rispondo con energia. Nel silenzio della vallata risuonano solo i colpi e lo stridio delle nostre spade. Annabeth ha giocato d’astuzia, mi attaccato proprio mentre stavo per abbassare la guardia, ma sono troppo carico per farla vincere anche oggi. Annabeth è ancora più agguerrita di ieri ma io non sono da meno. Non posso assolutamente farmi umiliare due volte di fila. Vorrei che ci fosse qualcuno a vederci perché mi sento un leone. Le nostre spade s’incrociano senza sosta e ad ogni colpo mi sento più forte. Annabeth arretra quasi spaventata dalla mia furia. Ci allontaniamo a vicenda e ne approfittiamo per riprendere fiato. Leggo nei suoi occhi che a perdere non ci sta e me lo dimostra partendo alla carica con un nuovo attacco. Lo paro con facilità mentre mi sposto alle sue spalle. Lei si volta, ma ormai è troppo tardi. Con la rapidità di un felino riesco a disarmarla e una frazione di secondo dopo si ritrova in ginocchio con le lame di entrambe le spade che le sfiorano la gola.
Riprendo fiato mentre continuo a puntarle le spade al collo. Lei mi guarda intensamente negli occhi e dal suo sguardo capisco che ha accettato la sconfitta.
“Adesso si che ti riconosco!” Esclama soddisfatta. Mi lascio scappare un sorriso. I complimenti di Annabeth mi hanno sempre lusingato. Richiudo Vortice e restituisco ad Annabeth la sua spada.
Lei si rialza e insieme ci avviamo verso il percorso ad ostacoli, dove ci aspetta Chirone che sta già dividendo i semidei in due squadre. La prima dovrà affrontare l’insidioso percorso il più velocemente possibile, mentre la seconda avrà il compito di rallentare gli avversari bersagliandoli con ogni genere di arma. Io e Annabeth finiamo nella squadra che deve attraversare il percorso e prendiamo posto sulla linea di partenza. Mentre aspettiamo il via, vedo Talia e Clarisse arrampicarsi sugli alberi e nascondersi nella vegetazione. Qualcosa mi dice che raggiungere il traguardo non sarà per niente semplice, ma ho Annabeth di nuovo al mio fianco e questo mi rassicura.
Chirone dà il via alla gara con uno sparo ed io e Annabeth scattiamo verso il primo ostacolo. Ci ritroviamo davanti ad un’enorme torre di legno da scalare. Per fortuna gli appigli non mancano e ci ritroviamo in cima più velocemente di quanto potessimo immaginare. Raggiungo l’apice della torre proprio mentre gli avversari cominciano a bersagliarci con le lance. Tendo una mano ad Annabeth schivandone due e appena lei sale corriamo verso il ponte sopraelevato che parte proprio dalla cima della torre. Il ponte è piuttosto pericolante ma sembra essere l’unica via per proseguire il percorso. Non ci resta molto tempo per pensare perché i figli di Efesto hanno appiccato il fuoco alla base della torre e le fiamme divampano velocemente. Io e Annabeth ci intendiamo con uno sguardo e insieme cominciamo a correre sul ponte che si rivela più instabile del previsto.
Mentre lo attraversiamo una pioggia di frecce ci coglie di sorpresa. Riusciamo a schivarne la maggior parte ma una sfiora il mio braccio destro mentre un’altra ferisce Annabeth di striscio sulla coscia.
“Tutto bene?” Le grido mentre continuiamo a correre.
“Sì, non ti fermare Percy!” Mi grida in risposta.
Ubbidisco. Continuiamo a correre ma il ponte sembra infinito e i nostri avversari sembrano decisi ad impedirci di raggiungere il traguardo illesi. Finalmente scorgo in lontananza la fine del ponte ed è proprio in quel momento che vedo uno dei figli di Ares lanciare un petardo. Seguo il suo lancio con lo sguardo e lo vedo atterrare sul ponte un metro dietro Annabeth.
“Annabeth!” Urlo in preda al panico. Ma è troppo tardi. L’esplosione sovrasta la mia voce e Annabeth non ha nemmeno il tempo di girarsi per capire cosa sta accadendo alle sue spalle. La parte iniziale del ponte salta in aria e di conseguenza tutto il resto comincia a cadere a pezzi. Mi tengo ad una corda e afferro Annabeth per un polso nell’istante esatto in cui il ponte le frana sotto i piedi. Ci ritroviamo appesi in aria a circa cinque metri di altezza ma la cosa peggiore è che sento che il mio unico appiglio sta per cedere. Annabeth è pesante e fatico a tenerla. Non sento quasi più il braccio che la sta sorreggendo e la corda mi sta letteralmente scavando un solco nel palmo della mano. Vedo la fune sfilacciarsi a poco a poco e mi rassegno all’idea che saremmo precipitati. Un istante dopo la corda si spezza e cominciamo la caduta. Ho ancora Annabeth per mano e l’unica cosa che riesco a fare è spingerla verso l’alto nella speranza che cada su di me e non sul selciato. Il mio piano funziona anche se non ricordo di aver mai preso una botta così forte. Ho la schiena a pezzi e il peso di Annabeth sul torace mi ha mozzato il respiro per qualche secondo, ma almeno lei sembra illesa.
Sento Chirone decretare la fine della gara. I nostri avversari hanno vinto. E io, a giudicare da come mi sento, ho vinto un altro giro in infermeria. Annabeth è ancora sul mio petto. La vedo rialzarsi tossendo mentre si toglie la polvere di dosso.
“Percy! Percy come stai?!” Dice chinandosi per accertarsi delle mie condizioni.
“Una meraviglia…” Mormoro ironico mentre cerco di mettermi seduto. A dire il vero sono sorpreso di essere vivo.
Vedo Chirone galoppare verso di me ed è solo in quel momento che mi rendo conto che, al momento dell’esplosione, sul ponte dovevamo essere almeno una dozzina.
Cerco di rimettermi in piedi mentre vedo la squadra avversaria scendere dagli alberi e venire in nostro soccorso. Tutti concordano sul fatto che i figli di Ares abbiano esagerato tranne Clarisse che ovviamente è dalla parte dei suoi fratelli.
“Niente di rotto, Jackson?” Mi chiede mentre zoppico il più lontano possibile da quell’inferno.
Non ho neanche la forza di rispondere. Mi siedo su una panchina e guardo Annabeth. Se l’è cavata alla grande. Ha una coscia che sanguina per via della freccia, i capelli sono bruciacchiati e ha il viso ricoperto di polvere mista a terra.
“Ehi! Tu stai bene?” Le chiedo preoccupato togliendole della fuliggine dal naso.
“Si, sto bene.” Risponde arrossendo. “Ed è solo merito tuo.” La vedo distogliere lo sguardo imbarazzata. “Perché l’hai fatto?”
“Cavalleria suppongo.” Dico con finta disinvoltura. “Ora scusami ma penso che me ne andrò un po’ a casa. Penso che tu possa capire cosa intendo se ti dico che sono a pezzi.”
Lei sorride e io mi dirigo verso casa.
 
Passo l’intero pomeriggio a letto bestemmiando per il dolore. Tutta quella cavalleria nei confronti di Annabeth mi è costata cara. ‘Speriamo che almeno sia servita a qualcosa!’ Penso cercando di distrarmi dal dolore. Devo aver dormito parecchie ore perché scorgo sull’acqua i riflessi del sole che sta tramontando.
“Ehilà!” La voce di Grover rimbomba nell’ingresso.
“Percy! Amico mio! Ti ho portato la cena!” Annuncia avvicinandosi carico di cibo.
“Grazie!” È l’unica cosa che riesco a dire.
“Non devi ringraziarmi… sono il tuo custode! Fa parte dei miei doveri!” Annuisco perché anche parlare mi costa caro e in quel momento le uniche energie che ho voglio impiegarle per mangiare.
“Va bene… visto che non sei in vena di chiacchierare direi che ora che ho portato a termine i miei compiti di custode posso andare a cenare anche io!”
“Grazie amico!” Gli dico mentre si allontana. Lui mi fa un cenno con il capo e io torno a concentrarmi sulla mia cena.
Un’ora più tardi inizio ad essere stufo di starmene a letto. Sono tornato al campo soltanto da due giorni e ho passato più tempo sdraiato che ad allenarmi. Deciso ad archiviare i dolori mi alzo desideroso di uscire. Raggiungere il molo mi sembra un’impresa ma vedere l’acqua mi fa stare meglio. In quel momento realizzo che l’unica cosa che può alleviare i miei dolori è un bel bagno. Mi do dell’idiota per non averci pensato prima. Tolgo la maglietta maledicendo tutti gli Dei e scivolo in acqua. Ci voleva proprio. Una sensazione di benessere mi pervade mentre vedo le Nereidi che nuotano poco più in là. Il tempo qui sotto sembra fermarsi, ma sono cosciente che prima o poi dovrò riemergere e combattere con i dolori dovuti alla caduta. Mi si prospetta la serata peggiore della mia vita.
Riemergo dall’acqua e mi arrampico sul pontile. Come previsto tutti i dolori tornano a farsi sentire. Cammino lungo il molo deciso a rientrare in casa ed è in quel momento che vedo Annabeth raggiungere la mia abitazione.
“Ehi Percy!” Esclama salendo i gradini del molo. “Sono venuta a vedere come stavi.”
“Ciao!” Dico sorpreso. “Diciamo che stavo meglio lì sotto.” Aggiungo ammiccando all’acqua mentre mi tampono la faccia con l’asciugamano.
Lei si avvicina e mi accarezza la guancia.
“Ti sono debitrice Percy.”
Quel contatto mi stordisce e per un attimo tutti i dolori sembrano svanire nel nulla. Istintivamente mi avvicino a lei mentre le immagini della sera prima si affollano nella mia testa.
Mi sembra di vivere un déjà-vu, con la differenza che questa volta Grover non sembra essere nei paraggi. Le nostre labbra si sfiorano ed è proprio quando le afferro delicatamente la testa con le mani deciso ad approfondire il bacio che lei si stacca e guardandomi negli occhi dice: “Percy… non posso.”
Tutti i dolori che sembravano essere momentaneamente svaniti si ripresentano molto più intensi di prima. E in più sento peso grande quanto un macigno all’altezza dello stomaco.
“Che… che cosa significa questo scusa?” Balbetto sbigottito.
Lei mi guarda e noto un velo di tristezza nei suoi occhi.
“Percy, ti prego! Non rendere le cose più difficili!” M’implora.
Sono senza parole. Un gong risuona nella vallata, comincia il coprifuoco.
“Per tutti gli Dei! È già iniziato il coprifuoco” Esclama Annabeth guardando l’orologio.
“Come scusa?” Domando sbalordito. “Mi baci, poi dici che non puoi e ti preoccupi del coprifuoco?”
Lei si mette le mani tra i capelli e sospira alzando gli occhi al cielo.
“Percy, ti prego. È complicato!”
“Cosa è complicato?” Domando. “Ti spiacerebbe essere più chiara?”
“È una storia lunga… e non sono neanche sicura che ti riguardi a dire la verità.”
“Io penso che mi riguardi eccome, visto che a quanto pare ti impedisce di baciarmi!”
“Senti, adesso devo solo pensare a come tornare alla casa dei figli di Atena, hai qualche idea?”
A quanto pare Annabeth non è esperta quanto me a infrangere le regole, altrimenti saprebbe che aggirare il coprifuoco non è poi così difficile. Decido di tenermi questo commento per me, forse posso ancora rigirare la situazione a mio favore.
“È complicato!” Le dico ripagandola con la stessa moneta. “Ti direi di restare a dormire qui ma probabilmente non puoi, dico bene?” Ok, lo ammetto, questa è una provocazione bella e buona ma mi sento ferito nell’orgoglio e onestamente tutto questo mistero da parte di Annabeth mi manda su tutte le furie. Le scocco un’occhiataccia e rientro in casa curioso di sapere cosa deciderà di fare.
  
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