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Autore: Fable    13/12/2014    0 recensioni
La storia narra di una ragazza normale (Anna) che è scettica nel credere che la sua vita possa essere stravolta. Sarà un ragazzo misterioso (Erik) a cambiare tale situazione. Anna dovrà far fronte a molti ostacoli e a molte avventure. Dovrà proteggere con tutta se stessa, fino a spingersi oltre i suoi limiti per riuscirci, ciò che ama di più, ciò che ha di più caro. Riuscirà Anna ad accettare e a compiere il suo destino?
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~Ci continuammo a fissare per un paio di secondi finché per la tensione fui costretta a deviare lo sguardo. Dato che Mister Statua non si smuoveva o non accennava ad un solo movimento, sospirando mi appoggiai al padiglione nella sua stessa posizione.
-Com'è andata?- chiese.
Mi girai verso la sua direzione aggrottando le ciglia.
-Cosa?- gli domandai, in che senso "com'è andata?".
-Con i tuoi amichetti- rispose, facendo un accenno verso i miei "amichetti" che ancora si trovavano a parlare nel parcheggio.
-Non capisco- dissi. Cosa c'entravano loro?
Mi guardò come se stesse parlando con una ritardata.
-Non dovevi uscire con loro?- mi chiese.
-No...- risposi. Ma aspetta un momento...
-E tu come fai a saperlo?- gli domandai frastornata. Questa è la seconda volta, cavoli.
Pensavo di averlo messo in difficoltà, mi sarei aspettata un risposta del tipo "Ti spio e tu non lo sai". Invece lui...spallucce. Tutto qui.
-Tutto qui?- gli chiesi infatti.
Lui si girò dalla mia parte e mi sorrise.
-E già- rispose.
Continuai a guardarlo ma non perché volevo una risposta, anzi dal momento in cui ho visto la sua bocca che si allargava e mostrava quei denti perfettamente bianchi...il mio cervello doveva aver subito un danno. Non riuscivo a smettere. Lui non sembrava né imbarazzato né infastidito dal mio comportamento e ricambiava il mio sguardo.
-Ok- dissi per calare un sipario tra di noi. La tensione era tornata di nuovo...sia ringraziata la tensione.
Lui sorrise. Era una risata così innocente...non sembrava neanche di un ragazzo che il giorno prima aveva afferrato il collo di un'altro.
Tra di noi calò il silenzio. Era come quella volta, quando mi accompagnò a casa. Non sapevamo di che parlare. Quando la situazione si stava facendo davvero imbarazzante, almeno per me, arrivò finalmente l'autobus. Salii per prima e una volta dentro cominciai a cercare posto... ma chiedevo troppo. Quindi mi diressi verso la fine del mezzo sperando di trovarmi qualche angolo in cui appoggiarmi. All'improvviso mi sentii tirare da dietro e mi trovai tra la parete ed Erik.
-Qui non ti va bene?- chiese.
Che spiritoso...
Lo guardai in faccia mostrandogli che i suoi giochetti con me non attaccavano. Ma me ne pentii immediatamente. Adesso che eravamo così vicini, riuscii a vederlo nella sua completezza. Non era male...anzi. Era alto, il suo mento arrivava all'altezza della mia fronte. I suoi capelli neri erano lisci e arruffati per colpa del cappuccio e alla luce erano splendenti e i suoi occhi, adesso così caldi e non più gelidi o scontrosi. Vedevo con la coda dell'occhio le sue mani, grandi e magre, appoggiate alla parete che ringraziando il cielo mi sosteneva. Stranamente mi accorsi di non essere a disagio, come le prime volte che lo incontravo ma anzi se proprio dovevo esserlo era perché riusciva a mettermi in situazioni imbarazzanti...come questa. Dovevo assolutamente togliermi da lì e alla svelta.
-No- gli risposi -Preferisco lì- dissi indicandogli uno spazietto piccolo e striminzito di fronte a noi.
-A si?- disse inarcando un sopracciglio. Dio lo faceva sempre ma che aveva, degli spasmi irregolari?
-Si, si- risposi convinta.
 E così mi ritrovai a percorrere la strada di casa per la prima volta in una situazione scomodissima....in tutti i sensi.
Quando finalmente l'autobus si fermò per il capolinea, feci un sospiro di sollievo. Finalmente a casa...Quasi. Dovevo solo liberarmi di Erik.
-Ok, ti saluto io scendo qui- gli dissi per congedarmi.
Lui mi guardò con un enorme punto interrogativo stampato in faccia.
-Anch'io scendo qui, te ne sei dimenticata?- mi chiese ironicamente.
Certo che non avevo dimenticato. Solo che speravo fosse stata una coincidenza, colpa dei fatti accaduti. A quanto pare no.
Gli sorrisi solo per non fare la figura della scema.
Percorremmo la strada verso casa mia e come ieri neanche una parola. Quando intravidi il portico di casa mia mi fermai.
-Ok, sono arrivata allora io vado...- dissi girandomi verso la sua direzione.
Ma lui non era rivolto verso la mia ma guardava un punto che si perdeva nei meandri del bosco che c'era dietro casa mia. Vidi che era concentrato, in certi momenti aggrottava la fronte, in altri girava la testa a destra una volta e a sinistra un'altra, come se volesse ascoltare meglio un suono lievissimo.
-Ehi?- dissi, per richiamare la sua attenzione.
Ma niente da fare rimaneva in quella posizione. Allora mi girai anch'io da quella parte, per scoprire l'oggetto del suo interesse, se c'è ne fosse stato uno. Ma io vedevo solo alberi e nient'altro.
-Va bene...allora io vado- dissi ripetendomi. Magari gli piacevano gli alberi.
Mi girai verso casa mia ma mi sentii afferrare da un braccio.
-Ferma- mi ordinò Erik, con voce molto seria.
Adesso era troppo, la stranezza di questo tipo potevo sopportarla fino ad un certo punto.
-Senti se a te piacciono gli alberi sei liberissimo di guardarli tutto il tempo che vuoi, ma io ho altro da fare, magari un'altra volta...-
-Zitta- disse con lo stesso atteggiamento di prima.
E così feci, ma solo per la sorpresa di quel tono. Zitta? A me?
-Senti io..- stavo per cominciare a dire ma all'improvviso la faccia di Erik cambiò. Girò nuovamente la testa verso la direzione in cui stava guardando prima.
Una raffica di vento piegò gli alberi e li fece agitare come se fossero solamente dei ramoscelli. Vidi che le correnti si concentravano maggiormente verso la nostra direzione. Mi riparai dalle raffiche il volto con il braccio. Foglie e rami minacciavano di accecarmi, ma riuscirono comunque a provocarmi del dolore a causa del loro impatto sul mio corpo. Mi voltai verso la direzione di Erik e vidi una cosa sconvolgente. Erik come me tentava di proteggersi dalle raffiche, a differenza che lui era circondato interamente da un vortice di vento, foglie e rami. All'improvviso le raffiche si concentrarono tutte in un punto e colpirono Erik proprio al centro del petto, scaraventandolo a terra dall'altra parte della strada. Rimasi scioccata.
-Erik!- urlai di riflesso. Sicuramente con quella caduta avrà riportavo gravi danni. Dovevo raggiungerlo. Mi mossi verso la sua direzione ma non un passo riuscii a compiere. Ero bloccata. Tentai ogni sorta di movimento ma niente, nulla. Comincia a farmi prendere da panico. Cosa diavolo stava succedendo?
-Non puoi muoverti- disse una voce che proveniva proprio dal punto in cui provenivano le raffiche che adesso erano cessate.
Puntai lo sguardo verso quella voce e vidi qualcosa di strabiliante.
Una donna era uscita dalle viscere di quel bosco. Era austera e solo da come camminava si  intuiva la sua potenza. Era circondata dalle stesse raffiche che un momento prima circondavano il corpo di Erik. Il suo corpo pareva fluttuare piuttosto che camminare e le sue movenze mi ipnotizzavano.
-Anna..è giunto il momento- disse la donna.
Io continuavo solo a guardarla, incapace di formulare un pensiero. Non potevo crederci, era reale? Tutto questo era reale?
La donna continuava a guardarmi con uno sguardo materno e pieno di calore, aspettando una reazione da parte mia, ma io non riuscivo ancora a riprendermi. Potevo solo ancora guardarla nella sua completa bellezza. Perché era davvero bella come una dea, i capelli ramati fluttuavano nell'aria, il suo viso ovale e pallido ma imporporato nelle goti era perfetto, illuminato da occhi verdi e splendenti come smeraldi.
-Mi rammarico per la tua confusione, sorella ma presto tutto sarà spiegato- disse ad un certo punto.
-Ti prego solamente di iniziare il tuo cammino, poiché non è rimasto molto tempo che scorre senza potersi fermare. Adempisci ai tuo doveri e onora la nostra stirpe, progenie della grande Madre- detto questo la donna fissò i miei occhi e con un gesto della mano, come se volesse scacciare una mosca, ruppe le catene invisibili che mi tenevano ferma, per la sorpresa le mie gambe cedettero e finii a terra.
-Al solstizio d'inverno, presentati di fronte al cuore di questo bosco per la tua iniziazione sorella, ma prima...- disse interrompendosi solo un momento per fissarmi di nuovo negli occhi. Alzò di nuovo la mano, sta volta come se volesse fermare qualcosa e da quella uscì un fascio di luce azzurra accecante. Essa in un primo momento si disperse nell'aria per poi ruotare se stessa e prendere sempre più velocità. Alzai il capo per seguire quella scena spaventata ma allo stesso tempo sbalordita. Non avevo mai visto niente del genere e ancora dovevo metabolizzare quello che era successo prima. D'un tratto la sfera che la fascia aveva formato si fermò e si scaraventò su di me. Chiusi gli occhi all'inevitabile impatto. Sentii quell'energia colpirmi e scuotermi dentro ma per il resto niente. Immaginai che doveva fare male o almeno sentirmi un po' diversa ma niente.
Guardai la donna confusa e spaventata. Ma che cosa stava succedendo? Mi guardavo intorno ma vedevo le solite case, le solite strade e le solite cose. Niente di nuovo, ma allora se non ero finita in chissà quale posto, perché se tutto era uguale, stavano accadendo queste cose strane? Stavo sognando... era così. Dovevo svegliarmi. Ma sapevo che stavo solo prendendo in giro me stessa. Il terreno sotto di me era vero, il cielo con le sue nuvole sopra di me era vero e la donna fatiscente e misteriosa anche. Adesso non potevo negarlo.
-Cosa sta succedendo?- chiesi. Non sapevo cosa dire e neanche da dove incominciare.
-Ciò che doveva succedere già da tempo, sorella- rispose la donna.
-Ma io continuo a non capire...- dissi in preda al panico. Non sapevo nulla, non avevo fatto niente e questa risposta non ha fatto altro che peggiorare la situazione.
-Peonia!- urlo la voce di qualcuno alle mie spalle.
Mi volsi verso quella direzione. Sapevo di chi era quella voce, era l'unica cosa che adesso era sicura in mezzo a tutte queste incertezze e assurdità.
Erik stava correndo verso la mia direzione ad una velocità...inumana. Sapevo che era lui ma i miei occhi vedevano solo una figura indistinta che si avvicinava. Poi un ramo alle spalle della donna si contorse e si allungò per colpirla ma lei pronta senza scomporsi né mostrare sorpresa sul suo viso, con un semplice sguardo, lo fermò. Il ramo fallito il suo compito, ritornò allo stato normale, al suo posto. Erik, indenne,  intanto si era fermato proprio in mezzo a me a quella donna.
Come poteva essere sopravvissuto ad un tale schianto e ad una tale caduta? Lo guardavo, felice che stesse bene, che non si fosse fatto nulla. Ma la mia mente faticava ad accettare quella visione.
-Peonia...che hai fatto?- disse Erik con voce da sconfitto e tradito.
Lo  osservai...lui centrava con questa storia?
-Cercatore stai al tuo posto, non sei nessuno per parlare in questo modo, soprattutto davanti a me e cos'era quel comportamento insolente? Potevi colpire Anna- disse riprendendolo.
-Perché?- chiese Erik insistendo, ignorando le sue domande.
Peonia lo guardò. Se i suoi occhi potevano incenerire, sicuramente Erik sarebbe stato bruciato vivo.
-Non era ancora pronta...non ha neanche conosciuto la sua Magister...non ha neanche raccolto le memorie!- disse urlando.
-Basta!- urlò  di rimando anche Peonia.
E appena quell'ordine giunse alle orecchie di Erik lui non potè far altro che zittirsi e inchinarsi. Lui era un cercatore, lei aveva il pieno controllo su di lui.
-Non fare di me il nemico, Erik. Sai perfettamente che loro hanno cominciato a muoversi prima del previsto. Di conseguenza Anna deve prendere atto delle sue responsabilità prima del dovuto. Gli alberi parlano Erik, sono ogni giorno più nervosi.Stento a credere che non te ne sia accorto- disse guardandolo come un esserino che le dava un enorme fastidio.
-Sono stata costretta. Ho dovuto risvegliarla- disse riprendendo il discorso.
Erik a quel punto era davvero nervoso, lo vedevo da come tremava dalla rabbia.
-Anche andando contro le tesse leggi della Madre?- domandò irato.
-Lei stessa lo ha ordinato,Erik. Pensi che sarei ancora qui, indenne dopo aver trasgredito una delle sue sacre leggi?-  domandò di rimando Peonia, sta volta con tono meno austero e più basso. Quasi sconfortato.
-La sua Magister sa ogni cosa. Infatti tra tre giorni sarà qui per prepararla all'iniziazione. Per quanto riguarda le memorie le recupererà durante l'addestramento. Non c'è più tempo per fare le cose uno alla volta- disse sospirando.
Smise di guardare Erik e puntò i suoi occhi su di me, intimorendomi. Cos'altro voleva farmi. Ero stata zitta per tutto il tempo, anche perché non sapevo proprio cosa domandare. Tutto nel loro discorso mi era estraneo, non avevo comprese neanche una parola. La mia mente stanca e confusa non riusciva ad inseguire il discorso di quei due...cosa? Chi erano? Come dovevo chiamarli?
Peonia finalmente si mosse e venne verso di me. Si inchinò fino alla mia altezza e con una mano afferrò il bordo del colletto della mia maglietta e lo abbassò. Mi girò verso la direzione di Erik mostrandogli il centro del mio petto.
-Io non ho fatto nulla di ciò che comprometterà i fatti che saranno destinati a compiersi. Lei era già in procinto del risveglio- disse risoluta mostrandogli il mio petto.
Erik rimase sconvolto a quella vista, vidi come i suoi occhi stavano uscendo dalle orbite.
Per la curiosità abbassai anch'io, di riflesso, lo sguardo per vedere cosa avevo.
Ah già quel neo...pensai. Ma rischiai anch'io di farmi uscire gli occhi dalle orbite. Rimasi al quanto sorpresa nel vedere che il neo in effetti non c'era più ma al suo posto vidi qualcosa di ancor più strano. Rimasi a bocca aperta nel vedere cosa si era manifestato. Riuscii a staccare gli occhi solamente grazie al rumore che fece Erik calpestando un ramoscello secco. Lo guardai in viso non trovando più quell'espressione sbalordita di prima ma vedendo occhi che sembravano volersi chiudere per non sopportare ancora la vista orribile di ciò che aveva davanti.
-Non me ne sono accorto...non ho percepito il cambiamento...- disse con voce atona.
Peonia mi lasciò andare e con la stessa regalità che mostrò quando si presentò davanti a me si portò al confine del bosco.
-Siamo stati concentrati su di loro e abbiamo perso di vista la nostra priorità- gli rispose parlando di spalle.
-E colpa di entrambi, Erik- continuò-Se la Madre non mi avesse detto nulla, anch'io non me ne sarei accorta- disse concludendo.
Poi si rivolse a me.
-Tra tre giorni la tua vita di adesso sarà stravolta. La Anna che adesso sei, non ci sarà più. Ti concedo il tempo da ora all'incontro con la tua Magister per abituarti hai fatti accaduti e della nuova realtà-
Mi guardò e con voce materna mi disse- Affidati alla tua Magister, lei è l'unica che ti può aiutare. Addio sorella- mi salutò per poi voltarsi e scomparire nelle viscere del bosco.
Rimasi ancora a guardare il punto dove Peonia era scomparsa, e sarei rimasta lì non so per quanto tempo se Erik gentilmente non mi avrebbe sfiorato il braccio per indicarmi di alzarmi.
-Forza, andiamo a casa- mi disse guardandomi di nuovo con quegli occhi caldi e premurosi.
Riuscii a mettermi in piedi con una forza disumana. Non riuscivo neanche a trovare l'equilibrio per mettere un passo davanti l'altro. Ci provai ma ciò mi causò un forte giramento di testa che mi fece crollare sulle ginocchia.
-Anna!- sentii urlare ad Erik.
Ma già non lo vedevo più. Al suo posto prese sopravvento il buio che lo inghiottì completamente.
 
   
 
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