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Autore: Cristal_Lily    10/12/2014    3 recensioni
- Io non sono come le altre persone, io non so cosa significhi amare - lo sguardo della più piccola era rivolto altrove, eppure dietro a quelle gemme fredde vi leggeva la sofferenza che stava provando in quel momento. E lei, nonostante non riuscisse a sopportare la vederla in quello stato, non era certa di poter andare avanti. Non in quel modo. Vederla vicino a quell'uomo le provocava una sofferenza che mai aveva provato.
- Neppure io ho mai amato, eppure ci voglio provare - sussurrò facendo un passo avanti, la mano tesa. Ma si bloccò quando la più piccola scosse il capo.
- Mi dispiace, non posso fare soffrire anche te - la guardò allontanarsi, restando da sola sotto quella pioggia incessante. Aveva il cuore spezzato, eppure non si sarebbe fermata.
Lei doveva essere sua.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yuri, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Alisia suonava, come non faceva da tempo. 
Si sentiva diversa, per la prima volta suonava per un pubblico. Non che potesse considerare la giovane di fronte a sé un vero e proprio pubblico, ma era una cosa diversa dalla sua quotidianità. 
Come sempre era arrivata da sola nella sua vecchia casa, e come sempre aveva voluto suonare un po' per se. Si era persa nelle note, note che lei stessa si era riscoperta di suonare in modo differente. Non c'era tristezza come accadeva di solito, la sua mente era totalmente affollata da quel che era Amelis, continuava a pensare a lei, non era che un chiodo fisso. 
Il motivo? Oh, era proprio quello il problema. Neppure lei lo sapeva. 
Dormiva la notte e quando si svegliava, non riusciva a non pensare a lei, aspettava quasi con ansia che arrivasse il dopo scuola, per poterla incontrare. Non era mai stata veramente gentile con Amelis, ma lei gentile non lo era da tanto, forse troppo tempo. La mente era in subbuglio, quella giovane la destabilizzava e aveva bisogno di un momento di pausa, di staccare. Sentiva la necessità di riflettere un po', per conto suo.
E quel suo bisogno si era trasformato, tanto che era da giorni che desiderava suonare in quella casa, il suo porto sicuro. Quella era l'unica cosa che l'aiutava a stare bene, a sentirsi libera, priva delle catene sociali che sentiva gravarle ogni giorno sulle spalle.
Lei voleva essere popolare, voleva essere la migliore, l'unica al centro dei pensieri di tutti, ma non era semplice come potesse sembrare. Doveva comportarsi in un determinato modo, atteggiarsi a stronza con tutti, essere amica soltanto di chi aveva i soldi o che era popolare e snobbare la "feccia", ovvero i nerd o gli sfigati appena arrivati. Doveva trattare male chi un tempo era suo amico, prendere in giro e maltrattare, vestirsi sempre alla moda, far bramare ad ogni singolo ragazzo il proprio corpo e divenire un modello di riferimento di tutte le ragazze della scuola. No, non era semplice. 
Eppure la popolarità non era solo quello: era anche divertimento, sentirsi migliore di tutto e di tutti, fare tutto quel che voleva senza temere le conseguenze, certa che potesse incolpare qualcuno che fosse agli ultimi gradini della scala sociale. Era divertente uscire con la propria compagnia, il gruppo dei suoi amici riusciva a trascinarla ogni giorno in tutte le loro scorribande, e non se ne lamentava. Le feste, l'alcol, le sigarette, i ragazzi...si, quel lato della sua vita le piaceva. Eppure..c'era un ma. 
Amava la sua vita nonostante non fosse semplice restare in vetta alla scala sociale e..credeva che non potesse desiderare altro. Ma non era così. Soltanto quando arrivava in quella stanza impolverata piena di ricordi e prendeva in mano il suo amato violino si rendeva conto di quanto fosse dura la sua vita, di quanto le pesasse. Non poteva permettersi di vacillare neppure un istante, non poteva sbagliare mai. Un tempo non aveva tutti quei problemi, quando ancora andava in prima la sua vita era tranquilla, era semplice. Casa, amici e famiglia. Erano così tutte le sue giornate, calme. Noiose. 
Aveva deciso di cambiare, e si, ne era felice. Aveva fatto la cosa più giusta, le piaceva essere la regina della scuola. Ma era faticoso. Ma manteneva senza alcun problema la sua facciata da ragazza stronza e perfetta.
E..forse era per quello che era tanto incuriosita da Amelis. Non riusciva a capirla, ogni volta che stava con lei il suo muro crollava senza neppure che lei se ne rendesse conto. La spiazzava, come nessun'altra era mai riuscito a fare. Era un mistero come riuscisse a far vacillare la stronza che tutti temevano, e senza neppure impegnarsi.
Quel giorno, inoltre, la più piccola l'aveva sorpresa ulteriormente. Mai si sarebbe aspettata che la ragazzina, o meglio, che mai nessuno si sarebbe soffermato ad ascoltarla suonare, più di una volta. 
Dalle parole della ragazza, Alisia aveva capito che non era la prima volta che la udiva suonare il suo amato violino. E forse era per quello che, la volta prima, l'aveva incontrata proprio fuori da casa sua. Si, doveva essere così. 
Le faceva strano pensare che dunque non aveva suonato sola come aveva sempre immaginato, chissà da quanto quella ragazzina l'ascoltava senza dire una parola, celata nell'ombra.
Tanto vicine, eppure inconsapevoli l'una dell'altra. Era un pensiero buffo per la più grande. 
Eppure le sembrava quasi bello poter condividere il dolore che suonava in quei momenti, soprattutto per quel che lei le aveva detto. 
Erano anni che non sentiva quelle parole, e per un istante, quando Amelis le aveva sussurrato che le piaceva vivere quello che suonava, era tornata indietro nel tempo, catapultata a giorni più felici, ove era ancora una ragazzina dolce ed ingenua. Aveva rivisto quella giovane ragazza dal sorriso smagliante che, seduta con il suo vestito chiaro, in quella stessa stanza, l'ascoltava con gli occhi chiusi, il sorriso sulle labbra.
Lilian. 
Ricordava che, ogni volta, quando finiva di suonare, la ragazzina dai capelli biondi l'aveva sempre supplicata di suonare ancora perché le sembrava di vedere la musica, di poterla toccare con le dita. La pregava, con quei suoi occhioni da cerbiatta, e lei lo faceva, senza riuscire a resistere, finendo così con il suonare per tutto il giorno, sino a tarda notte, facendo arrabbiare i propri genitori e i vicini. 
E si, quel ricordo l'aveva scossa nel profondo e non era riuscita a trattenere quella lacrima che però la più piccola aveva subito raccolto.
Amelis. 
Quella ragazza non era una persona normale, lo sapeva. Sembrava incapace di provare qualsiasi cosa, le sembrava una bambina ingenua, che non riusciva a comprendere quel che fosse giusto o sbagliato.  Non c'era differenza tra il buono o il cattivo, per lei tutti erano uguali, a lei non importava di nessuno. Nulla la toccava, nulla la riusciva a scalfire. 
Eppure, poco prima, le aveva detto di riuscire a vivere attraverso la sua musica, aveva affermato che provava qualcosa quando la sentiva suonare. E quello..la faceva sentire importante, speciale per la ragazza. Lei era l'unica che poteva farle sentire qualcosa. E avrebbe potuto toglierle quel piacere in qualsiasi momento.
Quel pensiero però non le faceva piacere, non come all'inizio. 
I primi giorni aveva desiderato con tutto il cuore trovare un qualcosa per far soffrire la giovane davanti a se, mentre ora..ora qualcosa era cambiato.
Forse erano state tutte quelle chiacchiere in quei giorni, forse era stato il fatto che aveva conosciuto in che mondo viveva, che rapporto avesse con la madre o, forse, semplicemente il fatto che entrambe condividessero quel momento assieme..forse tutto quello le faceva vedere la giovane sotto un altro punto di vista. 
Era per quello che dopo un primo mento di irritazione, aveva deciso di suonare. 
E non riusciva a fermarsi. 
Teneva gli occhi chiusi, le labbra schiuse per la fatica. Le mancava l'allenamento: generalmente aveva sempre suonato una o due canzoni prima di riporre lo strumento e andarsene, mentre quel giorno stava suonando molto di più.
Continuava a suonare, pensando a Lily e Amelis, erano due persone diverse, totalmente, eppure avevano qualcosa in comune, c'era un qualcosa che le faceva sovrapporre la figura della mora con quella della piccola dai capelli chiari. 
Continuò a suonare, tremando, le mani che le facevano male, senza riuscire a fermarsi, copiose lacrime che le solcavano il viso. Si stava lasciando andare per la prima volta, per la prima volta non si stava tenendo tutto dentro ed era una cosa meravigliosa. 
Il suono si faceva sempre più forte, quasi stridulo, seguendo il percorso dei suoi umori mutevoli, sino a quando una piccola mano calda non si posò delicatamente sulla sua mano, facendola bloccare improvvisamente, aprendo gli occhi di colpo, guardando quegli occhi chiari, profondi, che la osservavano, studiandola, immobile. 
La giovane dai capelli scuri batté le palpebre più volte, cercando di tergere quel velo di lacrime che le faceva vedere Amelis sfuocata. 
Lentamente cercò di rilassare il braccio, abbassando così il violino, lasciandolo penzolare al suo fianco, senza riuscire a fare altro. Era paralizzata, era confusa e spaesata. Era totalmente travolta da quelle sensazioni che aveva provato, erano inaspettate, inattese.
La più piccola avvicinò il viso al suo e, cogliendola alla sprovvista, accolse tra le labbra le sue lacrime, asciugandole il viso così, baciandole delicatamente le guance, con estrema lentezza, lasciandola pietrificata.
Quelle labbra erano più calde e soffici di quanto si fosse mai aspettata. Il respiro della ragazza le solleticava la pelle, e il suo profumo le inebriava i sensi. 
Lasciò cadere a terra l'arco, e con l'unica mano libera che aveva, affondò le dita tra quei crini scuri, abbassando il capo sino a posare il viso nell'incavo del suo collo. 
Rimase lì qualche istante, senza pensare a nulla, e soltanto quando sentì Amelis sfiorarle i fianchi magri scattò, allontanandosi, sorpresa da quel che aveva fatto. 
Fece un passo indietro e la guardò trucemente, sentendosi quasi in pericolo. 
Non si sentiva a suo agio in quel momento, si sentiva allo scoperto, sarebbe bastata una parola e Amelis sarebbe stata in grado di distruggerla. Eppure la compagna non sembrava intenzionata a volerle dire niente, rimase semplicemente ad osservarla, curiosa quasi, le mani ancora tese verso di lei. Non se lo era aspettato il suo distacco improvviso, decisamente. Ma Alisia, altrettanto, non riusciva a capacitarsi del proprio comportamento e non riusciva a calmarsi, sentiva il cuore battere all'impazzata, il viso rosso, dall'imbarazzo, il respiro affannoso. Non era mai arrossita tanto facilmente, non si era mai avvicinata tanto ad una persona quando si sentiva in quello stato. 
- Non avrei mai dovuto suonare per te - sbottò, voltandosi, iniziando a camminare nervosamente per la stanza, lanciando di tanto in tanto un'occhiataccia alla ragazzina che continuava ad osservarla. 
- E poi come ti sei permessa ad avvicinarti tanto a me? Come..ti è saltato in mente di baciarmi in quel modo? Mica siamo amiche! Neppure mia madre mi può baciare così! - disse quasi isterica, la mano libera che sfiorava la sua guancia, le sembrava ancora di sentire il calore della più piccola sfiorarle il corpo. Come era possibile che quei semplici baci dati privi di malizia la lasciassero tanto scossa? In realtà non c'era stato nulla di sconveniente, o di strano, ma..l'avevano lasciata ancor più scoperta. Non riusciva a togliersi la sensazione di quelle dita piccole, di quel corpo sottile eppure curvilineo sfiorarla appena...
- Le lacrime vanno sempre baciate via. E' l'unico modo per farle sparire - Alisia si bloccò di colpo, voltandosi definitivamente verso la più piccola, sorpresa dalla sua risposta candida che le aveva fatto sgranare gli occhi. Quella..era davvero pazza. Pazza da legare. E lei le stava anche dietro! 
Doveva smetterla, doveva darsi una calmata. La più grande, in realtà, si rendeva perfettamente conto che stava esagerando. Tutto quell'atteggiamento era folle per lei, soprattutto perché, nella sua mente, comportarsi così significava solo ed unicamente una cosa: perdere. Dimostrava ad Amelis che lei era fragile, instabile, e non andava bene perché lei non lo era. Doveva darsi un contegno.
Con molta calma, decise di prendersi qualche minuto, senza osservare quella bellezza acqua e sapone. Con passo lento e silente si avvicinò all'armadio ove andò a riporre il suo amato violino nella sua custodia. Iniziò a sfiorare piano quello strumento delicato, assaporandone la consistenza, cercando di non pensare alla compagna dietro di sé. La studentessa sentiva lo sguardo di Amelis sulle proprie spalle, eppure rimase piegata verso la custodia del violino, studiandola quasi. Voleva riuscire a controllarsi, e doveva ammettere che si sentiva..spaventata quasi. 
Per la prima volta una persona la vedeva in quello stato e si, temeva di affrontare il suo sguardo. 
- Non capisco cosa abbia detto di sbagliato - disse semplicemente la giovane, muovendosi. Sentiva i suoi passi leggeri sfiorare il legno impolverato, e con la coda dell'occhio Alisia la osservò allontanarsi da se e sporgersi verso la finestra che aveva aperto quando era arrivata, oramai un'ora prima. 
Si era messa di tre quarti, la schiena posata sulla cornice della finestra, lo sguardo puntato perso nel vuoto, la mente chiaramente lontana. Ma quando mai non lo era? La più piccola on sembrava neppure essere presente quando stavano assieme, sembrava lontana da tutto e da tutti.
Nulla sembrava scalfirla e, in realtà, lei si ritrovava ad invidiarla. 
Lei come avrebbe reagito a tutte le critiche che la giovane riceveva? A tutte le accuse che tutti le lanciavano?
Ovviamente aveva indagato su di lei e aveva scoperto che quello non era il suo primo trasferimento in una nuova scuola, accadeva infatti molto spesso. Da quel che sapeva per un periodo non era neppure andata a scuola, per via della madre immaginava. C'erano molti gossip su di lei, tutti orribili e crudeli. Le persone la ritenevano una sfascia famiglie, una ragazzina viziata che desiderava soltanto avere quel che gli altri possedevano, soprattutto quando si parlava di uomini. 
La più grande in realtà sapeva che rubava i fidanzati a tutte, era successo molto spesso, ma..ora lei si chiedeva come fosse possibile. Lei non sembrava interessata a nulla, se la osservava in quel momento le veniva quasi da ridere pensare che andasse alla ricerca dell'attenzione maschile. Tutti però dicevano la stessa cosa: forse con gli uomini cambiava atteggiamento? 
Non ne aveva idea, ma le risultava difficile crederlo.
Doveva ammettere però che, effettivamente guardandola in quel momento,  c'era un qualcosa che, inevitabilmente, la attirava. 
Sentiva il desiderio di scoprirla, di capire cosa le passasse per la mente, voleva..essere al centro dei suoi pensieri. Era quasi un desiderio impellente.
Inizialmente quella voglia non era stata tanto forte, eppure più passavano il tempo assieme, e più desiderava che lei la considerasse. Forse era questo che provavano gli uomini in sua presenza? Forse. 
Le si fece vicina, senza aprir bocca, semplicemente guardandola negli occhi, studiandola mentre la più piccola si voltava verso di se e ricambiava il proprio sguardo serio. 
- Sei una ragazza strana. Da quanto tempo mi ascolti suonare? - quello, in realtà, era ciò che maggiormente le interessava sapere. Accadeva da molto tempo? E dove si era sempre nascosta? Come era entrata nella proprietà dato che i cancelli erano chiusi da grosse catene che soltanto lei poteva aprire? Aveva così tante domande da porle che sinceramente non sapeva neppure da dove iniziare.
Qualche mese. Ma soltanto nell'ultimo ho capito che vieni a suonare praticamente tutte le settimane, questo preciso giorno. Sto sotto quell'albero e ti ascolto. E' bello - disse, voltandosi ed osservando il grande ciliegio. Aveva sempre amato quell'albero, soprattutto quando quei piccoli fiori sbocciavano, colorandolo di rosa. 
Era sempre stato l'albero preferito della sua Lily. 
- Oggi però hai suonato in modo differente - constatò, nuovamente, facendola annuire mentre continuava a chiudere la distanza. 
La raggiunse e si posò dalla parte opposta della finestra, osservandola, senza alcun pudore. Ora era lei che non si vergognava a guardarla.
- Ero presa da altro - disse stranamente veritiera, eppure in quel momento, in quella stanza, assieme a lei, non riusciva a mentire. Non voleva farlo. Quello era il suo porto sicuro, stava bene, e non voleva riempirlo con le sue bugie che era solita raccontare a tutti.  
- Da cosa? - le chiese, staccandosi dal muro e allungando una mano per giocare con i propri capelli, una ciocca attorcigliata attorno al suo dito minuto, affusolato. 
- Da te - sussurrò fievolmente, avvicinandosi ancora, senza riuscire a fermarsi. Era..attratta come un magnete, era incapace di fermarsi, di mettere un freno alle proprie azioni. 
Le carezzò la guancia con la mano libera e scivolò verso il basso, osservando il percorso delle sue dita che solleticavano il collo niveo della compagna. Era come incantata, le sembrava di essere in una dimensione totalmente differente, e quando guardava i suoi occhi, quelle gemme dal colore quasi indefinito, non ci vedeva una nemica, un'estranea, ma una ragazza che aveva condiviso il proprio dolore. Amelis non sapeva nulla di Lily, non sapeva il motivo per cui lei suonasse da sola in quella grande casa, e dubitava pure che alla giovane importasse. Eppure aveva ascoltato la sua musica, l'aveva fatta sua, l'aveva vissuta ed era come se avesse provato il proprio dolore. Alisia suonava la sofferenza che provava, si lasciava andare e, se lei l'aveva veramente sentita, era la prima a vederla per quel che era. 
- Sta succedendo anche a te? - le chiese ad un tratto, con un tono che mai le aveva sentito. O forse era una sua impressione. La sua voce sembrava più bassa, più seducente ed allettante, e senza rendersene conto, le sue iridi scure si fissarono su quelle carnosità morbide e all'apparenza deliziose.
Le sue dita iniziarono a sfiorare senza neppure rendersene conto le sue labbra, in trance quasi, il respiro fioco, leggero.
- Cosa? - le chiese, eppure non era certa di volerlo sapere. Non le interessava niente in quel momento, voleva soltanto..qualcosa. Non sapeva bene cosa, ma lo desiderava. 
- Mi vuoi baciare Alisia? - quando la giovane sentì la ragazza pronunciare il suo nome sentì un lungo brivido correrle lungo la spina dorsale che la fece sospirare piano. Baciarla? 
Impercettibilmente la più grande si avvicinò, tanto che iniziò ad avvertire il respiro caldo di lei sulle proprie labbra, profumato, invitante. 
Baciarla. 
Che pensiero strano. Lei voleva baciarla? 
La giovane continuava a carezzare quei petali di rosa umidi, schiusi, ne tracciava i contorni, sentendo il cuore battere piano, placido. Non aveva paura, non le sembrava neppure che tutto quello fosse reale. Le sembrava più un sogno, una fantasia, un qualcosa di irreale. Non riusciva a pensare lucidamente, non si ricordava neppure come si chiamava. L'unica cosa che vedeva erano quelle labbra talmente invitanti che voleva soltanto assaggiarle, gustarsele. 
Le sfiorò con le proprie, e stava per premerle contro le sue quando un rumore sordo la svegliò da quell'incanto e, improvvisamente, le sembrò vederla per la prima volta da quando i loro sguardi si erano incrociati, un'ora prima. 
Si irrigidì e si scansò, velocemente, ora il cuore che le batteva all'impazzata, una strana sensazione al petto. 
Cosa diavolo stava facendo??
Guardò Amelis stranita, e si, anche incazzata, confusa dal proprio comportamento irrazionale. 
- Cosa cazzo mi hai fatto ragazzina? - le chiese, furiosa, senza ottenere risposta dato che la giovane si limitava ad osservarla, come sempre. Non faceva altro. Quella stronza! 
- Stammi lontano hai capito? So cosa cerchi di fare, ma con me non funziona. E non ti azzardare mai più ad entrare qui dentro, è violazione di proprietà. Vattene - disse alterata, tremante, e quando non la vide muoversi,  si irritò ancor più. 
- VATTENE! SUBITO - le urlò contro, riscontrando finalmente una reazione. 
Se la prese con calma, ma finalmente Amelis se ne andò da quella stanza, da casa sua. 
La ragazza era rimasta immobile, il braccio teso verso la porta, il corpo che tremava, le guance rosse, ma non per l'imbarazzo, ma dal moto di rabbia che ora le annebbiava la testa.
Era..travolta, sconvolta. 
Le sembrava ancora tutto talmente irreale, quella rabbia non faceva parte da lei, non l'aveva mai provata. Mai. Neppure quando aveva perso Lily si era sentita così. 
Cosa diavolo le stava facendo Amelis? 
Lei...temeva di scoprirlo. 
Chiuse gli occhi, per un istante, prima di scuotere il capo. Doveva andarsene. 
Velocemente raccolse tutte le sue cose e uscì, da casa sua, attenta a chiudere tutto, osservandosi attorno, timorosa quasi di incontrare quelle iridi chiare. Sperava vivamente che se ne fosse andata e sperava anche se non si facesse più vedere. 
Non poteva più vederla. Sentiva che se fosse accaduto di nuovo, avrebbe perso di nuovo cognizione di sé, e non era ciò che voleva. 
Doveva smetterla di vederla. Doveva starle alla larga.
 
* * *

Eccomi qui! Non vi ho fatto aspettare tanto vero?? 
No, ho cercato di essere veloce veloce U_U
Eeehh, cosa dire? Di certo ne sono successe no? 
Amelis a quanto pare ha sempre ascoltato la ragazza suonare e Alisia non sapeva neppure di avere un pubblico. 
Qui si è vista un Alisia diversa, sta cambiando, per lo meno quando è sola con lei. Immagino che vi domandiate ancora chi sia Lilian e vorrete sapere cosa le sia successo vero? Beh, lo scoprirete presto..beh, relativamente presto. Succederà, prima o poi.
Alisia comunque ha quasi baciato Amelis, sorpresi? Vero? Si? Io pure lo sono, l'ho deciso tipo...quando ho scritto l'altro capitolo XD 
Ne succederanno di belle nel prossimo capitolo, dunque..come sempre mi fa piacere se volete lasciare qualche commento, tanto per sapere cosa ne pensate della storia! 
A presto! 
  
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