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Autore: Ryu Black Dragon    12/12/2014    4 recensioni
[Storia OC] [ISCRIZIONI CHIUSE - Grazie a tutti ]
La Liberty Pokèmon School era conosciuta come un Accademia prestigiosa.
Ragazzi e ragazze da tutte le regioni venivano ammessi solo dopo una durissima prova d'ingresso.
Ogni giorno della loro permanenza era una sfida da superare e, per la prima volta dopo oltre dieci anni, una nuova generazione di campioni lascerà l'edificio. Niente li accomuna se non l'amore per i pokèmon e la voglia di vincere.
Essere i migliori. Questo era il motto dell'Accademia e, durante il torneo di Yolus la Generazione dei Miracoli tornerà a brillare.
Genere: Avventura, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ash, Barry, Misty, N, Nuovo personaggio | Coppie: Ash/Misty
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Anime
Capitoli:
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GENERATION OF MIRACLES
- V -


La bambina e il dragone
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Foresta Nera.
Ore 14,40
 
 
  • Sei un allenatore morto Kage Black! -
 
Dopo aver inutilmente tentato di arrostire il compagno Akane si calmò, appoggiandosi contro una fontana ormai senz’acqua. I suoi occhi verdi finirono sulla struttura della villa. Era un edificio veramente bellissimo, forse solo lievemente inquietante. Ma in quell’abitazione c’era dell’altro però. La castana poteva sentire una sorta di tristezza provenire da quel luogo. Ogni qual volta alzava lo sguardo verso una finestra scura percepiva una gran malinconia.
 
Decise di non parlare di questa sua sensazione con quello stupido dai capelli scuri. Conoscendolo le avrebbe riso dietro, dicendo che le case non potevano essere malinconiche. Accompagnata dal fedele Arcanine lo raggiunse.
 
Salì i tre scalini che portavano all’ingresso, ammirando gli splendidi disegni intagliati sul legno del portone. Sembravano draghi ma nel corso del suo viaggio non aveva mai visto Pokèmon simili.
Il suo pensiero andò a Natsumi.  L’amica avrebbe sicuramente apprezzato un simile capolavoro architettonico. Ricordava bene le giornate passate ad osservarla disegnare. Erano veramente tempi felici quelli dell’Accademia. Giorni in cui il tuo unico pensiero era quello di avere un buon voto.
Il mondo esterno invece era diverso. Certamente più duro da affrontare.
 
  • Entriamo? –
  • E che me lo chiedi a fare? Tanto hai già deciso no? –
  • Mi conosci proprio bene Bakane –
 
Sussurrò Kage, avvicinandosi all’orecchio della ragazza che rabbrividì.
Dannazione ai suoi sentimenti, alla sua debolezza e a quella stupida della sua compagna che aveva scelto di raggiungere la regione da sola. Ma un giorno gli e le avrebbe fatte pagare tutte per Arceus! Sotto lo sguardo preoccupato della castana Kage spinse la porta, causando un sinistro cigolio per tutta l’abitazione silenziosa. Mettendo da parte la paura Akane decise di entrare per prima.
 
  • Arredamento niente male –
 
La giovane si limitò ad annuire.
In casa c’era poca luce, a causa delle tende chiuse, ma poteva tranquillamente vedere il lampadario in apparenza molto costoso e vari oggetti antichi. Accompagnata dal suo Pokèmon iniziò ad avanzare in un corridoio alla sua destra. Ogni qual volta che incrociava una figura dipinta su qualche arazzo si ritrovava a pregare perché questo rimanesse dove fosse. Nella sua mente anche il più innocente fiorellino poteva prendere vita da un momento all’altro.
Per questa ragione, anche a costo di sembrare debole agli occhi del moro, aveva deciso di lasciare Arcanine fuori dalla Pokèbool.
 
  • Che hai intenzione di fare adesso? –
 
Domandò voltandosi. Nel punto in cui doveva esserci il suo compagno però c’era solo una strana tenda. Lei ed Arcanine rimasero per un attimo in silenzio ad osservare confusi l’oggetto.
Era certamente una tenda. Non c’erano dubbi a riguardo.
Peccato che sembrasse fluttuare nell’aria.
 
Arrabbiata si avvicinò all’oggetto.
Se prima aveva risparmiato il compagno adesso lo avrebbe ucciso nel peggiore dei modi.
Gli sembravano scherzi da fare? Allungò una mano, stringendo con le dita sottili il tessuto della tenda. Lo tirò con rabbia alla sue spalle, pronta ad urlare contro quello stupido.
 
Peccato che non c’era nessuno.
 
Nessun Pokèmon.
Nessuno stupido allenatore dai capelli mori.
Nessuno. Solo l’aria e il pezzo di corridoio che aveva appena attraversato.
 
 
 
 
 
In un’altra ala della villa Kage sentì all’improvviso un urlo famigliare.
Aveva perso di vista la castana, attirato da un ombra misteriosa. Senza pensarci due volte aveva deciso di seguirla, attraversando così quella che pareva la cucina e alcune sale che sembravano stanze da letto. Non riusciva bene a ricordare il numero di stanze o il totale dei passi fatti.
Sapeva solo di essere finito nella camera di qualcuno e che l’ombra misteriosa era scomparsa all’improvviso, proprio com’era venuta.
 
Lentamente avanzò nella stanza in cui si trovava.
Ad ogni suo passo poteva sentire il pavimento scricchiolare sotto i suoi piedi, segno che il legno di cui era fatto ormai era stato rovinato dallo scorrere del tempo. L’oscurità lo avvolgeva quasi del tutto. Solo un piccolo spiraglio di luce riusciva ad entrare, illuminando almeno in parte l’arredamento del luogo. Il primo oggetto che il ragazzo notò fu un grande letto a baldacchino.
Era disfatto ma in buone condizioni rispetto al resto. Come se il proprietario stesse per tornare da un momento all’altro. A quel pensiero si ritrovò a rabbrividire. Tutta colpa di quella stupida Bakane e delle sue teorie sulla casa infestata. Era riuscita ad influenzare anche lui.
 
Kage continuò ad esplorare nel più completo silenzio.
Man mano che scopriva nuovi dettagli si convinceva che quel luogo dovesse appartenere ad una ragazza. C’era uno specchio enorme, in parte distrutto e una scrivania ancora coperta di fogli e diversi disegni. Fra questi il ragazzo riconobbe uno schizzo del dormitorio dell’accademia e quella che doveva essere l’arena dove avevano lottato l’ultimo giorno. Perso nei suoi pensieri non si accorse del comodino alle sue spalle finchè non lo colpì.
 
  • Ma che diamine? – sussurrò, raccogliendo da terra una scatolina finemente decorata. Questa si aprì all’improvviso, rivelando una musica dolce come la ninna nanna di un Jiglipuff
 
Con cura il moro la richiuse, appoggiandola nella stessa posizione in cui doveva trovarsi dopo l’urto. In quell’istante sentì un nuovo urlo, questa volta seguito dal rumore di oggetti che dovevano essere stati rotti con una certa foga.
 
Senza pensarci troppo lasciò la stanza, precipitandosi nella direzione da cui sentiva i rumori.
Attraversò un paio di corridoi, rischiando spesso di perdersi e sbagliare strada finchè non giunse in quella che doveva essere la sala da pranzo. Quando arrivò trovò davanti a se una scena inverosimile. Piatti, tovaglioli e sedie volanti che si scagliavano contro Akane e il suo Pokèmon.
Terrorizzata la ragazza tentava di difendersi, aiutata dalle fiamme del suo fedele compagno.
 
Gli occhi di Kage finirono sul lato della stanza, dove una forchetta sembrava pronta a scagliarsi alle spalle della giovane. Akane non si accorse del pericolo fino all’istante in cui si trovò il corpo di Kage a pochi centimetri dal suo e non vide il sangue uscire lentamente da un taglio sul braccio.
 
  • Stai bene! –
  • Sei ferito! Come ti senti, ti fa male? –
  • Adesso calmati è solo un graffio, Arcanine riesci ad aiutarci a fuggire verso la porta? –
 
Il Pokèmon per risposta lasciò andare un potente lanciafiamme verso un gruppo di sedie.
Kage approfittò di quell’istante per stringere la mano della compagna e correre il più lontano possibile da quella sala infernale. Alle loro spalle Arcanine li seguiva, tentando di proteggerli da qualsiasi pericolo. Furono i minuti peggiori della loro vita. Sembrava un tempo interminabile finchè Akane non scorse la porta ancora aperta e la luce del sole. I due compagni di viaggio non si voltarono. Corsero con tutte le loro forze verso l’uscita, ignari che gli oggetti impazziti avevano ormai smesso di seguirli.
 
Una volta al sicuro e chiusa la porta alle loro spalle poterono riprendere fiato.
Akane era rossa d’imbarazzo mentre l’attenzione di Kage sembrava rivolta verso il giardino.
 
Seduta sul bordo della fontana c’era una donna.
Aveva degli splendidi capelli color pesca, un viso dolce e un vestito candido come la neve.
Si limitava a sorridere senza parlare, facendo dondolare le gambe come una bambina.
 
  • Aki? La vedi? –
  • Cosa?   -
  • Nulla, non preoccuparti. Su andiamo in città –
  • Per la prima volta mi trovi d… -
 
Akane iniziò a balbettare all’improvviso. Il volto divenuto bianco, e una mano rivolta verso il cancello. Kage confuso seguì il suo sguardo, fino ad intravedere quella che sembrava una tenda svolazzare tranquilla davanti a loro come se danzasse.
 
  • Kage le tende non ballano vero? –
  • Ma che domande fai?! –
  • Lasciamo questo posto! Non ce la faccio più!! -
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Zona sconosciuta, Isola della Leggenda
 
Nella fitta foresta i Pokèmon selvatici vivono tranquilli la loro vita.
Non ci sono umani e quindi possono proliferare senza alcun pericolo, protetti e guidati dal grande drago signore della Regione che li ospita. Diverse sono le zone sull’Isola. La lava si alterna alla neve, la foresta all’acqua. Un ciclo infinito, regolato da quattro Pokèmon misteriosi. Antichi guardiani che, molti secoli prima sotto ordine del Divino Arceus aiutarono a creare quella che per gli umani sarebbe diventata la Regione di Yolus.
 
La dove nessuno mai ha osato avventurarsi due voci rompono improvvisamente il silenzio.
 
  • Questa volta hai rischiato grosso mocciosa –
  • Ma io mi annoio e poi lui è tanto carino –
  • Se lo dici tu –
  • Geloso forse? -
 
Un raggio di sole riuscì a penetrare nell’oscurità di quel luogo misterioso. Per un istante il suo calore illuminò la figura di un essere alato. Un possente drago dalle scaglie scure come la notte.
L’eco di una risata cristallina arrivò fino all’esterno. Poi il silenzio tornò sovrano e il buio avvolse quel luogo che mai doveva essere trovato.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Juelopoli, Isola Antice.
 
Damian comprese troppo tardi che la sua avversaria aveva previsto la mossa, decidendo quindi di usarla a suo vantaggio.
 
  • Concludi lo scontro, Dragonite usa Fulmine! –
 
In un istante l’arena si riempì di uno spesso strato di fumo grigio, impedendo ai presenti di controllare le condizioni dei due Pokèmon. Mark e Riccardo si spinsero verso la recinsione che li separava dal campo, nel tentativo di scorgere almeno uno dei due sfidanti.
 
Man mano che il fumo andava diradandosi la tensione saliva.
C’erano i più giovani che scommettevano sull’esito dello scontro, gli anziani sicuri della vittoria di Dragonite e semplici passanti accorsi per vedere le gesta della famosa “Regina dei Cieli”.
 
All’improvviso tutti i presenti, compresi i più piccoli, smisero di parlare lasciando l’aria avvolta da un silenzio carico di tensione. Furono i secondi più lunghi delle loro vite. Un paio di movimenti delle lancette dell’orologio prima che dall’arena esplosero grida di gioia.
 
Gli occhi scuri di Riccardo erano puntati sul campo lotta, dove Unfezant era al suolo priva di conoscenza. Poco lontano Dragonite respirava a fatica. Il corpo ricoperto da lievi tagli, i movimenti impacciati. Era messo male ma la sua resistenza gli aveva permesso di vincere lo scontro.
Una forza rara, ben visibile nei suoi grandi occhi scuri.
 
  • Unfezant non è più in grado di combattere, il vincitore è Dragonite! –
 
L’allenatore dai capelli scuri sorrise, non nascondendo l’ammirazione che provava verso quella splendida creatura. Accortosi di essersi allontanato molto dalla compagna di viaggio si voltò per raggiungerla, andando a sbattere contro una qualcuno. Entrambi finirono per terra, doloranti a causa dell’inaspettata testata che li aveva visti protagonisti.
 
Con una mano sulla parte lesa Riccardo iniziò a maledire la scarsa attenzione dello sventurato che gli era venuto addosso, lanciando un occhiataccia ad un paio di ragazze che ridevano dopo aver assistito alla scena.
 
Una voce fin troppo familiare attirò la sua attenzione. Era cresciuto di qualche centimetro dall’ultima volta che l’aveva visto. I capelli castani sembravano più lunghi e, sotto i caldi raggi del sole, mostravano particolari riflessi rossi.
 
  • Ma chi diamine non guarda dove cammina? –
 
Borbottò il castano massaggiandosi la fronte dolorante. Quando riaprì gli occhi l’espressione sul suo viso mutò rapidamente in una divertita.
 
  • Riky _Kun! Wow, ne è passato di tempo –
  • Che ci fai qui?! –
  • Mi godo l’incontro ovvio –
 
Riccardo sbuffò provando ad alzarsi. Aveva la giacca rovinata e i pantaloni sporchi di polvere.
Tutta colpa di quello stupido. Sentendosi ignorato invece Mark iniziò a cercare qualcosa con cui infastidirlo. L’occasione si presentò quando i suoi occhi scuri incrociarono la figura di Shana che, preoccupata, era accorsa a controllare le condizioni del suo compagno di viaggio.
 
Dopo pochi scalini la ragazza si ritrovò davanti un sorridente Mark.
Lo stesso ragazzo che qualche mese prima l’aveva battuta durante il torneo di diploma della Liberty Accademy.
 
  • Shana _Chan! Mi sembra passato un secolo dall’ultima volta –
  • Hai ragione, come stai Mark _Kun? –
  • Bene se non fosse per un certo allenatore che non guarda mai dove cammina –
 
Il castano iniziò a contare nella sua mente, sorridendo davanti l’espressione sempre più arrabbiata del rivale. Mancava veramente poco perché scoppiasse. Considerando quanto amava farlo arrabbiare il giovane decise di giocare d’astuzia. Con un’espressione innocente dipinta sul volto si avvicinò maggiormente alla ragazza davanti a lui, passandole un braccio dietro il collo.
 
  • Staccati da lei! –
  • Geloso? –
 
Riccardo arrossì incrociando lo sguardo confuso della compagna.
Ignorando l’altro ragazzo si alzò, prendendo un paio di borse che l’amica si era preoccupata di recuperare dopo la sua scomparsa.
 
Un urlo maschile interruppe la conversazione fra i due ragazzi che era destinata a degenerare.
Finalmente si accorsero che l’arena era ormai vuota. Le ultime persone ad abbandonarla erano i bambini, seguiti dalla madre che avevano preferito lasciare il luogo per ultime per evitare la folla.
C’era anche un uomo vestito di bianco che aveva iniziato a pulire. Camminava lentamente, seguito da un paio di allegri Minccino.
 
La voce proveniva quindi dal campo lotta.
I tre videro un uomo anziano avanzare furioso verso il centro.
Elisa era impegnata ad incoraggiare Damian e Unfezant, non avrebbe mai voluto che si arrendessero dopo quella sconfitta. Anche Dragonite nonostante le ferite cercava di rendersi utile.
Dava qualche colpo alla schiena dell’avversaria, aiutandola ad alzarsi e sorridendo allegro davanti alla sua espressione confusa.
 
Sotto lo sguardo dei presenti l’uomo aveva ormai raggiunto i due sfidanti.
Nonostante fossero rivali in quel momento Mark e Riccardo concordarono sul fatto che aveva un aria odiosa. Alto e muscoloso pareva un colosso, fasciato in un abito candido molto elegante. Portava persino un bastone da passeggio e, ai suoi piedi, avanzava con aria arrogante un Persian.
Attorno al collo del Pokèmon scintillava un enorme diamante, mentre la punta del bastone del suo allenatore era di puro oro.
 
Videro Elisa lasciare indietro il ragazzo più piccolo e Mark riuscì a sentire un “vattene” molto lieve.
Sorrideva. Eppure nei suoi occhi si poteva leggere il timore provocato dalla presenza di quelle figure.
 
  • Elisa! –
  • N…nonno? –
 
Quando sentirono le sue ultime parole i tre spalancarono gli occhi sorpresi. Quel tizio orrendo era veramente imparentato con lei?
 
  • Come hai trovato l’incontro? –
  • Terribile! Come ti è saltato in mente di far durare lo spettacolo così poco? –
  • Gomen –
  • Per colpa della tua bravata avrò perso sicuramente dei potenziali clienti! –
 
Elisa abbassò il capo, cercando di reprimere l’impulso di scoppiare a piangere.
Con le mani tremanti stringeva l’orlo del vestito, mordendosi le labbra con i denti per non singhiozzare. Quando il vecchio padrone del Luna Park smise di urlare pensò che la tortura fosse finita. Poteva tornare a casa, essere libera fino al suo prossimo dannato incontro.
 
L’uomo però non aveva ancora finito.
Ignaro di essere osservato colpì con tutta la sua forza la guancia della nipote con uno schiaffo.
Dragonite, che fino a quel momento era rimasto in silenzio ad osservare ruggì minaccioso.
 
Sugli spalti anche Riccardo era furioso.
Non conosceva i due, non sapeva nulla della loro famiglia.
Ma era certo che quella ragazza aveva messo tutta se stessa in quella lotta, cercando di valorizzare il suo compagno e allo stesso tempo dare qualche utile insegnamento al suo avversario. Se in quell’arena c’era qualcuno di patetico quello era quell’uomo. Stava per saltare in campo per dirglielo in faccia quando qualcosa lo trattenne. La sua espressione mutò all’improvviso, divenendo imbarazzata per il contatto con la morbida pelle di Shana che cercava di fermarlo stringendogli la mano. Non ebbe bisogno di parole per calmarlo. Bastava la sua vicinanza.
 
Nell’arena Elisa rimase in silenzio, con la testa bassa e una mano stretta alla zampa del suo compagno d’avventure.
 
  • Insegna l’educazione al tuo Pokèmon, sono io che comando –
  • Si nonno, ti chiediamo scusa –
 
Quando l’uomo e il suo Pokèmon se ne andarono la ragazza abbandonò il campo.
Veloce attraversò quei pochi metri che la separavano dall’uscita accompagnata dal suo Dragonite ancora furioso. Mark la vide sparire e, senza dire nulla ai due compagni, decise di raggiungerla.
Fu Shana a vederlo andarsene. Avvertito il moro iniziarono a seguirlo, raggiungendo dopo diversi metri una zona verde che non avevano mai notato.
 
Era un parco di modeste dimensioni.
Ideato dal padre di Elisa per far riposare la figlia dopo gli scontri più duri.
Dopo la morte dell’uomo passò nelle mani del nonno che, senza alcun rispetto per la sua memoria, decise di trasformarla in una zona relax per i clienti fra una giostra e l’altra. All’ombra di un salice Riccardo riconobbe la chioma color pesca della Capopalestra e, poco lontano, vide anche il compagno d’Accademia. Cercando di nascondere la rabbia per essere stato abbandonato nel bel mezzo di una discussione lo raggiunse seguito dall’amica. Mark però li ignorò e, dopo aver pensato attentamente a come iniziare il discorso si avvicinò alla ragazza e al suo Pokèmon.
 
  • Elisa _San? –
  • Sono io, hai bisogno di qualcosa? –
  • Non mi riconosci? Sono Mark William, eri ospite della palestra delle mie cugine qualche anno fa –
 
Incuriosita la ragazza alzò lo sguardo. In effetti ricordava il volto di quel ragazzino.
Riccardo lanciò un occhiata all’ex compagno di stanza. Perché mai non gli aveva detto di conoscere una Capopalestra?
 
  • Ora ricordo, come stanno le tue cugine? –
  • Molto bene, sai dopo che te ne sei andata hanno cominciato a vantare la tua palestra con ogni possibile sfidante. Comunque ho visto lo scontro, complimenti per la vittoria-
  • Ti ringrazio –
L’espressione sul viso della ragazza mutò, divenendo all’improvviso più triste.
 
  • Loro sono Riccardo e Shana, miei ex compagni d’Accademia sai? –
 
Continuò il castano, indicando i due ragazzi che li osservano curiosi.
Lo sguardo di Elisa si fermò sulla figura del moro. Non era poi tanto alto. Indossava una giacca azzurra, con qualche striscia blu e semplici pantaloni scuri. Sorrise maliziosa quando vide l’occhiata gentile di lui nei confronti della compagna.
 
  • Ma guarda due fidanzatini –
 
Shana sentendo quelle parole divenne rossa come i fiori che spuntavano nel prato. Anche il colorito di Riccardo era simile, peccato che l’imbarazzo fu ben presto sostituito dalla rabbia quando anche il castano iniziò a prenderli in giro.
 
  • Non stiamo insieme! –
  • Dicono tutti così, su non essere timido –
  • Io non sono timido –
 
Mark si lasciò sfuggire un sorriso mentre un’idea si faceva largo nella sua mente.
Perché non approfittare di tutta quell’energia per vedere le strategie del suo vecchio rivale?
Cercando di sembrare il più naturale possibile si avvicinò al moro.
 
  • Che ne dite di un incontro per risolvere i vostri problemi? –
 
Disse, attirando su di sé l’attenzione dei due litiganti.
Per un primo momento rimasero tutti in silenzio, ascoltando il fruscio delle foglie dovuto al vento.
Sembravano essere passati minuti interi, quando la lieve voce di Elisa non ruppe quell’istante.
 
  • Per me non ci sono problemi –
 
Riccardo lanciò un occhiataccia al rivale ma l’idea di combattere contro una Capopalestra lo stuzzicava. Erano passate due settimane dal suo ultimo incontro serio, i suoi Pokèmon fremevano per combattere e lui desiderava vedere che cosa sapeva fare la sua avversaria.
 
  • Accetto! –
 
La ragazza si alzò dalla panchina e, dopo aver fatto rientrare il compagno nella Pokèbool, si avvicinò al più giovane. Dalla borsa che aveva con se estrasse tre biglietti plastificati e quella che aveva tutta l’aria di una mappa.
 
  • Ci vediamo fra 2 ore alla mia palestra allora, intanto ecco dei pass per usare gratis le varie attrazioni. Metteranno tutto sul mio conto personale, consideratelo un regalo –
  • Ti ringrazio ma non dovevi –
  • Nessun problema, ci vediamo fra poco! –
 
Così dicendo la Capopalestra si allontanò verso una delle uscite.
I tre ragazzi rimasero ad osservarla finché non scomparve fra la folla poi, con un sorriso Mark iniziò a trascinare Shana verso la zona delle montagne russe.
 
  • Andiamo a divertirci allora! –
  • Che ti salta in mente, lasciale il braccio! –
 
La povera giovane dai capelli scuri si ritrovò a sbuffare. Le aspettavano due lunghissime, pesanti ore di attesa in mezzo a due uragani viventi.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Jack e il suo compagno di viaggio avevano deciso di lasciare il bosco dopo il duro incontro di quest’ultimo. Raccolte le proprie cose si erano avviati verso la città seguendo il profilo del parco ma, dopo l’improvvisa esplosione proveniente dall’interno, Ryko si era fermato davanti una delle uscite senza dare alcuna spiegazione.
 
Nonostante tentasse di sembrare allegro come suo solito, Jack notò un ombra nei suoi occhi chiari. In quei minuti passati avvolti dal silenzio si rese conto di non sapere nulla sul maggiore.
Che cosa si nascondeva in quel luogo da preoccuparlo tanto?
 
Il suo sguardo passò dal viso abbronzato del compagno alla folla.
Semplici passanti. Uomini, donne e tanti bambini carichi di borse sicuramente piene di inutili souvenir che avrebbero gettato col passare dei giorni. C’era persino qualche coppietta.
 
Vide una signora agitarsi in direzione di una bambina dai capelli neri e uno Snivy raggiungerla.
I suoi occhi si posarono quindi sulla figura esile di una ragazza che, a testa bassa, cercava di non farsi notare troppo.
 
Stufo di aspettare si voltò verso il suo compagno di viaggio, scoprendolo intento ad osservare quella stessa giovane.
 
Aveva un’espressione strana in volto.
Un misto di gioia e malinconia, che mutarono all’improvviso in rabbia.
 
  • Era lei che aspettavi? –
 
Ma Ryko ignorò la domanda.
Senza aspettare il compagno iniziò a correre verso la folla che usciva dal Luna Park.
Curioso Jack si limitò a seguirlo in silenzio, dimenticando il fatto di essere stato ignorato per quasi due volte in una giornata.
 
  • Ely _Chan!  –
  • Ryko _Kun? –
 
Il moro si fermò a pochi centimetri da lei, appoggiando le mani sulle ginocchia per riprendere fiato.
Elisa lo osservò confusa. Erano passati quasi tre anni dall’ultima volta che l’aveva incontrato.
Ricordava bene quel giorno.
 
La pioggia che accarezzava il suo viso nascondendo le amare lacrime di una dura sconfitta.
Il suo sguardo perso, carico di odio e quel sogno che era stato infranto da un ragazzo apparso dal nulla. Lo stesso che poteva vantare il titolo di Campione della Regione.
 
  • Che ci fai qui? –
  • Quel segno –
 
La giovane Capopalestra rabbrividì davanti allo sguardo furioso del ragazzo.
Questo si limitava a fissare il segno rosso sulla sua guancia, in attesa di una risposta che già conosceva.
 
  • Non è nulla, ti prego non arrabbiarti –
  • Non è nulla? Sei seria?! –
  •  
Jack rimase fermo a pochi passi dal moro.
Da quando lo conosceva non lo aveva mai visto in quello stato.
All’improvviso Ryko alzò il braccio destro e il biondo pensò subito al peggio. Stava giusto per intervenire quando il gesto mutò in una lieve carezza sulla guancia lesa.
 
  • Dovresti smetterla di farti sfruttare da lui –
  • È mio nonno, come faccio a dirgli di no? –
  • Aprendo la bocca e parlando? –
 
Un sorriso carico di dolcezza si dipinse sulle labbra della giovane che, abbandonando ogni timore, strinse l’amico in un abbraccio. Mille domande si formarono nella mente di Jack. Quel ragazzo era un continuo mistero, proprio come gli abitanti di quell’Isola che l’aveva visto crescere.
 
  • Non sparire più Baka, mi sei mancato –
  • Anche tu, Regina dei Cieli –
 
A malincuore Ryko si staccò dall’abbraccio, sorridendo davanti l’espressione finalmente serena della sua amica. Come un bambino iniziò a saltellare verso Jack.
 
  • Jakie vieni, voglio presentarti una persona –
  • C…come mi hai chiamato? –
  • Va meglio Jukie? –
 
Quell’assurda discussione venne interrotta dal suono di una risata.
Entrambi i ragazzi si voltarono verso Elisa che a furia di ridere aveva ormai le lacrime agli occhi. Quel biondino le faceva quasi pena, sapeva bene che cosa significasse avere a che fare con quel folle di Ryko.
 
  • Sei peggio di un bambino – iniziò, avvicinandosi alla coppia – Io sono Elisa, la Capopalestra di questa città –
  • Il mio nome è Jack Zakun, piacere di conoscerti –
 
I due si strinsero la mano e Jack si ritrovò a ringraziare Arceus per aver incontrato almeno una persona sana di mente in quella città.
 
Il suo sguardo finì sul moro che aveva trovato in un Oddish un oggetto migliore per il suo interesse.
 
  • Posso chiederti come vi conoscete? –
 
A quella domanda Elisa scoppiò a ridere di nuovo. Aveva promesso di non parlare con nessuno di quel giorno di tanti anni prima, considerata anche la figuraccia del moro.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
15 anni prima – Isola Madre
Una bambina dai corti capelli color pesca correva nel bosco.
Il vestito azzurro che indossava era sporco di terra, così come il suo viso segnato da vari graffi. Era caduta numerose volte durante la sua fuga. Piccoli rami, radici e foglie bagnate che al suo arrivo parevano splendidi oggetti erano divenute pericolose trappole.
Avanzava veloce senza una vera meta, terrorizzata da quel luogo che suo padre le aveva proibito di visitare più volte. Alle sue spalle i pesanti passi dei Bouffalant si facevano sempre più vicini.
D’istinto si voltò, gesto che non le permise di vedere una radice che sbucava ai suoi piedi.
In un istante il mondo ai suoi occhi iniziò a girare.
Cadde per alcuni centimetri, rotolando su una discesa piena di sassi e foglie morte fino a trovarsi con la schiena dolorante appoggiata ad una roccia enorme.
Cercò di alzarsi velocemente ma la gamba destra le faceva male.
Quando ci riuscì dalla sua bocca uscì un urlo. I Pokèmon selvatici l’avevano ormai circondata.
Chiuse gli occhi terrorizzata, aspettando un attacco che pareva non arrivare mai.
Attese per diversi minuti, che parvero ore finché non udì una voce maschile.
 
  • Ehi bestioni! Perché non ve la prendete con qualcuno della vostra taglia? –
 
La piccola Elisa alzò lo sguardo tremante. Sul ramo di uno dei tanti alberi davanti a lei c’era un ragazzo di qualche anno più grande. Capelli neri, occhi chiari e pelle abbronzata. Se ne stava in piedi senza alcun timore verso quelle creature, accompagnato da un Cyndaquil che mostrava le fiamme sulla sua schiena in modo minaccioso.
Sembravano due vulcani pronti ad eruttare tanta era la grinta che si poteva leggere nei loro sguardi.
 
  • Avanti amico, Lanciafiamme! –
 
Il Pokèmon ubbidì e dalla sua bocca uscì una colonna di fuoco che attirò l’attenzione degli avversari. Il ragazzino sorrise, avanzando verso il bordo del ramo. Un passo, due ma il piede del giovane finì con lo scivolare facendo finire i due in un cespuglio.
 
Quando si rialzarono doloranti trovarono due Bouffalant arrabbiati ad attenderli.
 
  • Il grande Ryko ordina … una fuga strategica! –
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  • Un giorno te ne parlerò, accontentati di sapere che siamo amici d’infanzia –
  • Come vuoi –
 
Un brutto presentimento si fece largo nella mente di Jack.
Una sensazione familiare, come il senso di una minaccia incombente.
D’istinto si abbassò portando con se la ragazza.
Giusto in tempo per evitare un Solaraggio diretto al moro.
 
  • Non sei mai stato simpatico ai tipi Erba –
  • Sono cattivi, non è colpa mia –
 
Piagnucolò il ragazzo, abbracciando l’amica che non aveva mai smesso di sorridere dal suo arrivo.
 
  • Toglimi una curiosità, non dovresti essere nella tua p…- la ragazza però non riuscì a finire la frase che una mano del moro si posò sulla sua bocca.
 
Jack gli lanciò un occhiata confusa, sperando che almeno Elisa potesse risolvere qualche mistero sul compagno.
 
  • Non sa nulla? –
  • Ehm, mi sono scordato? –
  • Se lo dici tu, allora permettimi l’onore –
 
Così dicendo la ragazza si allontanò di qualche passo dall’amico d’infanzia e, dopo aver alzato le braccia verso il moro in un gesto molto teatrale rispose finalmente ad uno dei quesiti del biondo.
 
  • Jack _Kun, hai l’onore di parlare con Richard Gilmore. Capopalestra e Re del fuoco di Yolus -
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note dell’autrice.
*Si nasconde dietro Ryko*
Ehm, salve? Chiedo scusa per l’immenso ritardo ma ho dovuto abbandonare EFP per motivi scolastici. Comunque finalmente sono tornata e riprenderò la storia, sfruttando le vacanze per scrivere almeno un altro paio di capitoli così da rispettare le date di uscita. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto come gli altri, grazie tante per le continue recensioni mi spingete a continuare la storia. Il prossimo capitolo sarà l’ultimo che vedrete ambientato sulle Isole, finalmente infatti ci sarà la tanto attesa partenza. Vi chiedo scusa per eventuali errori di grammatica, grazie mille a coloro che mi aiuteranno a trovarli ^^
Non ho idea di quando aggiornerò, visitate ogni tanto la mia pagina autrice per avere notizie. Comunque sicuramente dopo Natale. Vi auguro buone vacanze allora, ci risentiamo al mio rientro sul sito xD Grazie ancora a tutti e alla prossima puntata! Non mancate.
Saluti, Ryu.
 
P.s. Tanti auguri ad Akane, buon compleanno!
 
 
 
 
  
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